Premesso che il tema della colpa sia individuale che universale, rispecchia sempre il suo opposto, ossia che la colpa è sempre degli altri, e quindi del Grande Altro. E dunque come ci ha insegnato Nietzche, diffidiamo SEMPRE da questa gente.
Parliamo brevemente di Dostoevskj, tanto lo affronteremo quest'autunno, insieme a Proust e Musil.
Anzi parliamo di me: perchè affronteremo Dostoevskj, Proust e Musil e di nuovo Kafka?
Perchè la vita politica bloccò quelle mie letture.
Perchè mi mancano? Come diceva sempre il mio prof. del liceo (ahimè solo un anno lo ebbi), è inutile leggere altri romanzi, se prima non avete letto i più grandi.
E i più grandi sono quelli.
Mi successe qualcosa fra adolescenza e prima gioventù: che un autore mi portasse in un mondo oscuro, così profondo e assurdo, che non seppi, e non sono ancora riuscito a liberarmi da Lui.
Sto parlando proprio di Dostoevskj, nonostante Kafka (che in statura gli è superiore).
Due romanzi come due torri gemelle stanno a guardia dell'istmo che separa ciò che è da leggere da cosa non lo è.
I Demoni a destra, e l'Idiota a sinistra.
Da allora nessuno è più passato (tranne che Kobayashi mi abbia fatto leggere Bernhard).
Certo i Fratelli Karamazov mi stanno aspettando da tempo, vedremo.
Tornando a bomba: in Dostoevskj il male cristiano è diviso in due, da una parte dai moralisti della domenica, e da quello ci ha già avvisato Nietzche, ma Dostoevskj va anche oltre, non solo oltre il male ontologico, la morte, il dare morte, il morire, l'abuso, la seduzione, l'idealismo ma persino oltre l'orizzonte che per primo narra, e di cui i suoi personaggi non riescono a liberarsi, ossia l'orizzonte infinito circolante del nichilismo.
Dostoevskj va ancora più oltre. Entrando in quell'orizzonte e scoprendoci un male ancora più esacerbante, ancora più malefico, ancora più diabolico, tanto da inghottire qualsiasi azione o pensiero degli ignari protagonisti.
Il principe Stavrogin, è stato per me tutto, e anche oltre, il suo inghottimento nell'abisso, e il riapparire all'orizzonte di Tatiana, delle mille Tatiane di questo mondo.
Una nuova speranza a cui il povero Zosima non è dato, non è concesso vedere.
D'altronde il sommo poeta, il vate nazionale, ce lo aveva già detto: "Esterina i tuoi vent'anni ci minacciano e tu non lo sai"
In parole a soldoni il male ontologico viene abbattuto dalla vita stessa, dalla sua rigenerazione.
Ma certo prima dobbiamo divenire cenere, prima dobbiamo essere inceneriti dal nichilismo, prima dobbiamo, DOBBIAMO leggere Dostoevskj.
Saper leggere Dostoevskj, ci aiuteremo ne verremo a capo.
Ma mentre potremo venire a capo di Dostoevskl, che non a caso dirà la bellezza salverà il Mondo, non potremo MAI venire a capo del male metafisico, ben oltre l'ontologia del mastro del paese, ossia abitare il castello.
Il Castello l'opera più enigmatica mai scritta, agitata da un intelligenza sconosciuta inarrivabile, l'unica che riesca a domandare quel male che addirittura non ha nome.
Anzi ha un nome e il suo nome è proprio Colpa, anzi la Colpa.
Non la colpa come premessa dell'azione come nel recentissimo Agamben, ossia l'ordine (giuridico o sociale, a partire da "una" colpa, qualsiasi, premessa, accettata senza discussione, appunto sacra, come nel solco del giovane Agamben, ma anche qui Agamben è andato oltre, cercheremo di spiegarlo in futuro).
No, per niente. La colpa qui è diventata un essere ontologico. Un Dio.
Il Dio per eccellenza, quello giudaico.
Non gli Dei di cui pure si occupa quella religione, ma il Dio che si manifesta al ricercatore, al saggio, in quanto tale, in quanto emanazione originaria.
E dunque anche la colpa è originaria. Perchè? OSA chiedere Kafka.
Non la colpa ontologica, come una colpa, fra tante colpe, insomma.
Ma proprio la sua quintessenza ordinante, non ordinaria, ma seducente, implodente.
Certo nichilista, ma oltre il nichilismo, ossia oltre il Male del nichilismo, riuscire a vedere un male ancora più grande ancora più disperato, temo ci sia riuscito solo lui.
Kafka o Dostoevskl? Direi Kafka.
Non facciamoci illusioni sono mali, di cui la filosofia non può trattare, solo l'arte nel suo enigmatico dire, può portarci lì. E certo non tutti gli autori, ma solo i più grandi.
Solo a contatto con questo Male, si può vedere d'altronde l'orizzonte del comunitarismo.
E qui mi riallaccio sia a kobayashi che a ipazia. Ossia la necessità del comunitarismo.
Del rispetto dell'altro, dell'importanza dell'altro.
Ps. Musil, la colpa indefinita dell'uomo senza anima e senza lavoro scientifico.
Proust la colpa indefinita della madre.
Sono solo all'inizio. Li riprendiamo insieme.
Ma è ovvio che sono due grandi autori, ed è ovvio che questo è uno delle discussioni infinite del forum.
Ma naturalmente io sto con Nietzche e ad un pubblico alle prime armi, dico: nessuna colpa grazie.
L'ordinamento, la giustizia è dell'ordine del buon senso. Della medietas aristotelica aiutata dagli infiniti valori dell'ethos greco.
Dovremo impararli a conoscerli meglio, io per primo.
Parliamo brevemente di Dostoevskj, tanto lo affronteremo quest'autunno, insieme a Proust e Musil.
Anzi parliamo di me: perchè affronteremo Dostoevskj, Proust e Musil e di nuovo Kafka?
Perchè la vita politica bloccò quelle mie letture.
Perchè mi mancano? Come diceva sempre il mio prof. del liceo (ahimè solo un anno lo ebbi), è inutile leggere altri romanzi, se prima non avete letto i più grandi.
E i più grandi sono quelli.
Mi successe qualcosa fra adolescenza e prima gioventù: che un autore mi portasse in un mondo oscuro, così profondo e assurdo, che non seppi, e non sono ancora riuscito a liberarmi da Lui.
Sto parlando proprio di Dostoevskj, nonostante Kafka (che in statura gli è superiore).
Due romanzi come due torri gemelle stanno a guardia dell'istmo che separa ciò che è da leggere da cosa non lo è.
I Demoni a destra, e l'Idiota a sinistra.
Da allora nessuno è più passato (tranne che Kobayashi mi abbia fatto leggere Bernhard).
Certo i Fratelli Karamazov mi stanno aspettando da tempo, vedremo.
Tornando a bomba: in Dostoevskj il male cristiano è diviso in due, da una parte dai moralisti della domenica, e da quello ci ha già avvisato Nietzche, ma Dostoevskj va anche oltre, non solo oltre il male ontologico, la morte, il dare morte, il morire, l'abuso, la seduzione, l'idealismo ma persino oltre l'orizzonte che per primo narra, e di cui i suoi personaggi non riescono a liberarsi, ossia l'orizzonte infinito circolante del nichilismo.
Dostoevskj va ancora più oltre. Entrando in quell'orizzonte e scoprendoci un male ancora più esacerbante, ancora più malefico, ancora più diabolico, tanto da inghottire qualsiasi azione o pensiero degli ignari protagonisti.
Il principe Stavrogin, è stato per me tutto, e anche oltre, il suo inghottimento nell'abisso, e il riapparire all'orizzonte di Tatiana, delle mille Tatiane di questo mondo.
Una nuova speranza a cui il povero Zosima non è dato, non è concesso vedere.
D'altronde il sommo poeta, il vate nazionale, ce lo aveva già detto: "Esterina i tuoi vent'anni ci minacciano e tu non lo sai"
In parole a soldoni il male ontologico viene abbattuto dalla vita stessa, dalla sua rigenerazione.
Ma certo prima dobbiamo divenire cenere, prima dobbiamo essere inceneriti dal nichilismo, prima dobbiamo, DOBBIAMO leggere Dostoevskj.
Saper leggere Dostoevskj, ci aiuteremo ne verremo a capo.
Ma mentre potremo venire a capo di Dostoevskl, che non a caso dirà la bellezza salverà il Mondo, non potremo MAI venire a capo del male metafisico, ben oltre l'ontologia del mastro del paese, ossia abitare il castello.
Il Castello l'opera più enigmatica mai scritta, agitata da un intelligenza sconosciuta inarrivabile, l'unica che riesca a domandare quel male che addirittura non ha nome.
Anzi ha un nome e il suo nome è proprio Colpa, anzi la Colpa.
Non la colpa come premessa dell'azione come nel recentissimo Agamben, ossia l'ordine (giuridico o sociale, a partire da "una" colpa, qualsiasi, premessa, accettata senza discussione, appunto sacra, come nel solco del giovane Agamben, ma anche qui Agamben è andato oltre, cercheremo di spiegarlo in futuro).
No, per niente. La colpa qui è diventata un essere ontologico. Un Dio.
Il Dio per eccellenza, quello giudaico.
Non gli Dei di cui pure si occupa quella religione, ma il Dio che si manifesta al ricercatore, al saggio, in quanto tale, in quanto emanazione originaria.
E dunque anche la colpa è originaria. Perchè? OSA chiedere Kafka.
Non la colpa ontologica, come una colpa, fra tante colpe, insomma.
Ma proprio la sua quintessenza ordinante, non ordinaria, ma seducente, implodente.
Certo nichilista, ma oltre il nichilismo, ossia oltre il Male del nichilismo, riuscire a vedere un male ancora più grande ancora più disperato, temo ci sia riuscito solo lui.
Kafka o Dostoevskl? Direi Kafka.
Non facciamoci illusioni sono mali, di cui la filosofia non può trattare, solo l'arte nel suo enigmatico dire, può portarci lì. E certo non tutti gli autori, ma solo i più grandi.
Solo a contatto con questo Male, si può vedere d'altronde l'orizzonte del comunitarismo.
E qui mi riallaccio sia a kobayashi che a ipazia. Ossia la necessità del comunitarismo.
Del rispetto dell'altro, dell'importanza dell'altro.
Ps. Musil, la colpa indefinita dell'uomo senza anima e senza lavoro scientifico.
Proust la colpa indefinita della madre.
Sono solo all'inizio. Li riprendiamo insieme.
Ma è ovvio che sono due grandi autori, ed è ovvio che questo è uno delle discussioni infinite del forum.
Ma naturalmente io sto con Nietzche e ad un pubblico alle prime armi, dico: nessuna colpa grazie.
L'ordinamento, la giustizia è dell'ordine del buon senso. Della medietas aristotelica aiutata dagli infiniti valori dell'ethos greco.
Dovremo impararli a conoscerli meglio, io per primo.
