Citazione di: donquixote il 26 Gennaio 2017, 18:47:56 PMCitazione di: paul11 il 26 Gennaio 2017, 13:19:40 PMPenso che sia proprio questo uno dei motivi dell'immigrazione, dopo il fallimento di costruire democrazie e modelli occidentali nel terzo e quarto mondo. Vista la storia degli USA e degli immigrati europei, ci sono tre buoni motivi: 1) contenimento del costo di manodopera anche dei residenti europei; 2) il denaro guadagnato dagli immigrati viene comunque gestito dal potere finanziario; 3) cambiargli la mentalità. Stiamo parlando di persone non legate ai tempi finanziari e cicli industriali, è l ostesso passaggi odala contadino all'operaio infabbrica. Cambia tutto il metabolismo biologico, adattato ai tempi economici. Nutro delle perplessità da anni se ricchezza voglia dire felicità.Certo il minimo di sopravvivenza e poi? Rincoglionimento nel mondo di "plastica"? La stiamo già subendo noi, figuriamoci loro. La sicurezza (che poi non è mai sicura) economica in cambio della perdità di identità personale, culturale? Il fallimento di esportare il modello democratico in paesi dove il legame familiare, parentale, comunitario è concepito diversamente dal nostro attuale che tende a frantumare tutti i legami a cominciare dalle famiglie (almeno a Natale ci vediamo tutti insieme?.... sappiamo parlare senza avere un televisore acceso?) potrebbe essere anche uno dei motivi, di piallare, standardizzare le personalità. Che poi vuol dire avere un popolo di servi e il massimo e renderli felici della propria sottomissione , facendoli diventare popolo di consumo e di nuovo altri mercati... ed ecco preparata la strada per implementare il modello di pseudo democrazia sui loro territori. Ma capisco anche che per l'italiano, ma non solo, è sentirsi aggredito da una quantità enorme di immigrati par ad una città ogni anno.. Ma come, ci chiediamo, siamo in crisi economica e vengono altri, e sono trattati meglio dei nostri "clochard" che muoiono all'adiaccio come mosche. E' vero, ci sono incongruenze. Noi stiamo meglio di loro e per loro già questo è tanto, e noi stiamo peggio di prima e il futuro non ci rallegra.abbiamo già i nostri problemi e altri ne creano ulteriori. I politicanti. lo sanno, ma giocano di retorica da due soldi , perchè le tensioni socio-economiche sono foriere di disastri anche politici, di chi cavalca il populismo, salvo a suo tempo averlo legiferato. Stiamo subendo una situazione che come popoli non andrebbe bene nè a noi e nemmeno a loro,costretti a lasciare Paesi di origine. Il rischio è la "guerra fra poveri".Se la mia famiglia vive in un villaggio e ha un pezzetto di terra su cui crescono frutta e ortaggi, razzolano polli e magari grufola qualche maiale, non muore certo di fame, e quel che eventualmente mi manca lo posso comprare o scambiare al mercato locale. Se invece ho una bottega artigiana scambierò ciò che produco con derrate alimentari, se ne ho necessità. Queste attività, però, non generano fatturato ai fini statistici, muovendo un quantitativo di denaro praticamente trascurabile. Se invece io lascio la mia terra per andare in città a lavorare per una grande multinazionale i miei guadagni e le mie spese, di necessità molto maggiori, andranno ad aumentare la "ricchezza" complessiva, il PIL, e quindi anche la ricchezza media procapite. Ma nel contempo la mia famiglia, privata delle braccia più giovani e capaci, si ritroverà a non poter badare alla terra e a tutto il resto finendo per dipendere dal mio reddito per quanto concerne le loro esigenze e la loro mera sopravvivenza. Finirà quindi che io sarò statisticamente molto più "ricco", ma nei fatti molto più povero poichè oltre ad avere maggiori spese dovrò mantenere anche la famiglia lasciata sola. Mentre poi la primavera arriva sempre, i frutti maturano e i polli crescono, se si verifica una crisi nel settore in cui lavoro io rischio di perdere il posto senza avere alternative e rischiando di non poter sopravvivere, perchè nel frattempo la mia terra è stata magari acquisita dalle grosse aziende agricole che la devono "valorizzare", ovvero sfruttare in grande stile a fini mercantili. Non avendo soluzioni finirò quindi, insieme con la mia famiglia, nel vortice del "mercato del lavoro" in cui la domanda e l'offerta non tengono conto delle esigenze di sopravvivenza ma solo di quelle della convenienza. L'equilibrio del villaggio, in cui vi è naturalmente il senso della comunità e della solidarietà fra persone e famiglie che si conoscono da sempre, viene completamente perduto nelle grandi metropoli ove ognuno è lasciato in balia di se stesso, e se è pur vero che vi sono grandi opportunità, vi sono ancor più grandi tentazioni, per cui ognuno sarà risucchiato dalla spirale della produzione e del consumo non riuscendo mai a produrre sufficiente reddito per soddisfare desideri sempre maggiori, diventando in tal modo un miserabile, preda di qualunque schiavista che al posto della frusta ha il libretto degli assegni (gli "schiavi salariati" di niciana memoria). I milioni di persone che hanno formato le megalopoli moderne sono per la gran parte questi miserabili, tenendo conto del fatto che la miseria non è una condizione assoluta ma relativa: sei un miserabile non se guadagni poco, ma se i tuoi guadagni non sono sufficienti a garantire un tenore di vita tale da non essere costretto a sacrificare ad esso il valore della libertà, della famiglia, dell'amicizia, della cultura, del tempo, insomma di tutto ciò che caratterizza un essere umano libero, diversamente da una macchina per produrre e consumare che altri accendono o spengono secondo il loro comodo. Dunque i dati macroeconomici diranno che il PIL della tal nazione in questi ultimi vent'anni è salito del tot percento, affermando implicitamente che i loro abitanti si sono arricchiti e dunque la globalizzazione è positiva, ma gli stessi dati affermano al contrario che, anzichè arricchirsi, milioni e milioni di persone hanno solo monetizzato la loro libertà, i loro valori, il loro tempo, le loro famiglie; nel complesso hanno venduto le loro vite rendendosi schiavi di un sistema che li trasformati in subumani, esseri miserabili.
Il modello democratico che citi è, più esattamente, quello liberalcapitalistico, poiché differenti sono le forme di democrazia. La democrazia liberale e l'individualismo che da questa è nato sono il brodo di coltura del sistema mercantile attuale, ove si tende ad annullare progressivamente qualunque limite culturale per esaltare il desiderio individuale, funzionale al commercio e alla diffusione di "prodotti" che soddisfino qualunque "bisogno", solitamente innaturale e indotto dal sistema che deve alimentare il mercato. Ai tempi del colonialismo la maggior parte dei paesi coloniali si limitava a saccheggiare le risorse dei colonizzati (oro, diamanti, petrolio, risorse minerarie di ogni genere) ma i due popoli rimanevano essenzialmente separati e continuavano nella sostanza a vivere come avevano sempre fatto. Quando gli inglesi, nelle loro innumerevoli colonie, hanno cominciato a chiedere tributi ai colonizzati questi, che non avevano nulla e nulla potevano pagare, sono stati costretti ad entrare nel "sistema" mettendosi alle dipendenze degli inglesi che fornivano loro un salario, ma questo serviva, oltre a pagare i tributi, a comprare le loro merci che producevano in patria. Spesso forzavano la situazione come in India ove avevano vietato la tessitura per poter vendere agli indiani i tessuti che fabbricavano in Inghilterra, e proprio la disobbedienza a questa disposizione diede l'inizio alla rivolta di Gandhi che si concluse con la cacciata dell'impero britannico. In America sempre gli inglesi si inventarono il concetto di "vantaggio competitivo" cercando di convincere gli americani ad acquistare le locomotive inglesi poichè costavano meno di quelle fabbricate in America, tentando di renderli quindi perennemente dipendenti dalla ex madre patria. In Cina fecero la famigerata "guerra dell'oppio" per poter vendere la droga ai cinesi che non la volevano poichè vietata dalla loro cultura, e le conseguenze furono fra l'altro che i cinesi dovettero concedere agli inglesi il controllo del porto di Hong Kong come porta d'ingresso nel mercato cinese. La medesima cosa accadde con il porto di Singapore per quanto riguarda il sud-est asiatico, e poi con quello di Macao a favore dei portoghesi.La decolonizzazione avvenuta a seguito della seconda guerra mondiale, lungi dall'aver liberato le ex colonie, si è potuta realizzare proprio a seguito di accordi con i governi di tali paesi a mantenere rapporti commerciali privilegiati con gli ex colonizzatori, che molto spesso ponevano alla guida di questi governi proprie "teste di legno" a scapito della volontà dei popoli. Il sistema è quindi cambiato consentendo alle ex colonie di vendere i propri prodotti, in cambio però impoverivano i propri popoli arricchendo solo pochi satrapi e soprattutto scardinavano un equilibrio culturale basato sull'economia di sussistenza e sulla sobrietà, che è chiaramente incompatibile con un sistema che ambisce ad un commercio sempre più ampio di merci. Impoveriti economicamente e sradicati culturalmente molti hanno iniziato ad emigrare dalla periferia miserabile dell'impero economico e finanziario verso il suo centro, creando una serie di cortocircuiti che in un futuro non lontano non potranno che provocare una serie incontrollabile di esplosioni.
La divisione del mondo in blocchi d'influenza durante la guerra fredda ha "protetto" gran parte del mondo da questo sistema, ma il crollo dell'89 con la successiva globalizzazione ha inserito nel sistema di mercato anche questa fetta, imponendo un'accelerazione inaudita al medesimo sull'onda dell'aumento esponenziale dell'avidità umana certificato dal corrispondente aumento delle disuguaglianze economiche fra i popoli e al loro interno.
In un mondo ormai dominato dal mercato globale la cultura, con le sue regole, i suoi simboli e i suoi limiti, è un impaccio, un inutile e arcaico orpello che impedisce la diffusione della merce con motivazioni che al mercante, da sempre e per definizione privo di cultura, appaiono incomprensibili. Dunque è il mercante, il cosiddetto "borghese", che si inventa e alimenta tutte le sciocchezze moderne fra cui il multiculturalismo, evidente ossimoro, riducendo le culture ad una mera serie di vuote consuetudini che possono essere mantenute a patto che non ostacolino la diffusione dei prodotti, delle merci, del business. La storia racconta che dai tempi di Colombo gli eserciti dei paesi europei hanno solcato i mari per invadere e saccheggiare le terre altrui e schiavizzare i popoli ai fini di aumentare il benessere materiale delle proprie nazioni, impedendo nel contempo con i medesimi eserciti qualunque ingresso non desiderato nei territori europei, ma se questa cosa può apparire estremamente ingiusta ancora più ingiusta, se possibile, appare la situazione attuale che, per soddisfare l'avidità e la concupiscenza di pochi mercanti privati, impone all'occidente di schiavizzare non solo quelli altrui ma anche i propri popoli mettendo i cittadini in concorrenza con disperati che provengono da ogni parte del mondo, poiché il sistema globalizzato e funzionale unicamente al profitto necessita da un lato un numero sempre maggiore di consumatori, e dall'altro di produttori sempre meno costosi.
Hai scritto un concetto economico (ma non solo e poi lo spiego...) che è esatto, tant'è che lo scissi nel vecchio forum.
E' vero quello che scrivi, e quando leggo che un Paese dell'Africa ha un PIL procapite di pochi dollari, sorrido, perchè non è un indice tout court di ricchezza/povertà, ma semplicemente la loro economia non è basata sullo scambio del valore aggiunto, a volte è addirittura baratto e altre è valore d'uso.
Ti dirò, forse quel tipo di economia è da ripensare quanto meno, se sia possible anche da noi , perchè:
1) la nostra economia è basata sulla divisione del lavoro
2) dividere il lavoro significa dividere la conoscenza
3) "dividi et impera" si sa che è un motto tipico di chi gestisce un certo modo di potere personale e non certo emancipativo di un popolo
Ma se l'organizzazione economica sociale è divisa, anche l'organizzazione sociale della città, di uno Stato si modella sulla base produttiva.Ecco l'urbanizzazione divisa in quartieri sociali e i servizi. (Avete notato che gli immigrati tendono a vivere vicino le stazioni ferroviarie?) Ogni cultura fa gruppo a sè per solidarizzare ,per comunicare, per appartenenza,ecc. tanto più si sente differente rispetto alla cultura ospitante..
Dividere socialmente il lavoro e la conoscenza, signifca ,come la conoscenza scientifica, dividere l'unità produttiva, in sottoinsiemi dove nessuno di chi produce conosce l'unità, ma solo chi lo progetta(ho estremizzato il concetto...)
Entrare nel meccanismo del mercato occidentale, significa ha ben poco di creatività umana e quindi di artistico, ma si entra a far parte di gerarchie funzionali. Quindi siamo braccia o mente al servizio di qualcuno, di quel tipo di mercato .
Non siamo quindi umani nella loro intererzza, ma parti da vendere sul mercato che decide di espellere se non è utile.
Accade che non è assolutamente vero che questo sistema economico sia mai stato"sicuro", certo nelle crisi emerge la contraddizione.
a soprattutto accade che l'uomo è fortemente ricattabile, non ha alternative allla vendita di sè.
Non ha una casa con un orto, non ha un pollaio o stalla , non ha quel minimo di sostentamento che la città degli alveari condominiali ha ridotto come vincolo senza via di uscita.
Se in un sistema dove lavoro= reddito, se non c'è una minima alternativa,si passa da un vita economicamente "normale" a chiedere la carità.
Mia nonna viveva come dici tu, era povera, ma non moriva di fame, perchè anche in alta montagna ci sono le castagne, ci sono le patate, e c'era il pollaio, la stalla ,così le popolazioni marittime e delle campagne.
E' da ripensare seriamente.