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Messaggi - bobmax

#1651
Tematiche Culturali e Sociali / Re:Fede nell'Impossibile
09 Settembre 2021, 22:41:04 PM
Citazione di: ricercatore il 09 Settembre 2021, 18:31:16 PM
Citazione di: bobmax il 31 Agosto 2021, 17:01:19 PM
Tuttavia non vi è in questa frase la coincidenza degli opposti?

Tu e l'altro.
Io e colui...

Se la pronunci come espressione del tuo pensiero, se sei proprio tu a pensare: "Io sono colui che sono!", cosa avverti?

pronunciarla come mia mi fa uno strano effetto: scompaiono altri pensieri dalla mente, sembra che non possa essere pensato altro dopo questo. si deve per forza cambiare discorso.

Provo una sensazione simile alla tua. Mi coglie una vertigine insostenibile. Un affacciarsi sull'abisso.
Il pensiero si smarrisce.

Ritengo che dipenda dalla possibile ricomposizione della scissione originaria.
È il sipario del molteplice che si chiude.
#1652

L'amor proprio sembrerebbe davvero  un sentimento positivo. Tuttavia se lo approfondiamo, potremmo scoprire che probabilmente occorre rinnovare il nostro slancio di fede nella Verità...

Illuminante, a mio avviso, è ciò che scrive La Rochefocauld sull'argomento:

"L'amor proprio è l'amore di se stessi e di tutte le cose in funzione di sé; rende gli uomini idolatri di se stessi, e li renderebbe tiranni degli altri solo che ne avessero dalla fortuna i mezzi; mai s'acqueta al di fuori di sé né s'arresta nei soggetti estranei, se non come l'ape sui fiori, per succhiare ciò che gli conviene. Nulla di più impetuoso dei suoi desideri, nulla di più nascosto dei suoi propositi, nulla di più astuto dei suoi comportamenti; la sua destrezza non la si può descrivere, le sue trasformazioni oltrepassano quelle delle metamorfosi, e le sue raffinatezze quelle della chimica. Non si può scandagliare la profondità o le tenebre dei suoi abissi. Qui egli si sottrae agli sguardi più acuti, vi fa mille imperscrutabili giri e rigiri; spesso invisibile a se stesso, in quelle profondità concepisce, nutre e fa crescere, senza saperlo, affetti e odi in gran numero; a volte ne genera di così mostruosi che, come li ha dati alla luce non li riconosce più, o non può risolversi ad ammetterli come suoi. Dalla gran notte che lo copre nascono ridicole opinioni ch'egli ha di se stesso; di qui i suoi errori, le sue ignoranze, la sua grossolanità e le sue scempiaggini a proposito di sé; di lì viene ch'egli creda morti i suoi sentimenti quando non sono che addormentati, che s'immagini di non aver più voglia di correre dal momento che si riposa, e pensi d'aver perso tutti quegli appetiti che ha solo saziato. Ma questa fitta oscurità che lo nasconde a se stesso non gli impedisce di vedere perfettamente ciò che è fuori di lui, e in questo è simile ai nostri occhi, che scoprono tutto, e sono ciechi solo per se stessi. Infatti, quando sono in gioco i suoi maggiori interessi e i suoi affari più importanti, dove la violenza delle sue brame richiama tutta la sua attenzione, vede, sente, intende, immagina, sospetta, penetra, indovina ogni cosa; talché si è tentati di credere che ciascuna delle sue passioni abbia una specie di magia che le sia propria. Nulla é più intimo e forte dei suoi attaccamenti, da cui invano poi tenta di staccarsi quando vede i fierissimi mali che lo minacciano. Tuttavia, fa talvolta in brevissimo tempo e senza sforzo ciò che non ha potuto fare con tutte le sue forze nel corso di lunghi anni. Dal che si potrebbe dedurre verosimilmente che è lui stesso ad accendere le sue voglie, e non la bellezza e il pregio delle cose; che è il suo piacere a rilevarle ai suoi occhi, a dipingergliele e ad abbellirgliele; ch'egli corre dietro a se stesso, e non fa che seguire il suo piacere quando segue le cose che egli stima piacevoli. È capace di tutti i contrari: imperioso e obbediente, sincero e simulatore, misericordioso e crudele, timido e audace; di diverse propensioni secondo la diversità dei temperamenti, dai quali ora è rivolto e votato tutto alla gloria, ora alle ricchezze, e ora ai piaceri; muta di intenti secondo il mutare in noi dell'età, della fortuna, delle nostre esperienze; gli è però indifferente attendere a più cose o a una sola, poiché è capace di dividersi tra molte o concentrarsi su una sola, come gli serve e come gli piace. È incostante e, oltre ai cambiamenti prodotti in lui da cose estranee, molti altri nascono da lui, dalla sua essenza; è incostante per incostanza, per leggerezza, per amore, per novità, per stanchezza, per ripugnanza; è capriccioso, e lo si vede a volte lavorare con grandissimo impegno e incredibili fatiche per ottenere cose che non gli sono di alcuna utilità, anzi che gli sono nocive, ma che insegue perché le vuole. È bizzarro, e mette spesso ogni sua cura nei più frivoli uffici; o trova il suo maggior piacere nei più sciocchi, o conserva tutta la sua fierezza nei più spregevoli. Lo si trova in tutti i gradi della vita e in tutte le condizioni, vive dappertutto, vive di tutto e vive di niente; sa adattarsi alle cose e sa farne senza; passa perfino nel partito di quelli che gli sono contro, prende parte ai loro piani di guerra e, cosa mirabile, si mette con loro a odiare se stesso, complotta contro di sé, lavora persino alla propria rovina; insomma, non si preoccupa che di essere, e pur di essere, acconsente anche a essere nemico di se stesso. Non bisogna pertanto stupirsi, se lo si vede talvolta unito alla più dura austerità, e fare arditamente lega con quella per distruggersi, dato che mentre si distrugge qui si riforma là; e quando pare che alla fine abbandoni ciò che gli piace non fa che trattenersi momentaneamente o mutarlo; e quando pure è vinto e noi crediamo d'essercene disfatti, ecco, lo ritroviamo trionfante nella sua stessa sconfitta. Questo dunque è il ritratto dell'amor proprio, di cui l'intera vita non è che una grande e lunga agitazione: il mare ce ne dà un'immagine sensibile, e l'amor proprio trova nel flusso e riflusso delle onde continue, una fedele espressione del succedersi turbolento dei propri pensieri e dei propri moti eterni.
"
#1653
Dalle considerazioni sul perché dell'amore, e quindi sull'altro che non è che me stesso, ne è derivato che il nostro fare dovrebbe aspirare ad essere il fare di Dio.

Tuttavia occorre pure considerare che natura e libertà sono incompatibili.
Il libero arbitrio è infatti un'illusione.

E allora il nostro fare?
Non può che già essere il fare di Dio.

E noi?

Semplicemente, come individui separati da tutto il resto non esistiamo.
#1654
Citazione di: InVerno il 07 Settembre 2021, 08:36:22 AM
La tragedia più grande del mondo, e che si consuma ogni giorno, è che purtroppo siamo destinati a far più male alle persone a cui vogliamo più bene, perchè se sono davvero persone che ci amano, e che perciò sono state generose nei nostri confronti e ci hanno lasciato esprimerci per quello che siamo, probabilmente sono venute a contatto con molti dei nostri "spigoli" che evitiamo volentieri di lasciar affrontare ad estranei. Il peggio di noi stessi, come fosse una riserva di vino pregiato, lo lasciamo ai migliori della nostra vita, e magari vorremmo pure che ci ringraziassero.

L'inferno è inevitabile.

Tuttavia è pure necessario.
Ma questa necessità è difficile coglierla quando è persa ogni speranza...

Solo lì, all'inferno, il Bene è certo. Proprio quando lo si ha perduto per sempre.
#1655
Quanti sconfitti si vedono in giro...

Per loro l'amore esiste, però non del tutto, solo un po'.
E quel poco non è proprio "vero" amore, perché ci si deve accontentare del grigio.

Così come la libertà.

Certo che siamo liberi!
Però non del tutto, vi sono dei condizionamenti, che diamine...
Allora siamo sì liberi, però solo un po'.

E il bene e il male, boh forse ci sono, ma solo un po'...

Grigiore etico di una vita grigia.
Che non sa affrontare l'orrore di ciò in cui invece crede.

Nichilismo inconsapevole.
Di chi non sa chi è.

Figliol prodighi che non hanno ancora intrapreso la via del ritorno.
#1656
Citazione di: Jacopus il 07 Settembre 2021, 00:38:44 AM
Quindi la realtà dell'amore nella nostra interpretazione del mondo implica l'Uno. Bene, e pertanto che si fa? Nella vita concreta di tutti i giorni cosa si fa affinchè il nostro comportamento sia adeguato e coerente a questa interpretazione del mondo, che implica l'esistenza dell'amore autentico come atto di fede, che a sua volta presuppone l'Uno?

Questa è la domanda fondamentale!

Che dovremmo sempre farci in ogni istante di vita, come se fosse l'ultimo istante...

E la risposta non può essere che una sola:

Dobbiamo fare come se fossimo Dio!

Cosa farebbe Dio in questa mia situazione?
Cosa deciderebbe di fare sapendo quello che ora so io, sentendo quello che ora sento io, con i limiti che ora ho io, ma essendo tuttavia Dio?

Cosa è davvero giusto fare, qui, ora?

E se così facessimo, chi saremmo noi?
#1657
La questione è se l'amore esiste oppure no.
E se esiste per quale ragione.

Il professare un amore assoluto non c'entra nulla.

È possibile l'autentico amore?

Se si risponde di sì, ed è un atto di fede, allora occorrerebbe aggiungere perché. Ossia cosa implica la realtà dell'amore nella nostra interpretazione del mondo.

La risposta può essere una sola: l'Uno.
#1658
Non si ama l'altro perché riflette noi stessi.

Si ama l'altro perché è noi stessi!

Questa è l'unica possibile ragione dell'autentico amore.

Tu e l'altro siete semplicemente il medesimo.

L'amore unisce, riconduce all'Uno.

Dio ama se stesso.
#1659
In effetti l'amore autentico sembra davvero impossibile.

Un non senso, in quanto questo voler nient'altro che il bene dell'altro, senza alcun ritorno, sarebbe senza un perché.

E non vi può essere niente che non abbia un perché...

Mentre le motivazioni egoistiche danno un senso all'egoismo, che motivazione potrebbe mai avere il puro altruismo?

Tuttavia non sarà che la vera motivazione dell'altruismo sia la medesima dell'egoismo? Un egoismo che giunge al suo compimento?

Un egoismo, che non pago, giunge per soddisfarsi infine a diventare il suo opposto?

Coincidenza degli opposti.

Amo l'altro perché è me stesso.
#1660
Sono convinto che la questione riguardo all'amicizia sia invece squisitamente spirituale.

Perché l'autentica amicizia, che non è che una forma d'amore, ossia il desiderare nient'altro che il bene dell'altro, ci interroga nella nostra profondità.

Esiste davvero l'amicizia?

Vi è qualcuno che mi sia stato "davvero" amico?
E soprattutto, io stesso sono mai stato amico sincero di qualcuno?

Ma pure a prescindere dalla mia vita, è davvero possibile una autentica amicizia?

O non vi è sempre un tornaconto in colui che troppo superficialmente diciamo "amico"?

Questa è la sfida spirituale.

Perché che l'amicizia esista davvero, e quindi che l'amore sia effettiva realtà, è un atto di fede, non dipende in definitiva che solo da me.
#1661
Nel brano riportato da Kephas, l'incipit è fondamentale per interpretare il testo:

"Dato che l'uomo crede che tutto quello che fa lo faccia per virtù propria, ne risulta che il male che commette rimane in lui come se fosse suo proprio."

Il male diventa proprio, a causa della credenza che ciò che si fa sia determinato dalla propria volontà.

E poiché il male, qualsiasi male, è assolutamente inaccettabile, ecco l'inferno.

Come è possibile liberarsi dal male?
Non volendolo:

"Il Signore, ben lontano dal condurre l'uomo all'inferno, lo libera da esso nella misura in cui l'uomo non vuole né ama il suo male."

Ma non volere il proprio male cosa significa?
Non significa forse il disconoscere se stessi?
Rinunciare a se stessi, distaccarsi da ciò che si è sempre ritenuti di essere?

Riconoscere in sostanza di essere, quali individui separati da tutto il resto, puro nulla?


#1662
Secondo me, l'autentico significato di comunicazione può essere colto nel momento in cui ogni comunicazione appare impossibile.

Ci troviamo di fronte un muro impenetrabile, dove l'altro è a tutti gli effetti un alieno.

L'orrore che allora può coglierci deriva dalla concreta possibilità del Nulla assoluto.

Ma è proprio di fronte  a questo abisso terrificante che è possibile avvertire cosa sia davvero la comunicazione.

Perché comunicare siamo soliti intenderlo come scambio di informazioni tra soggetti. Nel senso di "verità" che vengono trasferite da un soggetto all'altro. Ma non è questo l'autentico significato della comunicazione!

Perché la comunicazione è piuttosto un risveglio, una presa di coscienza di ciò che si è.
La comunicazione è l'Uno che cerca se stesso.

Perché non vi è alcuna Verità che debba essere trasferita, in quanto la Verità è già ovunque!

Di modo che pure la telepatia, se dovesse mai esistere, non sarebbe che un mezzo per la ricerca di se stessi.
#1663
Tematiche Culturali e Sociali / Fede nell'Impossibile
02 Settembre 2021, 09:34:55 AM
Iano, sei ancora nel paradiso terrestre.

Vi ero anch'io, sebbene con meno spensieratezza, almeno mi sembra, e forse con una maggior predisposizione a ragionare per concetti.

Ma viene il momento in cui se ne è cacciati. O meglio, ci si ritrova fuori.
E nonostante fosse stato così bello starci, non si tornerebbe mai indietro!

Ritengo che questa uscita dal paradiso terrestre capiterà pure a te, anche se ti auguro che ciò avvenga con minor virulenza che nel mio caso.

Avverto già dei prodromi nel tuo discorrere. Le circonvoluzioni, le contraddizioni, ma la stessa enfasi, rivelano secondo me un bisogno  ancora probabilmente inconsapevole, ma che reclama attenzione.

Ma non temere, una volta uscito dal paradiso terrestre, per nulla al mondo vorresti tornare.

Niente infatti vale quanto la Verità.
#1664
Tematiche Culturali e Sociali / Fede nell'Impossibile
01 Settembre 2021, 21:10:35 PM
Iano, non sto giocando ad attribuirti alcuna verità.
Perché non ve n'è alcun bisogno.
Infatti tutto il tuo discorso si fonda su evidenti verità.

Alcune inevitabili, perché senza verità non è possibile alcun dire.

Ciò a cui mi riferivo è però la "verità" del divenire.
Il quale, proprio per questa sua verità annulla molte altre.

E il divenire è per te certezza.
Così come il molteplice.

Che per te siano verità è evidente dal tuo discorso.
Perché se le mettessi in dubbio non lo potresti fare.

Ma la verità più perniciosa e per la quale ho deciso di scriverti, è la verità etica!

Quando affermi che il male non esiste e questo è il paradiso non è forse verità?
E qui non si tratta del mondo illimitato o meno. O dell'indeterminato a cui torneremo oppure no.
Qui si pretende di conoscere la Verità!

Che sta oltre qualsiasi logica o  costruzione razionale. Perché riguarda ciò che davvero conta: il Bene!

Neghi la Verità perché ritieni di conoscerla.
#1665
Tematiche Culturali e Sociali / Fede nell'Impossibile
01 Settembre 2021, 08:28:33 AM
Quindi, Iano, secondo quanto affermi dovrei godermi il paradiso, in cui sono, finché ci sono...
Non vi è nessun male, ma solo per ora.
Perché potrei cambiare idea e non essere più nel paradiso.

Il bene e il male pari sono.
Però un domani chissà...

E questo lo chiami essere.

Mentre per me è proprio il contrario, è non essere.

Non essere che deriva dalla assolutizzazione dell'esserci.
Ossia essere inteso come ciò che è qui, ora.
Essere che prima non era e poi più non sarà.

Accelerazione del divenire, che annulla ogni verità.
Tranne, evidentemente, questa stessa "verità"...

Questa è l'essenza del nichilismo. Come ben descritto da Severino.

Tra essere o non essere il nichilismo è la scelta del non essere.

Viceversa, la scelta dell'essere tiene ben distinti il bene e il male.
Con la speranza che il divenire, che è inteso come svelamento dell'essere, giunga infine a eliminare il male. Perché non verità.