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Messaggi - Phil

#1696
Citazione di: Carlo Pierini il 14 Luglio 2018, 14:01:15 PM
Non fare l'ingenuo. Non alludevo a te nella metafora dell'amante. Tu eri il marito; ...e a cosa associavo l'amante?  :)
Sarei stato il marito se avessi affermato che le due situazioni erano sullo stesso piano, ma avendo affermato sin dall'inizio il contrario, mi è sembrato piuttosto che fossi tu il marito che cercava un amante "debole" (ovvero, fuor di metafora, qualcuno a cui rimproverare la sua superficialità interpretativa; invece, almeno per stavolta...).
Ovviamente era uno scherzare sulla tua svista (e anch'io ne faccio, ne ho giusto confessata una clamorosa qualche post sopra  :) ), non intendevo certo sminuire la serietà delle tue esperienze e delle tue ricerche.

Citazione di: Carlo Pierini il 14 Luglio 2018, 14:01:15 PM
"La moglie di uno dei miei pazienti, il quale aveva ormai passato i cinquant'anni, mi raccontò una volta, tanto per discorrere, che alla morte di sua madre e della nonna s'era radunato davanti alle finestre della stanza delle due moribonde un gran numero di uccelli.  È un racconto che avevo già sentito fare più di una volta da altre persone. La cura a cui s'era sottoposto il marito stava per concludersi, poiché la sua nevrosi era stata eliminata, quando vennero alla luce sintomi inizialmente lievi che attribuii a una malattia di cuore incipiente.  Lo mandai da uno specialista che però, a un primo esame (come mi comunicò per iscritto) non era riuscito a individuare niente di preoccupante. Tornando a casa da questa consultazione (col referto medico in tasca), il mio paziente stramazzò improvvisamente al suolo.  Quando fu portato a casa morente, sua moglie era già inquieta e angosciata perché, subito dopo che il marito s'era recato dal medico, un intero stormo d'uccelli s'era posato sulla sua casa. Naturalmente le erano tornati immediatamente alla memoria gli eventi analoghi che s'erano verificati alla morte delle sue parenti, e temeva il peggio. (...)
Se si riflette che già nell'Ade dei babilonesi le anime portano un "abito di piume", e che nell'antico Egitto il ba, l'anima, è immaginato in forma di uccello, non siamo troppo lontani dall'ipotesi di un simbolismo archetipico (secondo Omero, le anime dei morti "cinguettano")". [JUNG: La sincronicità - pp. 35-36]
Interessante... fammi fare l'avvocato del diavolo :) : possiamo escludere con certezza che sia la mamma, che la nonna, che il marito siano morti (o quasi, per il marito) in una stagione in cui gli uccelli migrano e passano da quelle parti?
Chiaramente, non voglio fare lo Sherlock Holmes e risolvere il caso  ;D  anche perché, se fosse solo una coincidenza (costituita da tre episodi, ovvero il nesso morte-uccelli è la coincidenza, la casistica è a quota tre), non ci sarebbe nulla da risolvere.

Ad esempio, restando in tema di uccelli (coincidenza!), ogni anno c'è un periodo in cui uno stormo di grossi volatili (non conosco la specie, non sono enormi, ma nemmeno fringuellini... corvi?) si posano in un campo nei pressi del cimitero (vicino casa mia); il fenomeno dura tre o quattro giorni, al massimo una settimana (credo), e fa un certo effetto, la mattina presto, vedere questi uccelli immobili a terra, tutti uguali, quasi statue incastonate nel prato.
In quei giorni ci sarà sicuramente la ricorrenza della morte di qualche abitante del paese (suppongo) e chissà come interpreta lo strano fenomeno un familiare del defunto... salvo sia un esperto di uccelli e riesca a spiegare il fatto senza "evocare" racconti omerici e dèi egiziani (personalmente, preferisco l'interpretazione più esteticamente simbolica e mitologica, ma non m'aspetto che l'ornitologo concordi ;) ).
#1697
Citazione di: Carlo Pierini il 13 Luglio 2018, 20:46:15 PM
Beh, se metti la mia esperienza sullo stesso piano della tua mosca, ...è tutto chiaro come il sole!  ...Hai un bel fiuto...!   ;)
Non le metto sullo stesso piano, come ho già scritto:
Citazione di: Phil il 13 Luglio 2018, 16:33:03 PM
Il caso che ho citato è banalmente sciocco, non è minimamente paragonabile alla profondità delle tue esperienze,
Quindi, no, non sono proprio l'amante che stai cercando  ;)
#1698
Citazione di: Carlo Pierini il 13 Luglio 2018, 15:47:09 PM
PHILL
Più che breve, perdonami, direi forzato: l'energia non ha saggezza (produce affetti, nel momento in cui racconta e spiega, non è più solo energia);

CARLO
Se si parla di "spiriti" non si può parlare solo di "affetti",
Chiedo scusa per il lapsus, intendevo "effetti" non "affetti"! Non sono così romantico  ;D


Citazione di: Carlo Pierini il 13 Luglio 2018, 15:47:09 PM
E' evidente che non hai letto i "resoconti", altrimenti avresti notato la presenza di elementi cruciali di oggettività.
Non ho letto tutti i link, solo il primo (che già ricordavo dall'anno scorso) e il terzo, eppure nei racconti non ho trovato un senso oggettivo e verificabile (cecità mia?), semmai coincidenze (senza voler sminuire il senso che gli hai attribuito), e una coincidenza va sempre interpretata soggettivamente, il suo senso non è pacificamente oggettivo (eventualmente è oggettiva la coincidenza come evento, non il suo senso). Che nelle visioni ricorrano archetipi dimostra solo che tali archetipi... sono davvero tali, ma passare da "forme e strutture mentali o cognitive, innate o quasi" all'effettiva evidenza dell'esistenza di dio (o altro), è un salto interpretativo, come dicevo, piuttosto alienato dall'esperienza oggettiva e dalla logica (per quanto resti percorribile con altri "canali").

Ti faccio un esempio: molti anni fa, mentre leggevo una breve poesia che parlava di una mosca, una mosca si posò sul libro. Questi sono i fatti oggettivi (se ci si fida di ciò che dico) e si tratta oggettivamente di una coincidenza; nel momento in cui provo a dare un senso a questa singola coincidenza, allora entra in gioco la soggettività (la cultura, il contesto, etc.) e rischio, se mi faccio prendere la mano, di pensare che l'oggettività si estenda ai nessi che posso rintracciare (apofenia) o a come interpreto l'evento (che quella mosca sia il mio animale-totem, che in quel libro ci sia qualcosa di importante, che io sia la reincarnazione di quel poeta o altro).
Il caso che ho citato è banalmente sciocco, non è minimamente paragonabile alla profondità delle tue esperienze, eppure se avessi avviato ricerche su quella poesia e sulle mosche, magari avrei trovato nessi interessanti...

Ti auguro dunque di poter continuare con le tue ricerche e di avere altre esperienze significative, senza dare troppo peso allo scetticismo di chi, come me, è restio a questo tipo di interpretazioni, forse solo perché non le ha vissute  :)
#1699
Tornado in topic (mi scuso per la deviazione), la proposta esegetica di Altizer mi sembra una rivisitazione non escatologica dell'idea classica di "parusia", una visione storicistica, come egli stesso ammette, "piuttosto gioachimita che hegeliana", che soggioga ed esorcizza l'ateismo in una processualità storica teocentrica (che come al solito è applicabile solo alla comunità cristiana, il resto del mondo se la caverà diversamente...  ;D ).
Come dire: c'è stata la primavera (antichità), l'estate (medioevo), l'autunno (modernità), l'inverno (contemporaneità), e si aspetta il ritorno della primavera per nuovi sviluppi...
#1700
Citazione di: Carlo Pierini il 13 Luglio 2018, 00:25:32 AM
In linea generale, sì. Ma se questa <<energia che abita il mondo>> mostrasse una saggezza di gran lunga superiore a quella che ci si aspetta dall'anima di un defunto, il passo che ci separa dal considerarla come <<la presenza (o la discesa) dello Spirito Santo>> sarebbe veramente breve.
Più che breve, perdonami, direi forzato: l'energia non ha saggezza (produce affetti, nel momento in cui racconta e spiega, non è più solo energia); la saggezza non ha nessun legame necessario e oggettivo con ciò che sarebbe lo Spirito Santo, questo è un balzo logico culturale, un salto nella fede cristallizata (perché proprio lo Spirito Santo e non un buddha, una sefiroth o la voce di Zeus? A ciascuna tradizione la sua chiave di lettura!), alienato dall'esperienza diretta (non è un offesa  :) ).


Citazione di: Carlo Pierini il 13 Luglio 2018, 00:25:32 AM
Mah, ...io potrei dirti, anzi, ti dico, di aver avuto delle esperienze spirituali OGGETTIVAMENTE significative da convertirmi dall'ateismo al teismo. Sta a te dimostrare che non si tratta di esperienze autentiche, ma illusorie; e sta a me spiegarti perché le considero autentiche.
Ecco che ritorna il ruolo centrale del soggetto, dell'interpretazione e della "verità che è ciò che si dice" ;) : tu hai vissuto delle esperienze in prima persona, gli hai dato un senso e hai agito di conseguenza; purtroppo la loro oggettività non è dimostrabile, ma solo narrabile. Io, dall'esterno di tali esperienze, posso solo affermare che "per te è vero ciò che dici", e che la tua interpretazione si basa su un vissuto che io non ho avuto, quindi posso interpretarlo solo dal tuo racconto, ma non è certo possibile dimostrarti che quel tuo vissuto sia stato interpretato male, non avendolo io vissuto (per questo l'onere della prova spetta a chi afferma e non a chi nega).
Spiritualità va infatti spesso a braccetto con incomunicabilità, non in senso linguistico, ma con riferimento all'autenticità e alla profondità dei "contenuti" del vissuto.

Se qualcuno afferma che gli è apparso davanti Ganesh, oppure Maria, oppure interpreta un suo sogno come comunicazione di alieni o messaggio divino per scrivere un testo sacro, non mi resta che prendere atto della sua narrazione; idem se la visione non contiene divinità ma simboli (e allora non è più una questione di ateismo o teismo "oggettivi", poiché il simbolo, in quanto tale, rimanda ad un'interpretazione soggettiva, per quanto condivisa).
Tuttavia ciò non comporta automaticamente credere all'interpretazione che il "testimone" dà di quella esperienza e nemmeno che tale esperienza sia autentica, perché (Popper docet) il suo racconto, e quindi la sua interpretazione, non è falsificabile.

Non dico che le esperienze spirituali individuali siano tutte false, soltanto che non sono trasmissibili autenticamente, essendo solo raccontabili, con tutte le ripercussioni di diffidenza o fede/fiducia che ciò può comportare (così nascono le religioni, così nasce l'ateismo).
Se ti appare in sogno un defunto che ti dà cinque numeri del lotto e una "ruota" (si chiama così, no?) e il giorno dopo escono tutti, allora almeno abbiamo un'evidenza intersoggettiva su cui riflettere, tangibile... come i soldi da incassare  ;D
#1701
Citazione di: Carlo Pierini il 12 Luglio 2018, 22:52:00 PM
Rientrano nella categoria di atei TUTTI coloro che negano l'esistenza di qualunque divinità (che credano o no nell'esistenza degli spiriti, nella reincarnazione,
Hai citato l'etimologia di "agnostico", suppongo dunque tu conosca anche quella di "ateo;)
Concorderemo allora (chiedo per conferma) che la reincarnazione non presuppone necessariamente una divinità (quindi è compatibile con l'ateismo), così come, non a caso, ho parlato di "spiriti" citando lo scintoismo antico, in cui gli spiriti non sono i fantasmi dei defunti (a cui l'ateo potrebbe comunque credere, poiché non sono divinità), ma vengono intesi come "energia che abita il mondo" (diremmo oggi), al di là dei culti ingenui volgarizzati a cui furono associati.


Citazione di: Carlo Pierini il 12 Luglio 2018, 22:52:00 PM
Insomma, la ragione esige fondati motivi sia per affermare Dio che per negarlo.
En passant, solitamente l'"onere della prova" spetta a chi afferma l'esistenza, non a chi la nega (altrimenti è una fallacia; tuttavia l'argomento del topic è un altro, non divaghiamo).
#1702
Citazione di: viator il 12 Luglio 2018, 21:45:16 PM
la negazione dell'esistenza di qualcosa (es. Dio) non può in alcun modo risultare una verità, ma solo appunto la negazione di una verità altrui, quella di chi invece crede che Dio esista.
Ma come si fa a portare avanti una discussione logica introducendo presupposti illogici ?
Da un punto di vista argomentativo, affermare la verità di una negazione (di esistenza) non è uno scandalo logico: ad esempio, se dico che "è vero che Babbo Natale non esiste", faccio una affermazione di verità basata su una negazione, con una proposizione vera che non ha nulla di illogico.
O forse non ho bene inteso cosa volevi dire? Intendi la verità come qualcosa di esclusivamente materiale o percepibile, per cui la "verità logica" (come quella della suddetta frase) non è da considerarsi "verità"?


Citazione di: salvom77 il 12 Luglio 2018, 19:30:39 PM
Per l'ateo ciò che non è misurabile e non è quantificabile non esiste. Non esiste l'anima, non esiste lo spirito. I nostri impulsi e i nostri sentimenti in realtà sono frutto del funzionamento meccanico del nostro cervello. L'ateismo nega l'esistenza di esperienze spirituali e la scienza diventa l'unica discriminante per determinare ciò che esiste e ciò che non esiste. Proprio perché la scienza su Dio non ha nulla dire, per l'ateo è la prova che Dio non esiste. Se ti leggi gli scritti di grandi esponenti del pensiero ateo, ti accorgerai che è così.
Ricorderei che l'ateismo non è una religione né un culto  ;) : non ha testi dottrinali, né comandamenti, né è sinonimo "automatico" di materialismo, né ha una sua morale definita, o simili... l'ateismo è un coacervo di numerose prospettive, anche incompatibili, legate solo da un denominatore comune (il non credere a qualcosa; su ciò che si crede, si apre sontuoso il ventaglio delle differenze fra atei).
Un ateo potrebbe anche credere negli spiriti senza credere in dio (come lo shintoismo antico) o aderire ad altre forme di spiritualità anche "ufficiali" (Buddhismo zen docet). Praticamente un ateo può credere in tutto tranne nell'esistenza di un dio... e neanche, perché un ateo può coerentemente ammettere l'esistenza di "dio" come fenomeno culturale, come fattore storico, come concetto, parola o metafora.

Parlare degli atei tutti assieme, imbuca il discorso in un corto vicolo cieco (d'altronde, quanto a lungo possiamo parlare dei credenti tutti assieme, sorvolando sulle differenze di religione, culto e cultura? Diremmo che credono tutti in un'entità divina, ma, dopo questo assunto di base, dovremmo poi iniziare inevitabilmente a distinguerli...).
#1703
Citazione di: Carlo Pierini il 12 Luglio 2018, 17:40:45 PM
Non giochiamo con le parole: affermare che <<la vita è essenzialmente, appropriazione, violazione, sopruso, oppressione su ciò che è estraneo e più debole>> e che la morale è l'inganno di uomini deboli e ostili alla pienezza della vita, è una legittimazione della violenza. E "legittimazione" significa "istigazione" infinitamente più di quanto non significhi "biasimo".
Se ho letto bene, prendi una descrizione "la vita è violenza, oppressione... la morale difende i deboli, etc.", la elevi a legittimazione, e infine la fai scivolare verso la istigazione (visto che c'è un topic in merito, mi sembra tu commetta le fallacie: "uomo di paglia", "non sequitur" e "pendio sdrucciolevole").
Un po' come passare da "quel leone sta sbranando un cucciolo inerme di gazzella" a "è un diritto(!) di quel leone sbranare quel cucciolo, è giusto così" a "forza leone, fai a pezzi quell'insignificante cucciolo indifeso!".
Siamo sicuri che la prima frase implichi le altre o stiamo giocando davvero un po' troppo con le parole?  ;)

Citazione di: Carlo Pierini il 12 Luglio 2018, 17:40:45 PM
...E quale sarebbe la versione non-cabarettistica del relativismo?[/size]
Non voglio dirottare questo topic sul relativismo, ma puoi trovare molte discussioni in merito già sviluppate ("cabarettismo" incluso) in altri topic; ecco i link:
https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/relativo-assoluto-totalita'/
https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/il-relativismo-e-una-tesi-contraddittoria/
https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/relativismo-assoluto/
https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/relativismoassolutismo/

ce n'è persino uno aperto da te:
https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/un-filosofo-che-predica-il-relativismo/

Per quanto riguarda la mia opinione personale, per quello che conta (come già ti spiegai, propongo interpretazioni, non verità!), se ti riferisci alla solita (presunta) contraddittoria autoreferenza, ovvero quella dello (pseudo)relativista che affermerebbe "tutto è relativo... tranne ciò che io dico!" (motto, mi concederai, palesemente da "superuomo" o da profeta o da assolutista, piuttosto che da relativista autentico) ne ho discusso recentemente con Oxdeadbeef in questa pagina:
https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/la-verita-e-cio-che-si-dice/msg21819/#msg21819
#1704
@Eutidemo

Le fallacie appartengono al (dis)ordine logico, nella fattispecie argomentativo, per cui in alcuni campi d'azione, in cui l'argomentazione non è l'aspetto più importante, risultano persino funzionali.
Come osservi, in democrazia è inevitabile che l'opinione della maggioranza sia rilevante, più di quanto possa esserlo una scelta saggia o ben argomentata. Parimenti, quando vado dal medico commetto sistematicamente la fallacia "ad auctoritatem", fidandomi ciecamente dei suoi consigli solo per il camice che indossa, senza nemmeno chiedergli di "argomentare" (che non è esattamente "spiegare"). Oppure quando un agente della municipale mi intima di rispettare i limiti, altrimenti la prossima volta scatta la multa, non gli rimprovererò certo la fallacia "ad baculum" e gli darò ragione pur in assenza di argomentazioni esplicite.

Con ciò non voglio sminuire il ruolo preziosissimo della capacità di individuare fallacie e "cognitive bias" (capacità che può essere addestrata anche frequentando un forum ;) ), ma soltanto ricordare la loro appartenenza ad un campo d'applicazione che, per quanto trasversale, talvolta risulta secondario.
#1705
Concordo con paul11 nell'affermare che tematizzare la volontà di potenza non significa istigare alla violenza, così come constatare il relativismo morale non significa proporre (né auspicarsi) l'abbandono di ogni morale (come ricorda Kobayashi), né implica affatto che "una scelta etica vale l'altra" (come vorrebbe la versione cabarettistica del relativismo), così come "distruzione" non è uguale a "decostruzione", etc. si tratta di cogliere differenze fondamentali e ammetto non sia sempre facile, specialmente nel caso di Nietzsche, il cui impeto retorico è contagioso per il lettore al punto da spingere sempre ad amarlo oppure odiarlo... difficilmente a comprenderlo (e a considerarne il contesto storico), soprattutto nella sua poetica (metafore, intuizioni e argomentazione logica rapsodica).
#1706
@sgiombo
Adesso ho capito meglio le differenze fra i nostri "vocabolari".
Su alcune questioni ("esse est percipi", il cervello, il senso della scienza) abbiamo altre differenze (non solo di vocabolario), ma preferisco non approfondirle qui (di qualcosa abbiamo già discusso in passato).
#1707
Citazione di: sgiombo il 10 Luglio 2018, 11:03:12 AM
Anche qualora ci ponessimo ad osservare una certa scena esattamente dallo stesso luogo a brevissima distanza di tempo nella quale assumiamo nulla sia cambiato nella scena stessa, non avrebbe comunque senso dire che le nostre sensazioni siano uguali o diverse (per esempio potrebbe aversi un "inversione cromatica" fra le mie e le tue), ma solo che sono biunivocamente corrispondenti (e dunque descrivibili con le stesse parole; anche se per esempio io chiamassi "rosso" quello che tu chiami "blu" e viceversa: dell' eventuale differenza -o meno- non potremmo in alcun modo accorgerci).
Certo, come è possibile che siamo solo una farfalla che sta sognando di essere un uomo (come dice Chuang Tzu) oppure siamo cervelli in vasca (Putnam, se non erro) o altro... tuttavia credo, per comodità e serenità, ci convenga, come "ipotesi di lavoro" (non certezza dogmatica assoluta), supporre che il mio rosso sia molto affine al tuo e non ci siano inversioni cromatiche fra i nostri apparati percettivi. Il senso di questo assunto intersoggettivo è che altrimenti la scienza (ma non solo) perderebbe buona parte del suo senso e si ridurrebbe a pragmatismo utilitaristico ("con la luce del semaforo posta più in alto ci si ferma, non conta di che colore è", "un sangue sano non ha quel colore; io lo chiamo verde, voi forse lo percepite come il mio azzurro, eppure lo chiamate verde e va comunque bene", etc.).


Citazione di: sgiombo il 10 Luglio 2018, 11:03:12 AM
Citazione di: Phil il 09 Luglio 2018, 23:09:40 PM
Citazione di: sgiombo il 09 Luglio 2018, 10:10:07 AM
Fenomeno, sensazione, percezione (empiriche) secondo me sono sinonimi.
Va benissimo, basta intendersi sulle definizioni che usiamo.
[...] Questione di vocabolari...
Sì, ma se é così, allora tutto ciò non può essere confuso con la cosa in sé o noumeno
Se ti riferisci a me (e così sembrerebbe), non mi pare che questa confusione m'appartenga: ho sempre posto il noumeno come postulato e inconoscibile; non è che mi confondi con altri?

A scanso di equivoci, cerco di riepilogare (e Kant ormai non c'entra più), prendendo ad esempio il solito giornale e partendo da ciò che è meno "accessibile":
- noumeno (che non è nemmeno un giornale, essendo inconoscibile e privo di identità per l'uomo)
- oggetto empirico: il giornale come pensabile esist-ente, anche indipendentemente da qualunque soggetto
- fenomeno: il giornale come oggetto empirico manifesto, che è percepito da uno o più soggetti
- percezione: il giornale percepito da un soggetto in particolare, secondo i suoi sensi, le sue capacità, la sua prospettiva, etc. ecco che un unico fenomeno dà origine a tante percezioni quanti sono i soggetti che lo percepiscono
- identificazione logica: il cervello interpreta quegli input sensoriali e identifica concettualmente l'oggetto come "giornale" (le percezioni acquisiscono un "senso cognitivo", richiamando un'idea formale o formandone una nuova).
- interpretazione dell'oggetto nel contesto (quindi con altri fenomeni che il soggetto osservante coglie): il "giornale" (ormai identificato) è tenuto in mano da un uomo che sembra leggerlo, etc.
- ... e così via.
#1708
Citazione di: sgiombo il 09 Luglio 2018, 10:10:07 AM
Fenomeno, sensazione, percezione (empiriche) secondo me sono sinonimi.
Va benissimo, basta intendersi sulle definizioni che usiamo.
Ad esempio, nel buddismo si parla di cinque aggregati: forma della materia (siamo già "al di qua" della cosa in sé), sensazione, percezione, stati mentali e coscienza; Husserl parla invece di oggetto, noema, noesi, intenzionalità, appercezione, etc.
Questione di vocabolari...

Citazione di: sgiombo il 09 Luglio 2018, 10:10:07 AM
Non ha senso cercare di stabilire se le sensazioni (materiali, non mentali) assunte essere intersoggettive mie e tue siano uguali o meno, dal momento che ciascuno di noi non può "sbirciare nella coscienza dell' altro" per verificarlo o falsificarlo
Certo, eppure (anche senza "sbirciare") entrambi sappiamo per esperienza che guardare da seduti un giornale che si legge, tenendolo in mano, e guardare un giornale che un'altra persona seduta tiene in mano, mentre ci avviciniamo a lei, sono due prospettive ottiche e due percezioni ben differenti (giornale visto all'interno da vicino vs giornale visto all'esterno da più lontano; se ognuno scattasse la foto dal/del suo punto di vista, sarebbero molto diverse).

Citazione di: sgiombo il 09 Luglio 2018, 10:10:07 AM
assumere (indimostrabilmente) che siano intersoggettive (ma si può solo di quelle materiali, non di quelle mentali) significa postulare che vi sia una corrispondenza biunivoca fra di esse, cosicchè si possono descrivere verbalmente allo stesso modo: quando tu descrivi il giornale che vedi e io descrivo il giornale che vedo, nell' esempio da te proposto, usiamo le stesse parole.
Mi sembrava utile poter distinguere fra fenomeno (il manifestarsi del giornale, il suo ex-porsi come un oggetto empirico che descriveremmo probabilmente allo stesso modo: colore, dimensioni, sembianze varie) e percezione (come io lo vedo, lontano e dall'esterno, e come tu lo vedi, vicino e all'interno), così da poter discriminare molteplici percezioni differenti del medesimo fenomeno (che fa capo al medesimo oggetto, che sarebbe solo ciò che possiamo cogliere dell'oggetto in sé).
#1709
Citazione di: sgiombo il 08 Luglio 2018, 16:06:38 PM
Fenomeno == (contenuto di) percezione.
[...]
fenomeno == oggetto empirico.
C'è qualcosa che non mi quadra: ne risulterebbe che oggetto empirico = (contenuto di) percezione... l'oggetto (esterno al soggetto) non dovrebbe piuttosto essere causa della percezione (e del suo contenuto) del soggetto?
Nel fenomeno, l'empiria è "lato oggetto", la percezione "lato soggetto", no?

Quelle parentesi su "contenuto di", secondo me, rischiano di risultare un po' ambigue: la percezione non è il contenuto di percezione (la vista non è il visto, ciò che si vede).

Non vorrei farne solo una questione di linguaggio, ma (Kant a parte) distinguerei fra percezione, fenomeno e cosa in sé. Se tu leggi un giornale su una panchina e io arrivo camminando verso di te, il contenuto della mia percezione del giornale non sarà identico al tuo (questione di prospettiva ottica), pur essendo entrambi relativi allo stesso fenomeno (il manifestarsi del giornale). C'è poi ciò che è causa del fenomeno-giornale, ovvero il supposto "giornale in sé" (che si manifesta tramite il "fenomeno giornale", che viene percepito dai miei sensi in modo differente dai tuoi).

Per considerazioni sugli altri tuoi commenti, mi permetto di rimandarti al messaggio #62 (@Oxdeadbeef, in quel post mi allontano dal discorso strettamente su Kant, sono considerazioni perlopiù personali ;) ).
#1710
Citazione di: davintro il 07 Luglio 2018, 20:36:10 PM
Il dualismo, gnoseologicamente impostato, tra una sfera di fenomeni (conoscibili) e una noumenica (inconoscibile), rende impossibile qualunque tipo di scienza, compresa la scienza della critica stessa, perché ciò che differenzia la scienza dalla mera opinione consiste proprio nella garanzia razionale della corrispondenza tra la tesi soggettiva e la realtà oggettiva, indipendentemente dal nostro pensiero, garanzia che caratterizza la scienza, in contrasto con la mera opinione, che non ha argomenti per garantire tale corrispondenza, e la presunzione di verità resta puramente arbitraria. Ora, ridurre il piano della conoscibilità e della scienza ai "fenomeni" vuol dire negarsi le basi per la possibilità di qualunque scienza, in quanto i fenomeni, in quanto tali, sono sempre manifestazioni ad una certa coscienza individuale, apparenze che non necessariamente corrispondono a una realtà oggettiva, e la mancata garanzia razionale della corrispondenza fra apparenze soggettive e realtà oggettive, non può che condurre a esiti teoretici solipsisti o scettici in quanto manca la possibilità di notare come i fenomeni coscienziali soggettivi rimandino a una realtà oggettiva trascendente rispetto a noi stessi, proprio perché il complesso dei fenomeni sarebbe intrascendibile dal punto di vista della ragione (al massimo solo per un atto di fede o in virtù di alcune esigenze morali).
Leggendo questo passo mi è sorta una domanda simile a quella di Carlo, che riformulo: perché è impossibile che la scienza sia (sempre stata) una scienza dei soli fenomeni e non degli "oggetti in sé"?

Metaforicamente: quando scrivo sul forum e premo il tasto "v", compare sullo schermo una "v". Questo fenomeno è lo stesso per tutti, è ripetibile e può essere relazionato con altri fenomeni affini che danno origine alla video-scrittura.
Eppure quel fenomeno percettivo che interpreto (centralità del soggetto) non come una macchia di colore insensata, bensì proprio come una lettera "v", non è in sé una "v" (in questo caso lo sappiamo già ;) ). L'"oggetto in sé" di quella "v" sono decine (numero a caso) di minuscoli pixel di un determinato colore, accesi in un determinato ordine, alimentati dallo schermo secondo gli input di un software, installato su un hardware che riceve input da una tastiera (ed è anche più complesso di così, credo). Tuttavia, anche ignorando tutto ciò che quella "v" è (e presuppone), pur non riconoscendo i singoli pixel, posso usare la "v" (causalmente attivata dal tasto corrispondente) in modo funzionale, proprio come accade con le leggi della scienza.
Possiamo affermare che "è veramente una "v"!" e che funziona da "v", solo a causa della nostra interpretazione soggettiva (culturale, etc.) di quei pixel che non distinguiamo, ma di cui vediamo solo l'insieme superficiale.

Secondo me, la verità al livello dei fenomeni è la verità dell'osservazione, dello studio e, soprattutto, della significazione (oltre che segnificazione) dell'aspetto fenomenico della realtà (e delle relazioni fra fenomeni), che è ciò che fa la scienza. Se "sotto" i fenomeni c'è la "cosa in sé", e sotto "la cosa in sé" c'è altro, e poi ancora altri livelli a noi ignoti, resta comunque quasi insignificante per l'uomo (anche qui mi sembra di concordare con Carlo), che "strutturalmente" non può andare epistemologicamente (quindi mistica a parte) oltre al livello dei fenomeni percepiti (e l'escamotage di sostenere che i fenomeni riproducano esattamente la cosa in sé non ha possibilità di essere verificato, al di là della sua autoreferenza).

Certo, nel momento in cui la scienza si presentasse come "scienza dell'oggetto in sé", dimenticando l'inaggirabile mediazione prospettica del soggetto, allora commetterebbe un passo falso (come dicevo, sarebbe come affermare "ho visto la realtà senza farmi condizionare dal mio sguardo"; impossibile direi...).


P.s.
@Carlo La consapevolezza metodologica del ruolo della soggettività e della sua mediazione, mi sembra un elemento importante per parlare di verità, scienza o qualunque altra forma di riflessione umana; anche perché tale mediazione non credo sia sempre la medesima (per rilevanza), e soppesarne ogni volta l'influenza non è (a parer mio) attività né banale né facile.