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Messaggi - Phil

#1651
Citazione di: Carlo Pierini il 02 Agosto 2018, 21:11:10 PM
 ciò che è autentico nella fede trova il proprio accordo con ciò che è autentico nella ragione.
Fase che ritengo improbabile per i motivi che ho già spiegato; secondo me, restano opposti, ma non complementari (salvo intendere per "complementari" che "o è testa, o è croce", ma ciò non mi sembra nulla di troppo filosofico  ;D ).
Il mio incompatibilismo fra fede e ragione e il tuo complementarismo fra loro, sono complementari o non-complementari?

Citazione di: Carlo Pierini il 02 Agosto 2018, 21:11:10 PM
In una accezione generale lo spirito si può considerare come un aspetto della mente e, reciprocamente, la mente come un aspetto dello spirito. Entrambi i termini - insieme ad "anima" e "psiche" - si riferiscono alla polarità metafisica dell'uomo
Le definizioni metafisiche di "spirito" non sono falsificabili, dunque possiamo dire di tutto: che è "un aspetto della mente", che "è una parte dell'anima", che "è il soffio vitale", etc. ma siamo nella fede e/o nella tradizione teologica, non nella ragione (che può persino dubitare che tali entità esistano...) per cui matematica e logica le lascerei da parte  ;)

Citazione di: Carlo Pierini il 02 Agosto 2018, 21:11:10 PM
E' legittimo il pluralismo quando si ha a che fare con interpretazioni non reciprocamente contraddittorie;
Ovvero il pluralismo lo intendi solo come declinazione differenziata di un'unica prospettiva generale? Ad esempio il pluralismo fra le differenti scuole della fenomenologia husserliana, ma non pluralismo fra la fenomenologia husserliana e psicologimo o neopositivismo?

Citazione di: Carlo Pierini il 02 Agosto 2018, 21:11:10 PM
altrimenti non si tratta di pluralismo, ma di violazione del pdnc, cioè di assenso a ...tutto e al contrario di tutto.
Applicare il principio di non contraddizione ad interpretazioni ermeneutiche (non ad asserzioni logico-scientifiche) richiede cautela e senso prospettico: se Nietzsche contraddice Hegel (esempio a caso), non significa che necessariamente uno dei due mente (anche perchè potrebbero mentire entrambi), ma che abbiamo due modelli di lettura della realtà che magari si escludono e sono incompatibili, ma possono avere ognuno una sua coerenza interna. Essere pluralisti, per me, non significa sostenere che tutto va bene, ma piuttosto saper mettere a fuoco proprio la coerenze interna delle differenti posizioni e le eventuali contraddizioni interne ai paradigmi proposti; ciò dà la preziosa opportunità di poter usare poi i mattoni di altri per costruire la propria casa secondo il proprio progetto.

Non ridurrei quindi la filosofia a "se Tizio c'ha ragione, allora Caio c'ha torto", oppure, peggio ancora, a "Tizio c'ha ragione!", quasi si trattasse di scegliere per chi votare o per quale squadra tifare... la filosofia, secondo me, ci dà strumenti da utilizzare o scartare, usando ognuno la propria testa (per questo dubito sempre di coloro che venerano un solo autore e magari non riescono nemmeno a trovare una critica da fargli...). Quella che ci dà certezze ragionevoli da adoperare per cotruire aerei e chattare a distanza è la tecnica, ma la tecnica non può darci una visione del mondo esistenzialné proporci nulla di filosofico (non va oltre lo svolgere diligentemente il suo compitino operativo).

Citazione di: Carlo Pierini il 02 Agosto 2018, 21:11:10 PM
Quando due teorie sono reciprocamente contraddittorie, una cosa è certa: una delle due è falsa, o sono entrambe false, oppure entrambe contengono elementi di falsità. Quindi il tuo discorso dei "sostenitori" può andare bene per dei divi della canzone, non per delle teorie antagoniste.

Vedi sopra: non parlo di esperimenti di chimica o di fisica dall'esito univoco, ma di filosofia... il fatto che l'idealismo e il materialismo abbiano i rispettivi sostenitori, non comporta che una delle due schiere sia necessariamente nel torto, ma solo che hanno letture del mondo differenti (e non ce n'è una giusta perché probabilmente, in fondo, come direbbe lo zen, "non c'è niente da leggere", ma questa è un'altra storia  ;) ). Applicare le categorie di "vero" o "falso" a modelli di interpretazione filosofica del mondo è un errore logico, tanto quanto sarebbe applicare le regole del sillogismo alla poesia, o criticare un quadro cubista perché non rappresenta fedelmente la realtà: la filosofia mette in gioco il senso, mentre la scienza mette in gioco la funzionalità (se salta questa non-complementarietà, salta anche la differenza fra teoresi e ricerca sperimentale).

Citazione di: Carlo Pierini il 02 Agosto 2018, 21:11:10 PM
A te risulta il contrario? Cosa scrive, esattamente, nella Scienza della Logica, Libro secondo, sezione prima, capitolo secondo, punto C? :)
Ti piace vincere facile  ;D  t'ho segnalato che ne parla in quel punto (basta leggere il titolo dei capitoli), se vuoi affrontarlo, adesso hai le coordinate, ma non mi prendo certo la responsabilità di spiegarti Hegel (non si dica mai che ho dato lezioni di storia della filosofia a qualcuno, tantomeno su Hegel!).
#1652
Citazione di: Carlo Pierini il 02 Agosto 2018, 14:02:53 PM
Certo, una volta che un determinato oggetto di fede è confermato dalla ragione, la fede stessa diventa superflua; ma proprio in ciò consiste la sua complementarità con la ragione: nel credere vero un oggetto prima che esso sia pienamente contemplato anche dalla ragione.
Complementarietà piuttosto disfunzionale: prima che arrivi la convalida della ragione, tale fede è irragionevole, e infatti potrebbe arrivare anche la smentita da parte della ragione... credere vero qualcosa prima che la ragione lo confermi è fede pura, non vedo come sia complementare alla ragione; e quando poi la ragione lo conferma, è ragione pura, non vedo a cosa serva allora la fede... direi che la loro compresenza collaborativa sia piuttosto improbabile.

Citazione di: Carlo Pierini il 02 Agosto 2018, 14:02:53 PM
Cit. CARLO
la logica e la matematica sono prodotti dello spirito

PHIL
...intendi in senso hegeliano? Eppure, oggi tale affermazione ha ancora senso? Se "si", intendi per "spirito" lo stesso della "spiritualità" (di cui stavo parlando)?

CARLO
Nel senso che la logica e la matematica sono creazioni della mente umana.
La mente non è lo spirito, giusto? Dire che "la logica e la matematica sono prodotti dello spirito", significa altro, qualcosa che non rende giustizia alla non-complementarietà fra visione spirituale e materialista.


Citazione di: Carlo Pierini il 02 Agosto 2018, 14:02:53 PM
se vuoi giudicare errata una certa interpretazione riguardante un dominio di eventi non riproducibili sperimentalmente, non puoi farlo a priori, ma devi entrare nel merito e indicare QUALI sono gli errori
Mai detto che sia "errata", ma nemmeno l'unica oggettivamente giusta (tendenzialmente sono pluralista), finché parliamo pur sempre di interpretazioni, non di verità assolute... d'altronde, in questo ambito, non c'è solo una risposta giusta: è giusto l'olismo o il riduzionismo? Nessuno dei due, ognuna delle due prospettive ha le sue ragioni, i suoi sostenitori, etc. partendo da approcci differenti derivano logiche e interpretazioni differenti e in filosofia non sempre è possibile testarle con un esperimento che metta tutti d'accordo (e non è un caso che sia proprio la Fisica a crearti problemi  ;) ).
Trovo interessante capire differenti prospettive; farne invece una classifica di migliori e peggiori è semmai l'ultima fase per importanza (anche perché spesso avviene spontaneamente, in corso d'opera).
Nel tuo caso, ad esempio, ti ho già fatto notare che l'"ordo et connexio rerurm et idearum" è sbilanciato verso il soggetto: l'"ordo" è infatti già un'idea, applicarlo prima alle "rerum" e poi alle "idearum" (ovvero a se stesso!), significa dover fare i conti con la soggettività molto più che con la fantomatica oggettività, etc. ma se tu prediligi una visione isomorfica fra idee e fatti (à la Wittgenstein prima maniera, se non erro), nessuno può dirti che è assolutamente errata o illegittima (o almeno non certo io  ;D ).


Citazione di: Carlo Pierini il 02 Agosto 2018, 14:02:53 PM
Insomma, non basta che "esistano altre interpretazioni" per mettere fuori gioco a priori una certa interpretazione, ma ti devi sporcare le manine, entrare nel merito e mostrare le ragioni per le quali, secondo te, quelle "altre interpretazioni" devono essere considerate più legittime, o più fondate delle mie.
"Più legittime e più fondate" è, a sua volta, una questione di (meta)interpretazione, ogni tassonomia risponde solo ai suoi stessi criteri operativi, la cui efficacia ed efficienza non sta certo a me giudicare...
Nel tuo caso, potrei obiettare che la conoscenza è fatta di divisioni e discriminazioni oltre che di complementarietà: tutta la tua impalcatura può essere persino rovesciata e letta per contrasto (come si faceva con il "negativo" di una foto) alla luce di un possibile "principio di non-complementarietà" che rintraccia e evidenzia tutte le incompatibilità che hai tralasciato, tutte le differenze fra le varie dialettiche che hai sorvolato, tutti gli assiomi incompatibili che hai accostato (vedi fede e ragione), tutte le divergenze prospettiche irrisolvibili... si tratta solo di scegliere arbitrariamente se vedere più ciò che accomuna o ciò che divide, oppure... il passaggio successivo potrebbe essere giostrarsi fra complementarietà e non-complementarietà (indagando come e quanto si dividano il campo della conoscenza umana), ma finché una delle due viene immolata sull'altare del "monoteismo tassonomico-interpretativo" ("il principio deve essere unico!"), tale via resta preclusa...


P.s.
Mi permetto di segnalarti che la "dubbiosità" sui tuoi giudizi riguardo ciò che gli altri filosofi non avrebbero spiegato, sembra riscontrare una loro conoscenza un po' approssimativa (Hegel non s'è forse occupato del principio di non contraddizione e della dialettica nella Scienza della Logica? Libro secondo, sezione prima, capitolo secondo, punto C), che rischia purtroppo di screditare il valore di quanto proponi... non sono il primo a fartelo notare quindi non indugio in merito, qui il focus è bene resti sulla tua filosofia  ;)
#1653
Citazione di: Carlo Pierini il 02 Agosto 2018, 00:18:48 AM
Il linguaggio diventa un rumore molesto se ciascuno attribuisce dei significati diversi e reciprocamente incompatibili alle medesime parole.
Eppure confrontarsi con i filosofi significa proprio cercare di comprendere il "vocabolario" che soggiace alla loro impalcatura teoretica; altrimenti si ricade in un generalismo sterile in cui, ad esempio "dialettica significa solo x e non bisogna né approfondire né darne una lettura personale!", un imperativo metodologico che avrebbe castrato la filosofia.
Considera come, ad esempio, per approcciare il tuo punto di vista bisogna capire cosa intendi esattamente con alcuni termini (per questo tutte quelle domande ;D ) e non ha senso rimproverarti di non usare le definizioni già proposte da altri, perché l'obiettivo è entrare nella tua ottica personale e nel tuo vocabolario che la identifica.

Citazione di: Carlo Pierini il 02 Agosto 2018, 00:18:48 AM
Non necessariamente: dipende da QUAL E' l'oggetto della fede. Per esempio, si può avere fede nella ragione. O si può avere fede in qualcosa che non contraddice la ragione, ma anzi, ne conferma i fondamenti.
Come punto di partenza, se uso la fede la ragione sfuma, se uso la ragione la fede non è necessaria (salvo sia la fede nei suoi stessi assiomi, e a quel punto è la ragione a essere "fuorigioco"). Una volta fatta una scelta di fede, posso usare la ragione, ma questa risulta drasticamente subordinata alla fede (non direi complementare); se compio invece un ragionamento razionale, la fede non è un complemento, ma una falla che indebolisce proprio la struttura logica del discorso.

Citazione di: Carlo Pierini il 02 Agosto 2018, 00:18:48 AM
la logica e la matematica sono prodotti dello spirito
...intendi in senso hegeliano? Eppure, oggi tale affermazione ha ancora senso? Se "si", intendi per "spirito" lo stesso della "spiritualità" (di cui stavo parlando)?

Citazione di: Carlo Pierini il 02 Agosto 2018, 00:18:48 AM
Se la complementarità tra tutti gli enti è il principio supremo, la non-complementarità non-esiste.
Si tratta, secondo me, di indagare proprio su quel "se", che ci preclude a priori di considerare la non-complementarietà... forse conviene lasciarlo un po' "socchiuso"  ;)

Citazione di: Carlo Pierini il 02 Agosto 2018, 00:18:48 AM
Le regole del Principio non le ho stabilite a priori, ma le ho desunte a posteriori dall'osservazione delle dinamiche dialettiche in diversi campi della ricerca, nello stesso modo in cui le leggi della fisica sono desunte a posteriori dallo studio dei fenomeni naturali.
Fenomeni naturali e fenomeni culturali non sono paragonabili, né per metodo di studio, né per contenuto (concorderai che studiare soggetti non è studiare oggetti, le scienze umane non sono le scienze della natura, etc.). "Desumere a posteriori" è un'interpretazione che ha valenza e verificabilità ben differente se parliamo di un fenomeno fisico o di un rapporto fra campi del sapere.


Citazione di: Carlo Pierini il 02 Agosto 2018, 00:18:48 AM
Quindi non si tratta di un "ordine tassonomico" ma di un ordine oggettivo delle cose.
Che sia un ordine tassonomico, lo dimostra il fatto che sono possibili altre interpretazioni in merito (vedi la sistematizzazione del suddetto Hegel o più in generale la "storia della filosofia" ;) ), se fosse ordine oggettivo, avrebbe confutato tutte le altre posizioni differenti.


P.s.
Mi auguro che queste osservazioni critiche ti aiutino a collaudare meglio la solidità della tua ricerca, non prenderle come critiche fine a se stesse  :)
#1654
Grazie, adesso credo di potermi orientare meglio nella tua proposta... sebbene rimanga un po' perplesso su alcune questioni:
- i grandi filosofi che non avrebbero tematizzato adeguatamente la dialettica (l'averlo fatto con una precisione analitica che li rende incompatibili fra loro, per me non è un difetto; semmai lo è il contrario ;) ); 
- la distinzione molto classificatoria e poco pragmatica fra coppie dialettiche e contraddittorie (ad esempio, "fede e ragione" sono di fatto contraddittorie: non c'è mediazione dialettica coerentemente percorribile, con buona pace delle "petitio principii" del medioevo; la fede della ragione non è la ragione della fede... idem per "spirito e materia": spiegare la vita con lo spirito, non è compatibile con lo spiegare la vita con la materia, salvo sottomettere drasticamente l'uno o l'altra, o lasciarli ben separati, in una complementarietà molto sbilanciata, del tipo, banalizzando in malo modo  ;D : "la scintilla della vita è autenticamente spirituale, il resto è mera biologia combinatoria", oppure "la vita è solo biologica, lo spirito è solo una funzione individuale psicologica"); 
- la non-complementarietà sacrificata a priori (disinnescata tramite una generalizzazione/astrazione che cancella le rilevanti differenze specifiche che altrimenti la fonderebbero, di diritto e di fatto) in favore del monopolio della complementarietà (complementarietà che è quindi "assolutizzata, ritenuta fondamentale mentre l'altra solo apparente", rivelandosi combaciante con la tua definizione di monismo... non che avere fede in un principio monista sia uno scandalo, soprattutto se ben radicato in una tradizione :) ).

Non resta dunque che attendere che il confronto con la Fisica, sblocchi il potenziale performativo di quella che, ad oggi, mi sembra una sistematizzazione tassonomica (che non propone, piuttosto ordina), una mappatura "a coppie" dei differenti approcci insiti nei vari domini.
#1655
Trovo interessante la domanda che intitola il topic: perché ridurre tutto al monismo di un principio unico e omniesplicativo (assecondando il datato monismo teleologico della filosofia classica occidentale)?
Magari sarebbe bello se ci fosse (da "scoprire"), tuttavia se non c'è e impostiamo un'interpretazione tale da crearlo, finiamo per ottenere una "chiave di lettura" di fatto non utilizzabile (poiché mancherebbe "la porta" da aprire), e allora dopo aver fatto "la chiave", dobbiamo costruire anche "la serratura" per poterla usare (in questo caso, "la serratura" è un contesto di citazioni scelte per "assonanza linguistica", accostando "dialettiche" differenti fra loro, "complementarietà" differenti fra loro, etc. accomunate solo dalla ricorrenza della medesima parola: ad esempio, "dialettica" non significa esattamente lo stesso in Platone, Aristotele, Hegel e Gadamer, anche se tutti e quattro usano la stessa parola... chiedo inoltre: la "complementarietà" andina è la stessa di cui parla Bohr?).

Il "principio di complementarietà" ("principio" in senso interpretativo, per essere onto-metafisico dovrebbe avere requisiti che non possiamo verificare e che non sarebbero applicabili alle contingenti attività culturali umane) non è forse una rivisitazione interdisciplinare dell'"omnis affirmatio est negatio"? Possiamo rilevare che ogni affermazione comporti una negazione (e viceversa), per cui dato "a" subito poniamo anche "non-a", e quindi c'è comunque una relazione dialogica fra i due. Le ripercussioni di questo processo di individuazione spaziano in tutti i settori di applicazione dell'intelletto umano.
Tuttavia, all'atto pratico, materialismo e misticismo si escludono, olismo e riduzionismo si escludono (non si possono tenere i piedi in entrambe le staffe ;) ), due paradigmi epistemologici contrari si escludono (partendo da assiomi incompatibili), etc. al punto che definirli "complementari" significa affermare che se non si propende da una parte, si propenderà dall'altra, ma in fondo qual'è la conseguenza "spendibile" di tale constatazione? 
Ad esempio, rilevare la complementarietà fra teismo e ateismo, cosa comporta, se non una tassonomia dicotomica (in stile platonico)?

Non si tratta di un principio che vuole, con il suo monismo, riunire tutti i dualismi semplicemente relazionandoli in una cornice superiore, in una mappatura del sapere in tutti i suoi ambiti? Come si può passare da questo relazionare differenti approcci all'applicare una "complementarietà fisica", ottenendo risultati come coltivare deserti, scongiurare le guerre e vincere la povertà? Non mi è chiaro il passaggio da "sistematizzazione della conoscenza" a "acquisizione di una conoscenza senza precedenti" (se metto in ordine la mia biblioteca dei libri già letti, catalogando i testi per "complementarietà reciproca", non dovrei ottenere nuovi volumi da leggere...).

Inoltre: la non-complementarietà che ruolo gioca (se lo gioca)? Anch'essa è complementare alla complementarietà o le due sono non complementari? C'è qualcosa di non-complementare che resta fuori dal "principio di complementarietà"?



P.s.
Mi scuso per le molte domande, ma mi servono per capire meglio in quale prospettiva ci stiamo muovendo...

P.p.s.
Complimenti per l'accurato e vasto lavoro filologico  :)
#1656
Attualità / Re:Tutela e uguaglianza.
30 Luglio 2018, 22:50:30 PM
Parlando di India, donne e loro tutela, rilancerei la posta in gioco mettendo sul piatto anche questo:
https://europa.today.it/attualita/eunuchi-india-trans.html
#1657
Citazione di: viator il 27 Luglio 2018, 13:04:39 PM
Il "principio universale di armonia", come ho già avuto modo di accennare qui nel Forum, è secondo me rappresentato da quello che io chiamo il "Principio Naturale del Bene":

     "Nessuno sottragga o distrugga ciò che - una volta che risulti poi necessario - non sarà in grado di restituire o rigenerare".
Questo tuo imperativo morale, mi hai fatto un po' sentire in colpa: mi è venuto in mente l'ossigeno, che ho sottratto all'aria e che, all'occorrenza, non sarei in grado di rigenerare, e tutte le zanzare che ho ucciso (animato dall'augurio che non si rigenerino, sebbene siano necessarie per la catena alimentare) o tutta la carne che ho mangiato in questi anni (suppongo sia stata "rigenerata", ma non da me; sono in debito "etico" con gli allevatori?).
#1658
Secondo me, si potrebbe anche pensare alla democrazia senza considerare inscindibili la libertà d'opinione/espressione e la partecipazione attiva alla vita politica, ovvero il voto: per quanto suoni impopolare, una scelta basata sulla quantità, non è sempre sinonimo di qualità; se riteniamo giusto tener buona la maggioranza popolare, facendola sentire importante e decisiva, allora non ha senso restare poi sconsolati se il suo atteggiamento manca di lungimiranza, capacità d'analisi e saggezza decisionale. Il dazio da pagare per il quieto vivere nazionale, è accettare che la maggioranza decida chi ne possa meglio rappresentare ambizioni, ansie e speranze (e la classe politica lo ha capito da tempo...).

Il rapporto fra guerre e democrazia, mi ha fatto venire in mente l'Europa, e il perché l'identità europea risulti talvolta forzata, quasi artificiosa o percepita solo formalmente: manca una narrativa classica unificante (la storia recente europea è antiunitaria, e ripensare ai tempi del medioevo non giova abbastanza); la comunità europea non è nata da uno sforzo umano di sangue (conflitti, vittime, etc,), ma da un accordo economico a tavolino. Per questo l'Europa viene percepita da alcuni dei suoi abitanti, più che come una identità storico-culturale, come l'organizzazione economica dei fondi comunitari da spartire, del libero mercato, dei viaggi low cost senza passaporto... è come stare in un campus universitario: convivono differenti culture, differenti nazionalità, differenti orientamenti, magari ci si trova bene e ci sono dei vantaggi, ma non tutti ci si sentono "a casa".
#1659
Direi che una "cosa" è un'identità logico-grammaticale indefinita, che può fungere sia da oggetto che da soggetto. In fondo, "cosa" è un po' il "cognome" di tutti i "nomi" nominabili (singolari, plurali, etc.), l'identificazione "di base" di tutto ciò che è e di cui si può predicare qualcosa... eccezion fatta per l'uomo (creatura piuttosto vezzosa): egli non si ritiene banalmente "una cosa", così si è dato un (pro)nome differente "lui" (o "lei" o altri pronomi gender-free  ;D ), ma non "esso", così come per le domande egli risponde solo a "chi" (chi è?) ma non a "cosa?"; capricci da "creatura prediletta"...

P.s.
Per i più "masochisti", Heidegger ha scritto un saggio intitolato "La cosa", in cui si parla di "cosalità", brocche vuote, quadratura di divini/mortali, terra/cielo, etc.
(Avviso: se estrapolate un paragrafo a caso, senza aver letto e compreso il testo, vi chiederete come mai non abbiano internato Heidegger, ma se seguite l'equilibrio funambolico del filo del discorso, proverete forse una soffusa libidine estetico-teoretica) buona lettura :
https://monoskop.org/images/6/63/Heidegger_Martin_1976_La_cosa.pdf
#1660
Citazione di: viator il 26 Luglio 2018, 12:52:27 PM
Filosofia ed umanesimo sono i genitori della scienza e della tecnologia [...]
I genitori a questo punto, dopo un iniziale ammaestramento, non si illudano di poter dire ai figli cosa è bene che essi facciano.
Su quali fondamenti (per riprendere il tema del topic) possiamo affermare che l'"iniziale ammaestramento" sia, di diritto e/o di fatto, concluso?
La scienza è dunque legittimata a svilupparsi sordamente, ovvero senza ascoltare considerazioni filosofiche su tematiche etiche, ecologiche, politiche, sociali, etc.?
Davvero alla filosofia non resta dunque che limitarsi a "contemplare e commentare", come un vecchio seduto su una panchina che sfoglia il giornale e scuote la testa o annuisce?
In fondo, ad esempio, la bioetica è un "vecchio genitore" di nemmeno 50 anni, già vogliamo pensionarlo ;D ?


@Davintro
Scommetterei che Kant, se nascesse oggi, si occuperebbe di processi cognitivi (e neuroscienze) per cercare il fondamento biologico-mentale dell'a priori (delle modalità conoscitive umane); purtroppo, alla sua epoca era invece "spontaneo" saltare direttamente dai sensi alla trascendenza (dio, anima, etc.), bypassando l'"elaboratore mentale" che abbiamo nel cranio.


@Carlo
Considererei che la filosofia non ambisce tecnicamente a far volare aerei, curare malattie e a far comunicare via internet, tanto quanto la scienza non si occupa contenutisticamente di politica, religione, estetica. La loro non-complementarietà è in questi casi un dato di fatto.
L'epistemologia è una proficua "terra di mezzo", ma ciò non toglie che, secondo me, è piuttosto improbabile che le scienze umane (teologia, filosofia, etc.) diventino un giorno "scienze rigorose"(cit.) e/o che possano compiere un percorso di consolidamento empirico come quello delle scienze, poiché la loro "materia" di studio è empirica, costante e sperimentabile solo nella sua parte meno irrilevante (mentre per la scienza è quasi il contrario).
Citazione di: Carlo Pierini il 24 Luglio 2018, 13:55:07 PM
perché la filosofia - che pretende di giudicare infondati i metodi della Scienza - non ha idea di quali siano le leggi e i principi che riguardano il proprio dominio di competenza, cioè, il pensiero?
Eppure, in fondo, le leggi logiche e la filosofia del linguaggio a cosa altro servono? Non hanno persino un'applicazione "reale" che ha ripercussioni sulla scienza?
#1661
Raccolgo volentieri il suggerimento di Kobayashi, infatti in questo topic mi sono già astenuto dal rilevare quanto di inconsistente (o "trollesco" @Jacopus  ;) ) ci fosse in alcuni post (e "mea culpa!" per aver deviato un topic nietzschiano sul tema dell'"evitamento dei filosofi", sebbene forse proprio l'impostazione del topic fosse già votata al deragliamento...).

Secondo me, la domanda-guida di questo topic approccia il tema del fondamento dal lato più "sterile": che la critica sia fondata è piuttosto risaputo, e non potrebbe non esserlo (dal non-fondamento non possono arrivare critiche); la questione allora non è "se", piuttosto "come" è fondata la critica della scienza, ovvero, c'è una "scienza della critica" o la critica della scienza può avere fondamento solo nella periferia filosofica della scienza? Quali sono i fondamenti filosofici/scientifici possibili?
La filosofia deve ricordare costantemente alle scienze il ruolo dell'uomo (bioetica, ecologia, politica, etc.) oppure la scienza è criticabile solo per motivi "tecnici" (e potrebbe quindi essere portata avanti anche solo da automi)? 
Marzullianamente: è la scienza che serve l'uomo (umanesimo), o è l'uomo che serve la scienza (scientocrazia)? E su quali fondamenti "imbrigliare" le sconfinate potenzialità della scienza umana?
#1662
Pascal (una ventata di "ragionato esistenzialismo" ai tempi della mia adolescenza), Wittgenstein (la scoperta dell'importanza della logica e del linguaggio), Foyan Qingyuan (il primo autore di filosofia chan/zen che abbia letto, mi ha ispirato a curiosare anche ad oriente), Derrida (il passaggio dalla fenomenologia di Husserl all'ermeneutica postmoderna).
#1663
Citazione di: Carlo Pierini il 22 Luglio 2018, 13:34:26 PM
Citazione di: Phil il 22 Luglio 2018, 11:08:35 AM
Sintetizzo:
appartenenza ai libri di storia della filosofia = rilevanza filosofica
rilevanza filosofica =/= incriticabilità
critica infondata (o fondata sul poco) = irrilevanza filosofica
CARLO
Quando, con Nietzsche & co., si nega ogni fondamento al termine "verità", qualsisai criterio di rilevanza o di irrelevanza è ...irrilevante e qualunque filosofia è degradata a chiacchiericcio molesto.
La "rilevanza" di cui parlavo è quella decisa dagli autori dei manuali di storia della filosofia (non da chi c'è dentro  ;) ).
I problemi di coerenza che avrebbe affrontato Nietzsche se avesse voluto scrivere un libro di "storia della filosofia" sono leggermente un altro discorso...
Riguardo il nesso verità-rilevanza, preferisco non entrare nel merito (volendo evitare ulteriori fraintendimenti  :) ).

P.s.
Nella citazione nel tuo ultimo post hai citato sgiombo chiamandolo "Phil"; non credo lui gradisca il lapsus  ;D
#1664
La domanda sulla paranoia della "morale della favola" era riferita a quanto scritto in precedenza, non al trompe l'oeil, che ho usato semplicemente come battuta (con tanto di smile), gioco di parole estemporaneo basato sul concetto di "profondità": ecco che qualcosa di diretto, giocosamente fine a se stesso, scritto senza velleità di valore simbolico o metaforico, è stato invece interpretato come simbolo e metafora di altro, confermando la tesi di cui parlavo... 
come volevasi dimostrare  :)
#1665
Citazione di: sgiombo il 22 Luglio 2018, 09:22:15 AM
Quindi secondo questo "criterio" (si fa per dire...) non si possono criticare, anche pesantemente se si ritiene giusto farlo, i filosofi "rilevanti"
Non l'ho mai scritto né pensato... se leggi bene il mio post, capirai che affermare che nei libri di storia della filosofia ci sono solo filosofi rilevanti, non significa affatto non poterli criticare ("quindi..." che inferenza è mai questa?!), ma negare che siano rilevanti è mettere in discussione con arroganza i criteri usati dagli autori di tali manuali (questione di umiltà :) ).

Sintetizzo:
appartenenza ai libri di storia della filosofia = rilevanza filosofica
rilevanza filosofica =/= incriticabilità
critica infondata (o fondata sul poco) = irrilevanza filosofica
Amen! ;D


@InVerno
Per quel che so, concordo che Nietzsche non sia un teoreta, un filosofo sistemico, ma resti costantemente in bilico fra scrittura autobiografica, anelito visionario e "inattualità" (per dirla a modo suo), con la conseguenza di proporre una filosofia esistenziale più "intima e personale" che linearmente studiabile e canonizzabile.
Anche per questo il confronto con il suo pensiero è un'occasione (per molti, ma non per tutti) piuttosto rara nella storia della filosofia ("e per fortuna!" dirà qualcuno ;) ).