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Messaggi - donquixote

#166
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo/Assolutismo
10 Marzo 2017, 13:22:21 PM
Citazione di: acquario69 il 10 Marzo 2017, 12:15:10 PMNoi siamo parte ma allo stesso "tempo" le stesse parti sono pur sempre contenute nel Tutto..

Detto in altro modo e utilizzando i concetti di questo topic possiamo dire che se noi siamo relativi rispetto all'assoluto, per raggiungere il medesimo bisogna partire da questa relazione e utilizzare per comprenderla ciò che, in noi, ci consente di stabilirla, e che Platone chiamava nous, intelletto, e arrivare quindi a comprendere innanzitutto cosa in noi c'è di assoluto.
#167
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo/Assolutismo
10 Marzo 2017, 11:37:44 AM
Citazione di: baylham il 10 Marzo 2017, 11:20:22 AM
Citazione di: donquixote il 10 Marzo 2017, 10:46:07 AMSono anni che scrivo che il problema non è l'assoluto (che essendo ab-solutus ovverosia slegato è in sé e per sé e non necessita di altro che di se stesso) ma l'assolutizzazione del relativo, che a quanto pare è un concetto molto difficile da comprendere. Tutto dipende dall'assoluto ed è relativo ad esso (ovvero in relazione di dipendenza con questo), e porre come assoluto qualcosa che non lo è (sia questo la vita, il bene, l'uomo, la natura, un dio particolare, l'economia, l'uguaglianza o qualunque altro relativo) è proprio ciò che genera la violenza di doverlo imporre, dato che essendo un relativo non si può imporre da solo, determinando conseguenze disastrose. Solo assumendo il punto di vista dell'assoluto si può riuscire a comprendere tutti i relativi (e anche le relazioni sussistenti non solo con l'assoluto ma anche fra di loro) e dar loro il corretto valore senza necessità di alcun tipo di imposizione.
Trovo contraddittorio che il problema sia anche la soluzione: assumere il punto di vista dell'assoluto equivale proprio ad assolutizzare il relativo.

Non c'è nessuna contraddizione: non ho mai detto che bisogna assolutizzare se stessi, ma semmai riconoscere in sé l'assoluto. Noi siamo tante cose, fra cui ad esempio natura, per cui possiamo in teoria assumere il punto di vista della natura partendo dalla comprensione di ciò che in noi è natura. Possiamo farlo con l'assoluto partendo dalla comprensione dell'assoluto che è in noi (che non vuole per niente dire che noi, soprattutto se intesi come tanti piccoli ego, siamo assoluti o dovremmo pensare di esserlo)
#168
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo/Assolutismo
10 Marzo 2017, 11:30:53 AM
Citazione di: Sariputra il 10 Marzo 2017, 10:53:30 AME' nell'assoluto che si risolvono le apparenti ( per l'uomo) contraddizioni del relativo. Come si 'attinge' all'assoluto per risolvere le contraddizioni? Si potrebbe forse iniziare con il non-attaccarsi e identificarsi con le contraddizioni relative?...Chiaro che non si deve trattare di formulare l'ennesima teoria ( relativa) sull'assoluto...

"Conosci te stesso, e conoscerai l'universo e gli dei" (frontespizio sul tempio di Apollo, a Delfi)

"Noli foras ire, in te ipsum redi. In interiore homine habitat veritas" (S. Agostino)

"Tat tvam asi" (Mandukya upanisad)

Il non-attaccamento, come del resto qualsiasi "comandamento", è sia un punto di partenza che uno di arrivo. Si può partire dalla comprensione dell'assoluto per arrivare alla necessità logica del non-attaccamento oppure viceversa, si tratta solo di avere la volontà di compiere il percorso e scegliere il modo che meglio si adatta alle proprie caratteristiche. Ma come dici sempre tu se non si "pratica" (in questo caso la meditazione o l'impegno intellettuale) ma si vuole rimanere alla superficie teorica e "razionale" sarà come credere di placare la fame leggendo il menu del ristorante.
#169
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo/Assolutismo
10 Marzo 2017, 10:46:07 AM
Citazione di: baylham il 10 Marzo 2017, 10:08:21 AML'assoluto non è tollerante o intollerante, violento o non violento, l'assoluto non dipende dalla forza o dalla debolezza, semmai è il relativo ad essere tollerante o intollerante, violento o nonviolento, a dipendere dalla forza o dalla debolezza. E' appunto il relativo che pretende di essere assoluto a diventare violento o non violento, tollerante o intollerante. L'assoluto è tutto, comprende ogni parte, ogni uomo è parte del tutto, quindi relativo.

Sono anni che scrivo che il problema non è l'assoluto (che essendo ab-solutus ovverosia slegato è in sé e per sé e non necessita di altro che di se stesso) ma l'assolutizzazione del relativo, che a quanto pare è un concetto molto difficile da comprendere. Tutto dipende dall'assoluto ed è relativo ad esso (ovvero in relazione di dipendenza con questo), e porre come assoluto qualcosa che non lo è (sia questo la vita, il bene, l'uomo, la natura, un dio particolare, l'economia, l'uguaglianza o qualunque altro relativo) è proprio ciò che genera la violenza di doverlo imporre, dato che essendo un relativo non si può imporre da solo, determinando conseguenze disastrose. Solo assumendo il punto di vista dell'assoluto si può riuscire a comprendere tutti i relativi (e anche le relazioni sussistenti non solo con l'assoluto ma anche fra di loro) e dar loro il corretto valore senza necessità di alcun tipo di imposizione.
#170
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo/Assolutismo
10 Marzo 2017, 09:43:23 AM
Citazione di: Angelo Cannata il 10 Marzo 2017, 08:12:32 AMio posso tentare di non imporre agli altri i miei modi di pensare, i miei schemi mentali: questo è il tentativo del relativista: lavorare per vedere se sia possibile non imporre qualcosa.

Bisogna dire che questo ti riesce benissimo, soprattutto quando dai giudizi "tranchant" su normalissime affermazioni altrui e ti rivolgi anche agli "sbirri" per tentare di imporli. A parte tutta una serie di ragionamenti a mio avviso senza capo né coda che si riducono ad un semplice parolare intorno al nulla quando poi si tratta di "metterli in pratica" nell'ambito di argomenti specifici emerge esattamente l'opposto di ciò che predichi, e tutta la proclamata "libertà di pensiero" del "relativista" si riduce al banale appiattimento sull'ideologia unica del modernissimo politically correct, che la maggioranza della gente ha assimilato naturalmente senza aver avuto la necessità di "pensarlo" nemmeno per un secondo. Se l'albero si riconosce dai frutti...
#171
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo/Assolutismo
08 Marzo 2017, 12:24:37 PM
Citazione di: green demetr il 08 Marzo 2017, 10:29:41 AMTra l'altro la scienza si occupa di costituire per astrazione modelli di verità che riguardano universalmente la propria applicabilità. Un reattore nucleare deve funzionare sia in Francia che in Giappone per es. Non può essere caso per caso....non sarebbe scienza.

Quindi Francia e Giappone sono l'universo? Questo reattore nucleare potrebbe funzionare anche sulla luna o su di un remoto pianeta di una remota galassia? Le verità metafisiche, se sono tali, devono esserlo anche su un remoto pianeta di una remota galassia ed erano valide un miliardo di anni fa e lo saranno fra un miliardo di anni. Il famoso frammento di Parmenide sull'essere e il non essere è una verità metafisica, "il Tao che si può nominare non è l'eterno Tao" è la spiegazione di una verità metafisica (il Tao), qualsiasi affermazione della scienza (concettualizzata o meno) non lo è. Poi se ognuno si inventa un proprio modo di ragionare e lo chiama metafisica è un altro discorso. Se spieghi ad un intellettuale induista o a un saggio Cheyenne la metafisica di Kant non ci capiscono niente; se gli spieghi quella di Parmenide e Platone capiscono tutto.

Citazione di: green demetr il 08 Marzo 2017, 10:29:41 AMMa poi abbi pazienza che cosa sarebbe per te questa metafisica? Io ne ho dato una definizione generica, in quanto vi sono diverse metafisiche. E per quel che mi riguarda io parlo esplicitamente di quella hegeliana, se proprio vuoi che mi prenda delle responsabilità. (Uno dei paroloni nuovi della neo-lingua orweliana) Quando Cartesio diceva penso dunque sono, quella era chiaramente una astrazione di valore universale. Idea che mi pare una certa qual fortuna ce l'ha avuta! Dove starebbe la palese falsità di cui parli??????

Se non si vuole tornare a Platone e Aristotele basta leggere Wikipedia alla voce metafisica e almeno una vaga idea si può averla. E "penso dunque sono" è una affermazione che riguarda l'uomo terrestre e ha valore solo per l'uomo terrestre (anzi solo per l'uomo terrestre che la pensa come Cartesio), non certo per tutto l'universo per cui non può essere per definizione una affermazione metafisica ma "fisica". Metafisica è la realtà che trascende quella fisica, e non certo l'astrazione o la concettualizzazione di un fenomeno fisico, che sono solo metodi umani convenzionali che servono per ragionare. Se non si ha alcuna idea di questa realtà, se non la si percepisce,  non si può parlare di metafisica.
#172
Attualità / Re:IL PROBLEMA OCCUPAZIONALE
08 Marzo 2017, 10:46:06 AM
Citazione di: Eutidemo il 08 Marzo 2017, 07:01:47 AM
Citazione di: donquixote il 06 Marzo 2017, 18:55:36 PM
Citazione di: Eutidemo il 06 Marzo 2017, 13:10:38 PM solo chi ha vissuto sotto il comunismo, può fare il confronto tra come si viveva sotto il comunismo e come si vive, oggi, in Germania. solo chi ha vissuto sotto il nazismo, può fare il confronto tra come si viveva sotto il nazismo e come si vive, oggi, in Germania. L'attuale (finanz)capitalismo DISGUSTA anche me: ma non farei MAI a cambio con la Germania nazista o quella comunista. Dio ci scampi!!!
Quindi dato che esprimi giudizi così perentori e coerentemente con ciò che affermi si suppone che tu abbia vissuto in Germania durante il nazismo e anche durante il comunismo. Bisogna inoltre tenere conto del fatto che se il muro di Berlino è stato eretto perchè troppi tedeschi dell'est scappavano all'ovest non risulta che durante il nazismo ci sia mai stata una fuga dei tedeschi dalla Germania, come ad esempio accade oggi dall'Italia
Io non ho vissuto in Germania durante il nazismo e neanche durante il comunismo...per mia fortuna! Però: - ho letto i libri di storia al riguardo (tanti) - ho visto i filmati degli ebrei usciti dai lager, e quelli dei berlinesi che fuggivano dal loro carcere, mentre i secondini sparavano loro alle spalle (ovviamente, non voglio affatto paragonare i due fenomeni). Da quando esiste la scrittura (e la filmografia), non serve affatto vivere in un epoca o in luogo per sapere ciò che vi accadeva e vi accade; a meno che uno non sia cieco o analfabeta! Per cui, se mi consenti, mi sento perfettamente in grado di giudicare (o meglio, di constatare) la mostruosità di entrambi i sistemi totalitari, pur non essendoci vissuto; sebbene, sia mio convincimento che il Nazismo fosse di gran lunga peggiore del Comunismo. Comunque, quanto al fatto che durante il nazismo non ci sia mai stata una fuga dei tedeschi dalla Germania, ti sbagli di grosso: ed infatti, durante i primi sei anni della dittatura nazista, fuggirono dalla Germania ben 304.000 tedeschi. O forse mi vuoi dire che, essendo di razza ebraica, non erano tedeschi anche loro? Però, in effetti, i nazisti li lasciavano tranquillamente espatriare (dopo averli derubati); cominciarono a sterminarli, soprattutto quando, durante la guerra, essendo circondati da nazioni nemiche, essi non potevano più migrare. Quando al fenomeno della migrazione giovanile italiana (senz'altro deprecabilissimo), il paragone coi Berlinesi che scavalcavano il muro o degli ebrei che fuggivano all'estero durante il nazismo, il paragone, a mio avviso, è semplicemente RIDICOLO, e nemmeno degno di confutazione. Si tratta di tre fenomeni COMPLETAMENTE DIVERSI GLI UNI DAGLI ALTRI: sarebbe come voler fare un confronto tra gli asparagi, il notturno di Chopin e la filatelia...un totale NONSENSE! :D :D

Quindi non è vero che solo chi ha vissuto quei periodi può giudicare, ma anche chi ha letto i libri di storia; ne prendo atto. Ma siccome i libri di storia li scrivono i vincitori e siccome trovo alquanto difficile che questi affermino che chi ha perso erano i "buoni" e noi che abbiamo vinto siamo i "cattivi" ma accade sempre il contrario bisognerebbe fare ai libri di storia (che raccontano ovviamente solo quello che vogliono e non tutto, come del resto i film) una tara maggiore a quella che si fa ai sondaggi. La perentorietà nel giudicare i periodi storici è sempre smentita da qualcuno che viene dopo e che dà più valore a certe cose invece che ad altre, come ora ci sono ancora accese discussioni fra gli storici su Nerone e Caligola.
#173
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo/Assolutismo
08 Marzo 2017, 08:21:49 AM
Citazione di: green demetr il 08 Marzo 2017, 01:27:45 AMPer metafisica si intende quel processo di astrazione per cui le cose valgone in termini generali e nell'assunto filosofico in termini Universali. 

Questa affermazione è palesemente falsa perchè la metafisica è una disciplina che si occupa di cose che riguardano quella disciplina, non è un modo diverso (più deciso, perentorio o categorico) per dire qualunque cosa, e meno che mai un processo di astrazione. Se la metafisica si occupa dell'universale, l'affermazione "penso dunque sono" non è una affermazione metafisica in quanto non è affatto universale, e non si può dire qualcosa "in modo metafisico" o "in modo relativistico" ma casomai in modo tassativo oppure dubbioso che è tutt'altra cosa e dipende dalla convinzione di ognuno. Qualunque affermazione scientifica non potrà MAI essere metafisica in quanto non è universale, in qualunque maniera si presenti o si proponga questa affermazione. Poi potete anche divertirvi a prendere in giro la gente che legge, ma sappiate che questa è pura e semplice disonestà intellettuale di cui dovete assumervi tutta la responsabilità.
E visto che la scienza moderna afferma che le sue teorie sono "vere fino a prova contraria" e ogni affermazione della scienza è enunciata in modo perentorio e categorico ("la scienza ha detto che è così!". Punto e non ci devono essere altre discussioni) e basta dire che qualcosa non è "scientifico" per squalificarlo allora l'unica metafisica che esiste, se dovessimo assumere questo punto di vista, è proprio la scienza, che però guarda caso per costituzione non si può occupare di verità universali, e quindi di metafisica. Sarebbe meglio che prima di scrivere di cose che ignorate vi metteste d'accordo con voi stessi.
#174
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo/Assolutismo
07 Marzo 2017, 23:59:49 PM
Citazione di: Sariputra il 07 Marzo 2017, 23:00:16 PMMi sembrano, scusa ancora, tutte 'proiezioni' tue , Ravviso un'avversione profonda di tipo personale, nel quale non mi permetto di entrare. Questa però mi sembra una teoria come un'altra, non corroborata dai fatti per me, propugnata in maniera decisa, assoluta e ben poco relativa.

Il fatto è che chi parla di metafisica dovrebbe conoscere ciò di cui parla e non mi sembra affatto che qui accada. Tutti i discorsi fatti prima non c'entrano un tubo con la metafisica ma invece con l'atteggiamento o la convinzione di qualcuno e la sua disposizione nel confronto con gli altri. Se uno afferma che la teoria dell'evoluzione è sicuramente e incontrovertibilmente vera non è affatto un metafisico, così come se uno afferma che è dubbia non è un relativista: sono solo due persone con atteggiamenti diversi nei confronti della medesima affermazione. La metafisica si occupa di questioni che prescindono dalla fisica, e quindi anche affermare ad esempio che Gesù Cristo è sicuramente esistito non è una affermazione metafisica, al di là della convinzione o meno di chi propone questa affermazione e vorrebbe magari "imporla" ad altri come verità. In un'altra discussione ho visto proporre come affermazione metafisica quella secondo la quale ogni ente è composto di materia e forma: è una sciocchezza bella e buona perchè questa affermazione non c'entra nulla con la metafisica. La metafisica si occupa di quelle verità che Leibniz definisce "di ragione", ovvero che sono sottoposte al principio di non contraddizione e non possono violarlo. Tutte le altre "verità" che non sottostanno al principio di non contraddizione (ovvero possono essere vere ma anche false nel medesimo tempo) sono "verità di fatto" e non c'entrano un tubo con la metafisica. "Oggi sono andato a comprare il giornale" è una verità di fatto che può essere vera ma anche falsa (oppure può essere vera oggi e falsa domani) mentre "l'infinito è infinito" è una verità di ragione perchè affermare che l'infinito è finito sarebbe una contraddizione logica, come dire che la mela è una pera. Ma se dall'affermazione che la mela è una mela non si deduce (praticamente) nulla da quell'altra invece si possono fare un'infinità di deduzioni, seguendo il sillogismo aristotelico. Se qualcuno contestasse l'affermazione secondo la quale l'infinito è infinito allora potrebbe a questo punto anche legittimamente dire che il cerchio è quadrato, che il pentagono ha otto lati (oppure sei, o magari sei oggi e otto domani) e così via, e allora parlare e discutere non ha più alcun senso. La differenza fra l'infinito e le forme geometriche è che il primo esiste, mentre le altre sono invenzioni umane che si utilizzano convenzionalmente per rappresentarsi qualcosa, come le parole del vocabolario. Rimane poi il fatto che se (quasi) tutti comprendono cos'è una mela o un cerchio magari non tutti riescono a comprendere il concetto di infinito, ma questo è solo un loro limite e non certo un fatto indiscutibile.
#175
Attualità / Re:IL PROBLEMA OCCUPAZIONALE
06 Marzo 2017, 18:55:36 PM
Citazione di: Eutidemo il 06 Marzo 2017, 13:10:38 PM  solo chi ha vissuto sotto il comunismo, può fare il confronto tra come si viveva sotto il comunismo e come si vive, oggi, in Germania.
 solo chi ha vissuto sotto il nazismo, può fare il confronto tra come si viveva sotto il nazismo e come si vive, oggi, in Germania.
L'attuale (finanz)capitalismo DISGUSTA anche me: ma non farei MAI a cambio con la Germania nazista o quella comunista. Dio ci scampi!!!  

Quindi dato che esprimi giudizi così perentori e coerentemente con ciò che affermi si suppone che tu abbia vissuto in Germania durante il nazismo e anche durante il comunismo.
Bisogna inoltre tenere conto del fatto che se il muro di Berlino è stato eretto perchè troppi tedeschi dell'est scappavano all'ovest non risulta che durante il nazismo ci sia mai stata una fuga dei tedeschi dalla Germania, come ad esempio accade oggi dall'Italia
#176
Citazione di: sgiombo il 05 Marzo 2017, 18:23:02 PMNon credo che il mondo sia cattivo. Credo che sia popolato da persone più o meno buone e più o meno cattive.

Neanch'io credo che il mondo sia cattivo, ma se insegni ai bambini che è buono (se gli insegni che ci sono i buoni e i cattivi devi poi insegnargli anche a distinguere preventivamente gli uni dagli altri e questo è piuttosto difficoltoso) avranno molto spesso cocenti delusioni e te ne faranno una colpa, mentre nell'altro caso il mondo li potrà talvolta piacevolmente sorprendere.

Citazione di: sgiombo il 05 Marzo 2017, 18:23:02 PMPerò quella del bullismo è tutt' altra questione, è la persecuzione vigliacca e malvagia dei deboli da parte di prepotenti imbelli avvantaggiati dalle circostanze; quando un bimbo è vittima del bullismo si trapassa dalla fisiologia alla patologia: in quanto tale, vittima del bullismo (e ricordo che la discussione è partita dalla questione del suicidio!) ciò che conta non è che sia, se anche lo fosse, un debole dal carattere più o meno fragile, bensì che è vittima di gravi, iniqui soprusi e prepotenze che la giustizia esige vengano stroncate e adeguatamente (cioè molto severamente!) punite (anche nell' interesse del bullo, per cercare di rieducarlo; se no si fa del buonismo a vantaggio del bullo! O meglio: a vantaggio del bullismo!). 

La questione del bullismo l'ho inserita in una serie di altri esempi, diverso uno dall'altro, e non sono stato certo io ad evidenziarla. Neanche "rubare" i soldi agli investitori in azioni od obbligazioni bancarie è una bella cosa, eppure nessuno ha fatto una piega su questo esempio. Rimane il fatto che coloro che si suicidano per tutti i motivi che ho elencato nel mio primo messaggio compiono una fuga dalla vita, una fuga volontaria, definitiva e irrimediabile; e come si chiamano coloro che fuggono anzichè affrontare la vita con tutti i suoi problemi ma anche tutte le sue soddisfazioni?

Citazione di: Duc in altum! il 05 Marzo 2017, 15:39:43 PMsarà anche che @donquixote è entrato duramente da dietro e a doppia gamba tesa (ma non dovevamo "je sois Charlie Hebdo", scriva quel che scriva?) - come soventemente è accaduto, accade e spero accada sempre in Forum.it, per apprendere a dire sorry (anche se virtuale fa sempre bene) o per riflettere sul fatto che, forse, la nostra convinzione era solo un'opportunistica ideologia - e per di più in area di rigore (quindi concordo con il criticare e confutare la sua teoria sulla viltà e prepotenza),

Da piccolo mi insegnarono "sia il tuo dire si si, no no, il di più viene dal maligno". Io, più tardi, l'ho inteso nel senso di parlare in modo chiaro e non ambiguo, di dire le cose come stanno e non in maniera che si possano interpretare in un verso oppure in quello opposto a seconda delle convenienze (anche se poi la disonestà intellettuale altrui è in grado di ribaltare anche un chiaro si e un chiaro no). Si può anche chiamare il vile "diversamente coraggioso" dato che l'avverbio diversamente è usato in tanti contesti per intorbidire le acque ed evitare la chiarezza, ma questo lo lascio a coloro che dicono sempre ni o so in modo da avere sempre una scappatoia intellettuale. A te cos'hanno insegnato?
#177
Citazione di: davintro il 04 Marzo 2017, 22:38:49 PMSe si invece di parla di accollarsi doveri e responsabilità che io non avverto come costitutivi della mia libertà ma come imposti esteriormente, dalla tradizione familiare, dalla società, allora non lo accetto.

L'unico modo per fare questo è isolarsi dalla società. O si vive da eremiti e si fa quel che si vuole e quando si vuole, oppure si vive in società e ci si attiene alle sue regole, che non sono solo le leggi ma anche tutte le aspirazioni, i desideri e i giudizi di ognuno dei suoi componenti. Perchè qualcuno deve avere il diritto di fare quel che vuole e io non posso avere quello di parlarne male o di criticarlo altrimenti lui si "offende"? Perchè un suo diritto deve conculcare il mio? O si conciliano diritti e doveri, ovvero si trova un equilibrio in ciò che in società è possibile fare, o dire, o altrimenti ognuno dirà e farà quel che gli pare, e i più "sensibili" saranno proprio quelli che ne ricaveranno i danni maggiori. O uno se ne frega bellamente di quel che dicono gli altri perchè è sicuro di sé o altrimenti se ricerca l'approvazione sociale dei suoi atteggiamenti e dei suoi comportamenti allora deve adeguarsi a ciò che la società ritiene "normale" e non può avere l'assurda pretesa che tutti si adeguino al suo modo di vedere le cose.


Citazione di: Jacopus il 04 Marzo 2017, 23:44:54 PMCi sono persone deboli che non sono in grado di reagire, perché addestrate a soffrire e a sopportare. Possono essere soggetti deboli fisicamente e magari non propriamente astuti e sono proprio quelli che vengono presi di mira dai bulli.

Se si conosce un minimo come funziona la psicologia del bullo si sa che se non riceve "soddisfazione" dai suoi atti questi perdono di significato e il bullo si rivolgerà altrove. Se uno è addestrato a sopportare le offese disinnescherà automaticamente ogni atto di bullismo che si infrangerà contro un muro di gomma. Un pugile può vincere un combattimento perchè è un buon colpitore ma anche perchè è un ottimo incassatore.

Citazione di: Fharenight il 04 Marzo 2017, 23:57:46 PMIl mandrillo che salta addosso appena vede sculettare una donzella è solo il residuo di una costruzione culturale basata sul predominio e sulla prevarivazione dell'uomo sulla donna, né piú, né meno.

Mai sentito parlare di quando le femmine dei cani e dei gatti vanno in "calore" e tutti i maschi del vicinato le ronzano intorno arrapati? Semplicemente sentono l'odore e cercano di accoppiarsi. L'abbigliamento seducente è nella femmina della specie umana ciò che per gli animali è il "calore", e così viene percepito dai maschi. Non c'è nulla di "culturale" o di "patriarcale" in tutto questo, ma solo il fatto che l'uomo, come peraltro altri animali, nei rituali di accoppiamento utilizza il senso della vista anzichè quello dell'olfatto.
#178
Citazione di: Angelo Cannata il 01 Marzo 2017, 20:37:29 PM
Citazione di: donquixote il 01 Marzo 2017, 10:36:43 AM
... gay che si suicida perchè il classe lo chiamano "checca", o quello che lo fa in seguito ad atti di bullismo in rete. Tutti costoro sono semplicemente dei vili ...
Ti rendi conto della gravità di ciò che hai scritto? Secondo te quindi, tra il bullo e la sua vittima, il vile non è il bullo, ma è la vittima!


È noto che se un uomo manifesta paura e debolezza davanti a un cane questo diventa aggressivo, quindi un tempo si insegnava ai bambini a mostrare per primi aggressività di fronte a un cane sconosciuto per evitare di essere aggrediti. Questo insegnamento vale anche per gli uomini, e un vecchio saggio diceva che "Se il codardo corresse contro i nemici con la rapidità che li fugge, li spaventerebbe". Un tempo si insegnava ai bambini che iniziavano la scuola e venivano canzonati dai compagni perché magari erano sovrappeso, o portavano gli occhiali, o erano effeminati a farsi rispettare o quantomeno a non farsi condizionare dallo scherno e dalla derisione altrui facendo leva sul suo orgoglio e sulle qualità che gli altri non possedevano. Si insegnava a non mostrarsi mai fragili in pubblico, a non far trasparire le proprie sensibilità e le proprie debolezze perché gli altri ne avrebbero potuto approfittare a proprio vantaggio, dato che sapevano bene che "il mondo è cattivo". Insegnavano loro ad affrontare la vita per quello che è, e non per quello che loro magari pensavano che fosse nei loro sogni di bambini immersi nelle favole e nei cartoni animati. E questi insegnamenti venivano spesso dalla pratica, dall'impegno di chi era più debole e sensibile a reagire alle angherie dei compagni e trovare dentro di sé la forza per non farsi ferire da quelle che in fin dei conti erano solo ragazzate. Quando un ragazzo tornava a casa e diceva al padre che i suoi compagni lo prendevano in giro quest'ultimo non andava certo a scuola a parlare coi professori per lamentarsi (a meno che non si trattasse di episodi molto gravi) ma era il primo ad accusare il figlio di vigliaccheria per essersi lasciato "mettere i piedi in testa" da ragazzi della sua stessa età. Dai primi anni di scuola (o addirittura di asilo), quando si usciva dalla gabbia protettiva dei genitori per i quali ogni figlio è il più bello, il più bravo e il più intelligente del mondo, si imparava a forgiare il proprio carattere e a trovare il proprio posto nel mondo attraverso il rapporto con persone mai viste prima, e ognuno all'interno di una comunità com'era quella scolastica cercava di mostrare le proprie peculiarità e se magari non era "leader" in qualche attività sportiva lo era nello studio della matematica oppure nella conquista delle ragazzine. Si creavano così naturalmente delle gerarchie nei vari ambiti in cui ognuno era rispettato per quello che era, e se qualcuno scherniva qualcun altro perché era arrivato ultimo alla corsa campestre questo si sarebbe magari "vendicato" al successivo compito in classe.
Adesso invece si insegna tutto l'opposto: i ragazzi devono imparare che è cosa buona e giusta mostrarsi deboli, esprimere le proprie emozioni, raccontare a tutti i fatti più intimi della propria vita, fare "coming out", piangere in pubblico eccetera, esponendosi così ad ogni sorta di prevaricazione di coloro che, certo vigliaccamente, vorranno approfittare di questa situazione per esercitare una sorta di "potere" o di condizionamento su qualcun altro facendo leva sui loro punti deboli. Ora si esalta la debolezza anche negli adulti e si fa di tutto per proteggerla e mantenerla anziché trasformarla in forza, e così si farà da un lato il gioco dei vigliacchi che essendo un po' meno deboli potranno prevaricare gli altri senza alcuna fatica e divertirsi alle loro spalle, e dall'altro si costringerà i "deboli" che rimarranno tali vita natural durante a subire la più totale dipendenza dalle forze dell'ordine, dai magistrati, dalle istituzioni, dalle varie associazioni più o meno filantropiche, da ogni sorta di psicologi o pseudotali nonché da amici e parenti a cui dovranno rivolgersi ogni volta che si sentiranno prevaricati. Se prima si tendeva ad adottare in pubblico un comportamento improntato al buongusto, alla consuetudine, al senso della misura e del pudore per fare in modo di evitare i giudizi altrui e se qualcuno adottava comportamenti diversi se ne assumeva la responsabilità, oggi si predica che ognuno può fare quel che vuole, quando vuole e dove vuole, e tutti gli altri sono costretti a non esprimere alcun giudizio che non sia di approvazione altrimenti si grida come aquile alla "discriminazione".  Si è ormai abituati a pensare di avere tutti i diritti e nessun dovere, nessuna responsabilità, o meglio noi abbiamo i diritti e tutti gli altri hanno i doveri; così accade che le ragazze hanno il diritto di passarti davanti ammiccando mentre indossano una ridottissima minigonna e tutti gli altri hanno il dovere di tenere a bada i loro ormoni; il gay eccentrico ha il diritto di passeggiare sculettando avvolto in un boa di piume di struzzo e  tutti gli altri hanno il dovere di mantenere un'espressione seria e distaccata; l'anziana signora di cento chili ha il diritto di postare sui "social" una propria foto fasciata in un paio di leggins animalier  e tutti gli altri hanno il dovere di evitare commenti ironici; la ragazza disinvolta ha il diritto di diffondere le sue foto osé con un ragazzo diverso tutte le settimane e tutti gli altri hanno il dovere di risparmiarle gli ovvi epiteti; il pseudointellettuale ha il diritto di fare discorsi senza capo né coda e tutti gli altri hanno il dovere di rispettare e magari riverire il suo "pensiero".
Ogni diritto implica un corrispondente dovere, ovvero quello di assumersi la responsabilità delle conseguenze che dovessero determinarsi dal godimento di tale diritto, e se non si è in grado di farlo perché si è troppo deboli o insicuri e non si ha il coraggio delle proprie azioni, o dei propri comportamenti, o di mostrarsi semplicemente per quello che si è, e questa è a tutti gli effetti dimostrazione di viltà, se ne prenda semplicemente atto e non si cerchi l'impossibile eliminazione di tali conseguenze, che può avvenire solo congedandosi (in un modo o nell'altro) dalla società.

P.S. ho risposto a questo messaggio poichè sollecitato dalle "forze dell'ordine" del forum a cui ci si è rivolti come la bimba si rivolge alla maestra lamentandosi che il suo compagno di classe gli ha tirato i capelli...
#179
Citazione di: paul11 il 03 Marzo 2017, 09:21:11 AMIl suicidio sociale e individuale l'ho visto: quando, anni fa, i primi bambini giapponesi si suicidavano perchè andavano male a scuola; quando, nelle grande ristrutturazioni industriali del primi anni Ottanta, opera si uccidevano impiccandosi nei capannoni; quando coppie anziane lasciate sole, abbandonate e non riuscivano più l'uno ad accudire l'altro, prima uccidevano il coniuge per amore e per amore si uccidevano; quando ho visto ragazzi nei grandi agglomerati della nostra santa civiltà andare a scuola e con pistole fare massacri; quando ho visto bambini dimenticati nei supermercati e lungo le autostrade nelle aree di sosta; quando ho visto i deboli non più solidarizzare ma corrompersi all'idea che bisogna essere come il loro padrone e come il loro padrone fare e individualizzarsi senza poi essere padroni di niente,ma solo numeri i; quando ho visto le fasi del percorso della formazione del carattere e della personalità generare nevrosi e non più quella maturità che ti consente di dire, ho lasciato alle spalle l'adolescenza e oggi mi sento più maturo: quando abbiamo perso quel rito d'iniziazione antico, quella prova che ti consentiva attraverso il sacrifico di qualcosa di te di lasciare una fase della tua vita per sentirti migliore di capire e comprendere di più il mondo e le sue regole del gioco; quando ho visto ragazze rifarsi le "tette" a diciottanni, madri con figlie comportarsi come le figlie e padri avere la sindrome di Peter Pan del "quanto è bella giovinezza non bisogna più invecchiare"; quando quel pensiero relativista ha abbassato l'idea forte che univa e identificava i popoli, riducendo ad opinione, frammento il sociale l'atomismo, abbandonando a se stesso ogni persona, ridotta ai social nella nemesi della mediocrità morale ed intellettuale; quando i genitori hanno smesso di educare affaccendati ad altro, hanno smesso il ruolo sociale ed educativo primario di insegnare, di iessere riferimento al percorso formativo dei figli, in primis affettivo,perchè danno ragione al figli anche quando hanno torto, non lo ascoltano e glii fanno tanti ,ma tant iregali....perchè i mondo è ridotto ad un pacco dono Quando la vita è diventata condizione di una forza di gravità oscura: "il sentirsi di "peso". ........oggi raccogliamo i cocci di vite spezzate e questo accade tanto più una società si sente civilizzata

Condivido ogni parola, e se posso chiosare sul "sentirsi di peso" se prima, nella modernità, ci si poteva sentire di peso e inadeguati nei confronti di una società che riduceva le persone a numeri nella grande catena di montaggio di un "progresso" che galoppava velocemente verso la costruzione del nuovo "paradiso terrestre" ora, nella postmodernità, ci si sente di peso nei confronti di se stessi: si è operata una scissione fra ciò che si è e ciò che si è idealizzato di essere, e il "tradimento" perpetrato dalla realtà nei confronti dell'utopia personale porta a colpevolizzare la realtà stessa e a nutrire sensi di colpa verso l'utopia, condizione che spesso conduce allo sconforto e alla disperazione.
#180
Citazione di: Jean il 02 Marzo 2017, 21:46:34 PMUn amico, alla domanda riguardante l'eutanasia, mi ha riferito la sua personale esperienza in occasione della morte della madre, arrivata all'ultimo stadio e ormai in coma. Si consultò col dottore sull'eventualità di intervenire con una dose elevata di morfina per lenirne le sofferenze. Tali sofferenze il corpo le mostrava ben evidenti... ma non la mente, dato lo stato di coma. Forse, a quel punto, era un problema che toccava più i familiari che l'interessata. Il dottore rispose che con quasi certezza la somministrazione della sostanza avrebbe comportato il collasso dell'organismo in brevissimo tempo. Il figlio (mio amico) nel guardare la madre si chiese se quel poco tempo ormai rimastole da trascorrere su questo mondo non facesse parte della storia di quella donna. Per quanto straziante non ritenne di doverglielo accorciare. La donna morì dopo sette ore.  Quest'altra che racconto è un'esperienza da me vissuta, riguarda un'anziana che dopo lunga malattia e sofferenza andò in coma profondo. Si trovava in ospedale, ormai questione di ore, attorniata dai figli e dal loro dolore... psicologicamente più grande del proprio. A causa della flebile e difficile respirazione un figlio ottenne le fosse messa una maschera d'ossigeno... che la donna (da tempo non reagiva neppure alla stretta della mano) tra lo stupore dei presenti si strappò dal volto... ... contemporaneamente, in uno spazio attiguo un'altra anziana pure in fin di vita rivolta a qualcosa che vedeva solo lei imprecava a squarciagola di andar via...  Argomenti difficili, non ne sappiamo abbastanza e ogni esperienza è diversa dall'altra.


Se si volesse delimitare la questione del suicidio a quello "assistito" nei più vari casi e per i più vari motivi si potrebbe dire che nella quasi totalità delle situazioni il suicidio assistito è una forzatura necessaria per porre rimedio ad un'altra forzatura che è stata posta in essere in precedenza. E due torti di segno opposto non fanno una ragione e neppure si elidono a vicenda, ma rimangono sempre due torti.