L'arte si fonda su una ambiguità che ne determina lo statuto e l'accostamento con il meretricio non è così peregrino. L'arte la considero una sfida dell'uomo: in un mondo finito, pieno di male e di dolore, di insensatezza e domande a cui non si può rispondere, l'artista decide di costruire qualcosa che lenisca questa sofferenza. L'arte è allora una cura. Un sollievo, una indicazione fragile che esiste qualcosa che va oltre "la necessità" e che ci permette di riconoscerci nel valore universale della bellezza. L'arte è quindi un attestato di comunanza e di condivisione fra gli esseri umani, in grado di superare le diversità e gli odi delle fazioni. È l'anima vera e terrena dell'umanità e del suo dire: "No!" alla risposta che Sileno da a Re Mida. In questa grandiosità eroica, l'artista non è un lavoratore ma qualcosa di infinitamente superiore.
D'altro canto, l'artista ha uno stomaco e funzioni intestinali identiche ai lavoratori e spesso anche un brutto carattere. Il mondo attuale, inoltre, non si spreca in futili chiacchiere accademiche: l'arte, oltre a questi discorsi pomposi, è una merce, dotata di un valore di scambio e priva di quell'aura magica, antecedente alla sua "riproducibilità tecnica". Nell'artista convive quindi, in proporzioni diverse, una parte eroica e di sfida all'ineluttabilità di un mondo indifferente e distruttivo e una parte pragmatica, che deve fare i conti con le bollette da pagare. Entrambe le dimensioni sono vere, fatti salvi casi eclatanti (come Emily Dikinson, che non uscì mai dalla sua stanza) e ciò rende l'arte un lavoro ma con una missione che non è riducibile al lavoro, anche se intimamente connessa con esso, poiché in un mondo dove l'arte ha spazio, ha spazio anche il lavoro innovativo e la creatività, che si ciba proprio al desco dell'arte.
D'altro canto, l'artista ha uno stomaco e funzioni intestinali identiche ai lavoratori e spesso anche un brutto carattere. Il mondo attuale, inoltre, non si spreca in futili chiacchiere accademiche: l'arte, oltre a questi discorsi pomposi, è una merce, dotata di un valore di scambio e priva di quell'aura magica, antecedente alla sua "riproducibilità tecnica". Nell'artista convive quindi, in proporzioni diverse, una parte eroica e di sfida all'ineluttabilità di un mondo indifferente e distruttivo e una parte pragmatica, che deve fare i conti con le bollette da pagare. Entrambe le dimensioni sono vere, fatti salvi casi eclatanti (come Emily Dikinson, che non uscì mai dalla sua stanza) e ciò rende l'arte un lavoro ma con una missione che non è riducibile al lavoro, anche se intimamente connessa con esso, poiché in un mondo dove l'arte ha spazio, ha spazio anche il lavoro innovativo e la creatività, che si ciba proprio al desco dell'arte.

), invece di scendere in piazza per non vaccinarci o per altri motivi inconcludenti, dovremmo scendere in piazza per pretendere che tutti coloro che non pagano le tasse vengano trattati da criminali, come effettivamente sono, con l'aggravante che spesso sono persone che navigano letteralmente nell'oro, come Paperon de Paperoni.