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Messaggi - Sariputra

#1726
Citazione di: Phil il 28 Agosto 2016, 12:00:43 PM
Citazione di: Sariputra il 28 Agosto 2016, 10:01:09 AMl'intuizione e le forme dell'Arte si avvicinano di più alla "conoscenza" del reale, a parer mio. Proprio perchè trascendono i limiti del linguaggio concettuale.
Se mi è concesso, vorrei prendermi la libertà di "ristrutturare" questa tua osservazione, non perché sia "fatiscente" (anzi!), ma proprio perché vorrei provare ad "abitarla" e, com'è noto, ogni inquilino "personalizza" sempre il suo "habitat" (non mi chiederai l'affitto, giusto? Confido nella tua ospitalità ;) ) Un elemento che eliminerei è l'intuizione (se intesa laicamente come balenare di una possibile verità): secondo me, è troppo vincolata a ciò da cui nasce (la mente, l'inconscio...) per essere ritenuta adeguatamente affidabile (intendiamoci, a volte lo è, e ci risolve persino alcuni problemi...). Per inciso, penso che nel silenzio alinguistico (di cui si è parlato in precedenza) non si intuisca, ma si esperisca. Che differenza c'è? Che l'intuizione, secondo me, convoca l'angusto problema della verità con più facilità di quanto lo faccia l'esperienza (ma ammetto che è una distinzione molto personale). L'arte si avvicina alla "conoscenza" del reale? Vorrei innescare al massimo la potenzialità di quelle virgolette, fino a tramutare "conoscenza" (parola gravida di concetti elucubrativi come soggetto/oggetto, verità, sapienza, etc.) in "esperienza". Ciò che infatti ritengo l'arte faccia accadere è l'esperienza, non una "comunicazione gnoseologica"... esperienza del vero? Solo se ci accostiamo all'arte ciecamente affamati di verità e quindi (auto)suggestionati dal desiderio di trovarla (finendo per vedere dappertutto le sue tracce...). L'arte e l'intuizione trascendono i limiti del linguaggio concettuale? Direi che hanno un loro linguaggio che non è quello logico: l'intuizione ci comunica "qualcosa" (che tuttavia non possiamo formalizzare logicamente in modo esatto), l'arte ci comunica un "input" che fa accadere l'evento estetico (la sua comunicazione quindi può essere solo parafrasata con parole e concetti, ma di per sé non è un "dire"...). Forse risponderei alla domanda dicendo che il linguaggio, anzi, i linguaggi dell'intuizione e dell'arte non hanno limiti concettuali (più che "trascendere" quelli del linguaggio formale: si tratta di linguaggi differenti, non necessariamente "comunicanti" fra loro). P.s. Forse abuso dei termini "accadere" ed "esperire", ma sono due parole "dinamiche" che arrancano nel tentativo di descrivere la temporalità del divenire, per evitare di cristallizzare la vita in monolitiche identità che si prestano alla rigida speculazione metafisica (nobile per storia, ma che ragiona solo in termini di "fotogrammi", incapace di comprendere, anzi, esperire il "filmato"...). P.p.s. Ecco, ora che ho "ristrutturato" la tua osservazione, mi rendo conto che ho trasformato un accogliente monolocale in una cuccia per cani... sarà per questo che non faccio l'architetto?!


Magari non sarai un grande architetto...ma come filosofo non te la cavi niente male!! :D :D  
Concordo con te : Esperienza definisce meglio che non intuizione. In realtà volevo scrivere Prajna , un termine sanscrito che però non ha un esatto equivalente nella nostra lingua (Conoscenza intuitiva? Visione intuitiva? Legato al meditare...), quindi "esperienza" ha un significato più vasto che non intuizione.
Anche sull'Arte e sul suo significato , con tutti i limiti che evidenzi, concordo. Infatti ho scritto :"l'intuizione e le forme dell'Arte si avvicinano di più alla "conoscenza" del reale.
"Si avvicinano" , ma non possono esaurire la conoscenza del divenire. Mi sembrano al momento gli strumenti meno spuntati, a parer mio, di cui disponiamo . Dei sussidi propedeutici alla famosa "esperienza". Non dispongono di un linguaggio logico, parlano la loro lingua, spesso meno arida di quella logica. E' un linguaggio "open" :D...creativo.
Apprezzo molto quel: "accadere" ed "esperire"sono due parole "dinamiche" che arrancano nel tentativo di descrivere la temporalità del divenire, per evitare di cristallizzare la vita in monolitiche identità che si prestano alla rigida speculazione metafisica (nobile per storia, ma che ragiona solo in termini di "fotogrammi".
Per caso hai tempo pure per ristrutturare casa mia, pesantemente decaduta e che dimostra tutto l'eterno passare del tempo?...In questo giorni avrei bisogno di qualcuno che mi aiutasse a riverniciare gli infissi delle finestre. Pago poco però...un prosecchino di Valdobbiadene o un caffè napoletano vanno bene lo stesso? Serviti dalla Vania naturalmente... :D :D :D  
#1727
Citazione di: paul11 il 28 Agosto 2016, 10:56:43 AMSariputra, Sai che quello che scrivo è armonico in grande parte anche alla spiritualità orientale, ma ti sfugge la logica dialettica Se penso che il mondo della sola natura esiste e tutto è divenire la mia autocoscienza si attacca necessariamente al divenire, costruendo il possesso.Persino la conoscenza diventa conquista, le case, il denaro, tutto ciò che è fisico e osservabile, diventa attaccamento ,così la mia stessa vita. L'errore delle spiritualità orientali, ma non era così in origine, è pensare che che si possa governare l'autocoscienza per il mondo IN-Sè-E-PER- SE':anche questa è una forma di egoismo, molto più sottile. La metafisica è necessaria per chiudere il cerchio, in senso orientale è come se un blocco energetico che si manifesta come malattia non riesce a passare per le linee energetiche Perchè capisce che se il movimento della conoscenza e dei sentimenti si ferma agli oggetti della materia che appaiono es scompaiono nel tempo, tutto è fatuo.Ma l'autocoscienza ferma il tempo . L'uomo non è solo cognitivo, ha una coscienza. Il divenire non è che non offre la conoscenza, non ho mai detto che la scienza contemporanea sia falsa, è utile e funzionale a scopi, ma non è la verità ciò che può fermare se si ferma al mondo in divenire, alla realtà che lascia dietro di sè solo vestigie e memorie che si perdono nelle nebbie dei tempi. E' la coscienza che fa vivere oltre il tempo, è lei che unisce il passato, il presente e il futuro offrendosi come intuizione alla ragione calcolativa e logica.. Quando riflettiamo si presenta l'autocoscienza e si relaziona alla conoscenza della ragione, è quì che emergono i movimenti contraddittori che l'autocoscienza deve dirimere. Se tutto passa e va e la ragione segue il movimento del divenire, l'autocoscienza ha registrato le nostre essenze fuori dal tempo e le correla ai movimenti della ragione.Cerca le costanti senza tempo che le variaibili delle apparenze despistano nel contraddittorio del finito. La logica, la ragione, l'autocoscienza e persino i sentimenti allora comprendono quella leggerezza dell'essere che gli impone di conoscere e di accettare la vita, ma di non finalizzarsi nel divenire della morte come fine del Tutto, poichè vi porterebbe i propri desideri, il possesso, la diversità e la frammentazione, illudendosi che il suo Ego sia unicità contro altre unicità frammentate di umani che vengono e vanno alla vita.

Mi sembra di capire che tu intenda la ragione come l'unica possibilità di portare il reale all'autocoscienza. Lo fa attraverso simboli e concetti che io invece definisco come interpretazioni delle cause e delle condizioni del reale. E non è vero, secondo me ovviamente, che se penso che tutto è divenire io mi attacco al divenire. Per esempio osservando il dolore inerente al divenire sorge disgusto, distacco dal divenire stesso. Qui  l'errore profondo è interpretare questo disgusto come prova dell'esistenza di "qualcosa" (anima) di natura sostanziale e diversa dal divenire che lo rifiuta e che se ne vuole liberare.
In realtà io vedo questa sensazione come operante all'interno del divenire stesso, in quanto, osservandola noto come l'Io prova disgusto perchè interpreta il divenire come una minaccia per la falsa idea di esistere in sé, come altro dal divenire. In realtà è proprio perchè tutto diviene che esiste una cessazione del dolore dell'Io.
In più non riesco a comprendere cosa intendi con "essenze fuori dal tempo". Sono per caso le Idee? Se attribuisci alle idee dell'Uomo, attraverso i tempi, un valore di assoluto non posso seguirti in quanto a me sembra che proprio le idee dell'uomo siano in continuo mutamento. Mutamento che coinvolge la morale stessa.
Se invece queste "essenze" si riferiscono alla logica e alla matematica, io non vedo contraddizione con il divenire, in quanto questo eterno mutamento segue una logica ferrea, la logica appunto delle sue cause e condizioni che lo mantengono in essere e lo costituiscono e che ovviamente non possono farlo precipitare nel caos.
E' vero, quello che scrivi è spesso molto armonico con la speculazione filosofica orientale, io lo interpreto molto vicino al sistema Samkhya di Isvarakrsna -Gaudapada, ma per certi aspetti anche molto lontano. Il radicale rifiuto della metafisica fa parte dell'Insegnamento di Gotama Siddharta ( il celeberrimo "Silenzio del Buddha") definita la "Giungla del teorizzare, il groviglio del teorizzare". Spetterà ai suoi seguaci costruirne una che porterà lontano dagli insegnamenti originali.
Anche la mia comunqua si può senz'altro definire come "teoria". AVrei dovuto coltivare il Silenzio... :D :D
#1728
Citazione di: acquario69 il 28 Agosto 2016, 07:34:46 AM
Citazione di: Sariputra il 28 Agosto 2016, 00:36:46 AM[/font][/size] [font=Verdanastando così le cose come dici tu qui sopra,secondo me vengono fuori un paio di contraddizioni;[/font] la prima e' che in questo modo questo eterno divenire sia contemporaneamente anche cio che e' (tu sopra citi,io vedo il divenire come unita' indissolubile,al che mi chiedo: come può infatti qualcosa di indissolubile,percio indivisibile in se stesso,divenire e quindi mutare?)...allora o l'uno o l'altro perché come può il divenire essere allo stesso tempo cio che e'? collegato a quanto sopra poi subentrerebbe anche la seconda contraddizione poiché il fatto di sostenere che non può esserci un principio,diventa implicitamente anch'esso un principio e questo secondo me mette in evidenza che al principio stesso e' impossibile sfuggire,il che ne denuncia la sua stessa esistenza,pur non riconoscendola.

Rispondo prima alla seconda obiezione.
Non può essere dato un principio a qualcosa che è eterno. Non c'è inizio e non c'è fine all'eterno mutamento. Qual'è il principio? 
Se per principio invece sostieni che una cosa è fondata in se stessa, allora sì, l'eterno divenire è fondato in se stesso. Fondato sulle sue cause e condizioni che lo trasformano ininterrottamente. E' una catena di produzione condizionata. 
Sulla prima obiezione invece ho scritto che l'unità indissolubile riguarda l'unione di materia ( intesa come Natura) e coscienza. La definisco indissolubile perchè, proprio come gli anelli di una catena, nessuna forma del divenire può sorreggersi da sola, ma acquista il suo senso solo nel legame con le altre cause e condizioni . L'Io cosciente è semplicemente un anello della catena.
La mente umana, che come giustamente scrive Paul, ragiona e usa la logica, definisce le forme del divenire, me è impossibilitata , per la struttura stessa del linguaggio, a concepire qualcosa di perennemente "fluido" e in continua trasformazione.
Per questo l'intuizione e le forme dell'Arte si avvicinano di più alla "conoscenza" del reale, a parer mio. Proprio perchè trascendono i limiti del linguaggio concettuale.
#1729
Citazione di: paul11 il 27 Agosto 2016, 11:11:43 AMSariputra, il divenire per cui tutto scorre è nel nostro destino. E' la constatazione di fatto di una mente che attraverso i sensi percepisce il mondo. Ma la ragione non si ferma all'osservazione, elabora. Non è possible che la ragione formuli leggi matematiche e fische, ovvero utilizza la logica formale e si fermi lì. E adatto che è la stessa ragione che costruisce quegli strumenti elaborativi per studiare e capire i fenomeni, non si ferma al momento empirico dell'osservazione del mondo.Questa è già metafisca, perchè come ho già scritto, noi vediamo il mondo, non l'equazione dell'energia o le formulazioni della termodinamica. La scienza è strumento metafisco dentro l'empirismo.Il suo errore e il nostro è fermarsi a questo solo movimento conoscitivo. E' l'autocoscienza che chiede alla ragione il senso. Se acettassi il divenire oltre a questa contraddizione dei domini, ci sarebbe un altro risvolto che amio parere non avete compreso, ma sottaciuto.Tutto è fondato sul nulla. Significa che la cultura è una vestigia del ieri che muta nell'oggi e obsoleta domani.Nulla è fermo perchè gli stessi pensieri, gli stessi paradigmi culturali poggiano su piedi di argilla. Quale sarebbero i paradigmi etici e morali dentro la politica e l'economia, quale teoria standard delle particelle fisiche vi sarà fra un secolo.Allora dall'atomos di Democrito alla teoria delle stringhe, tutto muta anche nel modello di rappresentazione del mondo ,che a sua volta muta il modello socio-culturale, che asua volta muta il nostro modello personale di vedere il mondo e noi stessi. Così diciamo di Democrito, oggi che fu bravo, ma superato, e domani diranno dell'oggi. Rimane il regno dell'indeterminata immanenza con l'illusione che la scienza determini i fenomeni e costruisca scienza. Ma tuto è falso, poichè muta autofalsificandosi, la verità inciampa nell'opinione e noi siamo banderuole al vento in preda a culture dominanti che nulla hanno di vero. Il risultato è l'accettazione del relativismo in cui il rapporto individuo-sociale- cultura oltre che al rapporto ambienetale uomo-natura è basato sul finalismo della funzionalità, ovvero una cosa è giusta perchè è utile a me e di nuovo emerge la particolarità e con essa l io come egoismo. Perchè nulla vi è di fondativo etico e morale, le spirtualità sarebbero illusioni per tener buona la gente, e la vera regola è la violenza che è già dentro nelle vestigia culturali che esplica le sue contraddizioni nelle guerre, poichè incapace di gestire attraverso un paradigma di verità e non di relativismo se stesso e il mondo. Quindi siamo animali pseudo culturali.Il finalismo è il potere e il denaro e dentro questa cultura se accettata è l'unica verità che rimane. E l'autocoscienza dovìè ,cose ne è di lei?.Mortificata. Allora l'uomo alienato, nella sua schizofrenica disputa esistenziale fra l'essere e l'avere del finalismo dell'utile e del menfreghismo, si rintana sempre più spesso nella sua solitudine raminga. La cultura diventa esibizione eloquente delle retoriche, ovvero imbonitori che devono convincere la gente, come i pastori di pecore che menano dalla stalla al pascolo e viceversa. E questo è l'uomo? Mi rifiuto razionalmente, autocoscientemente , esistenzialmente che quello che c iritroviamo come ragione e autocoscienza ci servano "per ucciderci"meglio" "per costruire un piano strategico di come fottere il prossimo" Solo l filosofia può avere l'esercizio critico di porre le domande nel contraddittorio delle culture secolari.

Postulare che il Reale è il Divenire non significa affatto fermarsi alla semplice osservazione di un'esperienza dei sensi. Nemmeno esclude la logica e la ragione,  che diventa lo studio delle forme , delle cause e delle condizioni che sostengono l'Eterno mutare di Tutto.  Però non si può subordinare la ricerca ( e qui non intendo solo la ricerca scientifica) ad un giudizio a priori, ad un pre-giudizio sulla natura e sul suo passare ininterrotto.Non possiamo dire che il Divenire non è vero ( nel senso che non è la Realtà ultima) solo perchè noi desideriamo in cuor nostro che non sia vero. Dobbiamo poi investigare in profondità questo divenire e vedere se veramente è negativo, sorretto e conducente al Nulla, come sostieni. Se una cosa è vera lo è indipendentemente dal giudizio , magari viziato dall'avversione o sostenuto dal desiderio, personale di noi. Brutalmente si potrebbe dire che il reale è indifferente al fatto che ci stia simpatico o antipatico per come appare.
Per es. prendiamo il Tempo che è il cambiamento stesso. Si presenta come nemico dell'uomo quando ci priva di ciò che amiamo, ma diventa amico quando guarisce una grave malattia, quando ripara le ferite dell'animo con la progressiva dimenticanza, quando lentamente lenisce un dolore. L' autocoscienza  che tipo di giudizio obiettivo può formulare sul Tempo? E' negativo? E' positivo? La risposta più razionale , a mio modesto parere, diventa: né positivo, nè negativo. Il tempo è...semplicemente il tempo. Tutte le cose sono semplicemente se stesse, ma quel loro "essere se stesse" non è dovuto al fatto che dispongono di una sostanza , o "anima", ma lo sono in virtù di cause e condizioni che le pongono in essere. Al mutare delle cause e delle condizioni, mutano anche tutte le cose ( compresa l'autocoscienza). Forse la mia valutazione risente di una sorta d'amore per la Bellezza del divenire  e niente ispira più della caducità, L'amore stesso ha bisogno della caducità. Come potremmo amare i fiori che a Maggio sbocciano sui ciliegi se prima non fosse passato il freddo inverno? Che amore profondo sgorga osservando un figlio che , piano piano, cresce o un vecchio che, pian piano, muore.
C'è una "sacralità" profonda, rabbrividente, nel divenire di tutto. Una sacralità però che non è esterna ad esso. Non è uno spirito che osserva il passare delle cose e ama o soffre. E' il divenire della natura stessa ( qui per natura intendo TUTTA la natura, compreso l'uomo con il suo pensiero e la sua coscienza) che ama e soffre, che crea amore e dolore. Perchè se noi, esseri naturali dotati di ragione e coscienza, amiamo e soffriamo non è proprio per mezzo di noi che la natura ama e soffre in se stessa? Prendiamo una moneta. Una moneta dispone di due facce. Ossevandole si può dire che siano opposte l'una all'altra. Se mettiamo l'effige della coscienza da un lato e quella della natura dall'altro, non otteniamo proprio visivamente l'idea che abbiamo della Realtà? Però le due facce sono un'Unica moneta, sono costruite nella stessa lega, partecipano dello stesso movimento se le gettiamo in aria, cadono insieme...
Io vedo il Divenire come unità indissolubile di coscienza e materia e la lega che lo forgia la "sete d'esistere" o "volontà d'esistere". Una volontà cieca , quasi brutale, indifferente alle ragioni dell'Io personale, costretta ad andare eternamente avanti per le stesse cause e condizioni che la costituiscono ma, nell'uomo che la pensa, si pensa; nell'uomo che ne è cosciente, è cosciente di questo suo stato e ....( non prendetemi per folle visionario, sono solo un inadeguato esteta...) ne soffre, amandosi disperatamente.. Per questo ,alla Natura che in eterno si trasforma, donerei il nome  "Il Vivente".
Non degrado l'uomo  partecipandolo dell'eterno mutamento, ma lo innalzo come colui che rende vivo e cosciente l'eterno mutare delle cose.


P.S: In pratica ho tentato di fondere, in un tutt'uno inscindibile, Coscienza e Materia. Si potrebbe dire che sostengo la "spiritualizzazione" della materia ( anche se odio il termine "spirito") o la "materializzazione" dello spirito ...( e non sono ancora ubriaco!... ;D)
#1730
Paul,
ma accettare il Divenire come Reale non semplifica le cose ? Accettare che proprio l'impermanenza di tutte le cose sia "Vera" e l'immagine che se ne da la mente invece illusoria, non ci libera dalla necessità di postulare l'esistenza di una sostanza eterna metafisica? Se accettiamo che tutti i fenomeni di cui siamo coscienti insorgono e decadono per cause e condizioni dipendenti tra loro e che i processi coscienti di contatto con questi fenomeni transitori sono a loro volta soggetti a nascita e morte non porta a vedere il Tutto-che-muta come unità con la nostra stessa esperienza cosciente? Paragonabile ad un fiume infinito che non ha sorgente né foce e di cui noi siamo illusoriamente, per ignoranza della mente, spettatori quando invece ne siamo immersi come tutto ciò che esiste? Assumere la sensazione della coscienza di sè come sostanza eterna e immutabile crea inevitabilmente dualità tra autocoscienza e "mondo" a parer mio. Quando invece la constatazione che la coscienza non ha esistenza autonoma  ma sorge sempre in dipendenza da...mi farebbe istintivamente e intuitivamente sentire parte di questo processo di insorgere e decadere continuo e ininterrotto.
L'unica verità direttamente esperibile dai nostri sensi  e quindi dalla nostra coscienza è che tutto passa, il resto mi appare solo come rappresentazione mentale, disegno, trama e ordito dell'attività cerebrale, un telaio e un filato che magicamente prende la forma che il suo tessitore ha sognato. Se osservo la vita non vedo da dove viene e non vedo dove va. Proprio come un fiume che scorre senza inizio nè fine, sapendo poi che anche il fiume è solo un mio filato, una mia rappresentazione. E' chiaro poi che , essendo tutto impermamente, si rivela il carattere insoddisfacente della vita che sperimentiamo. Insoddisfazione che trova il suo fondamento nell'attaccamento all'idea di permanenza , di sostanza,  di anima che è altra dal flusso del cambiamento, quando invece questa idea potrebbe avere come base la volontà, la sete di esistere e perpetuarsi in eterno del Divenire stesso?
Quindi, riassumendo: Nessun Dio, nessuna anima, solo il sibilo del vento sulla bruna tomba. Alziamo la coppa Paul , Phil  e Giona e anche tu Aniel...che presto l'eterno mutare farà coppa dei nostri teschi...
( Questo fa molto Khayyam ma mi sembra una buona uscita...non trovate? :) )
#1731
Paul
Il problema diventa poi definire la natura di questo Uno-Dio assoluto. Se la manifestazione è così contradditoria alla nostra ragione, e quindi anche alla nostra anima, sorge questo interrogativo:
Questo Assoluto spirito è buono o malvagio?
E' satchitananda (essere-coscienza-beatitudine) o  una Malvagia Volontà di potenza ( malvagia relativamente al nostro pensare e soffrire ovviamente)?
Questo per richiamare anche la testimonianza di Aniel:
NON DELLA MENTE:  DEL 'CUORE' !! (apertura del plesso solare) per esempio. Vogliamo iniziare ad aprirlo allora, questo cuore? 
Io stesso sono un fautore delle ragioni del Cuore ma non mi sentirei sicuro di affermare che dal "Cuore" esca solo Amore...purtroppo!!
#1732
@ Paul11

Mi sembra di capire, dimmi se sbaglio, che vedi tre "agenti" all'opera:
L'Io o Ego grossolano, per così dire, preposto a soddisfare i bisogni e adeguarsi al mondo.
L'anima che è il ponte,  il mediatore la definisci, fatto  di ragione e intuito, che lavora per "educare" l'Ego e facendo questo dare un senso, un significato al proprio divenire nel mondo.
Lo spirito che è altro dal divenire , che non entra nel flusso del divenire (il famoso Essere filosofico ) ed è essenzialmente Autocoscienza.
Pensavo, sbagliando, che avessi una visione simile a quella cristiana ma questa frase rivela invece un altro punto di vista:
dopo la morte l'anima porta allo spirito l'essenza di quella persona al proprio essere eterno ,preesitente, lo spirito.

Come certamente sai la visione teologica cristiana non ammette che lo spirito individuale sia pre-esistente alla nascita fisica dell'individuo. Dio e i genitori concorrono insieme alla creazione del nuovo essere nella sua interezza di spirito e materia.
Lo spirito che non entra nel mondo, pre-esistente al mondo, eterno, lo vedi, mi par di capire, come colui che tira le fila finali del lavoro dell'anima chiamata a relazionarsi con tutto ciò che non è spirito, ossia con la contraddizione dell'apparente divenire di se stessa. In più l'anima ha il compito di "traghettare" nella dimensione dello spirito l'ego personale, via via "purificato" dalla ragione, così che lo spirito possa assumere in sé l'intera persona, con i suoi ricordi, i suoi atti, i suoi principi,ecc.
 Scusami se tento di fare un riassunto sommario.
Ma l'agente eterno , lo spirito o l'Essere che dir si voglia, lo vedi creato da una divinità? Perchè se come sostieni è eterno, presistente, non può essere creatura.
E' unico e assume in sè le varie anime individuali, come un cesto che raccoglie le individualità ? In questo caso sarebbe Dio, ma non il Dio cristiano.
Paul e Sari  hanno anime diverse ma uno stesso Essere? Oppure hanno esseri diversi? 
Il tuo scritto bene esposto ( all'1.44 di notte!!!...ma come fai? ???) mi fa sorgere più interrogativi che risposte.
Il che è una cosa molto positiva... :)
#1733
Citazione di: paul11 il 25 Agosto 2016, 22:08:34 PML'io sono è una constatazione, a mio parere confondi l'Ego con l'autocoscienza Lambiguità del pensiero orientale è proprio quel "vivere tirandosi fuori", quel "mezzo" vivere etericamente nel mondo.L'anima è personale, renderla impersonale è di nuovo ambiguo,Non c'è assenza se prima non c'è presenza. L'evoluzione della propria autocoscienza che matura la sua anima passa nella vita dentro le contraddizione. Il silenzio è la sintesi delle essenze è il sapere che viene dalle conoscenze esperite,è la sintesi che viene dall'analisi. Diversamente :a che servirebbe allora a vivere , a essere nulla ?

Io non riesco a vedere separazione tra Autocoscienza ed Ego. Mi sembra di osservare un unico processo in atto. Anche tecnicamente viene definita come "la conoscenza che l'Io ha di se stesso".
Certo che questa terminologia ( Io, Ego, se stesso, me stesso, autocoscienza) rischia di confondere. Preferisco di gran lunga la sintesi che ne fa la teologia cristiana con il semplice termine "anima". 
In effetti, anche nella pratica meditativa, o di introspezione, finanche nella preghiera si nota solo che " il pensiero sente che sta pensando". Se l'anima è formata dal pensiero e da tutte le pulsioni consapevoli e inconsapevoli  della mente è una presenza alquanto "ballerina" e mutevole. Questa autocoscienza come "centro unificatore" dell'essere può avere una valenza psicologica e biologica , ma definirla come un'entità sostanziale che sopravvive al mutare delle cose che si riflettono in essa è un'altra cosa, che a parer mio implica solo un atto di fede.
E' vero che la spiritualità orientale da l'idea di un "volersi tirare fuori" ma questo avviene perchè parte da un presupposto esistenziale per cui la vita viene percepita sostanzialmente come sofferenza e tutto il cammino è rivolto alla liberazione da questa, nell'estinzione del dolore nirvanica o nell'assorbimento nell'Assoluto al di là di ogni illusione dolorosa.
Che tutte le varie forme di spiritualità, sia le abramitiche con il monoteismo, che le orientali abbiano prodotto pochi sostanziali cambiamenti migliorativi nell''uomo è una questione interessante da studiare. Tu definisci le orientali un"aspirina" , ma non la soluzione del problema. Però non c'è ancora nemmeno una diagnosi concorde su qual'è la malattia spirituale dell'uomo. In definitiva non sappiamo ancora cos'è l'uomo. A meno che...non si assuma una particolare fede e ci si dia le risposte in base a quel credo (fede anche nella scienza...).
Resto dell'idea che separare l'autocoscienza dall'ego sia come separare, in un albero, le radici dal fusto.
#1734
Il problema , rileggendo il brano riportato da Aniel su Nisargadatta, che ho letto e riletto tanti eoni fa nella traduzione di Grazia Marchianò, è la difficoltà per noi occidentali, influenzati fino al midollo dalla concezione greco-cristiana  dell'esistenza, anche di dare la corretta interpretazione ai termini e alle frasi del vecchio tabaccaio di Bombay. Per es. , come giustamente fa notare e chiede Paul, cosa significa "anima" per Nisargadatta ? Anima è un concetto platonico che il Vedanta non identifica con la stessa esperienza. L'anima , nella nostra visione è "noi stessi". Impensabile vederla come qualcosa di impersonale, privo di ricordi di ciò che è stato e di ciò che ha fatto, pena il decadere stesso della necessità della Rivelazione di Cristo. Nisargadatta invece, coerente con l'idea hindu, non identifica l'anima con l'IO sono e infatti afferma: Io sono...Quello! (Tat tvam Asi-Tu sei Quello).in cui l'Io non gode di natura propria ma è solamente specchio su cui si riflette ...Quello. E' una differenza radicale con la nostra visione filosofica.
E infatti: "L'immortalita' significa liberta' dalla sensazione di esistere,dall' IO SONO' ". Ora mi sembra che la morte sia un problema proprio per quell'IO sono, che ha la consistenza di un sogno, di un'illusione per Nisargadatta, non è certo un problema per l'eventuale  atman impersonale destinato a partecipare dell'assoluto cosciente, pieno di gioia e beatitudine (Satchitananda) il famoso Brahman, anelito eterno della speculazione metafisica induista. Addirittura l'intero "mondo" è illusorio per il tabaccaio indiano ( Maya), c'è solo l'Atman che deve scoprire di essere nient'altro che Brahman stesso. Tralasciando il problema filosofico, evidenziato dai filosofi buddhisti, sul perchè questo Atman, che è l'Assoluto stesso,  nasconda a se stesso la sua stessa natura ( problema a cui Shankara tenterà di dare risposta , secondo me, in maniera non del tutto convincente,e alla fine  quasi accettando il Velo di Maya come un mistero, un gioco , un diletto dell'Assoluto stesso che amerebbe "uscire" ed "entrare" in sé continuamente, se non fosse che  la natura dolorosa  di Maya pone l'interrogativo sul perchè allora l'Assoluto amerebbe soffrire...) il fatto che l'Io sono sia illusorio comporta il suo completo annichilimento, la morte totale, il game over dell'attuale esperienza cosciente. Infatti Nisargadatta afferma, coerentemente con Shankara e tutto l'Advaita Vedanta: "Scompare soltanto la coscienza di se'."
La domanda successiva che mi verrebbe , se fossi l'intervistatore, di porgli sarebbe: Se la coscienza di Sari scompare...di cosa stiamo parlando?
La risposta inevitabile sarebbe: DI Qualcosa di reale che esiste, fuori da ogni tempo, che non è Sari.
Domanda: E allora dov'è andato Sari?
Risposta: Sari è un'illusione di maya, è scomparso, è svanito come un sogno.
E questo non è annichilimento totale  di Sari? A che giova al povero Sari sapere che c'è un principio eterno immortale, privo della sensazione di esistere, anzi , come dice Nisargadatta, "libertà dalla sensazione di esistere", di cui non può fare parte? Quando il povero Sari illusorio deve sprofondare per sempre nel nulla? E' Sari che vuole vivere, l'atman, se esiste, chi lo ha mai visto?
#1735
Sì , lo so che posso "intrufolarmi" liberamente, ma ...mi piace fare il gattone timido :)! ( a volte...).
Una cosa che hai scritto e che condivido è
 "la ragione e la coscienza non troverà mai un barlume di verità sul significato della vita, del perchè esistiamo e quindi moriamo dentro un tempo in divenire."

E questa può essere una profonda disperazione della persona umana intesa nella sua pienezza, di anima e corpo, nel senso più nobile del termine. Perchè un conto è ragionare astrattamente di essere o divenire, anima e materia, ecc. un conto è la nostra solitudine esistenziale di fronte a questo abisso che ci è davanti. La mente ha le sue ragioni, ma anche il cuore ha le sue e, parafrasando una canzone, "Quando si fa sera muore d'amore...". Penso spesso che sia opportuno, a volte, staccarsi dal continuo e incessante indagare della mente e lasciare spazio alla possibilità che la Vita ci parli, ponendosi con umiltà di fronte ad essa, non pensando di essere intelligenti, saggi, filosofi, ecc. ( cosa che mi è difficile, lo ammetto, la mia presunzione è enorme... enorme come la mia ignoranza) ma con quel famoso "sguardo di bambino" aperto alla Meraviglia. Come il guardare tutte le cose per la prima volta, proprio riscoprendo, se possibile, quel candore che abbiamo perduto. Allora le piccole, ordinarie cose e insieme ad esse il Silenzio così pieno della Natura, a volte mi svelano, per qualche attimo, l'arcano. In quell'attimo non sento il bisogno di "senso", di significato, mi sembra, forse illudendomi, che io stesso sono quel senso , quel significato.
Allora non penso alla morte, alla mia fine, sento che tutto è giusto così, che non c'è altro da chiedere e che anzi, sono grato alla vita, degli innumerevoli attimi di bellezza che ho potuto gustare, in cui ho vissuto e ho avuto parte. Sono stato anch'io, per attimi, questa Bellezza prima che il pensiero, la ragione mi portasse nuovamente lontano, mi estraniasse , mi rendesse "altro", isolato dal Tutto.
E' come quando hai vicino una persona e continui a interrogarti: Mi ama? Non mi ama? Perchè fa così e non colà? Perchè è così e non in quell'altro modo? Se smetti un attimo di pensarci e lasci  vivere la sua presenza, allora forse potrai vedere i tanti piccoli gesti d'amore che quella persona ti riserva, con i suoi limiti di creatura, con i sacrifici che fa per te, ecc. Allora smetti di interrogarti , lasci andare la ragione e puoi finalmente vedere l'amore. Quindi un trovare lasciando andare, avere le mani vuote, per così dire, per poterle riempire di lucciole...
#1736
Citazione di: Gibran il 23 Agosto 2016, 11:20:34 AMSariputra, fai una prova: stampa questa pagina, aspetta 10 minuti, fatti un caffè o fumati una sigaretta seduto in poltrona: quindi leggila. Forse ci potrebbe essere maggiore possibilità a non saltare le righe. (E' stato dimstrato da ricercatori americani che la maggioranza delle persone saltano interi periodi nel leggere sullo schermo del computer.) 1) Quando leggi tieni conto dei riferimenti? [Cit.] "Questo io lo chiamo franchezza, apertura e buona volontà. Se non sento che ci sono queste tre qualità allora divento scorbutico e mando a quel paese l'interlocutore come ho fatto con Sariputra (spero mi abbia perdonato (:-)) " Questa frase io l'ho scritta in riferimento alla risposta di Phil dove lui osservava, giustamente, che la conversazione si incaglia sulle opinioni personali. Per rispondere a questa osservazione di Paul ho introdotto l'argomento su come bisognasse impostare la discussione in modo che il discorso non si incagliasse, cioè ho fatto un discorso sul metodo, che ho ribadito e precisato nei paragrafi successivi. Quindi – in riferimento a quanto sopra – ho detto: "cominciamo da qui: rispondi come prima cosa a queste due domande e poi da lì procederemo. Questo io lo chiamo franchezza, apertura e buona volontà." Questo significa, se tieni conto del riferimento, che io considero franchezza, apertura e buona volontà quando uno in un dialogo risponde punto per punto alle domande dirette che gli vengono poste. E ho detto questo perché varie persone, tra cui recentemente lo stesso Phil, avevano evitato questo. Si può evitare una domanda perché la si considera superflua ma in un dialogo è sempre educato e opportuno rispondere alle domande di chi ti sta di fronte. Se non lo fai ti stai sottraendo alla discussione come qualche volta ha fatto Phil, cosa che per esempio anche Verdeidea ha notato e ha chiamato "avvitamento". Tutto il dialogo tra me è Phil era improntato a una cordiale, pungente ma corretta ironia, cosa di cui Phil è maestro, e anch'io ho voluto rispondere sullo stesso tono. Mi dispiace ma tu sei prevenuto e hai completamente travisato questo tono. La frase successiva è un esempio del mio tono ironico e scherzoso, nonchè conciliativo e autodileggiante: mi sono infatti chiamato scorbutico dando di me stesso una immagine negativa. La frase che tu aggiungi sotto: "Da uno che ha scelto come pseudonimo "Sariputra" mi aspettavo una conoscenza più approfondita del buddismo." E' presa da un contesto completamente diverso e va intesa riferita a quel contesto. Era la risposta a questa tua frase: [cit.] "Se anche un solo muslim vivesse la sua vita senza odio, egoismo e illusione e si attenesse ai precetti, riti e dogmi della sua [font=Garamond","serif]particolare[/font] religione, sarebbe sufficiente per affermare che quella religione può produrre del bene." Quindi il significato di quella mia risposta che evidentemente ti ha urtato, è: il Buddha non ha mai affermato che i riti producano il bene, al contrario ha sempre sostenuto che sono inutili alla liberazione della mente. Dato il tuo presupposto, ho dato per scontato che tu fossi familiare con l'insegnamento buddista. Ma è evidente da quella tua affermazione precedente che le cose non stanno così. Se invece di reagire emotivamente avessi letto con calma la mia risposta forse avresti potuto capire che il miglior modo di rispondermi, se non eri d'accordo, era quello di mostrarmi, magari citando testi buddhisti, che invece il Budda sosteneva che i riti producano il bene. Quindi in conclusione anche questa tua risposta non è in realtà una risposta diretta ma un altro "avvitamento". [Cit.] "Noi qui discutiamo le idee e non valutiamo le persone che discutono." L'esempio di cui sopra mostra chiaramente come tu NON abbia discusso le idee, ma hai evitato di discutere se il Buddha avesse o no reputato utili al bene i riti. La valutazione che ho dato di Phil era sempre nel tono scherzoso che si è instaurato tra noi, tono che la tua eccitazione emotiva ti impedisce di comprendere. Bisogna sapere sorridere di cose come: "Ti do 7 in logica e 3 in psicologia" [Cit.] "Ti diamo continuamente risposte e tu continui a scrivere che non rispondiamo adeguatamente ( forse perchè non rispondiamo come tu vorresti?)." Ribadisco l'esempio di sopra per farti notare come tu non abbia risposto, in quel caso. Ma la cosa più in portante è che anche qua il riferimento era ad altre persone. Io ho detto molto chiaramente a Phil, che Paul non aveva mai risposto alle mie domande dirette. Se vuoi ti copio tutte le domande dirette che ho fatto a Paul (sono veramente molte!), e anche a qualcun altro, e così tu sarai in grado di spiegarmi se Paul abbia risposto o no. [cit.] "Tu "senti" che manco di apertura, franchezza e buona volontà. Io invece "sento" che tu difetti di rispetto per l'interlocutore. Chi stabilisce quale "sentire" è più veritiero?" Ancora una volta ti inventi cose he non ho mai detto e questo perché trascuri i riferimenti. Spero che abbia stampato la pagina come ti ho consigliato e che quindi riesca a leggere con più attenzione e meno emotività quello che scrivo.

Figliolo ( visto che dici di aprezzare l'ironia uso anch'io questo tono)
Io non "devo" rispondere alle tue domande e quesiti. Pensi di essere il maestro e io l'allievo che deve per forza darti una risposta?
Se ritengo che la risposta non è funzionale al mio discorso non mi sento in obbligo di risponderti, perchè quando scrivo io non penso solo a te ma a tutti quelli che possono leggere o intervenire sul tema. In più cerco uno sviluppo coerente al mio scrivere, non dimenticando, se possibile una certa "eleganza" espositiva, se ci riesco.
La risposta sui riti e sul Buddha non era pertinente sul tema dell'Islam come religione, almeno io non l'ho ritenuta tale, e quindi non AVENDO OBBLIGHI verso di te l'ho ritenuta non necessaria all'insieme prodotto e che già avevo definito in altra parte. Questo non è una conversazione a due ma un forum, uno spazio aperto, una piazza. Quindi mi sforzo di produrre qualcosa che attiri e interessi la maggior platea possibile e in secondo tempo, ma solo in secondo tempo, di cercare di rispondere personalmente a tutte le domande.
Non mi interessa se si riferisce a me , o ad altri la tua sagace :( ironia ma nell'ironia si dovrebbe evitare di dare assurde valutazioni personali ( tipo simpatia tot-intelligenza tot.).
Ripeto ancora la parola chiave : Rispetto, rispetto, rispetto...
Conosci la definizione del termine rispetto? ;D Spero che apprezzerai anche tu la profonda e sottile ironia di questa domanda...
AH...il caffè era ottimo ( fatto con la moka napoletana ovviamente.... ;))
#1737
Paul11 scrive:
Non basta risponder  e che tutto si trasforma, perchè la fisica ha risposto ad UN tipo di energia che esclude ragione, mente,coscienza, ovvero tutto il valore aggiunto che la natura non ha.

Qui , se mi permetti di intrufolarmi nel dibattito, si pone , a mio parere, il punto nodale. Mi sembra che affermi con decisione la dicotomia tra ragione, mente e coscienza e la natura.
Me se ci fosse questa autonomia della mente e della ragione dalla natura, perchè al deteriorarsi materiale del cervello causa malattia, demenza, vecchiaia,ecc. decade anche la ragione, la mente e inevitabilmente la coscienza di sè ( di sè almeno come "colui che ricorda cosa è stato nel tempo")? E' questo che non riesco a spiegarmi. Se la mente con le sue funzioni fosse autonoma, altra cosa dalla natura, subirebbe senz'altro l'inevitabile degrado dato dal tempo, ma resterebbe sempre in lei il ricordo di "cosa sono stato nel tempo" perchè senza il ricordo di sè nel tempo come differenziamo quest'"anima" da qualsiasi altra "anima"? La dicotomia tra anima e natura ( prakrti e purusha dicono in India) assoluta pone molte difficoltà, a mio modesto parere, e non può nascondere un istintivo, inconscio senso di disgusto verso la materia/natura e quindi il sentirsi "altro da tutto questo"?  Non è un caso forse che le tre religioni monoteistiche abramitiche, ma non solo, pongano sempre l'accento sul non appartenere alla Natura, l'essere altro da essa, vista come "sporca", "bassa","animalesca" in senso dispregiativo e il seguire le sue leggi come "peccato", come un separarsi dalla Purezza del Totalmente Altro dalla povera Natura? Che è sì creata, dono , ma per essere usata e sottomessa? Un giudizio sostanzialmente negativo sulla Natura? Un sentirsi qualcosa di diverso che può nascondere anche la presunzione di superiorità dell'uomo? Come dirsi: se io sono diverso dalla natura, se non partecipo del suo destino, sfuggirò certamente alla morte, che riguarda solo la natura, non certo io che la osservo. Ritorna dalla finestra la Grande Paura dell'essere, che è fondamento del suo agire e che pensava di aver cacciato dalla porta?
#1738
Citazione di: Gibran il 23 Agosto 2016, 08:17:09 AMSariputra, oggi ho da fare e non il tempo di rispondere, e neppure nei giorni a venire, ma due cosette le devo proprio dire: [Cit.] " mi accingo a rispondere sinteticamente ai quesiti:" Quali quesiti? Non sai distinguere una affermazione da un quesito? [cit] 1)Siete in grado di capire le mie argomentazioni che richiedono un'intelligenza media, nulla di eccezionale ? Sì, sono in grado di capirle e penso proprio di averle capite, nonostante sia tardo di comprendonio. Ma quando mai ho fatto questa domanda? Ma non ti accorgi che ti sei inventato tutto? Hai completamente frainteso, cioè capito al contrario una mia affermazione, e l'hai trasformata non capisco proprio perché in domanda. Meno male che "scripta manent". Allora rileggiti cosa ho scritto: "e in tutta sincerità le mie risposte mi sembrano all'altezza di persone di media cultura e di media intelligenza. Non credo che il livello culturale e intellettivo tuo o di Phil non vi permetta di capire le mie argomentazioni..." Dire "NON credo che il tuo livello culturale e intellettivo NON vi permetta di capire" – vuol dire che io non vi reputi in grado di capire? [Cit.] "2) Condividete le mie opinioni nonostante le vostre difficoltà intellettive , che mi deludono assai?" Di nuovo: dove avrei fatto questa domanda? Vedo che hai grandi capacità di immaginazione, e ti inventi cose che non ho mai detto. [Cit.] "3) Credete possibile una pura intuizione solamente legata all'osservazione e svincolata da qualsiasi riferimento culturale, libro, tradizione, condizionamento, ecc.?" Anche qui: mai fatto questa domanda. E mi fermo qui dato che se non ci si intende su questo è perfettamente inutile andare avanti. Buona giornata
Gibran
tutti i tuoi scritti hanno questo tono e visto che affermi "scripta manent" :

Questo io lo chiamo franchezza, apertura e buona volontà. Se non sento che ci sono queste tre qualità allora divento scorbutico e mando a quel paese l'interlocutore come ho fatto con Sariputra (spero mi abbia perdonato (:-))
Da uno che ha scelto come pseudonimo "Sariputra" mi aspettavo una conoscenza più approfondita del buddismo.
Non sai distinguere una affermazione da un quesito?

Questi sono solo tre perchè non ho tempo e voglia di spulciarmi tutti i tuoi interventi.
Ti fai continuamente giudizi e valutazioni personali sugli interlocutori e la valutazione è sempre in riferimento al tuo supposto stato di consapevolezza.
Noi qui discutiamo le idee e non valutiamo le persone che discutono.
Ti diamo continuamente risposte e tu continui a scrivere che non rispondiamo adeguatamente ( forse  perchè non rispondiamo come tu vorresti?).
Tu "senti" che manco di apertura, franchezza e buona volontà. Io invece "sento" che tu difetti di rispetto per l'interlocutore. Chi stabilisce quale "sentire" è più veritiero?
Le domande le ho condensate e non sono letteralmente quello che hai scritto. Ritengo però di aver colto il significato. O non è così?
Ritengo anch'io che sia perfettamente inutile continuare a discutere con te, non lo trovo costruttivo, per nessuno dei due.
#1739
Riflessioni sull'Arte / Re:Poesie lette
22 Agosto 2016, 23:55:50 PM
Grazie Jean e ben ritrovato
Ho ascoltato le poesie di Khayyam che mi hai linkato e concordo con te sulla voce del Pieri, tra l'altro la trovo particolarmente adatta al pathos Omariano, anche se io ci avrei messo un pizzico di sapore ironico ...gusti personali comunque. Ottimo lo stesso!!
Lascio questa  , non l'ho trovata letta da qualcuno, me è per ricordare...

Poesia di Peppino Impastato
Passeggio per i campi
Passeggio per i campi
con il cuore sospeso
nel sole.
Il pensiero,
avvolto a spirale,
ricerca il cuore
della nebbia.
#1740
Citazione di: Phil il 22 Agosto 2016, 22:02:12 PMNo, e penso che se non ci fossi io, e nemmeno tutti gli uomini, un albero che cade produrrebbe sempre un suono... e, suppongo, l'universo andrebbe serenamente avanti anche senza di noi che lo studiamo e ci filosofeggiamo sopra...

Da quel che si sa lo ha fatto per qualche milione d'anni, prima della comparsa dell'uomo sulla Terra. Tutto filava liscio..è stato proprio l'uomo, da quando si è messo a studiarci e filosofeggiarci sopra, a cominciare a mandarlo in malora... ::)
L'arcano mi sembra però di facile soluzione: Se l'albero cade in una foresta, luogo brulicante di vita, una moltitudine di esseri senzienti sentiranno il suono e....ne saranno spaventati.