Citazione di: Phil il 18 Luglio 2025, 16:14:16 PMPer epistemico intendo epistemico, quindi il desiderio di illudersi, ancorato o meno al reale, è quanto di meno epistemico si possa concepire; e proprio per questo ricordavo che la filosofia è anche epistemo-logia (e intendo davvero epistemologia: quella che dialoga che le scienze, le evidenze, l'agognata oggettività o quantomeno si barcamena con onestà intellettuale, etc. non l'ermeneutica esistenziale). Bisognerebbe poi distinguere fra desiderio di illudersi (cattiva fede) e desiderio di non avere risposte irrisolte che porta ad illudersi (in buona fede).Come dicevo: è difficile fare filosofia metafisica, dopo di loro. Le altre filosofie, dall'ermeneutica all'epistemologia alle altre, sono possibili (e altrettanto "serie" direi), e infatti vengono attualmente e concretamente "fatte". Il "gioco della filosofia" non è all'infinito, ma dura quantomeno la presenza di una comunità di uomini che fanno filosofia e non vedo perché questo ti spinga a definirlo come "al massacro" (di nuovo: magari è stata massacrata la metafisica e se la identifichiamo come l'essenza della filosofia allora siamo a lutto; ma in realtà così non è, come dimostra tutta l'altra filosofia).Questo è esattamente quello con intendevo quando osservavo come la filosofia può essere sintonizzata sul mondo che la circonda, occuparsene "in diretta", essere attuale, etc. Come vedi, anche dopo la religione, la filosofia può avere un'agenda molto piena, fatta di ciò che fa (v. sopra) e ciò che potrebbe fare in più.
Il desiderio di illudersi e' epistemico perche' al suo fondo non c'e' nulla di altro: il movimento con cui, in modo apparentemente "isolato", l'oggetto di conoscenza specifico della metafisica si rivela un oggetto di desiderio ( > Dio non esiste ma e' solo un'illusione e rassicurante) e', anche, lo stesso identico movimento con cui tutti gli oggetti di conoscenza, possibili, si rivelano, in fondo, "solo" oggetti di volonta' e di desiderio ( > tutto il pensabile e il conoscibile e' un'illusione utile alla vita, e per giunta un'illusione eventualmente ripetibile data la finitezza di uno spazio, in cui tale illusione potrebbe comporsi e situarsi, e l'infinitudine di un tempo: insieme a Dio, muore la verita', e, insieme alla verita', muore anche il passato in quanto forma preferenziale dell'inamovibile/immodificabile).
La fuga continua del tempo nel passato, e' (anche) la fuga continua di tutti gli oggetti presenti e viaggianti nel tempo alla presa e alla "manipolazione" della volonta', il che e' possibile, e anche auspicabile, in un paradigma metafisico, ma impossibile, e anche eticamente non auspicabile, in un paradigma post-metafisico.
Insomma nel paradigma metafisico, l'oggetto di conoscenza domina, l'oggetto di desiderio, e si suppone che in fine la volontasi umana si acquieti e si paghi nella conoscenza, cioe' proprio nella visione memoriale e passatificata di mondo, e di un paesaggio, che non (piu'!) la implica (contemplazione); nel paradigma post metafisico e' vero il contrario, il desiderio genera conoscenza e quindi gerarchicamente e prioritariamente la domina, e la conoscenza, o meglio, la domanda esistenziale di essa e su di essa, al limite, si acquieta e si paga nel riscoprire se stessa forma e manifestazione del desiderio, perche' al suo "fondo", al suo fondamento, non c'e' altro.
L'episteme, ad oggi, non puo' fare a meno dell'episteme, della morte, della metafisica.
Infatti, caro Phil, con un minimo di realismo, non si puo' non riconoscere che la caduta, della filosofia tutta e non solo della metafisica, in Occidente, quantomeno nell'ultimo precedente secolo, (ma con prodromi iniziati nell'ultimo millennio), che l'ha portata dall'essere un elemento culturalmente egemone e intrinsecamente motivante, da sola, o al limite anche insieme alla teologia, all'essere, invece, solo una pregiudiziale di metodo [epistemologia] o una nota a margine [ermeneutica] sul lavoro altrui, sia una caduta. Il valore irripetibile della filosofia, consisteva nel suo essere uno stile di vita, e questo, ne imponeva almeno in un certo grado, l'autonomia e l'originalita'. Il filosofo, vale per quello che fa', non per quello che pensa.
L'ermeneutica poi, nel suo concetto che un testo prolifichi e dia frutto in un altro testo, e non nel dialogo diretto e scambievole per quanto possibile tra lettore e autore, e' la negazione stessa della filosofia. L'interpretazione, per riferirsi alla realta' e non al testo stesso, deve essere finita. Come la metafisica. Che e' bella proprio perche' e' stata pensata, fin dal principio, per essere finita. Lo dobbiamo ai suoi migliori autori, se oggi, la possiamo vedere da fuori.


