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Messaggi - iano

#1786
Tematiche Filosofiche / Re: Essere ed esistere
03 Luglio 2024, 16:51:56 PM
Citazione di: Donalduck il 03 Luglio 2024, 16:02:27 PMNon ho nessuna intenzione di fare il "reverse engineering" delle tue elucubrazioni. Se hai degli argomenti per negare che hardware e software siano su piani ontologici diversi sei invitato ad esporli, qui lo spazio non manca. Scusa se sono un po' brusco, ma simili atteggiamenti uccidono qualunque discussione.
Non è così credimi.
Quello che tu mi chiedi l'ho fatto più volte in questo forum, ma senza ricevere alcun riscontro, per cui mi sono convinto che non sono bravo a spiegare la cosa.
Inoltre credo che si tratti di un argomento molto importante, visto l'uso distorto che se ne fa in continuazione, perchè tu possa accontentarti delle mie parole.
Al massimo posso darti un incipit, indegnamente, per stuzzicare il tuo interesse.

Un telaio per tessitura dell'era industriale faceva sempre lo stesso tessuto.
Per fare un diverso tipo di tessuto occorreva costruire un nuovo telaio, finché qualcuno ha capito che era sufficiente fare delle modifiche reversibili nel primo telaio.
Queste modifiche venivano comandate attraverso schede perforate. Le stesse schede con la stessa funzione vennero usate nei primi computer.
Il telaio stesso è stato il primo computer.
il computer perciò venne definito come macchina universale, cioè una macchina che conteneva dentro di se più macchine, ognuna attivabile a comando (software).
Ma di piani ontologici distinti ne hai ancora intravisti?
Sommando più macchine in una, complicandola in tal modo, è cambiato qualcosa di fondamentale?

Certo, se noi di computer non ci capiamo , ci addestreranno ad usarlo spiegandoci che c'è un software e c'è un hardware, ma non ci spiegheranno come è nato un computer e perché si distingue fra software e hardware, perchè ciò non ci serve per usarlo.
In sostanza usare il software significa cambiare macchina, cosa che si può fare in tanti modi, ad esempio scendendo dalla spider per salire sul trattore. :)
#1787
Tematiche Filosofiche / Re: Essere ed esistere
03 Luglio 2024, 13:47:42 PM
Citazione di: Donalduck il 03 Luglio 2024, 13:16:33 PMMa se la scienza comincia a proporsi come visione del mondo pretendendo di sostituirsi alla filosofia, e sostenendo che le uniche cose che "davvero esistono", ossia ciò da cui tutto ha origine, sono i fenomeni fisici non va bene per niente. In questo caso, oltre a uno sconfinamento in aree del sapere che non le competono, è anche millantare una conoscenza che la scienza non ha per nulla.

Temo che succeda più spesso il contrario, e comunque gli sconfinamenti sono sempre i benvenuti, almeno finché non ci evolveremo nelle due specie distinte degli scienziati e dei filosofi.
Non dimenticare che le specializzazioni sono una necessità, non una cosa desiderabile, e che una volta questa distinzione fra filosofi e scienziati non esisteva.
#1788
Tematiche Filosofiche / Re: Essere ed esistere
03 Luglio 2024, 13:30:34 PM
Citazione di: Donalduck il 03 Luglio 2024, 13:16:33 PMNon direi proprio. I diversi stati di per sé non ci danno nessuna informazione sulla ragion d'essere del computer.
Come dicevo nei miei precedenti post, siamo autorizzati a credere che due cose stiano su piani ontologici diversi, finché, venuti a conoscenza della loro genesi, possiamo confermare ciò oppure smentirlo.
E' proprio quello che è successo a me.
Credevo che software e hardware stessero su piani ontologici diversi, poi mi sono studiato la storia della nascita del computer e ho cambiato idea.
Questa storia inizia con i telai da tessitura....ma non voglio toglierti il piacere di scoprirla da solo.

Con ciò non voglio arrivare a dire che anima e corpo stanno sullo stesso piano ontologico, ma siccome noto che molti per spiegare la differenza fra anima e corpo usano impropriamente l'analogia fra software e hardware, sarebbe bene chiarire una volta per tutte l'equivoco. :)

Per quanto riguarda la storia della nascita dei computer ricordo qualcosa di molto ben fatto su Rai Scuola.
#1789
Tematiche Filosofiche / Re: Essere ed esistere
03 Luglio 2024, 12:57:48 PM
Citazione di: Ipazia il 03 Luglio 2024, 11:41:46 AMNon confonderei l'evoluzione naturale dei viventi, riconducibile alla memoria racchiusa nel dna, con quella individuale, che nella nostra specie ha raggiunto complessità e durata che la protraggono fino alla morte. Mentre l' "età evolutiva" si allunga sempre più.

Sono due piani reali distinti: biologico e culturale.
Devo leggerlo come una difesa del piano ontologico della specie?
Darwin avrebbe tentato la stessa difesa?
Preciso che sul fatto che le specie ci appaiono come cose in sè non ci piove, e non escludo che Darwin in tal modo le abbia trattate in parte.
Ora non vorrei dire che si tratti di una illusione, perchè per quanto mi riguarda percezione e illusione sono la stessa cosa.
Dico che percepire le specie per il sistema percettivo è l'equivalente di classificare gli individui in specie per il naturalista..
Percepire le specie per me significa classificare gli individui in specie senza sapere di farlo.

Quello che sto cercando di evidenziare è un significativo quanto ''prezioso'' cortocircuito logico.
Da un lato si individua una specie, quindi si descrivono le caratteristiche della specie, e poi si dice che gli individui che posseggono quelle caratteristiche appartengono alla specie.
Questa è in effetti un operazione virtuosa.

Di fatto partiamo da un giudizio soggettivo secondo il quale individuiamo una specie.
Ma, una volta detto che appartiene alla specie l'individuo che possegga date precise caratteristiche, stiamo sottraendo il giudizio alla nostra soggettività.
In questa operazione c'è l'anima del metodo scientifico e Darwin non vi è dubbio che questa anima la possedeva.
#1790
Nello spazio euclideo si chiama segmento di retta.
#1791
Citazione di: Eutidemo il 03 Luglio 2024, 11:54:05 AMQual'è l'entità geometrica che costituisce la distanza minima tra il punto A ed il punto B?
Quell'entità geometrica definita come quella  che costituisce la minima distanza fra A e B. ;)
#1792
Tematiche Filosofiche / Re: Essere ed esistere
03 Luglio 2024, 00:36:57 AM
La teoria dell'evoluzione potrebbe non sembrare attinente a questa discussione, ma secondo me è un esempio che calza a meraviglia.
Io condivido pienamente la teoria dell'evoluzione, ma credo che ogni teoria possa essere riscritta senza modificarne la sostanza, e credo che quando riusciamo a farlo ciò ne aumenta la comprensibilità.
Se dovessi provare a riscriverla intanto cambierei il titolo da evoluzione delle specie ad evoluzione degli esseri viventi, intesi come individui.
Sapendo poi di essere impreciso, ma spero si comprenda il perchè della mia voluta imprecisione, inizierei col dire che il primo postulato della teoria è che non esistono due individui uguali.
Paradossalmente però questo comporterebbe che non esiste una evoluzione degli individui, se gli individui sono diversi per definizione.
Da questo paradosso appare chiaro che per poter parlare di evoluzione bisogna trascendere gli individui classificandoli in specie, sapendo già in partenza quindi che specie e individui non stanno su un diverso piano ontologico, potendosi ridurre le specie agli individui.
Mi chiedo allora quanto l'avversione che la teoria dell'evoluzione ancora riceve non possa derivare dal fraintendimento che le specie stiano su un piano ontologico diverso da quello dell'individuo.
Dio non ha creato la specie umana ma due individui, Adamo ed Eva, cui è stata data libertà di nominare gli altri animali.
Immaginate ora se Adamo ed Eva avessero dovuto dare un nome proprio ad ogni individuo animale, per cui Adamo ed Eva si inventarono le specie, limitandosi nominare quelle.
Le specie però non esistevano prima che qualcuno le nominasse, ne si può dire che esistono solo perchè qualcuno le ha nominate, se non in forma virtuale, ed è dell'evoluzione di questa forma virtuale che parla Darwin.
Cioè Darwin parla dell'evoluzione di qualcosa che non esiste se non in forma convenzionale.
E' l'evoluzione di qualcosa che non ha un piano ontologico proprio e indipendente da quello dell'individuo vivente.
Dico ciò non per diminuirne l'importanza, ma per suggerire quale potrebbe essere l'origine dei fraintendimenti sulla teoria.
Potremmo dire che le specie siano un epifenomeno degli individui animali, che si evolve perchè  l'epifenomeno è funzione della variabile individuo, variabile al massimo grado se così si può dire, perchè se una variabile matematica può assumere più volte lo stesso valore, nella ''funzione epifenomenica'' ciò non avviene mai, per il postulato su cui abbiamo basato la riscrittura della teoria.
Ma se un individuo diverso da ogni altro per definizione non presenta evoluzione, classificando gli individui secondo criteri arbitrari ma ben definiti, in specie,  queste si evolvono, se c'è una variazione media negli individui della specie.
#1793
Tematiche Filosofiche / Re: Essere ed esistere
02 Luglio 2024, 23:34:45 PM
Citazione di: Donalduck il 02 Luglio 2024, 22:42:12 PMMa al di là delle ricostruzioni di supposti percorsi evolutivi, il punto centrale è l'assegnare alla combinazione di mutazione genetica casuale - selezione naturale il ruolo di motore dell'evoluzione. Di questo non esiste la minima prova. Meno ancora esistono prove che le mutazioni genetiche siano casuali e non (magari solo in parte) preordinate, governate da fattori finora sconosciuti di carattere finalistico (ipotesi molto più esplicativa dei fatti di quella delle mutazioni casuali).
Non hai tutti i torti secondo me, perchè chiamare in causa il caso nell'evoluzione è come sparare a una mosca con un cannone.
E' sufficiente riferirsi ad un ''caso di fatto'', cioè a una simulazione del caso che fa la natura, come noi la facciamo quando lanciamo un dado.
Allo stesso tempo però mi riesce difficile immaginare finalità dietro una simulazione di caso, per quanto si tratti di un evento ancora deterministico, seppur mascherato di aleatorietà.

Comunque si parte sempre dall'accettazione dei fatti, come hai ben detto, e poi ogni branca della scienza prova a spiegarli al meglio delle proprie possibilità, riuscendoci ognuna a modo suo.
Dove sta il problema se una ci riesce meglio di un altra?
L'evoluzionismo lo buttiamo via perchè non ci riesce come fa la fisica?
Non ci sono prove dell'evoluzione delle specie?
Non è così. Gli allevatori selezionavano specie quando non esisteva ancora alcuna teoria dell'evoluzione.
Non esiste cibo che tu mangi, di origine animale o vegetale di cui ti nutri che non sia frutto di questa evoluzione pilotata, fatti salvi cicoria selvatica e poco altro.
#1794
Tematiche Filosofiche / Re: Essere ed esistere
02 Luglio 2024, 23:00:50 PM
Citazione di: Donalduck il 02 Luglio 2024, 19:54:30 PME le teorie sulle "proprietà emergenti" continuo a pensare che sia solo una sorta di riforma lessicale in cui si insinua l'idea che cambiando i termini ma non la visione del mondo si possa giustificare il carattere causativo dei fattori "emergenti", che restano un ibrido mal definito tra "davvero reale" e "epifenomenico".



La temperatura nasce su un piano ontologico distinto da quello della materia, e l'essere riusciti a ridurla alla dinamica materiale, ha comportato una rivoluzione in fisica che va ben oltre un aggiustamento lessicale.
L'arteficie di questa rivoluzione, Boltzman, e stato considerato dai suoi colleghi contemporanei un fisicalista, anche se il termine allora non esisteva, e per questo ci è morto di crepacuore. Oggi è considerato uno dei geni indiscussi della fisica.
Onore alla sua memoria.
Di fronte a un tale esempio un antiriduzionista potrebbe  anche cambiare opinione.
Altro è fare del riduzionismo la propria posizione filosofica, e non è la mia, quanto non lo è l'antiriduzionismo.
Non ho difficoltà ad accettare piani ontologici distinti, se proprio necessario, perchè sò che quando questi piani si riesce a ridurli ciò equivale a una rivoluzione nel sapere, sia sul piano filosofico che scientifico.

#1795
Tematiche Filosofiche / Re: Essere ed esistere
02 Luglio 2024, 22:33:05 PM
Citazione di: Donalduck il 02 Luglio 2024, 19:54:30 PMMa soprattutto, a  me sembra proprio sbagliata, oltre che arbitraria, l'idea che si debbano ridurre i vari piani di realtà a uno soltanto. E' un po' come voler ridurre un computer al solo hardware o al solo software. Il computer è un sistema che ha una sua componente hardware e una sua componente software che trovano l'una nell'altra la loro ragion d'essere; un'operazione di riduzione semplicemente fa dileguare questa ragion d'essere, distrugge ogni senso e ogni significato, limita e distorce la conoscenza emarginando aspetti importanti della realtà per idolatrarne altri. Invece non vedo perché non accettare l realtà semplicemente come un sistema complesso che comprende vari sistemi articolati su più piani o dimensioni (a lor volta composti da altri sistemi e così via).


Non si DEVONO ridurre i diversi piani, e in particolare non di DEVONO necessariamente ridurre ad uno, ma semplicemente è desiderabile farlo nella misura in cui ci riusciamo e/o è possibile farlo.
Bene lo stesso dunque se non ci riusciamo, e ancora meglio se ci riusciamo.
Semplicemente se ci è cara la semplicità cercheremo di evitare inutili ridondanze.
Magari non sapremo mai se i diversi piani siano irriducibili per loro natura, o semplicemente non siamo riusciti a ridurli, ma la tensione a ridurli deve essere sempre presente secondo me.
Non possiamo sapere a priori se i diversi piani siano riducibili oppure no, non conoscendo la loro genesi, perchè se la conoscessimo lo sapremmo già in partenza se sono indipendenti oppure no.
Però almeno per quelle cose che abbiamo costruito noi uomini, questa genesi dovremmo conoscerla, fatta salva la nostra ignoranza.
A questo proposito sarebbe illuminante possedere un esempio di come a causa della nostra ignoranza abbiamo sdoppiato un piano ontologico in due presunti distinti e che ci appaiono perciò irriducibili.

Siamo fortunati, perchè uno di questi esempi lo abbiamo, e non ti offendere, ma lo hai proposto proprio tu.
Infatti hardware e software possono essere ridotti entrambi ai diversi stati coi quali possiamo descrivere istante per istante un computer al lavoro.
Se ripercorri la storia della nascita del computer, cioè la sua genesi, capirai da solo cosa intendo dire.
Prova quindi a immaginare quanti piani ontologici di cui non conosciamo la genesi si siano perciò  sdoppiati nella nostra considerazione.
Se vuoi poi non si tratta solo di semplificare, ma riuscire a ridurre una cosa all'altra significa penetrarne meglio la natura, e non mi sembra dunque cosa da liquidare come una stramberia da fisici frustrati.
Andare alla ricerca della teoria del tutto, convinti che debba esserci, sembra una stramberia anche a me.
Ma non perciò la tendenza riduzionista è da cestinare.
Grazie ad essa adesso abbiamo la teoria elettromagnetica al posto di quella magnetica e quella elettrica, nate in modo indipendente.
#1796
Tematiche Filosofiche / Re: Essere ed esistere
02 Luglio 2024, 16:42:37 PM
Citazione di: Jacopus il 01 Luglio 2024, 21:15:44 PMSono d'accordo con Donald su questo punto: la befana esiste ed anche la Bibbia, o il Libro dei Morti. Tutto ciò che immaginiamo condiziona la nostra vita e le nostre azioni. Sono dei potenti motivatori e fungono da chiavi interpretative della storia. Ma tutto ciò che risiede nella nostra capacità creativo/fantastica non è avvolta nel mistero.
Bene, torniamo in argomento allora.
La nostra filosofia, intesa in senso molto generale, come forma mentis, ci condiziona, anche quando non sappiamo di averne una.
Facile dunque giungere alla conclusione che sarebbe meglio conoscerla, ma ciò potrebbe non sempre essere possibile.
Se la mia inconsapevole ''filosofia'' è la responsabile del modo in cui mi appare la realtà (  apparentemente perciò immediato), appena apro gli occhi, come faccio io a riuscire a mettere in discussione questa evidenza, solo immaginandomi un alternativa ad esso?
Posso riuscirci ma richiudendo gli occhi, e iniziando a sognare.
Detto ciò io sono convinto che la realtà come ci appare con tutte le sue evidenze è un sogno ad occhi aperti.
Ma cosa ci fa distinguere gli essenti che ci appaiono ad occhi chiusi da quelli che ci appaiono ad occhi aperti?
Dei sogni ad occhi chiusi abbiamo consapevolezza a senso alternato, mentre dei sogni che facciamo ad occhi aperti non abbiamo mai consapevolezza.
O meglio non ne abbiamo finché non sentiamo gli scienziati parlare di curvatura dello spazio tempo, e di quanti ed onde di probabilità e allora ci sembrerà ancora di sognare.
Io sono convinto che gli essenti del sogno sono fatti della stessa sostanza degli essenti della ''realtà''.
Il sogno è un allenamento alla ''realtà'', dove abbiamo coscienza di vivere in una realtà da noi stessi creata, ''realtà'' che possiamo anche modificare in diretta mentre la ''viviamo'' e in cui per farlo possiamo prenderci tutto il tempo che vogliamo.
Quando apriamo gli occhi il tempo risulta invece contingentato, e non c'è più tempo di costruire al memento il mondo in cui vivere, se già non lo abbiamo costruito, ed è in effetti un mondo già bello e pronto, perché senza costruirlo lo abbiamo ereditato.
In ogni caso noi possiamo modificare il mondo in cui viviamo perchè esso è una costruzione, mentre non possiamo modificare la realtà, dalla interazione con la quale nascono i mondi in cui viviamo.
Questo è il motivo per cui il mondo in cui viviamo sembra costruito con malta etica, mentre la realtà di questo collante non ha alcun bisogno.
Il mondo in cui il bene vince sul male  non è dunque una fantasy irrealizzabile.
La tensione al bene è ciò che modifica ai nostri occhi la realtà, che però non è propriamente la realtà, ma il mondo che vi costruiamo sopra per il nostro bene.
#1797
Tematiche Filosofiche / Re: Essere ed esistere
02 Luglio 2024, 15:35:14 PM
Citazione di: Jacopus il 01 Luglio 2024, 21:15:44 PMA proposito del darwinismo: il darwinismo non ha una posizione netta o risolutiva rispetto al concetto di coscienza, che tra l'altro è un concetto così evanescente e poliedrico per il quale sono possibili migliaia di definizioni diverse.
Io la definirei come una caratteristica degli esseri viventi, in virtù della quale essi si comportano in modo diverso dalla materia di cui pur sono fatti.
Per tale via immagino possa farsi derivare l'istinto dalla coscienza, invece che metterlo in sua contrapposizione.
Alla base della coscienza vi è credo la memoria, e perchè vi sia memoria occorre che ogni volta che un organismo agisca sull'ambiente ne esca modificato strutturalmente.
Siamo già in possesso di un modello funzionante di ciò, i robot.
Se ammettiamo  che i robot abbiano coscienza, avendo memoria,  dovremo allora smettere di usare la coscienza come vessillo di umanità, e ancor meglio di vita in generale, andando a cercare altrove la nostra specificità di esseri viventi.
In effetti ammetto che il continuo richiamo alla coscienza che facciamo come esseri umani per caratterizzarci mi sembra più una resa, che un risultato, nella ricerca che facciamo su noi stessi.

Il generico appello che si fà alla complessità come responsabile della nascita della vita dalla materia andrebbe meglio specificato.
Una possibile precisazione sarebbe una struttura materiale sufficientemente complessa da potersi modificare in modo sufficientemente permanente a seguito delle sue interazioni col resto della realtà.
Ciò comporta che al ripetersi della stessa interazione diversa sarà la sua reazione, perché essa stessa è diversa, come se ''avesse memoria'' delle interazioni passate, ''comportandosi'' in modo consequenzialmente diverso.
Ma in tutto ciò è il passaggio dalla reazione al comportamento che ci manca.
Se volessi simulare tale passaggio in un robot introdurrei un elemento aleatorio che ne influenzi il comportamento, di modo che non  si possa distinguere il suo comportamento da un essere umano che eserciti libero arbitrio.
Se ci pensiamo bene poi tale elemento aleatorio, con l'accumularsi di informazioni in memoria diviene necessario quando, a parità di potenza di calcolo, vorremo mantenere tempi di reazioni accettabili.
Diversamente il robot inizierà a muoversi al rallentatore fino a bloccarsi, e immagino che questo sia il problema che presto si presenterà all'intelligenza artificiale.
Dal sempre crescente numero di dati bisognerà col tempo selezionarne una parte secondo filtri prestabiliti, che saranno dei pregiudizi di fatto.
Se è dalla complessità che nasce la vita la stessa complessità può farla implodere se non vi si pone un freno.
Quindi quantomeno la vita sarebbe una complessità capace di  autolimitarsi, etc...
#1798
Tematiche Filosofiche / Re: Essere ed esistere
02 Luglio 2024, 07:24:21 AM
Citazione di: Ipazia il 01 Luglio 2024, 23:50:34 PMChe non esista una "essenza prima e ultima" delle cose non significa che esse non abbiano alcun valore nelle aggregazioni che l'evoluzione ha realizzato. Soprattuto quelle dotate di autocoscienza, sensibilità, emozioni e pulsioni. Ovvero: vita.

Gli essenti che nel tempo si sono succeduti hanno il valore di testimoni di una evoluzione biologica intellettuale che continua e che somiglia a un continuo trasloco da un mondo a un altro con la garanzia ipotecaria di una realtà che resta il nostro punto fermo, perché pur essendo che  tutto cambia, ciò avviene secondo regole immutabili,... e cosa cambia davvero in un gioco di cui non cambiano le regole e dove gli essenti si limitano a fare da segnaposto?
Autocoscienza, sensibilità, emozioni e pulsioni descrivono in modo discontinuo il cambiamento in un continuo, per una esigenza narrativa.
Credo quindi che sia importante capire che coscienza, sensibilità, emozioni e pulsioni non sono cose che appaiono all'improvviso nella storia della realtà, ma che semmai a un cert punto della storia si propongono alla nostra attenzione come fossero nate li per li.
Se spezzettare ad arte la continua realtà per viverci dentro e raccontarne la storia è una necessità, e se non possiamo evitare di vivere dentro questa storia che raccontiamo, non è però vietato uscire ogni tanto dalla storia per osservarla dal di fuori, e nella metadescrizione che ne segue  ogni cosa che sembrava essenziale potrebbe non apparire più tale, e ciò che sembrava accessorio apparirci essenziale.
Quello che dovrebbe apparirci sopratutto è che le nostre domande senza risposta non sono la prova dei nostri limiti, ma sono i limiti che sono stati introdotti perchè la storia potesse essere raccontata.
Mettere dentro la storia i nostri valori non serve, perchè i limiti di un narratore non sono contenuti dentro alle storie che racconta, e le storie che racconta sono  solo indizi delle sue potenzialità ancora tutte da esprimere.
Volere piantare paletti fissi a nostra gloria dentro questa storia è il miglior modo per mettere un tappo alla libera espressione di queste nostre potenzialità, ai nostri valori ancora tutti da scoprire.
Legare in modo intrinseco i nostri valori alle storie dentro cui viviamo è un modo per non riuscire più a venirne fuori, pur sapendo che si esce da una storia solo per entrare dentro a un altra.

Ora io credo che l'umanità sia divenuta abbastanza adulta per smettere di esaltare le nuove storie a scapito delle vecchie, vedendo meglio la continuità che vi è fra le varie storie.
Non dobbiamo cioè credere che i quattro elementi con cui gli antichi greci raccontavano la storia della realtà fossero un ingenuità, perché i nuovi elementi coi quali la raccontiamo non lo sono di meno.
E' una storia che sembra rinnovarsi, ma è sempre la solita storia, dove tutto cambia perché nulla cambi, per dirla al modo di un mio conterraneo.
#1799
Tematiche Filosofiche / Re: Essere ed esistere
01 Luglio 2024, 22:17:11 PM
Citazione di: Ipazia il 01 Luglio 2024, 21:39:53 PMSe fino a Kant si poteva sperare di toccare il fondo di una essenzialità degli essenti, togliendo l'ultimo velo di Maia, oggi anche questa quiddità ontologica è venuta meno,
E se qualcuno ancora non ne fosse convinto dovrebbe chiedersi quali conseguenze avrebbe togliere l'ultimo velo di Maia, domanda che avremmo dovuto farci molto tempo fa, per scoprire magari che l'operazione non ha senso, se la contemplazione della verità un senso non ce l'ha. avrebbe un senso tenere comportamenti consequenziali.
E quindi, una volta conosciuta la vera realtà, che conseguenze avrebbe questo sulle nostre azioni?
Potremmo certamente fare previsioni precise ed univoche e tenere comportamenti consequenziali, ma temo che l'unico comportamento consequenziale corretto sarebbe l'immobilità, perchè ogni altra scelta sarebbe un errore, almeno qui sulla terra, a meno che togliendo l'ultimo velo non abbiamo staccato il biglietto per il paradiso, dove, come dicono, non si ha appunto altro da fare che contemplare la verità in eterna immobilità.
#1800
Tematiche Filosofiche / Re: Essere ed esistere
01 Luglio 2024, 21:50:06 PM
Citazione di: Donalduck il 01 Luglio 2024, 21:24:35 PMBeh, non capisco la differenza: se la conoscenza è relativa l'unica realtà che possiamo conoscere è relativa. Ossia la nostra realtà è relativa. Che poi possa in qualche modo esistere una realtà assoluta e cosa mai possa essere resta una questione aperta.

La tua asserzione sembra coincidere con l'idea del noumeno kantiano: una realtà in sé che però resta inconoscibile.
Si, in effetti è così.
Diciamo che quella di una realtà assoluta è un ipotesi innocua, ma rassicurante.
Tu stesso in fondo parlando di una realtà relativa sottendi che ve ne sia una assoluta.
Io la realtà relativa, per evitare confusione, l'ho chiamata ''mondo in cui viviamo'', mondo che fino ''ieri'' era per tutti noi la realtà stessa.
Quindi si, la mia realtà è un noumeno Kantiano, inconoscibile,
e questa inconoscibilità, fino a prova contraria, e l'unica cosa che conosciamo davvero della realtà.
Prova contraria che per quanto mi riguarda non esiste proprio, per cui per come la vedo io almeno una caratteristica della realtà la conosciamo, la sua inconoscibilità.

Ma che possa esistere oppure no la prova contraria dipende da cosa intendiamo per conoscenza, e per come la intendo io la conoscenza quella prova contraria non esiste. Lo dico in un altro modo.

Se io credo di vivere direttamente nella realtà, quando ne scoprissi il suo carattere relativo, dirò allora che la realtà è relativa, e il passo successivo è smettere di chiamarla realtà, se voglio salvare il significato del termine realtà come cosa non relativa.
Così io l'ho chiamata ''mondo in cui viviamo'', o meglio ancora mondo delle rappresentazioni della realtà che fa un passo indietro finendo dietro le quinte.
In un modo o nell'altro comunque la realtà l'abbiamo sempre intesa come un assoluto, sia quando pensavamo di conoscerla, seppur in modo lacunoso, sia che si escluda una sua possibile conoscenza.
Non è possibile conoscere la realtà perchè la natura della conoscenza è relativa, e con una rete relativa non peschi pesci assoluti.
Inoltre la conoscenza della realtà da un punto di vista pragmatico è inutile, se non financo dannosa.
Inoltre, posto che fosse possibile conoscerla, gliene mancherebbe sempre un pezzo, noi, quindi non sarebbe conoscibile in modo completo.