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Messaggi - Kobayashi

#181
Citazione di: viator il 28 Agosto 2021, 12:04:46 PM
Tu - da passati echi - mi sembri essere un cultore di discipline e credenze umanistiche forse a sfondo esoterico o comunque metafisiche. Per tale ragione, pensi che le Teorie che si occupano solo delle faccende umane corrispondano alle Teorie del Tutto. Come per tutti gli spiritualisti, il mondo fisico è l'apparenza, mentre TUTTA la realtà è chissà dove.
No, molto semplicemente avevo capito male.
Resta il fatto che non hai chiarito la tua teoria fisicalista dei sentimenti, ma ti sei limitato a proporla così come l'hai intuita, senza argomentazioni, chiarimenti, etc., e per questo l'ho definita semireligiosa, nel senso in cui a volte le religioni propongono principi senza spiegazione alcuna.

In generale ti invito a rispondere in base alle argomentazioni esposte non in base alle idee più o meno confuse che ti sei fatto degli utenti.
Per inciso, non sono cultore di alcuna dottrina esoterica o metafisica.
#182
@Phil
L'immanenza sarà pure fertile e complessa, ma noi siamo sempre un andare al di là di ciò che è immanente. Siamo una tendenza a trascendere ciò che ci circonda, siamo virtualità, progetto etc.
L'invito del nichilismo a consolarsi con la bellezza del particolare può funzionare per coloro che hanno una propensione al collezionismo, come Umberto Eco (che apprezzo come studioso e scrittore, intendiamoci).
Per i filosofi però le cose sono un po' più complesse, tra nostalgie metafisiche o teologiche e rifiuto di piegarsi a questa immersione in pezzetti di realtà, tanto complessi quanto deludenti.
Nessuno ha una risposta, ma questo pacifico ridimensionamento delle proprie aspettative di senso e questo facile apprezzamento alle cose che ci sono, mi sembra in realtà nichilismo compiuto, esaurimento di ciò che rende umano un umano, totale resa e conversione ad una vita di macchine, che raccolgono informazioni, risolvono problemi, sanno gestire i propri bisogni vitali, e obbediscono perché hanno perso la capacità di pensare a qualcosa che va al di là di ciò che è presente.
#183
@viator
Hai proposto una teoria del Tutto in cui ogni cosa, compreso il pensiero e i sentimenti, è energia. Ora, da una teoria del Tutto non ci si aspetta la deduzione di ogni singolo aspetto della realtà, ma almeno di ciò che conta di più, per esempio come si sviluppa il pensiero.
Ma a quanto pare la tua teoria è una di quelle intuizione semireligiose che rimangono lì, statiche, che o si accolgono o si rifiutano, che non portano alcuna conoscenza al di là dell'immagine di partenza che rimane fissa, senza alcuna evoluzione.
Ci sarebbe da chiedersi allora, se effettivamente non porta alcuna conoscenza, a che cosa possa servire.

@Phil
Le mie osservazioni non volevano colpire le neuroscienze in generale, ma solo la teoria energetica  Socrate78-Viator.
Comunque spiegare la formazione del senso di una comunicazione come una catena di reazioni che alla fine attiva specifici circuiti neuronali non è una spiegazione, ma solo spostare il problema su un livello sempre materiale ma infinitamente più complesso (l'intreccio di miliardi di neuroni del cervello).
Per noi spiegare scientificamente un fenomeno significa indicare la causa efficiente, e di fronte a questi problemi si finisce per rimettere in discussione l'efficacia della nostra epistemologia, ma non è che grazie a questi interrogativi si sia fatto un passo avanti, a meno di ritenere che già il rifiuto di un paradigma scientifico sia un passo avanti.
#184

Se i sentimenti hanno una causa fisica, hanno una radice energetica, ovvero sono determinati da fattori fisici nel senso della causa efficiente, allora come si spiega che il senso di un discorso possa provocare una reazione nel destinatario quale l'umiliazione (per esempio nel caso di un insulto)?
Il pensiero del ricevente interpreta certi segni in un certo modo, come un attacco alla sua persona (restando all'esempio), e capisco che poi sul versante neurologico l'effetto sia l'attivazione di una certa zona del cervello etc., ma voi state proponendo l'incontrario, ovvero l'attivazione di una certa zona (a sua volta per effetto di un'onda elettromagnetica, si è congetturato) come la causa di un sentimento.
Leggo un brano e il senso del brano incide fisicamente (appunto viator parla di fisicalismo) sul mio umore? Tramite quale forza o grandezza fisica? Qual'è il collegamento fisico, energetico, tra il senso del brano e il mio umore?
#185

Sapa, se ti riferisci al mio post, io intendevo dire che darsi la morte è un atto violento, e questa violenza non si può del tutto eliminare. Chi decide lucidamente di suicidarsi ha le risorse per farlo diminuendo questa violenza. Ci sono pubblicazioni che spiegano come togliersi la vita con la minore quantità di dolore possibile. Una panoramica delle tecniche più diffuse. Ci si può anche arrischiare ad acquistare online il pentobarbital in un kit pronto all'uso, seppure ne potrebbe venire una denuncia della dogana, ma visto che ci si è decisi per la morte...
Però il problema è che come al solito la libertà del singolo ci fa dimenticare che dietro al fenomeno ci sono aspetti complessi. Per uno Stato l'organizzazione di questi percorsi sanitari estremi è il modo migliore per non affrontare tale complessità, ovvero le difficoltà di un modo di vivere che ormai si stenta a sopportare.
Io ho fatto un discorso generale. Se invece devo parlare dal mio punto di vista personale, se devo dare voce al mio interesse personale, beh allora certo che sono favorevole ad ogni semplificazione al suicidio. Ma trattandosi di una predilezione privata non ha alcun interesse filosofico. E qui non dovremmo dare voce solo ai nostri gusti particolarissimi (da cui poi le consuete sterili opposizioni) ma "lavorare" il tema per vedere cosa salta fuori.
#186

Mi riferisco, in ciò che segue, alla sola categoria dei suicidi "sani" così come descritta da niko.
     
Uno Stato è civile quando promuove il benessere psico-fisico del singolo cittadino, non quando gli mette a disposizione un percorso di suicidio assistito.
Una cosa del genere non poteva che venire dai paesi del Nord Europa, veri esperti della segregazione, della separazione (tra eletti e peccatori, tra bianchi e neri, e via dicendo). In questo caso: separazione tra i vivi disposti ancora a produrre e coloro che si arrendono e che devono essere accompagnati fuori dalla scena del mondo nelle stanze asettiche di una struttura sanitaria.

Il suicidio implica sempre un atto di violenza. E chi si decide per una strada del genere deve accettarlo. L'angoscia di distruggere il proprio corpo, non solo la paura del dolore, è spesso un freno.
Il suicidio assistito riduce al minimo questa angoscia, e per questo è importante che venga ammesso per coloro che soffrono di malattie terminali o comunque terribili.
Ma l'aspirante suicida sano non ha bisogno di questa assistenza. Al massimo gli si potrebbe proporre vera assistenza psicologica o economica, poiché il suo aspirare al suicidio è spesso il tentativo di uscire da una condizione che lui ritiene essere senza speranze.
È in questo che il moderno e civile protestantesimo si differenzia dal nostro "medievale" cattolicesimo: il primo decide che l'aspirante suicida è "perso", non è tra i salvati, e lo accompagna all'uscita al riparo dallo sguardo sensibile dei cittadini attivi, il secondo si ostina a tenerlo in vita affinché si salvi (offrendogli però, spesso, solo prediche edificanti che non ottengono altro risultato che far aumentare la sua voglia di uccidersi).
#187
Percorsi ed Esperienze / Tre libri.
22 Agosto 2021, 10:16:56 AM
Tre libri che hanno avuto un grande impatto (non necessariamente positivo...) su di me:
1) i Dialoghi di Platone
2) le Opere tedesche di Meister Eckhart
3) Perturbamento di Thomas Bernhard
#188
Tematiche Filosofiche / La verità
19 Agosto 2021, 11:21:21 AM
[Anche i metafisici vanno in vacanza... Ne approfitto per aggiungere alcune riflessioni filo-nicciane]

Possiamo dire che sia nel senso comune che nella tradizione filosofica occidentale la verità è intesa essenzialmente come conformità tra ciò che si pensa e la realtà.
Heidegger fa notare che, per essere precisi, la conformità è doppia, riguarda due aspetti:
- tra ciò che asserisco o penso e le cose reali (tra la proposizione e la realtà – e qui sorge la domanda: cosa c'è in comune tra la dimensione del linguaggio e quella del mondo in modo che uno rimandi all'altro, pur essendo le due dimensioni materialmente di natura tanto diversa da sembrare inconfrontabili?);
- tra la cosa che ho davanti rispetto a come dovrebbe essere, per cui si può dire che questa cosa è effettivamente un tavolo, un vero tavolo; in questo caso il confronto si pone tutto sul piano della realtà.

Questa seconda conformità introduce la questione dell'apparenza.
In generale possiamo chiederci che cosa rende un ente un vero ente, che cosa ci permette di parlare di un vero ente e non piuttosto di un qualcosa di illusorio, di inconsistente.
È la presenza, la permanenza, la stabilità, della parvenza di un ente a fare di questa parvenza appunto un vero ente, un ente reale.
Ora, secondo Nietzsche, questa predilezione per la stabilità si può comprendere ricordando le necessità vitali dell'uomo, ma non ci dice nulla riguarda la verità. Dipende cioè da un giudizio di valore. Si assegna valore a ciò che è permanente. Ma la stabilità è solo uno degli aspetti dell'ente.
Ciò che è permanente diventa poi, nel pensiero occidentale, il mondo vero, l'essere, che si contrappone al divenire.
Inutile dire che ciò che permane è in realtà sempre soggetto al cambiamento, all'usura, alla distruzione. Solo gli oggetti astratti del pensiero possono vantare un'eterna stabilità. Le idee di Platone, appunto.
Così siamo arrivati a ipotizzare l'esistenza di un mondo vero, quello delle idee, tramite una ricerca della verità che, in realtà, pur celandolo, ha il proprio nucleo in un giudizio di valore per ciò che permane, e solo in esso.
Ma siamo arrivati, seguendo Nietzsche, anche al ribaltamento di mondo vero e mondo apparente. La realtà è soprattutto soggetta al cambiamento. La stabilità è invece prodotta dal lavoro della ragione per le esigenze legate alla conservazione della vita.
Ma la vita non è solo conservazione ma anche sviluppo. Per questo motivo l'arte, con la sua produzione di immagini che ci spingono a trascendere la nostra condizione presente, è superiore alla verità.
#189
Tematiche Filosofiche / La verità
17 Agosto 2021, 09:40:24 AM
Citazione di: Ipazia il 16 Agosto 2021, 14:32:02 PM
Come hai correttamente osservato "veritas" e "aletheia" sono le due facce, soggettiva e oggettiva, della stessa medaglia. La razionalità disvela l'enigma di un fenomeno reale.

Mi pare ci sia già tutto. Non vedo alcuna necessità di metafisicizzare la questione: nuda veritas.

Se come fa Nietzsche la questione della verità viene affrontata insieme al problema del nichilismo, bisogna accettare il "rischio" di sconfinare nella metafisica, intesa però, come sottolineato da iano, come una contro-visione stabile che vuole agire su quella visione (il nichilismo) dal quale ci si vuole allontanare.

Trattare di verità, come nel discorso su veritas-aletheia, da un punto di vista prettamente conoscitivo, fingendo di dimenticarsi del problema fondamentale del nostro tempo (appunto il nichilismo e i suoi derivati tossici) è riduttivo, limitante, secondo me.
#190
Tematiche Filosofiche / La verità
16 Agosto 2021, 10:51:28 AM
Vorrei tornare sul post di Phil sulla doppia accezione di verità:
- verità come "veritas", ovvero come conformità dell'intelletto alla realtà, come adeguamento del pensiero a come stanno le cose nella realtà;
- verità come "aletheia", ovvero come disvelamento, come ciò che appare non più oscurato da uno stato precedente di "nascondimento", come il manifestarsi, il mostrarsi.

In entrambe le accezioni si presuppone un'attività ma nella prima accezione l'equilibrio è spostato sul soggetto della conoscenza, nella seconda sulle cose che appaiono.
Quando l'iniziativa è posta nelle mani dell'uomo ecco il suo intelletto al lavoro nel districarsi dall'errore, dalle illusioni, dalle false immagini etc.
Quando l'iniziativa è invece considerata come qualcosa che appartiene all'essere ecco porsi il problema dell'accoglimento di una verità che si fa chiara, che si manifesta; il problema della condizione di se' che permette questo accoglimento senza forzature soggettive.

Più si va avanti nell'approfondimento delle due accezioni e più sembra che si stia guardando la stessa cosa con la sola differenza dell'enfasi posta o sul soggetto o sul mondo.
A me risulta abbastanza innaturale sia l'affidarsi alle prodezze dell'intelletto come nel soggettivismo moderno (vedi come esempio di radicale innaturalezza, per non usare la parola aberrazione, il porre in discussione l'esistenza della realtà), sia l'affidarsi ad un Essere che come un nuovo dio si manifesta con esagerata ritrosia.

Sappiamo che per Nietzsche il vero è ciò che si tiene fermo per esigenze più o meno vitali connesse alla prospettiva assunta.
Nello stesso tempo la dottrina che si abbraccia, ciò che si ritiene essere la verità in un senso più ampio della semplice asserzione o di una singola formazione di cose, ha un effetto determinante sul soggetto, una specie di trasfigurazione. Non si possono capire tante cose del nostro passato se non ci si ricorda che in certi periodi demoni, diavoli e streghe erano considerati tanto reali quanto oggi vengono considerati reali certi oggetti scientifici che magari non si percepiscono direttamente ma la cui esistenza non è mai messa in discussione.
E allora?
Allora il problema filosofico non sarà forse quello di costruire una nuova dottrina (o religione) il cui effetto è quello di trasformare l'uomo in modo che riesca a vedere e ad attingere a possibilità meravigliose ancora sconosciute?
Ma bisognerebbe partire dall'intuizione di queste possibilità per poi, andando a ritroso, creare la visione capace di sprigionarli...
Che la teoria dell'eterno ritorno dell'identico vada letta così? Gli effetti cercati sarebbero la fedeltà alla terra e l'importanza decisiva di ogni istante, il radicare di nuovo l'uomo all'eternità, all'essere, e per ottenere tali effetti ecco la messa in scena di una visione nella forma dell'enigma e del religioso.
#191

Nessuno conosce Dio. I cristiani ritengono di saperne qualcosa solo in quanto hanno fede che in Gesù sia visibile il divino. E nei suoi atteggiamenti si coglie un grande amore anche per coloro che sbagliano. Una dolcezza, una benevolenza che hanno la meglio sulla condanna morale.
Ciò che è scritto nel Vangelo sul giudizio di Dio, come tutto ciò che è scritto nei Vangeli, va preso tenendo conto che i testi, oltre alla testimonianza e alla memoria, contengono anche la riflessione della comunità cristiana primitiva sulle questioni aperte dalla vicenda di Gesù.
Per cui anch'io sono propenso a escludere da Dio qualcosa come il giudizio, che è esercizio invece amatissimo dagli uomini di potere (teologico o politico che sia).
#192
Tematiche Filosofiche / La verità
12 Agosto 2021, 15:19:49 PM

Intorno alla verità si consideri anche il prospettivismo di Nietzsche.

A un organismo vivente appaiono delle specifiche cose in funzione della forza interna dominante (una pulsione, un interesse dominanti).
Questa forza dominante interna determina la prospettiva che assume.
E dalla sua prospettiva si apre un microcosmo di parvenze, di cose che appaiono.
La verità è parvenza, cioè la verità è quella realtà che appare e che il vivente tiene ferma per conservare se stesso.
La logica aiuta ad unire, raccogliere, semplificare. Dalla magmatica realtà di cose che appaiono in funzione della prospettiva assunta ne esce fuori una struttura permanente (l'essere nel senso del platonismo).
La verità quindi è errore (dal punto di vista di una filosofia che considera la verità solo ciò che è eterno).
Ma è un errore vitale perché per conservare la vita è necessario fissare una struttura permanente.
Ma nello stesso tempo ciò che si conserva immutato troppo a lungo può essere un ostacolo allo sviluppo del vivente.
Del resto l'avvicendamento delle prospettive apre a nuovi ambienti e quindi nuove cose, le quali sono certamente parvenze ma non illusioni (che sono giudicate tali solo dal punto di vista sclerotizzato dell'essere stabilito in precedenza).
Per non perire sotto il peso della verità abbiamo l'arte. Certo non come consolazione, ma come attività del creare forme capaci di facilitare quel processo vitale dell'andare al di là di se'.
#193
Tematiche Filosofiche / CONTRO IL NICHILISMO
11 Agosto 2021, 12:16:15 PM

@iano
Secondo me non siamo qua per questo.
Perché non è soltanto una questione di conoscenza.
Non si tratta solo di capire la realtà, ma anche di dare un senso al mondo.
Il nichilismo (di cui stiamo trattando) non è il risultato di un deficit di conoscenza, la cui soluzione garantirebbe l'uscita da questa fase storica della civiltà occidentale.
È un problema più profondo e che non ha soluzione, nel senso che dovendosi realizzare un cambio radicale dei fondamenti della nostra civiltà, non può essere affrontato come se si trattasse di un rompicapo.
La filosofia può ripensare a fondo alcuni temi della sua tradizione, ma a volte le difficoltà sono enormi, non solo per l'oggettiva difficoltà di certi testi, ma perché è come se l'orizzonte di senso in cui questi testi sono nati, si sia perso per sempre.
Sono rimasto colpito da una frase di Heidegger in cui dice che l'idealismo classico tedesco (Hegel e Schelling) ormai ci risulta troppo lontano: non siamo più all'altezza del compito della comprensione (vera e profonda) di quella stagione della filosofia.
Si tratta forse di un'esagerazione, e tuttavia è interessante l'espressione "essere all'altezza del compito di ripensare una tradizione filosofica".
#194
Tematiche Filosofiche / CONTRO IL NICHILISMO
11 Agosto 2021, 08:30:41 AM
@Ipazia
Rimanere fedeli alla terra: è in sintesi il programma di Nietzsche del rovesciamento del platonismo.
Riguarda il tema della verità: ciò che è vero è il sensibile, non il soprasensibile.
Ma questo non dice nulla sul fine. Non dice nulla su cosa fare di questa terra a cui si è giurato fedeltà, se il luogo dello scontro, se un impossibile ritorno all'incontaminato, se un giardino da modellare dove ciascuno possa vivere bene, etc.
Vivere senza un fine è cosa adeguata alle macchine, non agli umani, per cui il cammino (che si può trarre dalla filosofia di Nietzsche) del voler pensare e vivere al di là di questa categoria è, probabilmente, un vicolo cieco.
Così come l'insistenza sull'immanentismo quando in verità noi siamo, come dice giustamente Heidegger, apertura, progetto, un andare oltre a noi stessi. E quindi "immanentismo" alla fin fine non può significare altro che il rifiuto della trascendenza platonico-cristiana. Che è però ormai storia. Mentre la trascendenza (senza fuga soprasensibile) dalle cose e dalle immagini che mi assediano e mi schiacciano è la vera vita e il presupposto della pratica filosofica.

Piuttosto bisognerebbe approfondire il tema della determinazione di un fine a partire dalla volontà di potenza. Cioè la questione della decadenza o della salute di una civiltà che riesce a porsi un fine, senza che questo debba essere per forza suggerito dalla voce di un nuovo dio.
Bisogna approfondire il tema della volontà di potenza in relazione alla creatività.
Non penso si tratti di vaneggiamenti – come dice Paul a conclusione del suo post. Altrimenti saremmo di fronte all'enigma di un pensatore che su alcuni temi mostra una profondità unica, e su altri solo banalità violente e di cattivo gusto. Il che per me sarebbe del tutto incomprensibile.
#195
Tematiche Filosofiche / CONTRO IL NICHILISMO
10 Agosto 2021, 09:59:34 AM
Sul rapporto nichilismo-morale vale la pena ricordare una delle tesi di Nietzsche: è la morale stessa a determinare il nichilismo perché nella sua evoluzione storica caratterizzata da una progressiva tendenza critica a smascherare tutto ciò che non è puro, disinteressato, rigoroso, alla fine arriva a svuotarsi dal suo interno: adeguatamente analizzati i valori tradizionali si rivelano nient'affatto puri e disinteressati; vengono dal corpo, dal desiderio di dominare gli altri, dalle paure; insomma, tutto molto più carnale di quanto si credeva.
Svuotati i valori, rimangono però le categorie con cui si è sempre guardato l'universo: lo scopo, l'unità, l'essere.
Il nichilismo è il risultato di uno sguardo sul mondo basato ancora su queste categorie, le quali però non sono più sorrette dalla fede in una metafisica, fede che appunto, nell'ambito di questo discorso, è venuta meno proprio dai risultati, dalle scoperte, dello stesso pensiero etico della tradizione.

Bisognerebbe dunque smettere di giudicare la vita in base alla presenza o meno di un fine generale.
Quindi la vita va avanti così, quasi per inerzia, una generazione dopo l'altra senza un perché e nella ripetizione degli stessi errori?
Certo che una visione del genere non fa che favorire il dominio dei potenti. Paul dice: almeno un tempo c'erano i saggi a contrastare questo potere. Ora non più.
Al suo posto si è ipotizzato, qui, una restaurazione della metafisica, nell'idea quindi che il processo di pensiero critico che ha condotto allo smantellamento della metafisica sia stato non solo l'effetto di una progressiva semplificazione della conoscenza del mondo, ma anche qualcosa di ideologico, in funzione di un più efficace dominio sulle popolazioni.

Al di là della correttezza di queste tesi, non si vede come una civiltà possa fare retromarcia, come si possa tornare indietro. Il singolo pensatore lo può fare, certo, ma nella consapevolezza di non poter avere in questo modo alcuna influenza sui processi della civiltà, arrivando, nella migliore delle ipotesi, a convincere altri singoli a guardare il mondo con i suoi stessi riferimenti.
Il che mi fa pensare che forse, anche se non lo vogliamo ammettere, la filosofia è solo un modo per il singolo di capirci qualcosa del mondo. Che se è potente, la sua potenza si sprigiona nella conquista della singola persona del controllo della propria vita o dell'accrescimento delle proprie potenzialità, e mai nei fenomeni sociali come l'educazione o la prassi politica, benché siano oggetti consueti (e quasi necessari) delle nostre dispute.