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Messaggi - Jacopus

#1711
Nel romanzo di G. Bernanos, "diario di un curato di campagna" c'è una frase del diario che mi ha sempre fatto riflettere:

"I nostri peccati nascosti avvelenano l'aria che gli altri respirano, e un delitto di cui un miserabile portava con sè il germe a sua insaputa, non avrebbe mai maturato il suo frutto, senza quel principio di corruzione".

Con ciò non voglio proporre di abolire la responsabiltà penale individuale, ma considerare che è il comportamento collettivo a determinare dinamicamente il livello di criminalità di una certa società. E ciò mi porta a considerare che una ulteriore funzione della pena è una funzione di classe. Chi subisce le pene più gravi e non usufruisce di percorsi riabilitativi occupa di solito i "piani bassi" della società. Se ci dimentichiamo di questa funzione, non potremmo mai pensare di migliorare i livelli di legalità di una società. Del resto è la stessa dinamica di classe a richiedere questa funzione, sia perchè in questo modo le classi dominanti finiscono raramente in galera, sia perchè attraverso la punizione si attua una ulteriore funzione, "la funzione vendicativa della pena", attraverso la quale le classi subalterne possono "compensare" la loro situazione di subalternità, chiedendo la punizione dei rei, se possibile attraverso punizioni tanto più sanguinarie, quanto più le persone che professano quelle idee sono o esegeti del dominio o persone a loro volta esasperate e condotte ai margini della società.
#1712
In realtà un po' lo sappiamo e non sempre ci piace essere quel che siamo. Noi siamo quel che siamo per via genetica ed ambientale. Queste due dimensioni interagiscono in modo dinamico continuamente. Non bisogna pensare al patrimonio genetico come ad un monolite dato alla nascita una volta per tutte. Piuttosto come ad un deposito di attrezzi dal quale possiamo prendere quel che ci serve o che l'ambiente di costringe a prendere. Che l'ambiente sia dinamico invece non ha bisogno di molte spiegazioni. Pertanto noi siamo un numeroso parlamento di individui che riesce a mantenere nel tempo una propria identità nonostante i numerosi cambiamenti comportamentali che avvengono nel corso degli anni. Cambiamenti che sono spesso del tutto inevitabili come la ricerca del rischio in età adolescenziale o la paura delle novità in età senile.
Oltre alla genetica e all'ambiente anche il nostro corpo ci fa essere quello che siamo. Un cieco penserà in modo diverso e quindi sarà diverso da ulceroso a sua volta diverso da un campione di rugby.
Quindi genetica, ambiente, biologia. Il quarto cavaliere del perché siamo quel che siamo, possiamo definirlo il "cavaliere sinaptico". Quando ci comportiamo in un certo modo, tenderemo a ripetere quel comportamento, sia che si tratti di sesso a tre o di andare in bici. I patterns comportamentali sono alla base del nostro modo di vivere e si fondano sulla ripetizione di azioni, pensieri, idee, progetti, emozioni, che creano circuiti sinaptici originali in ognuno di noi e che tenderanno a ripetersi in modo automatico.


P.S. In realtà pensandoci ancora un po' su, i cavalieri potrebbero essere almeno sei e non escludo che altri cavallerizzi potrebbero aggiungersi. Il quinto è il "caso". Noi siamo quel che siamo perché abbiamo incontrato casualmente una ragazza o un amico oppure semplicemente un offerta di lavoro che ha trasformato il nostro comportamento. Il sesto cavaliere è quello più ineffabile e che ci ha fatto già consumare tonnellate di inchiostro digitale: madame Libera Volontà.
#1713
Tematiche Filosofiche / Cos'è l'intuizione?
31 Maggio 2021, 21:34:04 PM
Viator. Un tuo problema mi sembra essere quello dello scarso riconoscimento delle conoscenze altrui. Ho l'impressione che tu creda che la conoscenza sia un fatto spontaneo, come la crescita dell'erba in un campo.
La metà del secolo scorso, a proposito di conoscenza del cervello è esattamente paragonabile alla preistoria. Basta leggere qualsiasi manuale sull'argomento. Puoi anche trovare degli ottimi riferimenti su internet.
I cervelli degli autistici sono cervelli che hanno un funzionamento diverso da quello normale, perchè non sono in grado di riconoscere l'ironia, l'autoironia, i giochi di parole, i doppi sensi. Non a caso molti autistici ad alto funzionamento sono bravissimi in matematica o in funzioni ripetitive e che richiedono molta attenzione. Il cervello di un uomo sano è quello di un uomo che riesce a far fronte alle diverse esigenze della vita senza mettersi nei pasticci a causa di problemi neurologici. Un uomo con un cervello sano è invece liberissimo di mettersi nei pasticci per altri motivi.
Per quanto riguarda i neuroni nello stomaco è sufficiente andare su internet.


https://it.wikipedia.org/wiki/Sistema_nervoso_enterico


Io non chiamo anima un bel niente, quella che tu chiami psiche, io la definisco mente, ma la mente è profondamente incarnata nel cervello ed anche nel corpo. Come dicono gli anglosassoni "the brain is embodied" (il cervello è incarnato nel corpo, si potrebbe tradurre).
La storiella dell'orifizio anale è correttissima.
#1714
Pur non essendo una poesia, è una frase che racchiude molta verità e molta "inquietudine". Devo dedurre dai pochi elementi a disposizione che, come minimo, sei un grande estimatore di Pessoa, visto che un suo libro famoso si intitola Il libro dell'inquietudine, come fai notare con il titolo del post.
#1715
Tematiche Filosofiche / Cos'è l'intuizione?
31 Maggio 2021, 13:06:48 PM
Per Viator. L'equiparazione cervello/computer ha avuto un certo successo nella metà del secolo scorso. Da allora la conoscenza del nostro Sistema Nervoso Centrale e periferico si è talmente sviluppata (anche grazie ai computer) da rendere obsoleta quella similitudine. Per semplificare oltremodo, ma rendere comprensibile quello che sto dicendo, il cervello di una persona affetta da autismo è simile ad un computer, ma il cervello di uomo sano riesce a percepire tutto il mondo della socialità, dei doppi sensi, delle emozioni che è precluso ad ogni computer. Il cervello inoltre ormai è asseverato, è un organo "embodied", ovvero fortemente aggregato al corpo stesso. Basti pensare che, fra stomaco ed intestino abbiamo la ragguardevole somma di 500 milioni di neuroni. Pensare al computer/cervello come centro direzionale che usa il corpo, rimanda ad una concezione superata dalle conoscenze attuali. Una concezione che sarebbe piaciuta molto a Menenio Agrippa, forse anche a Cartesio, ma non più attuale.
#1716
La differenza, Anthonyi, risiede nel fatto che il gestore è uno stretto osservante del capitalismo, per cui le vite umane sono infinitamente meno pregiate del Dio denaro. L'operaio invece si è empaticamente sentito dalla parte dei vinti. Sul fatto che non sia possibile dimostrarlo è una possibilità effettiva, visto che una delle qualità più ambite del capitalismo è cercare di farla franca sempre e comunque, alla stregua della criminalità organizzata.
#1717
Concordo con Sapa e mi domando se non ci siano gli estremi per contestare un reato più grave. In sostanza hanno manomesso un sistema di sicurezza e sapevano che una possibile conseguenza era la morte dei passeggeri. Se io guido un auto sapendo che i freni sono guasti e uccido tredici persone, sono al confine fra l'omicidio colposo e l'omicidio volontario, perché era prevedibile  e probabile una conseguenza del genere.
Una seconda considerazione è relativa al funzionamento della giustizia in Italia. Questi pesci "relativamente piccoli" sono comunque finiti in galera, poi di vedrà con quale imputazione. Pesci più grossi, mi riferisco alla Banda Benetton, possono tranquillamente continuare la propria vita ridente.
#1718
Permettetemi un haiku sull'argomento.
"Il re del mondo ci tiene prigionieri i cuori".
#1719
Tematiche Filosofiche / Struttura e Sovrastruttura
28 Maggio 2021, 08:43:45 AM
Il tema mi è stato suggerito dalla disputa fra Donald ed Ipazia, registrata nella discussione sull'anarchismo. Si tratta di un concetto sviluppato dal marxismo, secondo il quale è la struttura economica, non solo a condizionare la struttura culturale ma a plasmarla, rendendola coerente con il pensiero e gli obiettivi della classe dominante.
In un  saggio fondamentale, Weber rovesciò questo nesso causale, ipotizzando che le rivoluzioni capitalistico/borghesi fossero state originate dal pensiero religioso e precisamente dal calvinismo. È stato il calvinismo, con la sua fede che il popolo degli eletti sia individuabile in chi ha successo nella vita terrena a costruire le basi dell'individualismo, dell'accumulazione  e dell'assunzione della moneta come valore in sè, alienato da ogni suo possibile uso.
In sostanza vi fu un flusso continuo e duraturo di messaggi che partendo dalla base culturale e religiosa plasmò un modo di pensare, che, distillato della base religiosa, continua ad essere presente in larghi strati della società occidentale.
Il socialismo reale, fondato sull'idea del rovesciamento dei rapporti di potere ha comportato invece, alla lunga, dopo il momento leggendario dei primi anni, la restaurazione di un potere "zarista", sotto mentite spoglie.
È possibile interpretare questo passaggio "a rebour" proprio come una deficitaria interiorizzazione di valori? Come dice Donald, per una incompiuta educazione ed autoeducazione? Il cittadino sovietico non aveva avuto la possibilità di passare attraverso due secoli di guerre di religione e i sottostanti percorsi di apprendimento culturale. Al di sotto dell'uniforme socialista, continuava a battere il cuore del kulako, del pope, dell'aristocratico di campagna?
Senza essere ingenui, pertanto, come costruire un modello del cambiamento sociale che tenga contemporaneamente conto del peso, talvolta schiacciante, della "struttura", ma anche della "sovrastruttura", che nel caso in esame (calvinismo), fu sicuramente più efficace, visto che il capitalismo moderno è fra noi da almeno 400 anni, mentre il socialismo reale è durato nella sua versione più pura ("la Cina non la considero) una settantina di anni.
#1720
Per Daniele. Ipazia probabilmente si riferisce a quanto accaduto a Torino, più di un secolo fa.


https://it.wikipedia.org/wiki/Biglietti_della_follia
#1721
Tematiche Filosofiche / L’essere e il divenire.
26 Maggio 2021, 09:56:48 AM
Il tracciato della filosofia, molto grossolanamente, epurando le moltissime eccezioni ed inversioni di marcia, può essere descritto come un passaggio dall'essere al divenire. La ricerca dell'Uno, dell'immobile, del fondamento ultimo è stata sostituita dalla constatazione del "polemos" del "tutto scorre" eracliteo.


Non solo. Per lo meno nell'ambito degli studi psicologici, è venuta meno anche la percezione di una soggettività, di un essere unico e in grado di essere padrone almeno in casa propria. Con Darwin l'essere umano è stato umilmente riallineato agli altri esseri viventi, con i quali condivide codice genetico e processi biologici di riproduzione cellulare, con Freud si è giunti a considerare le azioni umane il prodotto di scelte inconsapevoli, frutto di dinamiche interagenti di razionalità ed emotività, di pensieri ed atti, di esperienze positive e traumi.
L'essere umano moderno ha deposto la precedente identità monolitica per accettarne una fluida, multiversica, testimone della nostra natura collettiva e sociale. Attraverso di essa, il divenire è l'unica lente che si può utilizzare e il futuro l'unico tempo sensato.
Il poeta Withman lo spiega nel seguente modo:
"Do I contradict myself? Very well, then I contradict myself. I am large, I contain moltitudes".


A partire da queste considerazioni generali, si può tentare di interpretare il discorso iniziale di Iano, che definisce l'essere ciò che resta immutabile, ciò che resta, dopo che il divenire fa il suo corso.
In psicologia questa intuizione viene definita come pattern comportamentale, intendendo con essa la attitudine generalizzata da parte di tutti gli esseri viventi a riprodurre comportamenti che si sono dimostrati adatti al proseguimento della vita. In altri termini, più comuni, si può dire che "l'uomo si abitua a tutto" e con questa abitudinarietà risponde a importanti funzioni adattive, ovvero al risparmio di energie (c'è già una strada tracciata), e alla capacità di far fronte alle avversità, se quell'abituarsi è relativo ad un ambiente ostile.
La scommessa è riuscire a modificare " ciò che rimane" se quel che rimane risponde a principi comportamentali che l'etica vigente ritiene non rispondente alle sue leggi.
E qui si aprono altri immensi campi di riflessione, su chi decide ciò che è etico e su come si conciliano etiche divergenti. L'essere platonico, della filosofia antica, nella sua centratura sull'essere poteva risolvere questo problema, rischiando l'autoritarismo. L'essere wittgensteiniano, della filosofia moderna, nella sua centratura sul divenire, non risolve il problema etico ma permette di superare l'autoritarismo come fondamento sociale.

#1722
Condivido Eutidemo, ma il problema ormai non è più risolvibile, poiché le stesse classi che potrebbero avere un vantaggio da una qualsivoglia ristrutturazione fiscale, considerano il fisco "negativo" a priori. È stato un capolavoro di imprinting culturale durato 40 anni e che è stato magistralmente riassunto nel film coreano "parasite". Il fisco è una strada per condividere, per creare beni collettivi, ma oggi l'individualismo ha raggiunto livelli sbalorditivi e al fisco è rimasto addosso una identità solo negativa, al punto che non se comprende più bene neppure la funzione.
Molto meglio, in questo clima narcisistico diffuso far ricorso all'indebitamento, bambini e nuove generazioni di bambini non nati hanno il pregio di non votare.
#1723
Risposta a Iano. Ho ripensato al tuo racconto della mucca che sorpassa ed in effetti, la questione può essere vista anche da quel punto di vista. L'epigenetica in fondo insegna proprio a considerare la possibilità che la mucca sorpassi l'automobile. Biologia e cultura nell'uomo sono così interconnesse da rendere possibile quel sorpasso a prima vista paradossale.
Però, la differenza sostanziale rispetto a tutte le altre specie biologiche è proprio la suddetta interconnessione. E' questo che ci rende differenti, senza per questo voler veleggiare ad alta quota. Nessun altra specie interconnette cultura e biologia, semplicemente perchè non possiede cultura, come la possiede homo sapiens. La stessa trasmissione dei saperi nel corso degli ultimi due milioni di anni, ovvero da quando homo abilis ha iniziato ad usare degli utensili, ci differenzia in modo straordinario da tutti gli altri animali. Anche gli altri animali apprendono, ovviamente, ma si limitano ad apprendere come usare il loro corpo. Noi invece il corpo lo abbiamo esteso attraverso strumenti che ci fanno vedere più lontano, ci fanno andare più lontano, ci fanno conservare la memoria collettiva e ci insegnano infine a meta-pensare, a pensare il pensiero, con tutte le conseguenze di ciò in termini di capacità di "pensare il mondo".
Da parte mia nessuna fallacia antinaturalistica. Ci mancherebbe altro. I batteri ci sopravviveranno di molti milioni di anni nel futuro, di questo sono assolutamente certo, ma penso anche che il nostro "essere nel mondo" ha caratteristiche molto diverse da qualunque altro "essere nel mondo". L'unica altra specie che poteva competere si è estinta 40.000 anni fa. Pensare alla Natura in termini fondativi nasconde, a mio parere, molte insidie. Noi, volenti o nolenti siamo diventati qualcosa di diverso dalla natura, senza per questo voler indicare in questa diversità un qualsivoglia chiamata spirituale. La nostra diversità ce la siamo conquistata attraverso la nostra storia, il sudore, il sangue, le scoperte, la violenza, il sapere. In questa diversità, del resto, permane l'ambiguità di continuare ad essere una specie tassonomicamente linneana. Se volessimo scomodare la mitologia, homo sapiens, assomiglia, ad un centauro e se proprio dovessi sceglierne uno fra i tanti, sceglierei Chirone.


CitazioneLa natura, guardata dall'uomo, risulta fatta di meccanismi; il giudizio divalore moralesu tali meccanismi (e scegliere quindi quali traslare nella società, in quanto ritenuti "giusti", e quali rigettare in quanto "primitivi") trova i suoi fondamenti altrove, anche se tale altrove non ha la indiscutibile perentorietà ed "oggettività" della natura (che è sempre la prima alternativa quando non si elabora a fondo il lutto del divino e si è ancora affamati di "pensiero forte", come, bene o male che sia, istinto naturale e cultura occidentale prevedono).

Questa frase di Phil sintetizza molto bene quello che intendevo trasmettere.
#1724
Tematiche Spirituali / Riflessioni sul suicidio.
21 Maggio 2021, 11:32:38 AM
A mio parere la distinzione che fa Ipazia è corretta. Il martirio di stampo religioso è un inno alla morte anche se ha un possibile significato di rinascita in un'altra vita, per cui si va verso la morte con gioia, certi di essere nuovamente in vita l'istante dopo la morte, in un contesto diverso e finalmente completo e appagante. A questo significato se ne è aggiunto uno per estensione, come quello dei martiri del lavoro a cui possono essere accomunati Falcone e Borsellino. Ma Falcone e Borsellino, pur consapevoli dei rischi che correvano, prendevano le loro contromisure, avevano la scorta, la macchina corrazzata. Non andavano verso la morte con un senso di beatitudine e di compimento. Ancora diverso il caso di Socrate, che si pone in una zona di mezzo e che a mio parere, mette in atto l'azione più eroica fra tutte. Si da la morte per accettare la legge della sua città, pur avendo una alternativa (esilio), e pur non pensando di essere accolto in paradiso.
#1725
Iano. La distinzione fra noi e la natura non nasce da una distorsione temporale. Non è un processo di chi la sa più lunga ( o di chi corre più veloce). La distinzione in realtà è opera della natura stessa, allorquando dopo svariati esperimenti durati un milione di anni circa ci ha dotati del cervello più complesso esistente sul pianeta terra. La natura ama la vita, gli esperimenti e la diversità. Ed ecco che prova a vedere come se la cava questo essere, fisicamente poco più forte di un cane di taglia media ma con un sistema nervoso centrale eccellente. Da quel sistema nervoso centrale è scaturito l'allontanamento dalla natura. Genesi, il primo libro della Bibbia, forse inconsapevolmente ( o forse consapevolmente, gli ebrei non sono mai da prendere alla leggera), descrive quel passaggio, simbolizzandolo nell'albero della conoscenza del bene e del male. Se preferisci il cordone ombelicale che ci connetteva alla natura è stato tagliato con l'avvento della cultura. La cultura non è solo un fatto tecnico. Nel senso che intendo qui, la Cultura (Kultur) è il processo autoriflessivo che ogni umano apprende in modi più o meno sofisticati. Da quel processo autoriflessivo nascono le scelte "etiche" ed è per questo che l'albero ha a che fare con il bene e il male. Ma l'etica  è strettamente connessa con la cultura come tecnica. Il mito di Prometeo, in questo senso, è il perfetto contraltare del racconto di Genesi. In tutto ciò, l'uomo non deve neppure dimenticare che il colpevole di tutto ciò, ovvero il suo cervello, è comunque a tutti gli effetti, composto di cellule e di processi biochimici del tutto assimilabili a quelli della più semplice lumaca di mare. Dei, demoni, esseri naturali. Siamo tutto ciò, allo stesso tempo, ma non siamo più natura e non possiamo cercare nella natura giustificazioni per il nostro agire. Piuttosto il discorso dovrebbe essere rovesciato. Il nostro agire deve essere giustificato dal nostro senso di responsabilità nei confronti della natura. Un senso di responsabilità reciprocamente conveniente. Ed anche questo senso di responsabilità va cercato nell'intreccio fra elementi biologici e storici dell'uomo.
Avvertimento finale: non è detto che homo sapiens sia la specie definitiva, all'apice della scala evolutiva. Con noi la natura potrebbe anche aver preso una sonora cantonata. I prossimi millenni ci sapranno svelare questo enigma.