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Messaggi - sgiombo

#1681
Non risco a coreggere il post precedente.

Lo faccio qui:


Citazione da: sgiombo - 02 Settembre 2018, 20:57:10 pm
CitazioneLa libera (da condizionamenti estrinseci, ma intrinsecamente determinata dalle proprie qualità morali e non dal mero, banalissimo caso, N.d.R) adesione a valori politici, teologici o altro é necessario fondamento di una libera adesione a valori politici, teologici o altro

[Sottolineatura mia: "la libera adesione etc. è fondamento della libera adesione etc."; "x è fondamento di x", non mi quadra troppo...]
Non ho tirato mai in gioco il caso, è il prezzo da pagare per cercare di entrare nell'ottica deterministica forte (come sto provando a fare); l'adesione a valori politici o altro è libera da condizionamenti estrinseci? Davvero non contano e non sono condizionanti i discorsi ascoltati, i libri letti, tutti gli input esterni, etc.? Ne dubito; se così fosse sconfineremmo nell'innatismo (senza offesa per gli innatisti, ma qui il topic è altro) o in un solipsismo eremitico piuttosto sparuto...
Citazione
CitazioneMa questo é proprio determinismo!

Il quale ovviamente implica anche condizionamenti estrinseci; ma perché un' agente possa essere valutato eticamente questi non possono essere costituiti da coercizioni forzate, tali da coartarne la volontà: se qualcusno ti costringe minacciandoti con un mitra a commettere un furto, il ladro (resèponsabile morale del furto) é il coercitore, non sei tu!
#1682
Citazione di: Phil il 02 Settembre 2018, 22:51:39 PM
Citazione di: sgiombo il 02 Settembre 2018, 20:57:10 PM
Nego il relativismo etico qui illustrato: per me bene e male (senza virgolette) pur non essendo dimostrabili [...], sono d fatto  avvertiti dentro di sé da ognuno (salvo rarissimi casi chiaramente patologici)
Certo, ognuno avverte il bene e il male, ma, seguendo il determinismo, non il Bene e il Male (maiuscole metafisiche, dicevo...).
CitazioneQui mi spiazzi completamente dal momento che credo di sapere qualcosa sul bene e sul male (etici; che per me necessitano, per aver senso, del determinismo), ma non so nulla del Bene e del Male con le iniziali maiuscole, metafisici




Citazione di: sgiombo il 02 Settembre 2018, 20:57:10 PM
[/size]Che necessariamente la sua velleitaria funzione "classica" di guida normativa a priori si impoverisce, depotenziandosi nel calderone degli input che condizioneranno inevitabilmente l'agire del soggetto (inteso come un elaboratore che processa meccanicisticamente i vari condizionamenti esterni e cheLe ripercussioni sulla politica, sulla visione esistenziale del mondo, e in ogni altro ambito di pensiero, non possono che essere genuinamente nichiliste: "combattiamo per il bene contro il male", per il determinismo forte, ha lo stesso valore di "laviamo i piatti dopo mangiato", poiché entrambe sono affermazioni che non potevano non esser dette (dato il causalismo) e dalle conseguenze già "ipotecate" non é affatto vero in linea di principio
Perché?
In linea di principio, destituiti il Bene e il Male metafisici (conseguenza del determinismo forte), mi pare che ciò che resta sia più o meno ciò che ho tentato di descrivere...
CitazioneMi tocca ripetere che il bene e il male etici (di cui unicamente intendo il significato) necessitano del determinismo (per lo meno di n determinismo debole, probabilistico statistico), in quanto unicamente in caso di determinismo le scelte di un agente libero da coercizioni estrinseche può essere ritenuto essere causato dalle ( e dimostrare le) qualità morali proprie dell' agente stesso; chè altrimenti sarebbe puramente casuale, fortuito (e ne potrebbe casomai dimostrare la maggiore o minor fortuna ).



Citazione di: sgiombo il 02 Settembre 2018, 20:57:10 PM
ed é inoltre platealmente smentito empiricamente di fatto per esempio dai casi di molti rivoluzionari francesi e sovietici che erano fortemente deterministi in teoria e attivissimi, spesso eroici combattenti per un mondo migliore (letteralmente: più buono) in pratica, per molti versi incarnando proprio il soggetto audace e padrone del suo destino (cioé libero da determinazioni e condizionamenti estrinseci, N. d. R), caro all'umanesimo e all'illuminismo.
Se il loro affascinante atteggiamento eroico smentisce le conseguenze logiche del determinismo, forse il problema è la loro capacità di essere coerenti al determinismo fino in fondo... nel momento in cui professano valori e ideali per cui combattono e muoiono, stanno servendo il Bene e il Giusto trascendenti ogni causalità (altrimenti niente maiuscole e porta aperta al relativismo  ;) ), oppure stanno seguendo una immanente catena causale priva di valori morali intrinseci? Un determinista coerente ha solo una riposta possibile.
In fondo tali eroi (sedicenti deterministi) quanto sono lontani dall'essere
CitazioneNon c' é proprio nessuna incoerenza nell' essere deterministi e attivissimi (e non passivi o inerti fatalisti): se vige il determinismo non vedo proprio perché mai, per il fatto di rendermene soggettivamente conto (che non cambia in nessun modo l' oggettivo determinismo reale!) dovrei per forza essere fatto in modo da subire passivamente gli eventi (deterministici) e da non potere (altrettanto deterministicamente) agire con il massimo di forza, energia, impegno per cambiare il mondo da cima a fondo (nei limiti concessi dal determinismo e nel perfetto, ineludibile rispetto del determinismo proprio del divenire del mondo stesso, ovviamente; determinismo che include la mia ferrea volontà di agire e cambiare lo stato di cose presenti).




Citazione di: sgiombo il 02 Settembre 2018, 20:57:10 PMLa libera (da condizionamenti estrinseci, ma intrinsecamente determinata dalle proprie qualità morali e non dal mero, banalissimo caso, N.d.R) adesione a valori politici, teologici o altro é necessario fondamento di una libera adesione a valori politici, teologici o altro
[Sottolineatura mia: "la libera adesione etc. è fondamento della libera adesione etc."; "x è fondamento di x", non mi quadra troppo...]
Non ho tirato mai in gioco il caso, è il prezzo da pagare per cercare di entrare nell'ottica deterministica forte (come sto provando a fare); l'adesione a valori politici o altro è libera da condizionamenti estrinseci? Davvero non contano e non sono condizionanti i discorsi ascoltati, i libri letti, tutti gli input esterni, etc.? Ne dubito; se così fosse sconfineremmo nell'innatismo (senza offesa per gli innatisti, ma qui il topic è altro) o in un solipsismo eremitico piuttosto sparuto...
CitazioneMa questo é proprio detrminismo!




Citazione di: sgiombo il 02 Settembre 2018, 20:57:10 PM
e non affatto espressione di sovrastrutture semantiche edificate sul piano portante ed "inevadibile" della casualità indeterministica.
Parlavo di "causalità deterministica", non di "casualità indeterministica"; se le confondiamo, divento ancora più incomprensibile del solito  :)

CitazioneMa io invece attribuisco proprio alla casualità indeterministica il carattere di (false) sovrastrutture semantiche (ho citato le tue parole in carattere "inclinato", mentre la mie sono in normale carattere "diritto")




Citazione di: sgiombo il 02 Settembre 2018, 20:57:10 PMIl resto (una pretesa etica fondata sull' indeterminismo, N.d.R)
Qui mi spiazzi: "l'etica fondata sull'indeterminismo" non appartiene al mio discorso... da dove sbuca adesso?  ;D
CitazioneMi sembrava evidente che tu attribuissi al determinismo l' incompatibilità con l' etica.
Ergo, a meno che non neghi l' etica tout court proclamandoti nichilista (cosa che, se vera, mi sarebbe sfuggita), la fondi necessariamente sull' indeterminismo, dal momento che fra determinismo e indeterminismo tertium non datur (il probabilismo non essendo che determinismo circa i rapporti fra diversi casi alternativi in serie successivamente numerose di esse  e indeterminismo circa i singoli casi).
#1683
Citazione di: Phil il 02 Settembre 2018, 16:46:56 PM
@sgiombo

Sostenere che
Citazione di: Phil il 12 Agosto 2018, 21:29:11 PM
se ciò che è stato non poteva non essere, e ciò che accade non può non accadere in altro modo, allora ogni "mister x" ha fatto semplicemente ciò che era destinato a fare (sia egli filantropo o criminale), giudicarlo bene o male è solo un questione di contingente etichetta morale, ma se davvero non gli era possibile fare altro, "il Bene non è un bene e il Male non è un male" poiché "tutto è solo come può essere".
significa riconoscere, di fatto, l'esistenza delle etichette "bene" e "male", ma non l'esistenza, di diritto, del "Bene" e del "Male" in sè come "ispirazioni metafisiche" delle nostre scelte possibili, essendo ogni scelta solo un'apparenza ingannevole... il contraccolpo di tale prospettiva è che ogni etica produce solo una relativa tassonomia a posteriori (etichette, appunto), mentre la sua velleitaria funzione "classica" di guida normativa a priori si impoverisce, depotenziandosi nel calderone degli input che condizioneranno inevitabilmente l'agire del soggetto (inteso come un elaboratore che processa meccanicisticamente i vari condizionamenti esterni, non più il soggetto audace e padrone del suo destino, caro all'umanesimo e all'illuminismo).

Le ripercussioni sulla politica, sulla visione esistenziale del mondo, e in ogni altro ambito di pensiero, non possono che essere genuinamente nichiliste: "combattiamo per il bene contro il male", per il determinismo forte, ha lo stesso valore di "laviamo i piatti dopo mangiato", poiché entrambe sono affermazioni che non potevano non esser dette (dato il causalismo) e dalle conseguenze già "ipotecate". Per i soggetti coinvolti, il vissuto (psicologico, emotivo, etc.) delle due frasi sarà ovviamente ben differente, ma nell'ottica globale e meta-personale del processo deterministico, si tratta solo di due ennesimi risultati delle rispettive cause; non c'è effettiva differenza di "Valore" (maiuscola metafisica) fra piano morale e piano igienico-domestico, perché entrambi sono sovrastrutture semantiche edificate sul piano portante ed "inevadibile" degli ingranaggi impeccabili della causalità (non della libera adesione a valori politici, teologici o altro).
Il resto sono mere etichette convenzionali apposte dai vari attori, fiduciosamente e romanticamente convinti del valore e della libertà trascendentali delle loro gesta, inconsapevoli dell'assenza di senso intrinseca alla catena causale... se non è nichilismo questo  ;)
Citazione
Nego il relativismo etico qui illustrato: per me bene e male (senza virgolette) pur non essendo dimostrabili (né mostrabili su alcuna "tavola della legge" in pietra o altro materiale, proveniente dal Sinai o da altri luoghi), sono d fatto  avvertiti dentro di sé da ognuno (salvo rarissimi casi chiaramente patologici) in conseguenza della evoluzione biologica) universalmente (sempre ed ovunque) nei loro aspetti più generali e astratti, e in molti loro aspetti particolari e concreti declinati storicamente in relativa varietà.

Che necessariamente la sua velleitaria funzione "classica" di guida normativa a priori si impoverisce, depotenziandosi nel calderone degli input che condizioneranno inevitabilmente l'agire del soggetto (inteso come un elaboratore che processa meccanicisticamente i vari condizionamenti esterni e che Le ripercussioni sulla politica, sulla visione esistenziale del mondo, e in ogni altro ambito di pensiero, non possono che essere genuinamente nichiliste: "combattiamo per il bene contro il male", per il determinismo forte, ha lo stesso valore di "laviamo i piatti dopo mangiato", poiché entrambe sono affermazioni che non potevano non esser dette (dato il causalismo) e dalle conseguenze già "ipotecate" non é affatto vero in linea di principio ed é inoltre platealmente smentito empiricamente di fatto per esempio dai casi di molti rivoluzionari francesi e sovietici che erano fortemente deterministi in teoria e attivissimi, spesso eroici combattenti per un mondo migliore (letteralmente: più buono) in pratica, per molti versi incarnando proprio il soggetto audace e padrone del suo destino (cioé libero da determinazioni e condizionamenti estrinseci, N. d. R), caro all'umanesimo e all'illuminismo.

La libera (da condizionamenti estrinseci, ma intrinsecamente determinata dalle proprie qualità morali e non dal mero, banalissimo caso, N.d.R) adesione a valori politici, teologici o altro é necessario fondamento di una  libera adesione a valori politici, teologici o altro e non affatto espressione di sovrastrutture semantiche edificate sul piano portante ed "inevadibile" della casualità indeterministica.
Il resto (una pretesa etica fondata sull' indeterminismo, N.d.R) sono mere etichette convenzionali apposte dai vari attori, fiduciosamente e romanticamente convinti del valore e della libertà trascendentali delle loro gesta, inconsapevoli dell'assenza di senso intrinseca al casualismo indeterministico: sì, questo é proprio nichilismo.


#1684
D' accordo sul prete e sullo sciamano, che possono anche essere persone colte e preparate e buone conoscitrici dell' animo umano, senza la presunzione di possedere una inesistente conoscenza scientifica in proposito, e agenti non dietro ricompensa in denaro: non sono pagati per (pretendere di) portarti aiuto.
#1685
CitazioneChi ti ha aiutato era uno psichiatra, uno psicanalista oppure un amico intelligente e premuroso, o comunque una persona altruista, colta (nel vero senso della parola e non semplicemente erudita) e di buna volontà, magari un "buon samaritano occasionalmente trovato per strada" che agiva non retribuito, per amore e non per lavoro?

Penso che sia molto più probabile, e soprattutto che sarebbe "indicativa dell' efficacia della cura" e non "attribuibile ad effetto placebo", la seconda ipotesi.
#1686
Potrei sottoscrivere al 100% quanto scritto da Socrate78 nell' intervento delle ore 12, 45', 45" (compreso l' aver avuto seri problemi sul lavoro ed essermi ben guardato dal rivolgermi allo psicologo; mi sono invece rivolto a un avvocato che lavorava con i sindacati di base, quelli veri, non i sedicenti "sindacati" dei padroni e del governo CGIL, CISL, UIL e fascisti-leghisti che non mi ricordo neanche come si chiamano: non hanno nemmeno il lontanissimo passato dei primi tre, soprattutto della CGIL), ove per la cronaca mi sono trovato in ottima compagnia con molti lavoratori extracomunitari molto più dotati di coscienza di classe di tanti italiani.

Su quanto risponde nell' intervento successivo di Inverno concordo solo e unicamente con l' utilità di cure psichiariche (e non psicologioche!) farmacologiche puramente sintomatiche per "tamponare le situazioni peggiori per i pazienti e chi li circonda; ma purtroppo sono ben poca cosa!
#1687
Citazione di: 0xdeadbeef il 02 Settembre 2018, 11:23:03 AM

Non traccerei neppure una troppo netta linea di demarcazione fra "scienze della natura", o
"esatte", e scienze umane (inesatte?).
Voglio dire: certamente nelle scienze "esatte" vi è un, diciamo, "grado di garanzia"
circa la validità degli enunciati superiore a quello delle scienze "umane". Ma, del
resto. questo non vuol neppure dire che in queste ultime non vi sia affatto "garanzia".
Ciò di cui dobbiamo "accontentarci", per così dire, è di sapere non tanto l'esatto "dove",
ma il "più o meno" del dove la verità si trovi...
saluti

Beh, le eclissi di sole le prevediamo al decimo di secondo e i satelliti li mandiamo ad esplorare i corpi celesti con precisione millimetrica (salvo, banalmente, sempre possibili errori, ovviamente).

Invece lo scoppio di una rivoluzione lo possiamo solo "considerare più o meno probabile" (e sperare, per quel che personalmente mi riguarda) in lassi di tempo e intervalli di spazio molto incerti, e nulla ci garantisce circa gli esiti delle nostre azioni in proposito: "On s'engage et puis... on voit" (Napoleone, ripetuto da Lenin).

Mi sembra che ci sia una bella differenza!
#1688
Citazione di: Kobayashi il 02 Settembre 2018, 10:16:50 AM
Io distinguerei la pratica istituzionale della psichiatria (che finisce spesso per essere strumento di una politica di normalizzazione) al sapere psicoanalitico.
Non vedo perché quest'ultimo vada rigettato in toto. Perché le sue basi epistemologiche sono ovviamente differenti da quelle delle scienze della natura?
In realtà credo che il dibattito sull'epistemologia delle discipline psicologiche sia portato avanti sopratutto dai professionisti di quel settore interessati a dimostrarne in qualche modo l'efficacia (per ottenere più fondi per la ricerca, più potere nell'Accademia, più clienti privati etc.).

Semplicemente le idee di Freud e Lacan non sono ne' imprescindibili, ne' assimilabili al prodotto di ciarlatani, ma, se si vuole, sfruttabili con un certo profitto, a seconda del percorso filosofico che si sta facendo (quindi in quest'ottica li si usa esattamente come si farebbe con le idee di Leopardi: seguendole e tradendole quanto serve per i propri obiettivi filosofici – che vanno intesi come obiettivi per la propria vita, obiettivi seri, concreti).

L'osservazione di Ox. sull'ossessione della scientificità e su come questa determini dei forti vincoli alla propria libertà di pensiero è molto acuta.

Anche in risposta all' ultimo intervento di Oxdeadbeef)

Questione di "punti di vista" o di differenti opinioni (che servirebbero decine di pagine per illustrare e argomentare decentemente): per me sono ciarlatani al 100% e i rari effetti benefici che ottengono (a fronte di innumerevoli casi di non miglioramento o addirittura di peggioramento delle patologie che "curano") sono tutti casi di effetto di placebo.

Peraltro so di moltissimi psicoanalisti che lucrano abbondantemente sulla pelle di persone disagiate (e qualche molta malate) usando le idee di Freud e Lacan ("tradendole"? Ho per lo meno seri dubbi in proposito), ma di nessuno che faccia altrettanto con la idee del grandissimo Leopardi.
#1689
Citazione di: bobmax il 10 Agosto 2018, 13:26:46 PM
Citazione di: Eutidemo il 10 Agosto 2018, 07:59:52 AM
siamo impotenti nel prevedere ciò che sarà, solo sulla base di ciò che riteniamo possibile che accada; solo se e quando accade (è), veniamo a sapere che era possibile.

Tuttavia, può esservi un evento che potrebbe effettivamente accadere, ma non accade?
Ossia il passato avrebbe potuto essere diverso?

Secondo me, questa ipotesi necessita del Caso operante effettivamente nel nostro mondo. Saremmo perciò in balìa del Caos.

Non resta pertanto che accettare, se vogliamo credere nel Bene, che tutto ciò che avviene "doveva" avvenire. Anche ciò che è male.

Il possibile coincide con il reale.
 
Citazione
Citazione di: bobmax il 10 Agosto 2018, 13:26:46 PMRisposta di Sgiombo:

Credo al contrario che il reale coincida col necessario.

Per il principio di non contraddizione (per le definizioni di essere, non essere, realtà, negazione, ecc.) ciò che é/accade non può non essere/non accadere (ovvero é/ accade necessariamente, é necessario nella sua realtà) e ciò che non é/non accade non può essere/accadere (ovvero non é/non accade necessariamente, é necessario nella sua irrealtà).

"Possibile" significa semplicemente "pensabile" correttamente, logicamente, non autocontraddittoriamente, non insensatamente: é pensabile correttamente che dei due tennisti vinca il primo, che vinca il secondo (in alternativa), che la partita sia sospesa o annullata (in ulteriori alternative); ma  nella realtà o realmente vince il primo e allora non é possibile che realmente vinca il secondo o che sia annullata (che il primo tennista perda comunque), oppure il primo non vince (per vittoria del secondo oppure sospensione oppure annullamento della partita) e allora 
non é possibile che egli realmente vinca; e lo stesso dicasi degli altri casi considerati.

Corollario: é per questo che non ha senso porsi domande "leibniziane" sul "perché", il "senso" o la "ragione" di ciò che esiste/accade: che ciò che esiste/accade non esista/non accada ma invece esista accada qualcos' altro (compreso il nulla) é bensì pensabile (correttamente, logicamente, non autocontraddittoriamente, sensatamente), ma non é affatto realmente possibile, ed é semplicemente per questo motivo che esiste/accade ciò che esiste/accade e non altro, senza (sensato bisogno di) alcun altra spiegazione o ragione che i significati (stabiliti convenzionalmente per definizione) di "essere", "accadere", negazione".
E' solo nell' ambito del pensiero (del "pensabile", e non del reale, non nella realtà) che ci si può porre la questione del "perché", dalla "ragione" di ciò che é/accade (= é pensato-pensabile correttamente essere/accadere, e non: realmente é/accade) e di ciò che non é/non accade (= é pensato-pensabile correttamente non essere/non accadere, e non: realmente non é/non accade).

In caso di determinismo: nell' ignoranza almeno parziale (nella non sufficientemente completa precisa conoscenza) delle regole o leggi universali e costanti -astratte- del divenire e delle circostanze  in un istante dato (spesso dette "iniziali") si possono pensare correttamente (ma non: possono realmente accadere!) più diverse alternative ("possibili" = pensabili correttamente, sensatamente), anche se necessariamente ne accade una sola; invece nella (in coesistenza con la) conoscenza sufficientemente completa e precisa delle regole o leggi universali e costanti -astratte- del divenire e delle circostanze  in un istante dato nemmeno si possono pensare correttamente più diverse alternative  ("possibili" = pensabili correttamente, sensatamente), ma se ne deve necessariamente (anche solo) pensare una sola.

Ancora una volta:

La questione filosofica (ontologica) "fondamentalissima" é quella della distinzione fra (dell la necessità di non confondere) ciò che realmente é/accade o meno (che sia pure pensato essere/accadere o meno) e ciò che é pensato essere/accadere o meno (che pure realmente sia/accada o meno).
#1690
Citazione di: Phil il 12 Agosto 2018, 21:29:11 PM

Citazione di: bobmax il 10 Agosto 2018, 13:26:46 PM
Tuttavia, può esservi un evento che potrebbe effettivamente accadere, ma non accade? Ossia il passato avrebbe potuto essere diverso?
Il determinismo (senza voler dirottare troppo il discorso) che conosce solo causa/effetto, mal si coniuga con bene/male: se ciò che è stato non poteva non essere, e ciò che accade non può non accadere in altro modo, allora ogni "mister x" ha fatto semplicemente ciò che era destinato a fare (sia egli filantropo o criminale), giudicarlo bene o male è solo un questione di contingente etichetta morale, ma se davvero non gli era possibile fare altro, "il Bene non è un bene e il Male non è un male" poiché "tutto è solo come può essere".
CitazioneObiezione di Sgiombo:

Dissento.
Il fatto che "se ciò che è stato non poteva non essere, e ciò che accade non può non accadere in altro modo, allora ogni "mister x" ha fatto semplicemente ciò che era destinato a fare (sia egli filantropo o criminale)" non implica affatto che "il Bene non è un bene e il Male non è un male" poiché "tutto è solo come può essere".
Anzi, é proprio perché l' agente (ogni "mister-x", sia egli filantropo o criminale) ha agito come ha agito deterministicamente per il fatto di essere buono oppure cattivo a seconda dei casi (e non a casaccio, non del tutto fortuitamente) che egli può essere ritenuto buono oppure cattivo, filantropo oppure criminale.





Citazione di: bobmax il 10 Agosto 2018, 13:26:46 PM
Non resta pertanto che accettare, se vogliamo credere nel Bene, che tutto ciò che avviene "doveva" avvenire. Anche ciò che è male.
Che d'inverno le foglie cadano, è un bene o un male? Questione di prospettiva relativa e soggettiva (come il voler credere nel Bene  ;) ), ma Bene e Male con la maiuscola, mi sembrano inconciliabili con una prospettiva deterministica, poiché tutto funziona e scorre nell'unico modo possibile e non c'è ulteriore possibilità (ovvero, non faccio né bene o né male a nessuno, faccio solo ciò che posso fare, e ciò che "posso" essendo deterministicamente e univocamente causato, coincide meccanicisticamente con ciò che "non posso non fare"...).
CitazioneObiezione di Sgiombo: 

Proprio per l' appunto "perché tutto funziona e scorre nell'unico modo possibile e non c'è ulteriore possibilità" faccio il bene se sono buono e perché sono buono, oppure il male se sono malvagio e perché sono malvagio: altrimenti farei ciò che faccio per puro caso e non per le mie qualità morali più o meno buone e malvagie, che non esisterebbero, esistendo casomai solo la mia maggiore o minore fortuna o sfortuna.


#1691
X Socrate78:

Credo che la storia non proceda linearmente e ininterrottamente in una sorta di "marcia trionfale" di progresso ma conosca anche fasi di stagnazione, di regresso, di decadenza, di restaurazione di già momentaneamente superate condizioni di ingiustizia, privilegio, miseria popolare, barbarie: a parte il caso "grossissimo" e oltremodo prolungato del medio evo, ricordo la Restaurazione propriamente detta, con un termine universalmente accettato dagli storici e dalle cultura generale, (che personalmente chiamo la "Restaurazione.1") succeduta a Waterloo e al congresso di Vienna, col ritorno delle dinastie regnanti in tutta Europa e di "buona" -si fa per dire!"- parte delle istituzioni e delle iniquità dell' ancien régime.
Secondo me oggi, dopo l' abbattimento del da me mai abbastanza rimpianto "muretto" di Berlino (muretto molto piccolo e poco pericoloso in confronto alle tantissime enormi e munitissime barriere, compresa quella "immateriale" ma non meno micidiale nel Canale di Sicilia che ha già causato decine di migliaia di morti per annegamento), ci troviamo -purtroppo per noi!- a vivere in una del tutto analoga fase storica, quella che personalmente chiamo appunto la "Restaurazione.2".
Per limitare molto l' elenco delle catastrofi in atto ricorderò: la distruzione delle conquiste di civiltà del cosiddetto "stato sciale" in occidente (diritto alle cure sanitarie, alla pensione, alle ferie pagate, a un ragionevole orario di lavoro, nemmeno -oggi-, per chi ha la "fortuna" di averlo non selvaggiamente precario, diritto all' istruzione e alla possibilità di ottenere una preparazione e un lavoro adeguato alle proprie capacità e inclinazioni) e il selvaggio, barbarico peggioramento delle condizioni di vita allora in molti casi per lo meno decenti e umane e in via di sostanziale ulteriore miglioramento, per quanto in un processo spesso difficile e non privo di limiti anche gravi e di contraddizioni, per grandissime popolazioni delle ex colonie, i paesi detti allora per l' appunto "in via di sviluppo" (un po' ottimisticamente in assoluto, del tutto realisticamente e giustissimamamente in confronto alle loro condizioni attuali). Per non parlare delle disastrose condizioni delle popolazioni dei paesi del fu "socialismo reale", dal quale fuggivano presso di noi (accolte a braccia parte da quegli stessi che ora vorrebbero respingere nell' inferno che hanno loro creato, se non addirittura farli annegare nel Mediterraneo gli Africani e Asiatici che tentano di emigrare per fame e guerre imperialistiche occidentali) poche decine all' anno di laureati -a spese dello Stato- in medicina, ingegneria, ecc. e campioni sportivi -pure diventati tali grazie al' assistenza dello Stato- "alla ricerca della libertà" (di arricchirsi sproporzionatamente ai danni dei connazionali, N. d. R), oppure, per lo stesso "nobile scopo", mediocri scribacchini o imbrattatele, che immediatamente diventavano da noi grandissimi, geniali "artisti" e "letterati": la candidatura -per lo meno!- al premio Nobel per la letteratura era loro assicurata " di default"); oggi invece ne emigrano migliaia di onesti lavoratori, magari laureati, per cercare di sfuggire alla miseria e potere sopravvivere facendo le badanti o i muratori, e magari finendo per fare le puttane o i "manovali della mafia".



X Oxdeadbeef:

Sono sostanzialmente d' accordo.

Secondo me lo scientismo (che é una forma di irrazionalismo antiscientifico!) é una delle principali caratteristiche sovrastrutturali (in senso marxiano) e delle falsità ideologiche oggi largamente in voga al servizio delle classi dominanti nella Restaurazione.2 (paragonabile alla superstizione religiosa -peraltro nemmeno oggi in disuso, anche se inevitabilmente un po' "ridimensionata nella sua portata"- nella Restaurazione.1).

E una delle più eclatanti caratteristiche dell' irrazionalismo in generale e di quello scientistico in particolare é la mancanza di "senso del limite": l' uomo sarebbe di per sé immortale -sic!- se non fosse per colpe di qualcuno che ne provoca "artificialmente", "innaturalmente" la morte (medici -ma non psichiatri e men che meno psicologi, anche se hanno in "cura" pazzi che ammazzano ferocemente gente malgrado le loro pretese "cure"!- che sbagliano diagnosi e terapie "causando colpevolmente" il decesso di ultranovantenni diabetici e ipertesi e affetti da cancro e immunodepressi al terzo infarto, meteorologi che hanno "clamorosamente sbagliato di qualche ora o di qualche chilometro o di qualche mm" la previsione di un violento temprale, ecc.).

Prima eravamo più liberi perché avevamo almeno l' elementare elemento di buon senso costituito dalla consapevolezza che non siamo onnipotenti e immortali.
#1692
Citazione di: Apeiron il 01 Agosto 2018, 23:38:09 PM
Rispondo a @sgiombo,

CitazioneLa conoscenza, sia di senso comune che scientifica (fra le quali ritengo esista una differenza meramente "quantitativa" o "di grado") é sempre e comunque inevitabilmente conoscenza di fenomeni, mai di cose in sé. Questa conoscenza (fondata anche su presupposti arbitrari, degni di dubbio in linea teorica o di principio che ne sono conditiones sine qua  non; per lo meno di quella scientifica) tende di fatto (salvo controtendenze) a progredire, a farsi più completa, più esatta, meno "inquinata da credenze false", avvicinandosi per così dire "asintoticamente" a un ideale di conoscenza completa, assolutamente precisa, del tutto "monda da convinzioni errate e false" del mondo fenomenico (anzi, a rigore, solo della sua componente o "parte" materiale per quanto riguarda la conoscenza scientifica) per come é e diviene.
Ma non invece ad alcuna pur limitata conoscenza della realtà in sé o noumeno, che é diversa cosa dalla realtà fenomenica (materiale; intesa) nella sua completezza (conoscibile): passando da Newton ad Einstein e alla M Q ci siamo progressivamente avvicinati a una (ideale) conoscenza completa, esatta, scevra da errori e falsità del mondo fenomenico materiale (cui abbiamo accesso cosciente); la quale però é tutt' altro che una conoscenza delle cose in sé (se ci sono) reali indipendentemente dalla realtà delle sensazioni fenomeniche (delle quali l' "esse est percipi"): ma nella conoscenza delle cose in sé non siamo avanzati di un millimetro, a loro sua ipotetica conoscenza "perfetta" non si siamo per niente avvicinati.

Il punto è che il "noumeno" non è né uguale né diverso dal fenomeno. Perchè? Il fenomeno è "la realtà vista da noi", il noumeno è "la-realtà-così-come-è". Nota che il noumeno non è un'altra realtà rispetto i fenomeni. Per certi versi, il noumeno è il fenomeno ben compreso. Il problema di non ammettere la parziale conoscibilità del fenomeno è che non si spiega perchè (1) i fenomeni presentano regolarità (2) vi è una presenza di fenomeni e menti.

Come dicevo in risposta a @sgiombo, nemmeno io le considero separate ed indipendenti. In realtà, il fenomeno è il noumeno. Se così non fosse, cadremmo nel paradosso del "realismo indiretto" sostenuto da Cartesio, Spinoza, Locke ecc, ovvero che noi non abbiamo conoscenza delle cose esterne ma di "idee" presenti nella nostra mente nate dal contatto con "qualcosa di esterno". No, quello che sto dicendo io è che, in realtà, noi effettivamente vediamo le "cose esterne" ma è il modo in cui le vediamo che dipende dalla struttura della nostra mente. Se non si tiene conto di ciò, si sbaglia secondo me.

CitazionePer definizione, e secondo logica (onde evitare di cadere in una patente contraddizione), "realtà vista da noi (= i fenomeni, le apparenze sensibili nell' ambito della "nostra coscienza)" =/= "realtà-in-sè (= il "noumeno" = la realtà quale é realmente anche allorché -se e quando- non appare alla nostra coscienza = allorché non é vista da noi").
Ovvero il noumeno un' altra, diversa realtà rispetto ai fenomeni (anche rispetto ai "fenomeni più o meno ben compresi"; rispetto ai fenomeni comunque siano compresi, più o meno bene).

Che i fenomeni (ma solo quelli materiali, non quelli materiali, altrettanto reali anche se non postulabili - indimostrabilmente- essere intersoggettivi!) presentano regolarità non é spiegabile in alcun modo (razionalmente, cioé senza ricorrere a Dio o altri indimostrabili enti "soprannaturali"), anche se se ne ammette la (ovviamente) parziale conoscibilità; e nemmeno é dimostrabile, come ci ha insegnato David Hume, pur essendo una conditio sine qua non della conoscibilità scientifica (per l' appunto dei soli materiali fra i fenomeni).

Idem per l' esistenza reale della totalità di ciò che (materiale e mentale, comunque fenomenico; ed eventualmente anche in sé) realmente esiste (che peraltro non ha senso pretendere di "spiegane" in quanto si spiegano -eventualmente- attraverso -eventuali- regolarità della realtà in toto "casi particolari" di essa, e non certamente la realtà in toto, oltre la quale, per definizione, null' altro esiste, nell' ambito delle regolarità del quale possa essere spiegata.

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Non vedo nessun "paradosso del realismo indiretto":

Fino a prova contraria di ciò che vediamo (e sentiamo in generale; ivi comprese le sensazioni mentali o di pensiero, la cartesiana res cogitans), l' "esse est percipi": ciò che vediamo (e in generale sentiamo) é costituito solo ed unicamente, nella sua totale, completa "integralità", da sensazioni o apparenze (coscienti: fenomeni") "interne alla (facenti parte della) nostra coscienza e da nient' altro.

Se qualcosa di esterno alla nostra coscienza esiste (come credo, indimostrabilmente) per definizione é altra diversa cosa dalle sensazioni fenomeniche (materiali e mentali) che la nostra coscienza costituiscono, che della nostra coscienza fanno parte; é qualcosa che é reale anche indipendentemente dalla (eventuale) realtà dei fenomeni, anche allorché i fenomeni non sono reali; e dunque, onde non cadere un una plateale contraddizione, qualcosa di altro, di diverso da essi, ché altrimenti sarebbe qualcosa di reale anche se e quando non é reale!
Qualcosa di non sensibile (non apparente: dal greco e a là Kant "fenomeno") ma solo congetturabile: 
dal greco e a là Kant "noumeno".

La nostra mente (fenomeni "cogitantes") pensa e ragiona (e conosce) sui fenomeni esterni (materiali, "extensi"); ma i modi in cui  vediamo le cose esterne (i fenomeni materiali) non  dipendono affatto dalla nostra mente (dai nostri fenomeni "cogitantes"), la quale é costituita pure, allo stesso modo, da fenomeni coscienti.
Casomai dalla (struttura -fenomenica- della) nostra mente dipende (dipendono i fenomeni interni o di pensiero costituenti) la conoscenza dei fenomeni esterni.








#1694
Concordo che la psichiatria e (ancor meno) la psicologia non sono scienza.

E credo non potranno mai diventare scienze "in senso stretto" o "proprio" ovvero "scienze naturali" per il semplice fatto che la mente, di cui si occupano, non presenta due delle ineludibili conditiones sine qua non proprie delle scienza naturali stesse: intersoggettività (indimostrabile essere vera né essere falsa; credibile solo "per fede", letteralmente, cioé senza alcun fondamento razionale nel caso dei fenomeni materiali) e misurabilità ovvero quantificabilità attraverso rapporti matematici, espressi da numeri, dei fenomeni che studiano (la terza essendo il divenire ordinato secondo leggi universali e costanti, anch' esso indimostrabile essere vero né essere falso, ma credibile solo "per fede", letteralmente, cioé senza alcun fondamento razionale).

Ma anche come "scienze umane" sono ben al di qua di qualsiasi decente fondazione epistemologica: stanno ad un' ipotetica autentica una scienza umana della mente come l' alchimia stava alla chimica.

Con tutto ciò contrasta apparentemente (poiché a ben guardare che questo accada in una società in profonda decadenza e regresso storico* come l' attuale, per lo meno in Occidente, é quanto di più ovvio e scontato) lo strapotere della lobby di psichiatri, psicoanalisti e ciarlatani affini.

Ormai, dopo decenni che i giornalisti l' hanno puntualmente propalato come un fatto ovvio, é diventato un luogo comune quasi universalmente accettato il fatto che dopo ogni grave catastrofe naturale (terremoti, inondazioni, incendi, ecc.) o comunque dopo ogni evento tragico anche non naturale (per esempio stragi terroristiche o crolli di geniali e "innovativi" ponti in cemento armato dopo cinquant' anni dalle rispettive inaugurazioni) i superstiti debbano essere assistiti da equipes (anzi, poiché panzane e luoghi comuni idioti suonano sempre meglio in inglese-amerikano, da teams) di psicologi.
Come se subire disgrazie, lutti, eventi penosi e dolorosi che nella vita di chiunque del tutto "fisiologicamente" possono sempre capitare fosse qualcosa di "patologico", bisognoso di adeguate "terapie"!
Come se ogni persona (per lo meno adulta e matura; ai bimbi provvedendo normalmente genitori, parenti e altri  "prossimi" adulti) non affetta da patologie psichiatriche non dovesse essere in grado di affrontare siffatte gravi esperienze dolorose e "disgrazie" (come si é sempre detto, senza assolutamente pensare che richiedessero l' intervento di psicologi) con la propria personalità, cultura e forza d' animo e con l' aiuto disinteressato e non pagato, non svolto come incombenza o dovere professionale (sic!) di amici, parenti, colleghi di lavoro, conoscenti a vario titolo, ecc., al limite sconosciuti "buoni samaritani" occasionalmente incontrati, ma invece in simili tragici e luttuosi eventi si dovesse sprofondare in una sorta di "stato patologico"!
Senza contare che per me pretendere di essere consolato di un evento luttuoso da parte doi "professionisti della consolazione" pagati per farlo (sia pure dal SSN) sarebbe come farneticare la possibilità di ottenere l' amore pagando una puttana.
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* Assai bene si addicono anche al' attuale Restaurazione.2 le parole dal grande Leopardi (La ginestra)rivolte ai tempi suoi, quelli della Restaurazione.1:

"Dipinte in queste rive
son dell'umana gente
le magnifiche sorti e progressive.

Qui mira e qui ti specchia,
secol superbo e sciocco,
che il calle insino allora
dal risorto pensier segnato innanti
abbandonasti, e volti addietro i passi,
del ritornar ti vanti,
e procedere il chiami".
#1695
Citazione di: Apeiron il 28 Luglio 2018, 11:32:24 AM

Come ho detto (1) come Kant accetto le verità universali del mondo fenomenico (ad esempio che la Terra non è piatta oppure che la relatività di Einstein spiega meglio le cose della teoria Newtoniana) (2) tali verità, però, si basano sullo studio dell'oggetto così come è per il soggetto (ovvero per la mente che conosce) e dunque bisogna tener conto anche del soggetto (ripeto, la differenza tra questa congettura e il relativismo è che, per il relativismo, dovremmo rinunciare a parlare di verità condivise cosa che, personalmente, ritengo molto erronea) (3) visto che c'è per così dire il contributo del soggetto, non vediamo la "realtà-così-come-è", ovvero in modo indipendente da come noi stessi rappresentiamo il mondo fenomenico
Citazione
Fin qui (per quel che potesse interessare la mia opinione) concordo in pieno.


(4) a differenza di Kant, però, non ritengo che la "realtà-così-come-è" sia completamente inaccessibile a noi e anzi ritengo che lo studio dei fenomeni ci fornisce una sorta di "approssimazione" della "realtà-così-come-è" (conoscibile da una mente inerrante, ovvero, che "vede le cose per quelle che sono". Ovviamente, l'esistenza di tale mente è una congettura). Il fondamento della vertità è proprio dato dalla "realtà-così-come-è" (cosa che è visibile da quella ipotetica mente). Se, ad esempio, notiamo che la relatività funziona meglio della meccanica newtoniana è ragionevole concludere che la relatività ci riesce a dare qualche informazione anche sulla "realtà-così-come-è" (e quindi sulla verità ultima, la conoscenza della mente inerrante).  
Citazione
A questo proposito concordo invece con Kant.

Secondo me se c' é una realtà in sé o noumeno (come credo arbitrariamente essendo indimostrabile logicamente a priori e non provabile empiricamente a posteriori), reale anche allorché, se e quando non accadono realmente fenomeni coscienti, allora tutta la conoscenza che possiamo avere di questa é limitata alla sua (eventuale) esistenza ed alla sua (eventuale) corrispondenza biunivoca con la realtà fenomenica (e il divenire di essa): altro non possiamo (eventualmente) saperne, al contrario della realtà fenomenica che ci appare alla coscienza, e di cui dunque possiamo dare descrizioni più o meno accurate e vere.

La conoscenza, sia di senso comune che scientifica (fra le quali ritengo esista una differenza meramente "quantitativa" o "di grado") é sempre e comunque inevitabilmente conoscenza di fenomeni, mai di cose in sé. Questa conoscenza (fondata anche su presupposti arbitrari, degni di dubbio in linea teorica o di principio che ne sono conditiones sine qua  non; per lo meno di quella scientifica) tende di fatto (salvo controtendenze) a progredire, a farsi più completa, più esatta, meno "inquinata da credenze false", avvicinandosi per così dire "asintoticamente" a un ideale di conoscenza completa, assolutamente precisa, del tutto "monda da convinzioni errate e false" del mondo fenomenico (anzi, a rigore, solo della sua componente o "parte" materiale per quanto riguarda la conoscenza scientifica) per come é e diviene.
Ma non invece ad alcuna pur limitata conoscenza della realtà in sé o noumeno, che é diversa cosa dalla realtà fenomenica (materiale; intesa) nella sua completezza (conoscibile): passando da Newton ad Einstein e alla M Q ci siamo progressivamente avvicinati a una (ideale) conoscenza completa, esatta, scevra da errori e falsità del mondo fenomenico materiale (cui abbiamo accesso cosciente); la quale però é tutt' altro che una conoscenza delle cose in sé (se ci sono) reali indipendentemente dalla realtà delle sensazioni fenomeniche (delle quali l' "esse est percipi"): ma nella conoscenza delle cose in sé non siamo avanzati di un millimetro, a loro sua ipotetica conoscenza "perfetta" non si siamo per niente avvicinati.



P.S.: Sto per partire per le vacanze, allorché, come al solito, sarò scollegato da Internet.
Spero di riuscire a proseguire questa interessante discussione, eventualmente in Settembre (e mi scuso anticipatamente per l' eventuale ritardo delle mie risposte).