Menu principale
Menu

Mostra messaggi

Questa sezione ti permette di visualizzare tutti i messaggi inviati da questo utente. Nota: puoi vedere solo i messaggi inviati nelle aree dove hai l'accesso.

Mostra messaggi Menu

Messaggi - Phil

#1726
Citazione di: 0xdeadbeef il 24 Giugno 2018, 13:59:00 PM
Mah, non saprei. A me filosoficamente ingenua mi sembra l'affermazione: "tutto è interpretazione (compreso
ciò che dico e compreso chi lo dice)".
Non colgo l'ingenuità: se tutto (ogni suo elemento) è x, e io faccio parte del tutto, anche io devo essere x.
Se tutto è x, tranne me, si pone il problema di spiegare perché e come: o non faccio parte del tutto, oppure, pur facendone parte, non sono x.
E qui si può cadere nell'ingenuità filosofica del ritenersi "a parte", di (auto)concedersi una deroga dalla regola generale, solo per salvaguardare la propria posizione (come il maestro che dice "vietato parlare in classe!", parlando in classe, perché lui può ;) ).

Citazione di: 0xdeadbeef il 24 Giugno 2018, 13:59:00 PM
il Nietzsche che "dice" ("tutto è interpretazione") è un Nietzsche che, e per sua stessa
ammissione, finge.
"Finge" o "interpreta"?
Fingere significa simulare una verità, ovvero spacciare per tale ciò che non lo è; interpretare invece non è, per definizione, negare la verità.
Anche perchè, per parlare a ragione di "interpretazione falsa", dovremmo poter usare la verità come pietra di paragone; tuttavia non avendola (al netto della falsificazione empirica nell'uso degli enti spiegato da Eco), ecco che ci ritroviamo molteplici interpretazioni, solo interpretazioni. A questo punto il fingere, come negazione-della-verità, perde di senso (non conoscendo con certezza la verità).
La conseguenza, come ben osservi, è che la necessità pragmatico-esistenziale di parlare, agire, etc. ci porta ad usare (solo) interpretazioni, rendendo (quasi) irrilevante quale sia (e se sia) la verità.
#1727
Citazione di: Sariputra il 24 Giugno 2018, 12:11:16 PMBeh!..Se prendiamo una delle società multietniche per eccellenza, gli Stati Uniti, non direi proprio che il tuo ragionamento funzioni molto... ;)  
Vado a memoria (= alto rischio di dire scemenze  ;D ), ma mi sembra che lì le elezioni siano state vinte d'un soffio, confermando che quel popolo multietnico è un gregge non omogeneo nemmeno se gli si chiede "testa o croce" (se non erro, lì la lotta è sempre fra due). Ovviamente è solo un caso, magari ce ne saranno anche altri con risultato opposto, non so...

Comunque, visto il tema del topic, qui stavo pensando più all'Europa, dove la storia e le tradizioni politiche hanno altre caratteristiche: gli USA sono nati multietnici, hanno un territorio sconfinato, non sono un insieme di stati sovrani, etc. insomma sono più le differenze che le somiglianze... il che non toglie che uno stato multiculturale non possa mai trovare un denominatore comune (come collante sociale o come cappio per farsi soggiogare ;) ).

Come al solito si tratta di non vedere tutto "bianco o nero", semplificando ciò che semplice non è in "il multiculturalismo è un bene o un male" (se abbia mai senso una frase del genere, ma non deviamo verso il solito off topic).
Ci tenevo solo a far osservare che il multiculturalismo non va necessariamente a braccetto con sbando culturale e sottomissione dei popoli; è un cambiamento di cui è difficile prevedere l'esito, ma non sarei catastrofista (ovviamente non mi riferisco più a Socrate78, né tantomeno a Sariputra, parlo in generale!).


Citazione di: Socrate78 il 24 Giugno 2018, 13:10:00 PMProva a pensarci un attimo, se si attenuano le differenze culturali in che cosa gli uomini della società multietnica potranno uniformemente riconoscersi? La risposta è semplice, nel culto del dio denaro e della civiltà dei consumi! 
In merito, il multiculturalismo non mi pare un fattore cruciale: quel culto vige anche in società "uniculturali", ad esempio, qui da noi son almeno 30 anni che è il culto di stato  ;D

Citazione di: Socrate78 il 24 Giugno 2018, 13:10:00 PM
elite economiche che vogliono la globalizzazione economica, in maniera tale da creare un mercato fatto di docili consumatori che possono essere manipolati nei desideri e nello stile di vita, 
Globalizzazione economica non equivale a multiculturalismo, sono parenti, ma non li confonderei (e sulla globalizzazione economica non mi sbilancio per ignoranza in materia  :) ).

Citazione di: Socrate78 il 24 Giugno 2018, 13:10:00 PM
gli immigrati servono poi a questo sistema perché sono manodopera a bassissimo costo, 
Finché restano nel loro paese... qui da noi hanno contratti minimi uguali ai non-immigrati (lavoro nero a parte).

Citazione di: Socrate78 il 24 Giugno 2018, 13:10:00 PM
vogliono l'immigrazione, non certo per un ideale di pace tra i popoli. 
Qui concordo, tuttavia non (s)cadrei, come accennavo sopra, direttamente alla lettura opposta.
#1728
Citazione di: Socrate78 il 23 Giugno 2018, 22:26:06 PM
Il multiculturalismo è un inganno, ha nel meticciato la sua espressione, e cioè si qualifica per un NON ESSERE PIU', non essere più né cristiano né musulmano, non essere NIENTE in fondo. Ed ecco allora che una popolazione senza valori culturali ed etici di riferimento è più governabile e manipolabile, è lo stesso meccanismo del lavaggio del cervello, si distrugge ciò che c'era prima per immettere nuovi ideali modellati su chi ha il potere.
Sarei un po' più cauto: lavare il cervello può significare anche ripulirlo da incrostazioni e renderlo più limpido... e un cervello lavato, se funzionante, può fare maggiore opposizione di un cervello impolverato  ;)

Secondo me, non si può essere "niente": non si può non avere una visione del mondo, per quanto personale, o estemporanea, o confusa. La contaminazione non è una eliminazione del "vecchio" che lascia uno spazio vuoto, è un mischiare gli ingredienti (anche aggiungendone di nuovi) che dà un risultato meno "standard" e prevedibile (per quanto ogni novità possa talvolta essere associata ad un iniziale brivido di disagio).

A volte si sottovaluta il fatto (o l'interpretazione) che non avere un popolo con chiari valori etici o una cultura ben definita, significa, per i politici che volessero assoggettarlo, anche non avere elementi su cui fare leva: ad esempio (banalizzo molto), se il popolo è molto credente si farà leva sulla fede, se è "chiuso" e orgoglioso si farà leva sul nazionalismo, se è spaventato si farà leva sul populismo, se è avido si farà leva sull'economia, etc. tuttavia se il popolo è multiculturale, eterogeneo, "fluido", su cosa si farà leva per vincere elezioni, circuirlo o tenerlo in scacco?
Prova a pensare di essere un aspirante demagogo (o "dittatore non violento"); probabilmente la prima informazione che vorresti avere è sull'identità culturale del popolo che vuoi asservire, per sapere quali "tasti" occorre toccare (e come) per parlare alle loro "pance", ai loro ideali, ai loro retaggi, etc. Se hai di fronte una società multiculturale e "multivaloriale", ciò è decisamente più difficile... così come è difficile che ci sia una maggioranza netta da ingraziarsi...

Nella mia ignoranza politica, mi pare che il cambio di paradigma, dai partiti con ideali (sulla carta) granitici ai movimenti (sulla carta) meno ideologizzati, possa essere letto non (solo) come uno sgretolarsi delle politiche novecentesche, ma piuttosto come un ricombinarsi più dinamico di idee e visioni del mondo (e se non si conoscono esattamente i gusti del pesce, non è facile preparare l'esca).
#1729
Citazione di: paul11 il 23 Giugno 2018, 23:58:31 PM
NF-1885,2 [108] - Frammenti postumi Autunno 1885 - Autunno 1886.
Il mondo che ci riguarda è sbagliato, cioè non è un'esistenza fattuale, ma una poesia e un arrotondamento su una magra somma di osservazioni; è "nel fiume", come qualcosa che diventa, come una menzogna sempre mutevole che non si avvicina mai alla verità: perché non c'è "verità".
Affermazione molto disincantata e, nei limiti nietzschiani, quasi lapidariamente chiara (se fossimo al bar, si direbbe che "fa scopa" con il motto su fatti e interpretazioni). Concordo con lui (senza voler cavillare troppo sul senso di "osservazioni").

Citazione di: paul11 il 23 Giugno 2018, 23:58:31 PM
NF-1886.7 [60] - Frammenti postumi Fine del 1886 - Primavera del 1887.
[60] Contro il positivismo, che si ferma al fenomeno, "ci sono solo fatti", direi: no, precisamente non esistono fatti , solo interpretazioni.Non possiamo trovare un fatto "in sé": forse è una sciocchezza voler qualcosa del genere. "È tutto soggettivo", tu dici: ma anche quella è interpretazione, il "soggetto" non è dato, ma qualcosa di aggiunto-fittizio, dietro di esso. Alla fine è necessario mettere l'interprete dietro l'interpretazione?
Che il dominio dell'interpretazione sui fatti e che persino il soggetto interpretante siano solo un'interpretazione, è un'ulteriore dimostrazione (e non, come spesso si dice, una confutazione) della coerenza del ritenere possibili solo interpretazioni.
Sarebbe contraddittorio se Nietzsche avesse scritto "la verità assoluta è che tutto è interpretazione"; sostenere invece che "tutto è soggettivo" è comunque un'interpretazione e che anche il soggetto è "fittizio"(cit.), significa dare dimostrazione logica dell'egemonia della interpretazione (che può gaiamente prescindere dalla verità dei fatti, come si diceva nei post precedenti...).

Citazione di: 0xdeadbeef il 24 Giugno 2018, 10:30:48 AM
Dunque, sì, una considerazione tutto sommato banale. Ma è, se ci pensiamo, la medesima considerazione che viene
fatta, comunemente, a proposito del "relativo" e dell'"assoluto" (esiste solo il relativo).
Quindi, e su questo punto riprendo un pò Severino, trovo qui necessario mettere in rilievo il fatto (...) che
l'enunciazione di Nietzsche, laddove non voglia essere "ingenua", predichi, diciamo così, lo "status" di
interpretazione per... tutto fuorchè per se stessa.
Se affermasse ciò, sarebbe logicamente contraddittoria e filosoficamente ingenua.
Come accennavo, la coerenza sta invece proprio nel dire "tutto è interpretazione (o relativo o altro) compreso ciò che dico e compreso chi lo dice".
Ciò "suona male" solo se si ricercano valori assoluti (ma allora si è fuori contesto qui); d'altronde, cercare l'assolutezza in posizioni relativiste non può che essere fallimentare  ;)


P.s.
Mi accodo ai ringraziamenti a epicurus e paul11 per aver riportato testi interessanti.
#1730
Mi sembra che dopotutto tu abbia perfettamente colto quanto avevo scritto (magari al di là del richiamo specifico a Severino), il che dimostra che in fondo non era una mera prolusione estetica (anche se probabilmente, qualcosa, fra le righe, ti sarà sfuggito per colpa dell'inflessione tardo-mesopotamica  ;) ).

Se posso rivisitare la tua metafora, secondo me può essere anche rovesciata: di fronte a prolusioni estetiche, ci si può mettere seduti comodi con pop-corn e bevande varie, per guardare il fittizio scorrere sullo schermo e godersi lo spettacolo, come si fa con un film; se si tratta invece di un discorso "ancorato al cosiddetto reale", non ci si può sedere troppo a far merenda, perché ci si è immersi, impegnati a viverlo e/o tentare di comprenderlo (per quanto, fuor di metafora, anche lo star seduti faccia parte del cosiddetto reale, ma non mischiamo troppo i piani  :) ).
#1731
Per cercare di non essere troppo prolisso, ho provato ad essere sintetico, ma ho finito per risultarti incomprensibile, scusa  :)

La discussione nel topic a cui rimanda il link fu abbastanza approfondita e articolata, e anche qui ho commentato con un paio di post (spero meno criptici); onestamente non riesco a fartene una sintesi (almeno non in italiano  ;D ).
#1732
Esatto, per questo mi chiedevo quanto in fondo sia davvero rilevante la verità come informazione, se il suo fraintendimento (o la verità-realtà del suo essere negata, se preferisci) produce comunque effetti che possono essere superiori (quantitativamente e qualitativamente) a quelli della verità autentica. 
Il motto "la verità è ciò che si dice" credo possa essere interpretata in quest'ottica, ovvero "si fanno cose con le parole" parafrasando Austin (puntualmente citato da epicurus) più che "con la verità". Detto altrimenti, la "storia degli effetti" (Wirkungsgeschichte!) gadameriana è estranea a quella falsificazione dello "zoccolo duro" di cui parlava Eco, proprio perché le dinamiche sociali umane (non quelle della ricerca scientifica) possono essere alienate dalla verità senza subire contraccolpi o richiami del vero.
Il passaggio da "credenza falsa" al suo "effetto reale" è ovvio (come osservi) perché ricade nel nesso causale del tipo "ogni credenza (vera o falsa) produce effetti", il che conferma appunto la tesi che la verità non è poi così rilevante (storicamente ed esistenzialmente parlando), o lo è decisamente meno delle credenze in quanto tali.

Citazione di: paul11 il 22 Giugno 2018, 14:15:12 PME' paradossale........ ma quando e dove risulta che Nietzsche abbia testualmente scritto"...la verità è finzione e tutto è interpretazione"? Se qualcuno sa darmi l'indicazione ne sarei felice. Se così non fosse risulterebbe ancora una volta che è stata messa in "bocca " a qualcuno, in questo caso Nietzsche, un'attribuzione deduttiva a sua volta interpretativa del pensiero di Nietzsche.
Come hai osservato, è squisitamente ironico che in un topic su verità, finzione e interpretazione, una delle frasi cardine della questione risulti a sua volta oggetto di perplessità; lo ha detto davvero? Ormai è come se l'avesse fatto, e forse non importa neanche più... 

P.s.
Pare sia scritto nei "Frammenti postumi 1885-1887", p. 229.
#1733
Citazione di: epicurus il 22 Giugno 2018, 10:20:00 AM
Per chiarire meglio: poniamo che il verace guasto abbia un cappello rosso, bene lui risponderebbe affermativamente a tutte queste domande: "hai un cappello giallo?", "hai un cappello bianco?", "hai un cappello nero?"......
Non avevo capito bene, allora... lo avevo immaginato forse troppo "umano", credendo che dovesse rispettare anche il principio di non contraddizione (se afferma che il suo cappello è giallo, pensavo non potesse affermare che il suo cappello è anche nero; invece, se gli chiedo se è un androide, mi dirà "no", ma poi se gli chiedo se è un "androide funzionante" mi dirà "si"... giusto?).
Non sono proprio pratico di androidi  ;D


P.s.
Se tuttavia gli facciamo una domanda aperta, come risponde? Ad esempio, se gli chiediamo "che giorno è oggi?", risponderà nominando tutti i giorni della settimana tranne quello giusto? E se gli chiediamo quanti anni ha? Dirà "tutti" i numeri naturali tranne la sua età?
Venendo meno il principio di non contraddizione, non sarà facile conversare con lui...!
#1734
(Alcune considerazioni "grezze", in brain storming, suggerite dal "realismo negativo" di Eco)

Da un lato, la verità, o meglio, la realtà, ci pone dei limiti, falsificando (onestissimo il richiamo a Popper di Eco) sue interpretazioni (o meglio, suoi utilizzi) troppo sconnesse e difformi dai suoi attributi, e crea dunque un (de)limitato "intervallo di senso" in cui indagare o semplicemente "piegare" il senso della verità (Eco talvolta mischia un po' troppo le due carte, "senso-funzione" e "verità", ma glielo possiamo perdonare ;) ).

Dall'altro lato, tuttavia, se lasciamo da parte oggetti, funzionalità operativa, porte disegnate, etc. e ci rivolgiamo al piano sociale, è difficile negare che un'informazione ha conseguenze ed innesca effetti domino (sociali, politici, economici, etc.) se è creduta vera, non necessariamente se lo è. In tal senso, spesso non c'è falsificazione che possa limitare l'interpretazione, per quanto questa sia scorretta. 
Se chi credeva che la terra non girasse intorno al sole ha potuto uccidere sul rogo chi affermava ciò che invece oggi è "abbastanza oggettivamente" la verità, significa che la verità, su larga scala, è resa tale o dalla forza (del potere, delle armi, dei media, etc.) oppure dal radicamento nel senso comune, senza che vi siano restrizioni esterne che l'approssimino ad un vincolante intervallo di verosimiglianza. 
Nel contesto delle dinamiche umane, il falsificazionismo che delimita il campo della verità nel contesto degli studi empirico-scientifici, non funziona sempre (anzi...): la "falsa verità" può spesso essere imposta anche da suoi interpreti (magari involontariamente) senza che ci sia falsificazione che regga, ovvero ciò che si afferma e conferma pubblicamente come verità, non è necessariamente nemmeno vagamente affine alla verità più accuratamente studiata e verificata in merito, ma è la prima verità (quella socialmente accettata) che detta legge, "agisce", attiva ripercussioni, con buona pace dell'altra.

Pensiamo alle varie superstizioni o alle scaramanzie (che ancora esistono): per quanto non siano connesse ad una verità (rapporto causa/effetto dimostrato), sono da alcuni ritenute vere e funzionanti, e ciò basta per renderle praticate, senza smentite (da parte della verità) che le arresti o le contrasti; o almeno tali smentite non risultano cosi coercitive da non poter essere smarcate con una viziosa interpretazione ad hoc, che spiega il perdurare di tal usanze. 
Pensiamo anche alla politica: se un politico viene eletto grazie ad una interpretazione falsa del reale, di fatto, finirà con il cambiare la storia del paese, o almeno prendere decisioni che avranno contraccolpi enormi (magari internazionali), senza che la "vera verità" possa avere necessariamente una sua rivincita. Ulteriore esempio: è vero che Eva ha offerto una mela ad Adamo? Pare che nel testo originale non si specifichi di quale frutto si tratti, ma ormai nell'immaginario collettivo è "vero" che fu una mela, per cui affreschi, mosaici, illustrazioni, etc. sarebbero "ad onor del vero" da cambiare; eppure permane come vero, nel comun parlare, che quel frutto era una mela (insomma, non lo era, ma ormai lo è diventata  ;D ).

Liquidare la questione sostenendo che le "false verità", ovvero le interpretazioni erronee seppur consolidate socialmente, sono solo prova dell'ingenuità della massa o di estemporanei abusi di potere, significherebbe ignorare quanto la (macro)storia umana sia dettata proprio da questi due fattori: sappiamo che non è vero che gli ebrei erano il male o che la democrazia si esporta a cannonate, ma andiamolo a dire come consolazione a chi è morto sotto tale imposizione marchiata da "verità" (qualcuno ci credeva davvero magari); come accennato sopra, sappiamo che la politica manipola dati e crea verità, ma ciò non rende comunque modificabile il risultato di un'elezione e, più banalmente, sappiamo che i gatti neri non sono messaggeri del satanasso, ma quante gente ancora spera che non gli attraversino la strada o esegue gesti scaramantici vari?

Ecco che il non-vero produce effetti e conseguenze vere (con le fantomatiche "gambe corte" le menzogne ne fanno di strada, se gli si concede il tempo...). E quale "resistenza" ha (op)posto la verità (com suggeriva Eco in altro ambito) di fronte a questo suo essere rinnegata (o ignorata), qual'è stato il limite oltre il quale ha falsificato il suo disconoscimento? Declinando l'esempio di Eco su scala storico-sociale: il cacciavite è stato, ed è tuttora, usato spesso come cotton fioc e molti si sono fatti male, oppure continuano a pensare che il cacciavite debba fungere da penna per scrivere sui muri... 

Distingeuerei quindi la "verità performativa", quella che produce effetti veri, conseguenze, ripercussioni su vasta scala, solo per il fatto di essere creduta vera (e per esserlo deve risultare facile e ben "confezionata" oppure sospinta da una forza sgominante, sia quella dell'evidenza fattuale o quelle più umane e sociali) e "verità validata", quella magari meno conosciuta, meno impattante sui popoli, ma forse, seppur per un soffio, più "vera" in quanto "studiata" (fermo restando che non è detto che le due verità non possano talvolta coincidere).

Per cui, anche se sembrerà forse fuori luogo (in un forum di "filosofi"), pongo questa domanda: al di fuori del settore scientifico e tecnico, quanto è davvero rilevante la verità (anche potendola trovare), se la storia dell'uomo la fanno, a quanto sembra, le interpretazioni e le verità "che hanno successo" (più di quelle verificate con assoluta accuratezza)? 
Non intendo sostenere che non sia affatto importante accertarsi della verità, in ambito sociale o storico, ma solo notare come, a volte, la si rintraccia così in ritardo (la ricerca ha i suoi tempi) che non le si può più rendere adeguatamente giustizia, a causa di tutta "la storia degli effetti" che la non-verità ha già provocato (ormai il politico ha il suo posto in parlamento, ormai il gatto nero non è più un gatto qualunque e ormai Eva e Adamo hanno fatto un guaio sotto un melo...).


P.s.
Vista l'ora tarda (di scrittura), non garantisco la coerenza o l'assenza di "sbandamenti"  ;D
#1735
Tematiche Filosofiche / Re:Se il presente non esiste
20 Giugno 2018, 21:57:18 PM
Citazione di: viator il 20 Giugno 2018, 21:23:15 PM

Lo spirituale è al 100% immateriale !! Io ho detto che esso è CONNESSO (ha un qualche tipo di collegamento, di relazione) con il materiale,
[...]
La relazione tra spirituale e materiale esiste, è universale ed imprescindibile, il non credervi rappresenta una negazione dell'evidenza.
Se lo spirituale è 100% immateriale, la connessione con il materiale non mi pare (limite mio) sia un aggancio sfacciatamente "evidente": qual'è il punto in cui il materiale è connesso al non-materiale? Tale connessione è a sua volta materiale o non materiale? E come verificare ciò?

Citazione di: viator il 20 Giugno 2018, 21:23:15 PM
MA SI E'MAI VISTO UN CONCETTO OD UN ATTRIBUTO ASTRATTO, SPIRITUALE, IMMATERIALE CHE RIUSCISSE AD ESISTERE IN MANCANZA DI UN SUPPORTO FISICO, MATERIALE CHE LO SOSTENGA, LO INCARNI O LO ALIMENTI ??
Attenzione, se ora parli di "concetto o attributo astratto, spirituale" e non più di "ente spirituale", di cui si discuteva finora
Citazione di: viator il 18 Giugno 2018, 16:34:07 PM
non esiste ente spirituale che non poggi su di un qualche genere di "supporto" materiale.
tutto cambia... basta intendersi sul tema!  :)
La domanda comunque, secondo me, non è se "si sia mai visto", ma se sarebbe possibile vederlo, o meglio, come già chiedevo:
Citazione di: Phil il 18 Giugno 2018, 21:32:07 PM
Come escludere che non ci siano enti spirituali che non possiamo nominare, proprio perché essendo estranei a connessioni fisiche non possiamo (per ora) identificare?


P.s.
Se parliamo ancora di enti spirituali, ovvero, stando alla tua suddetta precisazione, enti "100% immateriali", le mie domande restano valide... se invece, strada facendo, "siamo" passati a "concetti, attributi astratti e spirituali"(?!), puoi anche ignorarle (senza nemmeno spiegarmi perché hai deviato il discorso altrove  ;) ).
#1736
Se ci mettiamo dal suo punto di vista, egli si reputa un "mendace funzionante" (esatto?), quindi si identificherà come tale e, conseguentemente, dirà di non essere tutte le altre combinazioni... 

Se io chiedessi al verace guasto: "sei un mendace guasto?", lui mi dirà si o no?  ;)
#1737
Citazione di: epicurus il 20 Giugno 2018, 15:25:20 PMMa un verace guasto dovrebbe dire il falso. ;)
Se non ho frainteso, un verace guasto dovrebbe credere il falso (essendo guasto):
Citazione di: epicurus il 02 Maggio 2018, 12:37:15 PM

Data è un verace guasto. Data crede il falso [...] e dice ciò che crede

se "dice ciò che crede", un verace guasto crede di essere altro (mendace funzionante) e lo afferma, in buona fede, reputandolo vero (è verace): "sono un mendace funzionante" o, compatibilmente, la frase che proponevi "non sono un mendace guasto" (frase che quindi non identifica con certezza solo un verace funzionante).
Ho capito bene?
#1738
Sdoppiando il piano del discorso in "piano reale" e "piano fittizio", il problema della presunta verità viene, in certi casi, anch'esso sdoppiato (in una sorta di "mitosi"): nel caso di (con)testi notoriamente fittizi (libri e affini), è facile riconoscere che il piano non è quello della realtà; tuttavia, in narrazioni o discorsi meno limpidi e decifrabili (citavo il "piano delle fake news"), oltre al problema di valutazione vero/falso si (im)pone anche la questione del discernimento reale/fittizio.

L'esempio che segue è sciocco, tuttavia, come sempre, mi affido al vostro intuito nel coglierne il senso fra le righe: se dico a un bambino "Babbo Natale è tuo padre!", il pargolo, pur prendendo subito per vero ciò che gli racconto (e già ciò ci agevola), potrebbe non orientarsi facillmente fra (guardando dal suo punto di vista interlocutorio) le verità del piano della finzione (ovvero "Babbo Natale è una leggenda, chi ti porta i doni davvero è tuo padre") e la verità del piano della realtà ("tuo padre, la notte del 24 dicembre, si veste da vecchio barbuto e porta regali a tutti i bimbi del mondo" oppure, se il fanciullo è avvezzo alle telenovele "il tuo vero padre non è quello in salotto, bensì il vecchio che ha lasciato il tetto coniugale per trasferirsi al Polo Nord ad allevare renne, etc."). 
Se a questa incerta scissione fra i due piani, aggiungiamo che il nostro piccolo filosofo potrebbe iniziare a dubitare che gli si stia raccontando la verità, ecco che l'intricarsi delle insidie degli scenari che deve ponderare gli farà rimpiangere la semplicità del valore cristiano del Natale (e neanche tanto: "la nascita di Gesù è vera in realtà o solo nella finzione narrativa della Bibbia? Falsa nella realtà e vera nella Bibbia? Vera nella realtà ma descritta in modo falso nella Bibbia?", potrebbe iniziare a chiedersi il piccolo esegeta...).
Se poi a questi due piani (reale/fittizio), in ognuno dei quali bisognerebbe distinguere vero/falso, aggiungiamo le ulteriori "proposte" delle varie interpretazioni (più o meno consolidate storicamente), ci si ritrova in un labirinto di specchi (nel senso che più si riflette e peggio è  ;D ) in cui, o ci si affida alla scorciatoia "la verità è ciò in cui riesco a credere", oppure trovare l'uscita-verità (se c'è) comporta probabilmente ardue peripezie, lungo cammino e... alte possibilità che il Minotauro risolva i nostri dilemmi con le sue corna (nel senso di restare infilzati dalle "corna del dilemma", come si dice in retorica).

P.s.
Se ci sostituiamo al bambino e, al posto di Babbo Natale, mettiamo una spinosa questione politica, un cruciale evento storico o addirittura immani questioni filosofiche, possiamo ben immaginare perché (precorrendo le annesse questioni epistemologiche ed ermeneutiche) Nietzsche ci abbia suggerito l'opzione-scorciatoia.
#1739
Tematiche Filosofiche / Re:Se il presente non esiste
19 Giugno 2018, 16:31:40 PM
@cvc
"Falso problema" non voleva essere irrispettoso per chi invece lo è, e seriamente, come nel caso di traumi e patologie a cui accennavi. Intendevo piuttosto che, secondo me, è un problema dalla soluzione così arbitraria (attimo presente, anno presente, etc.) da non essere un vero problema, soprattutto perché nasce dalla famigerata "sostantivazione" di qualcosa che sostanza non è (l'identificazione del tempo). 
Chi ha problemi con un trauma passato, li ha comunque nel presente, chi è ansioso per il futuro, lo è nel presente; credo che spiegargli questo sia il primo passo per aiutarli a superare quel decentramento nocivo.
Se non possiamo non vivere nel presente, allora viviamo in una realtà "unitemporale" (sempre e solo presente).


P.s.
Mi scuso per l'off topic sullo "spirituale".
Citazione di: viator il 19 Giugno 2018, 12:52:22 PMOvvio che se uno nella propria vita ha visto solo corvi neri giungerà alla conclusione che siano tutti neri, a meno di incontrare poi la smentita se gli si presentasse un corvo bianco. Infatti io ho chiesto di venir messo di fronte alla smentita della mia supposizione....saprò attendere.
Eppure l'unico modo per falsificare la tua supposizione è imparare a percepire la spiritualità non materiale (se c'è... e non possiamo saperlo!); per questo parlavo di (attuale) impossibilità. Tuttavia, se non siamo in grado di farlo, ciò non comporta che, come da definizione (suppongo), lo spirituale non possa essere anche 100% non-materiale. 
Affermare che lo spirituale è sempre connesso al fisico non tiene presente questa possibilità e si chiude in una tautologia: "possiamo percepire solo il percepibile", ma parlando di spirituale, (e non di corvi, sempre, in teoria, percepibili) ciò non rende giustizia proprio allo spirituale in quanto non (solo) percepibile.... in fondo, si tratta dell'atavico dilemma induzione vs deduzione.
La rilevante differenza rispetto ai corvi è, come accennavo, 
Citazione di: Phil il 18 Giugno 2018, 21:32:07 PMche qui, trattandosi di enti spirituali, le percezioni e la casistica sono in partenza deboli e problematiche
#1740
Perché non potrebbe essere un "verace guasto"? Crede di essere "mendace funzionante" (è guasto, quindi sbaglia tutto) e dichiara ciò che ritiene vero (è verace), ovvero di non essere un "mendace guasto" poiché si ritiene "mendace funzionante".
A questo punto, credo la soluzione sarebbe l'affermazione "non sono mendace guasto"... o no?