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Messaggi - green demetr

#1651
Tematiche Filosofiche / Re:Riconoscibilta’
25 Settembre 2021, 22:49:41 PM
Certamente il pensiero è un validatore dell'io come dice Paul (cogito ergo sum).
Per quanto invece riguarda la domanda analitica sul soggetto suggerita da Iano, ritengo che lui stesso abbia chiarito nel suo secondo intervento.
Ossia è proprio l'integrazione dei diversi io (io ora, io ora io ora etc) nel concetto di soggetto, che rivela la continuità nel suo valore temporale,
Il soggetto è la somma degli infiniti io modificantesi nel tempo.
E' una integrazione, e come dato del pensiero è certamente una deduzione.
Deduciamo di essere soggetti, ma potremmo benissimo non esserlo in un mondo impercettibile.
#1652
Provo a riscrivere secondo gli input degli ultimi interventi di niko paul jacopus.


"quindi questa è la fine che fa la libertà in questo mio discorso, si riduce a quello che già è in natura, cioè a indeterminatezza;"

Quello che non capisco è la concezione della natura.
Se diciamo che il post-umano, è già l'uomo tecnico, l'uomo preistorico, ossia l'homo abilis da cui poi l'homo faber e infine l'homo sapiens, stiamo dicendo che l'uomo è esattamente il suo formarsi nella relazione trasformativa verso la natura.
Il che ci determina come specie, ma in quanto uomini, ossia in quanto sapiens sapiens, sappiamo di sapere.
E nonostante tutto qualcosa ci spinge a trasformarci ancora.
Questo qualcosa è ancora natura?
Se sì, dunque io parlo di inconscio.
Ma se no, io faccio fatica ad accettare l'idea che esista un Dio, quindi un determinismo, una progressione ideale, al di fuori dell'uomo e della natura.
Sono con te se parliamo di indeterminatezza.
Ma l'essere uomo in quanto razionale tende a ordinare il suo habitat naturale. Tenta cioè di ridurre l'entropia del suo ambiente.
Ma anche qui siamo nell'ordine della specie, cioè della tassonomia rispetto al mondo naturale che invece entropico è non animato.
Ma tutto ciò non dice proprio nulla di come noi viviamo la vita, delle nostre aspirazioni, della nostra volontà di potenza. Questo è il punto.
La tassonomia è semplicemente un modo di fermare il mondo e il tempo.
E' un modo di dire, ecco noi siamo questa cosa qui, fermatevi e non pensate più.
Ma l'uomo pensa, e pensa soprattutto a se stesso piuttosto che al suo ambiente.
L'ambiente viene strutturato perché di questa struttura l'uomo poi possa pensare.
Vi è dunque la particolarità della riflessione, del pensare al suo stesso agire, e al suo stesso essere (perchè chiamarla vanità?).
Per questo siamo sapiens e non faber.
L'ordinazione del mondo fa parte dell'uomo ma non lo esaurisce minimamente.
Il pensiero politico, è quello che conta.
Il post-umano è semplicemente una pigrizia del pensiero, un oziare pagato, un rispecchiare, un ideologizzare come immutabile ciò che da sempre ci contraddistingue come specie, ma non come uomini.
E' proprio dunque come viene citato, nella sua indeterminatezza, nel suo fluire storico che l'uomo si interroga.
La libertà è quella funzione del pensiero, all'interno della quale l'uomo si può riposizionare rispetto al proprio rapporto con gli altri, e il suo stesso habitat.
E' lo spazio necessario al pensiero, la questione della libertà.
Ma nello spazio tassonomico e burocratico del già detto, già saputo, già ordinato, si pretende, e dunque si fa politica, che la storia sia sempre la stessa cosa, un continuo riordinamento dello spazio delle interazioni con metodo unico. Ossia come prevaricazione tassonomica ordinativa dell'uno sull'altro. Ed è questo che viene taciuto.
Il post-umano invece finge di non sapere di questo polemos.
Ritiene l'uomo una semplice homo faber, una macchina al servizio di se stessa.
Il che non è falso, ma non è completo.
L'uomo è molto di più, e questo surplus lo trova nella liberazione del tempo della sua produzione.
Naturalmente il capitalismo ha provveduto a questo margine di pensiero del di più.
Ma questo di più non è stato soltato il di più delle commodities, ma è stato anche il di più del pensiero che riflette sulla completezza dell'uomo.
Che ragiona sulla concordia piuttosto che sul disprezzo, insomma di tutto ciò che è valsa la civiltà occidentale, ossia la sua democrazia rappresentativa.
Questo ha voluto dire pensare anzitutto alla guerra.
Oggi come oggi lo spazio interattivo vuole essere dismesso.
Oggi come oggi nessuno vuole sentir parlare di guerra.
La libertà non è più necessaria.
Si va verso un nuovo matrimonio fra capitalismo e autoritarismo.
Si va verso dunque un mondo egalitario, dove il pensiero unico domina, e la dissidenza (pacifica, intellettuale) viene eliminata con la forza.
Ma è proprio nella dissidenza che nascono le idee nuove, perchè la dissidenza è anzitutto la capacità di diversificaze degli inconsci di ognuno, la dissidenza è la capacità di ripensare l'uomo per ciascuno, e le relazioni con i pensieri dissidenti ci portano ad esplorare altrettante regioni inesplorate dell'essere uomini.
Si va verso un mondo di commodities, che certamente ci arricchiscono, ma nello stesso tempo ci alienano, perchè l'uomo è altro dai suoi oggetti.
Perennemente altro. Per questo scambiamo l'indeterminatezza con il progresso.
Ma questo spazio per il pensiero dissidente e non, disordinante e ordinante, è (dovrebbe essere) sacro.
E viene chiamata libertà.
In un mondo che invece vuole ordinare anche laddove regna il disordine, si sta facendo il grossolano errore, di non capire che l'uomo benchè contraddistinto come specie dall'ordine ha in sè un grande disordine.
L'ideologia dell'ordinamento autoritario del comunismo futuro, e già presente, ci toglie parecchie fette di auto-determinazione, di esplorazione delle nostre potenzialità non attinenti alla relazione uomo-ambiente, uomo-natura.
Il post-umano è dunque solo una ideologia, un dire dell'ovvietà.
Ecco non capire che dietro questa volontà ordinatrice vi sia il politico è voler essere ciechi.
Spero di aver rilanciato qualcosa nei vostri pensieri.
Dell'inutilità di soffermarsi sul post-umano.
Sopratutto rilanciare pensieri sulla parola libertà che in futuro sarà la parola più sospetta di tutti.
Ragionare sul valore di civiltà (lasciare spazio alle dissidenze laddove proprio non possibile), e della fratellanza (lasciare libertà di pensiero intellettuale e di filosofia, che poi è quello che più ci preme).
#1653
Cari amici, mi sembra che la tematica si sia spostata sull'aspetto post-umano come stato naturale dell'esserci.
Ma rispetto al dibattito universitario, come può un simile pensiero appartenere alla filosofia, quando invece fa parte di quelle tecniche, del repertorio direi in fondo della sociologia, che vorrebbe delimitare una nuova antropologia?
Mi pare che ancora non abbiamo capito la questione del soggetto, e del suo linguaggio.
Soprattutto del pensiero.
Il pensiero è vittima delle nuove antropologie, perché è vittima della logica tanatologica.
La vita naturale, sembra nelle vostre parole, un mero esercizio della sopravvivenza.
Ma io fatico a definirmi in quanto sopravvivente.
Posso tollerarlo, ma non è il mio desiderio.
In questo senso non credo affatto nel post-umano.
Vorrebbe farmi credere qualcosa che non desidero essere.
Questo stato di cose che riguarda l'oppressione dei ricchi sui poveri, non è dunque una mera consegna del cibo a casa.
Marx da come lo conosco genericamente ragiona su questo.
Ossia sulla guerra dei desideri. Sulle commodities, sui beni di consumo, che mal traduce, questa idea di surplus del desiderio.
La natura a mio modo di vedere non è soltanto la fenomenologia, indagabile scientificamente come oggetto, ma è anche e soprattutto quella che voi avete chiamato incompletezza dell'uomo, ossia il suo surplus, la sua follia rispetto al mondo meccanizzato.
Non è un caso che il razionalismo deve ammettere un genio maligno, e la gnosi si faccia paladina della distruzione di questo genio maligno.
Ma questi sono ragionamenti della tanatologia.
L'uomo ha fondato la sua civiltà democratica sui suoi valori cristiani (e in parte giudaici), se togliamo uno solo dei valori (folli) di libertà uguaglianza e fraternità, la civiltà cade.(vedi il canto 11 e 12 del paradiso Dantiano, dove si ipotizza la cordialità come riforma della chiesa).
La filosofia odierna sta cercando di elaborare questo lutto, non avendo capito niente nè di Heidegger, né soprattutto di Nietzche.
Preferisco la filosofia onesta, di chi capisce che oggi la filosofia debba essere completamente politica.
I dialoghi metafisici, oggi servono poco, non perché non siano validi, figuriamoci io sono un metafisico, ma perché la maggior parte dei discorsi metafisici pensano in maniera tanatologica.
La metafisica deve intanto capire Hegel, poi usare Kant come  pensatore analitico, come coltellino svizzero, infine approdare alla psicanalisi filosofica.
La maggior parte degli studi che seguo (Zizek) d'altronde oltre al romanticismo tedesco (Hegel, Schelling, Schopenauer), e alla psicanalisi (Lacan), si concentra sul nucleo centrale del marxismo.
Faccio fatica a scorporare il comunismo egalitario (senza libertà e senza fratellanza) dal marxismo, ma tenterò di fare uno sforzo, in tal senso di capirlo.
Siamo molto lontani dai vostri discorsi, il post-umano viene rigettato come sciocchezza e il discorso sulla natura è quantomeno sospetto (l'eugenetica è ancora qui tra noi, con la sua idea di egalitarismo, a scapito sempre di qualcuno, inutile farsi false speranza che non sia SEMPRE stato così, la storia ce lo insegna, ma come al solito ci tappiamo occhi e orecchie).
No la risposta è politica che DEVE essere all'altezza di Hegel, di Lacan, di Marx.
Ma posso soprassedere, una volta chiarita la distanza che ci separa.
Nei prossimi interventi proverò a selezionare qualcosa da dire sui vostri appunti di viaggio.

il vostro green demetr
#1654
Tematiche Filosofiche / Il tempo "percepito"
23 Settembre 2021, 01:40:01 AM
Nella mia visione come ammetti anche tu in ouverture, del tempo fisico (o di quello biologico) non so che farmene.

Ma dalla mia posizione idealista, il tempo è esattamente la differenza tra t2 e t1.
Naturalmente devo partire da uno posizione successiva temporale, rispetto al mio percetto.
Lo spiega Hegel in ouverture, e lo vedremo insieme quando aprirò il gruppo di studio sulla fenomenologia.
Se vedo un albero, ma poi mi giro, non so più se quell'albero esiste ancora.
E' solo quando ritorno alla posizione originaria, che posso dire di rivedere lo stesso albero, più o meno.
Come direbbe Peirce che reinterpreta le categorie kantiane, è la serie inferenziale delle percezioni che costituisce quell'unità che chiamiamo a posteriori tempo.
Ma il tempo è un illusione.

Infatti la tua domanda è se esista o meno un t0.
Nella fenomenologia classica esso esiste, ed è la posizione originaria, da cui si costituisce la spirale dei pensieri.
Ossia è Dio.
Ma in realtà non esiste un soggetto che possa percepire un t0.
In quanto il soggetto inizia solo con t2, nemmeno con t1.
Vi è certo una relazione tale che t2-t1 da un nuovo t1 che deve aspettare un t3 etc...
Dunque il tempo esiste ma (in quanto soggetti) non sappiamo cosa è.

La relazione ipotetica tra t1 e t0 è il Dio Ur. La condizione primo-genitale, uterina, pre-fetale. E' la posizione dell'intero occidente (e ora anche dell'oriente).
Una posizione che Severino chiamava "folle". Concordo col nostro.

Per Severino il tempo è la necessaria negazione affinchè vi sia un soggetto.
Ma questo soggetto, è nichilista. In quanto si pensa immortale, in quanto figlio del Dio Ur.
In questa posizione non vi è salvezza alcuna.

Etc..etc...il tema del tempo come dello spazio è alla base di tanta ideologia e metafisica.
Si può assumere, ma con consapevolezza che si tratta di una ricostruzione, di una genealogia, il cui valore veritativo è pari allo zero, da cui deduce se stessa.

#1655
Partire da una posizione post-umana che rivendica la sua validità (politica) nella sua ipotetica origine, fonte di tutti gli orrori genealogici, di tutti i testa-coda, uroborici (del Dio Ur), mi è aliena al massimo grado.
Poichè semplicemente raddoppia, o meglio è mimesi, dell'attuale ideologia post-umana, che verrà chiamato post-capitalismo, come tu, chissà per quale sintomatologia, capisci benissimo essere la condizione del post-comunismo contemporaneo.
In tutto questo la parola libertà suppongo che per te ha già smesso di valere alcunchè, figuriamoci la fraternità, solo una lugubre e funerea uguaglianza (sembiante ovviamente).
Del valore umano, della sua potenza di linguaggio, non c'è rimasto più niente, tutto è destinato all'utopia che schiaccia la realtà al suo simbolico.
Ma come spiegato da Cacciari, il tempo delle utopie è finito.
Ora si può iniziare a fare critica, io non credo che dalla tua posizione tu possa nemmeno farla, non la trovi una posizione che va contro la tua umanità?
La posizione è impossibile, sarà da seguire la sintomatologia (inevitabile) dell'occidente, come aveva immensamente compreso Heidegger e Nietzche, il nichilismo è semplicemente alle porte.
Mi fa ridere, non ci siamo nemmeno accorti di essere morti (idealmente).
Bisogna trovare una nuova consapevolezza.
Come dice Ipazia, manco il cristianesimo aveva simile ardire.
Ma questo è d'altronde il neo-gnosticismo.
Un Dio al posto di un altro.
No, grazie dell'intervento niko, ma non è proprio la mia direzione di pensare.
Il comunismo che tu tratteggi è esattamente il comunismo che sto cominciando a conoscere, e che voglio combattere.
Molte letture mi attendono.
Al di là del lutto della tecnica come destino dell'occidente (e dell'oriente a quanto pare).
Il pensiero diventa l'ultimo ineliminabile baluardo del pensiero vivente, del bios naturale, e non artificiale, quello della nuda vita.
La nuda vita non è più vita.
E' la parola che dà vita alla nuda vita.
La parola è il bios, è la politica, è al suo più alto grado la filosofia.

con stima tuo (nonostante tutto ;) ) green demetr
#1656
Tematiche Filosofiche / I mondi che creano i libri
20 Settembre 2021, 18:41:01 PM
Citazione di: Estack il 09 Settembre 2021, 19:10:24 PM
Premesso che non so se sia la sezione giusta, quando leggo un libro e mi piace, vengo trasportato con la mente nel suo mondo. Capita anche a voi questa cosa? Se si con quali libri vi è capitato?


Forse potevi postare su esperienze personali o ultimo libro letto.


La risposta filosofica a questa innegabile verità è che il regno dell'uomo coincide con il regno della parola.
E la parola contiene infiniti mondi e pensieri.

Gli autori della mia adolescenza? Dostoevskij, Kafka, Musil, Poe.

Tutti "mondi" da riprendere. ;)




#1657
Tematiche Filosofiche / Oltre Cartesio: Hegel
20 Settembre 2021, 18:32:10 PM
Koba,


Da una parte il razionalismo contemporaneo, che ancora discute sulla crisi del soggetto, nell'intento di preservare il soggetto, ossia di assoggettarlo alle sue ragioni, ovviamente la ratio vuole la ratio.
Se non fosse che il soggetto è in crisi, la ratio avrebbe già vinto.
Ma appunto non è così. Per questo c'è bisogno della stampella teologica. Con agnello sacrificale al suo seguito, come argutamente dice Ipazia.


Hegel è il primo terapeuta, sono d'accordo.
Però a me interessa il suo momento negativo, ossia l'impossibilità di legare il percetto al suo percepente.
E' proprio questa impossibilità che spinge Hegel ad introdurre il Logos, ossia Dio.
Dio è il momento negativo, da stampella, diviene immanenza.
Infatti l'oggetto in sé, non è disgiunto come in Kant, ma fa parte di ciò che magicamente appare essere ciò che è effettivamente (cioè scientificamente).
Se vedo un ramo e lo spacco sulla testa di un lupo, esso magicamente diventa effettivo.
Magicamente perché ciò che percepisco come ramo, si sostiene nel tempo fino alla mazzata finale.
La costruzione mnemonica di noi come agenti, è la filosofia di Hegel nel suo mistero più abissale.
Noi agiamo perché un Dio ci permette di farlo.
Il finalismo di Hegel è lo stesso di Heidegger ossia è il destino, il Dio ascondito, il Dio teleologico.
Perché Hegel è vanamente criticato? Perché gli viene attribuita una teleologia pre-istorica?
Ma Hegel proprio nella sua costruzione magica, rinviene nel tempo l'unico fondamento, nessuna predestinazione, è impossibile predire del lupo!
Comunque serve una lettura sistematica e intelligente, presto apriremo il topic gruppo di studio Fenomenologia dello spirito, per capire quanto profondo è il messaggio, e quanto facile sia la sua cattiva interpretazione.


Dunque il reale è razionale, non riguardo alla sua essenza, ma esattamente riguardo alla sua assenza.
E' proprio perché assente, che è dinamico, é proprio perché assente che si iscrive nella storia.

#1658
"Detto altrimenti: se proprio necessario, il superamento del nichilismo (quello dei valori, non del tempo ontologico del divenire), può essere solo un distogliere lo sguardo da ciò su cui il nichilismo ha fatto (sgradevolmente?) luce, un ritornare alla visione pre-nichilistica, ma con meno altari e il cielo vuoto (di dei, ma ancora pieno di ideali politici in dissimulata ricerca di fondamento forte), oppure (nonostante Preve) il nichilismo può essere il sintomo della necessità filosofica di ripensare l'ontologia fuori da programmi e ideali politici universalizzanti (dunque a partire dall'epistemologia e dall'ermeneutica non politicizzate, senza cercare leve ontologiche per fazioni ontiche)?"  cit Phil  msg53361  del 1 luglio

risposta breve livello di difficoltà estremo.

Il nichilismo come già detto sopra svela la natura del soggetto.
Ad esso Preve vuole opporre lo strumento della filosofia, in particolare della filosofia politica, come rimedio, ossia superamento dell'impasse soggettiva.
La filosofia politica si definisce tramite la costruzione concettuale di una nuova ontologia sociale.
E' proprio questo il ripensamento che tu chiedi se sia possibile.
Preve pensa nella giusta direzione, mi manca di capire quali sono le sue argomentazioni. A presto su questo forum un lavoro sulle sue proposte.


risposta breve livello di difficoltà estremo.

La filosofia conosce dunque proprio dalla applicazione della sua filosofia politica.
Il problema del dibattito contemporaneo però non verte su quello che dovrebbe essere il suo nucleo centrale, bensì sul polemos che il pensiero della modernità esercita nella discussione pubblica.
Con la particolarià che è una discussione che avviene nelle università.

risposta breve livello di difficoltà estremo.

Una discussione che cerca di fare breccia nell'opinione pubblica, ma che non ha uno spazio pubblico di discussione! e dunque manca proprio la materia grezza per un processo intellettuale che porti poi a una analisi storicizzata e non meramente astratta.
Queste impedenze dell'attualità, distraggono e prosciugano il necessario sforzo teorico, per una discussione, non dico analitica, ma quantomeno intelligente (sulla necessità della filosofia politica).
Visto l'impasse generale non si può fare nemmeno una colpa di questa difficoltà che ha marginalizzato la filosofia.
E' inutile dire che per me il problema permane per via dall'ostinazione di voler partire da un "noi" generalizzato, quando poi non si è d'accordo su niente a livello di relazioni interpersonali, e si continua a procrastinare la teoria della relazione io-tu, ad oggi consegnata alla tecno-burocrazia, che al massimo amministra, ma non pensa il valore (dell'essere uomo).


risposta breve livello di difficoltà estremo.

Si preferisce ancora parlare di crisi del soggetto, come se la sua soluzione fosse la meta per una filosofia politica, e invece ne è l'evidentissimo sintomo ossia la mancata analisi della filosofia politica.
Quello che fa rimanere ottimisti è che se vi è un sintomo, allora vi è un soggetto che vuole pensare al prossimo, nonostante tutto e tutti.
Naturalmente lo spauracchio della condizione post-umana spacciato per la sua salvezza (del soggetto) ha a che fare con tutta questa impasse.
Tematiche complesse e intrecciate. C'è ancora molto da dire.

ciao con stima
#1659
"Workers of world unite. Il marxismo è la redenzione del lavoratore da ogni forma di parassitismo, incluso quello degli straccioni. È etica del lavoro in quanto fondamento di civiltà e benessere. La solidarietà sociale non può fondarsi su nessun tipo di sfruttamento. "  cit Ipazia msg53342 del 1 luglio


risposta breve semplice

Questo particolare modo di intendere il marxismo è completamente errato, ma poi lo vedremo insieme nella lettura del librone. 8)

Le categorie lavoratori contro sfruttatori, sono ormai demodè.
In un mondo dove lavorare significa amministrare, non si capisce nemmeno dove sia il lavoro. Mettiamoci anche la disoccupazione, il precariato, e dulcis in fundo, l'inoccupazione: salta il concetto di lotta di classe, perché non c'è più una classe, relegando la società ad un ammasso di individui soli.


risposta breve  livello di difficoltà  media

Il marxismo male inteso è diventato all'improvviso vecchio.
Se non fosse che è il comunismo (italiano tra l'altro) ad aver chiuso bottega con la sua cattiva interpretazione delle categorie marxiane.
Le socialdemocrazie infine ormai hanno altri orizzonti e ideologie (in cui addirittura il capitalismo è necessario): gli unici che discutono sulla necessità di aggiornare le categorie sono i comunisti stessi. E' un processo che coinvolge l'intelligenza migliore, lento e ostracizzato dai vecchi schemi. Non è una questione politica (per me ampiamente deceduta con la caduta del muro), quanto filosofica e filosofico-politica, oltre che politico-economica. Più interessanti le prime due, dell'ultima, che rimane solo un mezzo a disposizione delle prime due.



risposta breve  livello di difficoltà facile


Allora perché l'intellettualità guarda ancora a Marx ( e parla ancora di comunismo) ?
Perché la filologia ci ha spiegato che "Arbeit", in Marx non vuol dire lavoro, nel senso di occupazione retribuita, ma piuttosto sforzo, sforzo intellettuale in primis.

Capiamo che l'80% del dibattito internazionale, ideologico è privo di fondamenta filosofiche, ha prodotto un ritardo spaventoso, rispetto alle tematiche e le categorie del comunismo ideato da Marx.


risposta lunga livello di difficoltà estremo

Per quanto riguarda le etnie, il problema è sempre comunitario.
Non è tanto il fatto della cultura di un individuo, quanto la sua capacità di relazione, fra me e te.
Se io vedo in te un amico o un nemico: è quella la questione.
La filosofia si occupa dell'amicizia, perciò è nemica delle dicotomie amico/nemico.
La filosofia è integrazione dell'io e del tu, forma ecumenica, non penale.
Questo non esclude la politica, ma le da un background imprescindibile.

ciao con stima
#1660
"Riaffermo la domanda: qual è il nesso "terribile" tra tempo e nulla alla base dell'etichetta di nichilismo appicciata ormai a qualunque cosa?
Mi pare di capire che il Preve preferisca l'illusione simbolica alla realtà evolutiva. Di nuovo, una preferenza soggettiva."

cit baylham  msg53289 del 29giugno


risposta corta, livello di difficoltà semplice.

mi sono ripromesso di dare risposte per tutti (coloro che leggono), per ciò applico una serie di classificazioni arbitrarie.
in questo caso però riferendosi ad un complesso di idee specifiche (del lavoro filosofico) non riesco a dare una risposta facile.

risposta corta, livello di difficoltà medio.

Ma in Preve si tende a fare l'esatto opposto, ossia a trovare una risposta che vada oltre il soggetto.
E' dunque naturale che si utilizzino universalizzazioni: dire che sono soluzione personali, è sminuire il lavoro soggettivo di Preve, verso una dimensione discorsiva generale, che mi sembra anche tu sposi.

risposta corta, livello di difficoltà medio.

La realtà evolutiva è un concetto e come tale appartiene al mondo del simbolico, esso dunque contraddice la tua domanda, in quanto affermi che il simbolico è un illusione.
In realtà non si tratta di illusione, ma semplicemente di un ordine della comunicazione.

risposta lunga, livello di difficoltà estremo.

Il nichilismo non è un concetto, è piuttosto una collezione di concetti, a cui ognuno si riferisce in maniera diversa.
Per quel che mi riguarda, il nichilismo appartiene all'ordine del simbolico della castrazione del pensiero, solo quando viene attribuito a qualcosa, a qualcuno.
Il nulla di cui tanto si parla è in realtà dunque una assunzione di quella castrazione, ma non essendo analizzata, viene intesa come sintomo, e non come causa.
In questo caso parlerei di politica nichilista.
In realtà nichilismo è (un concetto) all'interno del pensiero più ampio della tecnica (discorsivo), che costituisce il soggetto.
Dunque il soggetto non sceglie di essere nichilista, semplicemente lo è.
Questo naturalmente apre la domanda sul soggetto e il suo destino , ma questo fa parte di un modo della filosofia superiore, poco a che fare con la politica (discorso politico) e molto con la metafisica (discorso metafisico).
La tua domanda è invece per come la colgo prettamente politica e per niente discorsiva, se posso aggiungere una breve annotazione, bonaria certo, polemica.

ciao con stima
#1661
"io sono felice di non avere nulla da spartire con tutto ciò, sono altro, e se sbaglio, sbaglio in altri modi e per altri versi...
e tu Green, sentenzi di voler costruire comunità tra me e te tranne poi arrogarti il diritto di discriminare tra quello che è analisi, quello che è augurio e quello che è sedimento ideologico... questo riconferma la mia sfiducia verso ogni forma "comunità"." cit niko   (messaggio 53284 del 28 giugno)


Il diritto è uno dei problemi più gravi che deve affrontare un discorso sul comunitarismo.
Il mio comunitarismo coincide con quello della società degli amici, che Nietzche ha cominciato a pensare.
Il comunitarismo di Preve devo ancora studiarlo.
L'idea di usare la parola comunitarismo me la diede proprio lui in uno dei suoi interventi pubblici.
Ma, probabilmente differisce in maniera radicale (Preve è contro Nietzche). Forse userò un nuovo termine per indicare ciò a cui mi riferisco.

Caro niko io non arrogo proprio un bel niente, semplicemente, come tutti, ho una mia posizione, che però rimane generalista e in fieri.
Anch'io sono nichilista, per me è un destino a cui tutti sono chiamati a rispondere.
E' però il destino del soggetto. Questa è la mia filosofia metafisica, non altre.


Invece non riesco a capire, e ti domando quindi, a cosa allude il tuo globalismo, proprio rispetto al fatto che per me le questioni filosofiche sono sempre legate al soggetto.

Provo a immaginare che tu ti riferisca, per contrario, a quelle condizioni del post-umano, post-moderno, post-x che insistono così tanto, e indugiano fino alla persecuzione, del nuovo uomo-macchina dell'età  attuale.

Naturalmente se questo è il caso, faccio fatica a seguire, in primis perché non mi interessa affatto.
Ma poi faccio fatica a vedere come il globalismo sia in alcun modo funzionale al progresso a cui ti riferisci, mi pare come interesse tuo principale.
Soprattutto legato al concetto di Natura (e anche qui mi pare che se dovessimo riferirci ad essa entreremmo in un ginepraio di questioni e contro-questioni): ma il tema post-umano del cambiamento climatico non va esattamente nella direzione opposta a quello che affermi (il capitalismo come soluzione ottimale al progresso naturale)?
Comunque nei prossimi anni sappiamo benissimo tutti, che diverrà quello il tema caldo dei post-(x)ismi, quindi avremo tempo di discuterne. Quello che mi preme è avere una base teorica di comprensione, il più possibile nitida e sintetica, prima che scoppi l'ennesimo bubbone, del post-capitalismo (come già alcuni think tank hanno cominciato a chiamarlo).

ciao, con stima
#1662
Citazione di: baylham il 20 Giugno 2021, 11:28:38 AM
Non ho capito quale sia il nesso tra il tempo e il nulla alla base dell'etichetta di nichilismo attribuita da Preve a Marx e al marxismo su cui si regge la sua analisi: che gli enti siano divenienti non implica che siano nulla, la fine di un ente è l'inizio di altri enti. Ho compreso che al filosofo Preve non piacevano le cose transitorie, relative, ma mi sembra una questione appunto soggettiva. Una mia critica al materialismo storico e dialettico di Marx è al contrario quella di avere preconizzato la fine del processo sociale con l'avvento del comunismo.


Per Preve l'agone tra povero e ricco è di carattere ontologico e non morale, o economico, esattamente come per Marx, che lo eredita da Hegel, che lo eredita da Platone.


Si esplicita in termine economici ma non deriva dagli aspetti economici (che variano in base ai processi storici e ai modelli di riferimento),  infatti la sua (di Marx-Preve) è una politica-economica, non una mera economia, nè una mera politica.


Per Preve il nichilismo comporta in primis una ideologia, quella che crede che nulla si possa trasformare, uno degli effetti del nichilismo è il disfattismo o il trasformismo che senza saperlo sposano il nichilismo nella convinzione che politica ed economia si adattano ai tempi.
Preve invece combatte contro il disfattismo dimostrando una ontologia invariabile dello scontro politico-economico.

#1663
"femminismo, rigurgiti di nazionalismo, familismo, populismo, deismo, clericalismo, etica del lavoro presupponente uno stato etico, xenofobia, è proprio roba che non fa per me, preferisco sballarmi con altro" cit Niko

Con comunitarismo non intendo alcuna delle forme ideologiche che hai elencato.
Il comunitatismo è proprio una risposta che viene necessariamente dalla relazione con l'altro, di fronte a te, quindi nel comunitarismo, che uso in maniera generica, ma non ideologica, è  bandita ogni metafisica, che premetta, e non decida solo successivamente cosa sia l'uomo, e cosa sia l'umanità che lo caratterizza. Se vogliamo da manualistica un moto sintetico alla Hegel.
Femminismo, nazionalismo, populismo, deismo, eticità etica, xenofobia sono altrettante sfaccettature dell'errore originario di pretendere qualcosa a scapito di qualcos'altro.
Sono tutte etiche del livore, dell'odio.
Benchè quindi siamo d'accordo, anzi molto d'accordo:

"Per essere più precisi,  il deisiderio non integrabile nella figura umana è infinito (il desiderio infinito di cui parla spesso Fusaro come se fosse un problema e un'aberrazione contingente del capitalismo post muro di Berlino, e non un destino da accettare nietzscheanamente con amore), perché rappresenta l'ambizione infinita intrinseca del capitale che è incompatibile con la sua stessa costituzione in assoluto, e quindi anche il suo (scontato) destino di fallimento nel dominare completamente la natura, ma questa stessa ambizione infinita è la corretta (corretta nel senso di ricettacolo possibile di immedesimazione istintuale umana e realistica, tale è il capitale, tale è la natura) mimesi della natura che dovrà sopravvivere nella società liberata che prenderà il posto del capitalismo, il residuo che, a mio personale giudizio, fu a suo tempo il bene nel male, il piccolo desiderio di amore non integrato nel colosso, e rimarrà, o almeno mi auguro che rimanga, nella nascente società del comunismo, o quantomeno del meglio, come filo conduttore del vecchio col nuovo" cit Niko

Certamente, il desiderio è ciò che caratterizza l'essere uomo in quanto tale, perciò è evidente che il comunismo e le sue inverazioni storiche sociali (gulag,la cina etc) testimoniano della vera quintessenza del politico che si fa chiamare comunismo, che combacia con il suo fascismo, nemmeno tanto velato.
Mi fa sorridere dunque che tu voglia salvare il comunismo, infatti il tuo è un augurio, ossia una dichiarazione di intenti contraria ed eguale alla sua utopia.
Nessun idea di lavoro, nessuna consapevolezza della fine delle utopie.
Il comunitarismo genericho che intendo io, è proprio l'esatto opposto di una adesione ideologica, è anzi un lavoro personale che riguarda me e te.
Ma d'altronde è per questo che sono solo, direi che è inevitabile.
Troppa sedimentazione ideologica.

Passiamo al buon Preve, un filosofo nemico di Nietzche, ma che fa filosofia proprio come Nietzche: martellando il cervello vuoto dei suoi allievi e consolidali (? mica tanto visto gli attacchi che subì) politici.

Si ho capito l'intento di Preve, è quello di rifondare la percezione del marxismo, non come ideologia, con il partito a farne le veci, ma come naturale struttura ontologica sociale.
Ossia da manualistica, quella dell'agone schiavo-padrone.
In effetti ho visto il film sul giovane Marx.
In effetti quello che premeva a Marx, era il superamento del lavoro intra-personale, che generava sempre una lotta locale, senza alcun respiro realmente sociale, in funzione di un pensiero ad ampio respiro che descrivesse le dinamiche sociali generali, per poi dirigerle verso una struttura di dimensione socialista.
Quindi come il socialismo è la lotta particolare, e quindi vittima sempre del Capitale, così il comunismo è il tentativo del suo rilancio in funzione antagonista.
Mi manca tutto il lavoro su Marx.
Iniziamo a settembre.

Tornando a bomba, il nichilismo, con l'accettazione dello svuotamento dei valori, risulta per Preve, un nemico formidabile.

E' corretto politicamente, non filosoficamente, come invece pretende nell'articolo.
O meglio la filosofia di cui parla è quella della politica filosofica, ossia Platone.

Per parte mia sto con Ipazia, Preve dimentica completamente tutta la parte metafisica, che in Marx invece è non solo evidente, ma preponderante.

Se togliamo infatti quella parte, sono corrette le critiche fatte a Marx, che col suo lavoro, ha semplicemente dato una forma forte teorica al capitalismo.
Ossia il capitalismo è stato creato da Marx stesso.
(cosa falsa, perchè se è vero che Marx ha visto il Capitale, lo ha visto nella sua dimensione metafisica e non solo politica, ossia economica).

Ma il fatto di decidere di dimenticarsene, è proprio la testimonianza, del suo carattere forte, sia a livello politico che propriamente filosofico.(Non è che se la dimentica, è che proprio la riscrive).
Preve era una persona come non ce ne sono più. 8)

#1664
Citazione di: iano il 19 Giugno 2021, 09:28:25 AM
Il punto è che studiare il greco per studiare la filosofia, come esorta a fare Green, non senza ragioni, scoraggia chi, non potendo/ volendolo fare, nondimeno vorrebbe filosofare perché a ciò lo spinge la sua natura.
Se io, pur a spizzichi e bocconi, provo a leggere gli antichi come i moderni filosofi, come ad esempio Heidegger, non posso non restare ammirato e soggiogato.
E così mentre leggo Heidegger sono hieidggeriano, e mentre leggo Platone idem.
Ma se mi sono lasciato libero di filosofare, se ho sviluppato la mia filosofia, allora diventa facile, quando non immediato per me realizzare che la penso in modo opposto ad Heidegger, che mi appare antico come pensiero, e che il mio pensiero sia invece una rielaborazione riveduta e corretta del pensiero di Platone, tanto riveduta da apparir altro.
A seconda di quale strada si scelga, ci saranno diversi modi di filosofare, posto che unica e condivisa sia l'esigenza di farlo (o un unica filosofia come dice Daniele), quello dello storico della filosofia è quella del dilettante istintivo.
Sono davvero da mettere queste in contrapposizione o da far convivere felicemente , posto che comunque qualunque strada scegliamo non potrà mai dirsi una scelta definitiva, se non per il fatto che se non hai fatto almeno il classico iniziare a tarda età lo studio del Greco può non avere senso ?
Se ora io decidessi di studiare Heidegger in modo approfondito lo farei solo per capire da dove arrivino le sue idee balzane, perché ciò è interessante capire.
Ode ancora attive e ben presenti su questo forum come nella società .
Posso solo dire che quel poco che ho letto di Heidegger, mentre lo leggevo, mi trovava d'accordo pienamente.
Ma la stessa cosa potrei dire in pratica di quel poco di ogni filosofo che ho letto, e in tal senso poco importa da quale interpretazione è da quale traduzione ciò che ho letto derivava.
Probabilmente qualunque traduzione e interpretazione mi avrebbe trovato d'accordo.
Succede però che poi io mi dimentichi, o creda di dimenticarmi, di ciò che ho letto, sviluppando la mia filosofia, che a posteriori posso confrontare con quella di Heidegger e di Platone, come sopra detto.
Così Platone mi vien da metterlo fra i moderni, nel senso che lo sento molto vicino, ed Heidgeer invece no, e posso dire ciò con critica certa è quasi immediata, perché a confrontare diversi pensieri, quando ben presenti al di là' delle tante parole che hanno prodotto, è un attimo.
Hidgeer è certamente presente e attuale nella cultura contemporanea , quanto è evidente la contraddizione presente nel suo pensiero.
Come scrive Maurizio Ferraris nella "Repubbilca" di giovedì, 17 giugno in una critica ad Heidegger:


Tra varianti e vaccini il virus forse se ne va'.
Quello che sono certo non se ne andrà, almeno a breve, è un assunto di fondo, l'idea che siamo padroni della natura e schiavi della tecnica.
È ovviamente vero il contrario ,il virus,  in quanto natura, ci ha messo in ginocchio, il vaccino, in quanto tecnica, ci offre una tregua. E allora perché neghiamo l'evidenza?


E allora, buttiamo via Hiedgeer?


Per quel poco che ne so' è uno che ha cambiato idea nel corso della sua vita.
E questo devono fare i filosofi.Questo significa essere filosofi, perché se cambi idea allora vuol dire che pensi.


Quando pensavo da giovane alla vita di tutti i giorni, ancora non conoscevo la filosofia.
E si può fare filosofia senza leggere questi grandi del passato.

Capisco benissimo che nell'epoca dell'happening culturale, i grandi siano diventati pop, che quindi vengano letti superficialmente, ossia senza un serio lavoro dietro.

Certo non voglio seminare un senso di sconforto in chi magari vuole pensare, ma non ha tempo per questo lavoro serio, che d'altronde oggi è ormai una professione infatti.

Ma nemmeno posso permettere che si banalizzino, perchè sennò lo sconforto avverrà in chi magari ha delle solide basi di filosofia (io non le ho per esempio) e gli passa la voglio di scrivere in un forum di filosofia.

Secondo me se facciamo tutti uno sforzo di chiarificazione del perchè scriviamo una cosa piuttosto che un altra aiuta anche a che nessuno si sconforti in futuro.

Per esempio aiuta sapere che ti piace leggere qualcosina di questo o quell'autore. E che ti sei orientato verso una TUA idea riguardo questo o quell'autore.
Fin quando riguarda la visione personale delle cose, va tutto bene.

Il problema è che per spirito di polemos, (che ci da energie e che non è da disprezzare) si tende sempre a fare affermazione invece generaliste.
Così chi sa l'importanza di Heidegger (che legge e interpreta Platone) fa fatica a rispondere ad affermazioni, che in quanto individuali, fatte da persone senza background filosofico, sembrano (e sono) apodittiche, e cioè non argomentate, rispetto al lavoro effettivo dell'autore.
Ossia in base alla lettura, non dico completa, ma almeno parziale, dell'opera a cui ci si riferisce.

Siccome visti i tempi che soffiano sul nostro pensiero (e per esempio ha ragione il Ferraris a dire che è la tecnica che domina noi, ma appunto dovrei argomentare, e a settembre al mio studente ideale, sarei stato tenuto a rispondere, ad argomentare punto per punto di quello che afferma Ferraris. Cosa che lui stesso dovrebbe iniziare a fare, ma molti filosofi rimangono nell'agio in cui la cultura pop, li ha messi, e dunque nessuno spazio verso gli studenti, nessun maestro per il futuro).
In questo caro Iano avrei dovuto prenderti ad esempio negativo.

Ma ripeto, questo non deve sconfortarti, questo avviene perchè uso uno strumento diverso, e ho deciso che questo strumento debba essere messo bene in vista ogni volta.

A margine, rispondendo sull'esito a cui perverrò, potremo privatamente domandarci o riflettere sulle nostre tematiche.(senza studenti fra le scatole).
Io penso si possa fare benissimo.
Da parte mia non c'è veramente risentimento, nè tantomeno presunta superiorità.

Ma figuriamoci!

Spero potremo ulteriormente chiarirci in autunno. Ciao! ;)
#1665
Citazione di: daniele22 il 19 Giugno 2021, 07:21:19 AM
Citazione di: green demetr il 18 Giugno 2021, 16:20:10 PM
Citazione di: daniele22 il 23 Maggio 2021, 23:10:37 PM
Non rivela però al mondo i nostri sentimenti o affettività (nel bene e nel male). E pure sono questi che io personalmente vorrei che si rivelassero, giacché son questi a muovere il mondo. Naturalmente non pretendo che ciascuno si confessi pubblicamente, ma che si confessi pubblicamente l'efficenza con cui questi muovono il mondo.


Non penso che le nostre posizioni siano poi così diverse.


Come noto da questo passaggio che avevi scritto in risposta a Iano.


Appunto, come dici anche tu i nostri segni sono legati all'affettività. come l'urlo nel buio è legato alla paura del bambino.


Siamo perfettamente d'accordo, come ho scritto in risposta a Iano, chiedo solo di fare delle distizioni.


Se poni una domanda di vita quotidiana è diverso che porla a livello di filosofia classica.


Sul perchè la filosofia classica ante-litteram si muovesse all'interno dell'autoreferenzialità del linguaggio, è altra cosa dalla tua domanda di senso del vivere.


Da una parte abbiamo una filosofia che si è scostata dalla vita quotidiana in cerca delle verità auto-evidenti.
Hai ragione quello fu il primo passo, ma poi dopo aver diviso la parola da quotidiana ad astratta, ne fece un uso non molto distante da quelle che tu chiedi rispetto al senso del vivere. Certo bisogna seguirlo con impegno.
E' una scelta. Ma non puoi rimproverare a loro una scelta diversa da quella fatta da te.
Le esigenze sono le stesse.

Insomma come dicono gli inglesi: tanto temporale in una tazza di tè.  ;)


Ciao Green, ho riletto anche il tuo intervento in risposta a Iano. Parli di distinzioni da farsi, come esistessero due tipologie di filosofia, o forse ho capito male. Per rispondere a me hai citato un pezzettino piccolo piccolo di un mio intervento. Non hai detto nulla però sul resto della mia critica ad Heidegger. Per me esiste solo una filosofia e non una filosofia classica che si distingue da altre filosofie




Dovresti vedere la filosofia come un mezzo per arrivare ad un obiettivo.


Mi pare che la tua critica ad heidegger sia legata al suo linguaggio astruso (in effetti il Mio filosofo esagera), ma ti ripeto il suo sforzo era quello di dare un nuovo strumento di indagine, coniando dei termini astrusi, ma perchè ci si intendesse su alcune nozioni che la filosofia classica ci ha dato, e che nel tempo hanno preso un senso ed un significato quasi completamente diverso.


Quindi dovresti vederlo come un artigiano della parola filosofica accademica.


Ma quale è il suo obiettivo? è esattamente lo studio dell'uomo, esattamente come il tuo.


Semplicemente utilizza uno strumento diverso, che a te non piace, ho capito benissimo, che anzi ritieni dannoso.


D'accordo, ma quest'ultima è una tua ipotesi, infatti per me dannoso non lo è affatto.


Ma questo non vuol dire che è l'unico strumento. Anche il pensiero sulle cose che ci accadono nel quotidiano è una buona strada, da giovane infatti, come studente di Yoga, lo facevo tutti i giorni, per questo te lo dico.


Ma col tempo ho preferito altri strumenti.


Insomma la mia richiesta è di non farci fare la guerra dei poveri, quando il pensiero, il pensare è in fin dei conti quello che ci unisce, e siamo sempre di meno, vuoi per via che la vita ci impegna fino a tarda sera, sia per malattie etc..etc..
Per me è un dono il poter pensare tra amici. Per questo mi sento di fare questa richiesta di distinguo.
Stesso obiettivo, diversi strumenti.
Certamente sta agli altri rispondere come meglio credono.
Ci sentiamo in autunno  ;)  (settembre dico)