>Salve Phil. Mie ulteriori precisazioni (in grassetto) :
Personalmente trovo esista tranquillamente una etica assoluta. Incarnata a livello biologico nel principio di sopravvivenza (individuale o di specie) ed a livello cosmico nel principio di persistenza (l'entropia, la cui funzione è quella di impedire l'annichilimento del divenire complessivo).
Quindi l'etica assoluta consiste nei comportamenti (NIENTE E NESSUNO SOTTRAGGA O DISTRUGGA CI0' CHE NON SAREBBE PIU' IN GRADO DI RESTITUIRE O RIGENERARE) che realizzino il BENE ASSOLUTO.
Più che il principio di sopravvivenza, esiste l'istinto di sopravvivenza, (son la medesima cosa.......principio è in veste filosofica, istinto in veste biologica)............................D'altronde, se il «bene assoluto» è, come proponi, non sottrarre o distruggere ciò che non si è in grado di restituire o generare, allora, a livello cosmico, l'etica perde di senso e tale "bene" non è un bene morale, ma è solo la legge di conservazione della massa (l'etica non perde di senso poichè il comportamento (ethos) non è dimensione unicamente umana od animale, ma può venir attribuito anche agli enti fisici (comportamento delle leggi naturali). La morale certo che invece non ha senso, in quanto attribuibile SOLAMENTE – quest'ultima – alle intenzioni SOCIALI UMANE. Potremmo quindi supporre l'esistenza di una ETICA COSMICA posta al di fuori del bene e della morale umani ma umanamente interpretabile dagli umani come benefica, positiva, affermativa poichè afferma e difende la nostra stessa umana esistenza).
Secondo tale principio, sembrerebbe quasi che il cosmo sia dunque impossibilitato a fare il male (almeno per ora), quindi quello del bene etico sarebbe un falso problema (oppure stiamo sbagliando il piano in cui porlo?). Infatti il cosmo e l'esistente racchiudono solo il bene (non importa che noi si riesca a riconoscerlo caso per caso) mentre il MALE è concetto unicamente umano consistente nella condizione di carenza (mai completa assenza) di BENE.
Sul piano strettamente umano, invece, non c'è un'etica praticabile secondo tale «bene assoluto», poiché l'uomo ha nei suoi bisogni primari già geneticamente inscritto il "male assoluto": sin dal primo vagito, egli sottrae ossigeno per restituire anidride carbonica (due composti ben differenti anche agli occhi di "madre natura", oltre che degli altri viventi), poi si nutre distruggendo forme di vita che non potrà restituire (Il "nessuno sottragga o distrugga....." va inteso aggiungendovi "........avendone la facoltà. Così come si intende che ciò che viene "sottratto" o "distrutto" all'interno di meccanismi natural-biologici superiori alla nostra volontà.....non può certo generare nostra responsabilità !).....................(allevarle non significa rigenerarle, ma solo condizionarne la riproduzione: non è l'uomo a partorire un vitello dopo averne ucciso uno; idem per l'agricoltura); Allevare e coltivare certamente non restituisce o rigenera la vita individuale dell'organismo che stiamo sfruttando, ma qui stiamo parlando di principi i quali non possono certo venir ricondotti e rispettati ingralmente, rigorosamente, da coloro che ne sono coinvolti.
Anche perchè il sopprimere e sfruttare le altre forme di vita fa parte di superiori livelli di necessità (l'egoistica realizzazione della sopravvivenza individuale delle specie predatrici).
Certo, la natura nel suo insieme è bilanciata, come il suddetto cosmo, ma se l'etica come disciplina deve occuparsi anche delle azioni umane (fra uomo ed uomo) allora servono criteri di giudizio che vadano oltre un serafico appello all'entropia co(s)mica, che ci riduce ad una risata nell'universo, dandoci pochi consigli su come comportarci con il prossimo, nel mondo, etc. Ad esempio, richiamando ancora la tua definizione, quello che l'uomo può generare è altra vita umana, per cui stando a tale principio, il «bene assoluto» prevede che una coppia uomo/donna possa, magari per motivi di sopravvivenza, uccidere e mangiare un altro essere umano perché in fondo sono in grado di rigenerare un essere umano, restituendo una vita per pareggiare quella che hanno spento... etica del cannibalismo e legalizzazione dell'omicidio in nome del «bene assoluto»? Mala tempora... relativamente parlando, ovviamente. Qui torna in ballo ciò cui ho accennato qui sopra : la gerarchia tra i bisogni (la sopravvivenza) e le facoltà, DELLE QUALI L'ETICA FA PARTE. Credo che non sarà necessario spiegarti quale delle due dimensioni sia quella che COSTRINGE inesorabilmente l'altra !. Saluti.
Personalmente trovo esista tranquillamente una etica assoluta. Incarnata a livello biologico nel principio di sopravvivenza (individuale o di specie) ed a livello cosmico nel principio di persistenza (l'entropia, la cui funzione è quella di impedire l'annichilimento del divenire complessivo).
Quindi l'etica assoluta consiste nei comportamenti (NIENTE E NESSUNO SOTTRAGGA O DISTRUGGA CI0' CHE NON SAREBBE PIU' IN GRADO DI RESTITUIRE O RIGENERARE) che realizzino il BENE ASSOLUTO.
Più che il principio di sopravvivenza, esiste l'istinto di sopravvivenza, (son la medesima cosa.......principio è in veste filosofica, istinto in veste biologica)............................D'altronde, se il «bene assoluto» è, come proponi, non sottrarre o distruggere ciò che non si è in grado di restituire o generare, allora, a livello cosmico, l'etica perde di senso e tale "bene" non è un bene morale, ma è solo la legge di conservazione della massa (l'etica non perde di senso poichè il comportamento (ethos) non è dimensione unicamente umana od animale, ma può venir attribuito anche agli enti fisici (comportamento delle leggi naturali). La morale certo che invece non ha senso, in quanto attribuibile SOLAMENTE – quest'ultima – alle intenzioni SOCIALI UMANE. Potremmo quindi supporre l'esistenza di una ETICA COSMICA posta al di fuori del bene e della morale umani ma umanamente interpretabile dagli umani come benefica, positiva, affermativa poichè afferma e difende la nostra stessa umana esistenza).
Secondo tale principio, sembrerebbe quasi che il cosmo sia dunque impossibilitato a fare il male (almeno per ora), quindi quello del bene etico sarebbe un falso problema (oppure stiamo sbagliando il piano in cui porlo?). Infatti il cosmo e l'esistente racchiudono solo il bene (non importa che noi si riesca a riconoscerlo caso per caso) mentre il MALE è concetto unicamente umano consistente nella condizione di carenza (mai completa assenza) di BENE.
Sul piano strettamente umano, invece, non c'è un'etica praticabile secondo tale «bene assoluto», poiché l'uomo ha nei suoi bisogni primari già geneticamente inscritto il "male assoluto": sin dal primo vagito, egli sottrae ossigeno per restituire anidride carbonica (due composti ben differenti anche agli occhi di "madre natura", oltre che degli altri viventi), poi si nutre distruggendo forme di vita che non potrà restituire (Il "nessuno sottragga o distrugga....." va inteso aggiungendovi "........avendone la facoltà. Così come si intende che ciò che viene "sottratto" o "distrutto" all'interno di meccanismi natural-biologici superiori alla nostra volontà.....non può certo generare nostra responsabilità !).....................(allevarle non significa rigenerarle, ma solo condizionarne la riproduzione: non è l'uomo a partorire un vitello dopo averne ucciso uno; idem per l'agricoltura); Allevare e coltivare certamente non restituisce o rigenera la vita individuale dell'organismo che stiamo sfruttando, ma qui stiamo parlando di principi i quali non possono certo venir ricondotti e rispettati ingralmente, rigorosamente, da coloro che ne sono coinvolti.
Anche perchè il sopprimere e sfruttare le altre forme di vita fa parte di superiori livelli di necessità (l'egoistica realizzazione della sopravvivenza individuale delle specie predatrici).
Certo, la natura nel suo insieme è bilanciata, come il suddetto cosmo, ma se l'etica come disciplina deve occuparsi anche delle azioni umane (fra uomo ed uomo) allora servono criteri di giudizio che vadano oltre un serafico appello all'entropia co(s)mica, che ci riduce ad una risata nell'universo, dandoci pochi consigli su come comportarci con il prossimo, nel mondo, etc. Ad esempio, richiamando ancora la tua definizione, quello che l'uomo può generare è altra vita umana, per cui stando a tale principio, il «bene assoluto» prevede che una coppia uomo/donna possa, magari per motivi di sopravvivenza, uccidere e mangiare un altro essere umano perché in fondo sono in grado di rigenerare un essere umano, restituendo una vita per pareggiare quella che hanno spento... etica del cannibalismo e legalizzazione dell'omicidio in nome del «bene assoluto»? Mala tempora... relativamente parlando, ovviamente. Qui torna in ballo ciò cui ho accennato qui sopra : la gerarchia tra i bisogni (la sopravvivenza) e le facoltà, DELLE QUALI L'ETICA FA PARTE. Credo che non sarà necessario spiegarti quale delle due dimensioni sia quella che COSTRINGE inesorabilmente l'altra !. Saluti.