Menu principale
Menu

Mostra messaggi

Questa sezione ti permette di visualizzare tutti i messaggi inviati da questo utente. Nota: puoi vedere solo i messaggi inviati nelle aree dove hai l'accesso.

Mostra messaggi Menu

Messaggi - Donalduck

#181
Citazione di: atomista non pentito il 13 Settembre 2020, 21:07:47 PM
Quello che mi chiedo e' se questo argomentare utilizzando continui riferimenti "specialistici" ( ostici ai  meno preparati )sia necessario alla completezza ed esaustivita' per l'esposizione del proprio pensiero in modo compiuto o nasconda un minimo di compiacimento nella considerazione della propria esclusivita'. Colmare il divario culturale , per persone come me , non sara' possibile. Non certamente per gli anni che probabilisticamente mi rimangono da vivere , percio' una "volgarizzazione" delle risposte( almeno di quelle dirette ai commenti che mi riguardano) sarebbe un gradito segno del Vs desiderio di condividere realmente  il  Vs. pensiero.

Io chiederei semplicemente, di fronte a termini ostici o riferimenti vari: Cosa intendi TU con ..... ? A scanso di rimandi a voluminosi trattati o a definizioni wikipediche. Spesso i termini usati in questo tipo di discussioni hanno una rappresentazione approssimativa anche nella mente di chi li usa. E tutto ciò di cui non si riesce a trovare una descrizione semplice e sintetica spesso è solo spia di scarsa chiarezza mentale. Niente può mettere in crisi un filosofo quanto la domanda di un bambino.
#182
Tematiche Filosofiche / Re:I postulanti dell'Assoluto
09 Novembre 2020, 11:29:32 AM
Citazione di: Ipazia il 17 Agosto 2020, 16:43:12 PM
Da tempi immemori, intrecciandosi con la religione, la filosofia ha perseguito il mito dell'assoluto. Esso costituisce il Santo Graal del pensiero metafisico e, malgrado le sciabolate della modernità e post che ne hanno disintegrato i fondamenti ontologici ed epistemologici, i postulanti dell'assoluto continuano nella loro nave di Teseo a sostituire pezzi teoretici per permettere all'assoluto di riprendere il mare della riflessione filosofica.

L'impresa è disperata e assomiglia piuttosto al celebre quadro di Théodore Géricault che ad una tranquilla avventura del pensiero.

Partendo dai numi fino alla cosa in sè si sono fatti numeri da circo per sostenere la causa dell'assoluto, il quale sempre più si è negato affogandone le pretese nel fiume Pantarei già noto agli antichi più metafisicamente accorti. Volendo trovare una mediazione si dovrebbero riporre le aspettative in assoluti alquanto relativi, ma che interessano un po' tutti noi, come la vita umana e la cura e preservazione del pianeta che ci ospita. Là c'è spazio per fare, cum grano salis, esercitazioni di assoluto. Rigorosamente con l'iniziale minuscola e la falsificazione dietro l'angolo.


Quando l'assoluto da asintotica meta di un'avventura del pensiero diventa esigenza esistenziale abbiamo l'assolutismo, che si manifesta in tutti gli ambiti dell'attività umana.

In politica sappiamo bene a cosa porta: alla cristallizzazione dell'ingiustizia, all'annientamento della libertà individuale e opzionalmente alla follia collettiva.

In filosofia conduce a un accanimento speculativo con cui un viaggio nelle profondità del pensiero si trasforma in una missione impossibile che si vuole a tutti i costi credere possibile.

In ambito scientifico genera l'illusione che si possa mai arrivare una "teoria del tutto" che sveli tutti i misteri dell'esistenza, descritti nel linguaggio formale della matematica. E, quel che è peggio, a una schiera di fedeli della scienza che in essa trovano un sostituto della religione, che al grido "la scienza non è democratica!", cercano di mettere a tacere gli infedeli e gli eretici e di imporre le loro "verità" e la loro visione del mondo, tra l'altro spesso non supportata da una riflessione filosofica, ma solo dal sacro "metodo scientifico", ossia dalla sua immagine divinizzata.

In ambito spirituale (o psichico, se si preferisce) alla riproduzione fantasmatica amplificata virtualmente all'infinito del sovrano assoluto (Dio) e della sua corte in potenti quanto disturbanti scenari immaginativi che, per mezzo della "fede" sostituiscono in parte la percezione e il pensiero alterando il funzionamento della mente e condizionando pesantemente anche la sfera emotiva il libero esercizio della volontà. Del tutto funzionale all'assolutismo politico, anzi sua emanazione.
#183
Scienza e Tecnologia / Re:La "velocità" del tempo
03 Gennaio 2020, 13:10:54 PM
Citazione di: Ipazia
CitazioneInoltre la scienza è sostanzialmente intrinsecamente incapace di sondare e indagare il mondo della psiche (e parlo di mondo perché è vissuto come tale dalla coscienza, unico nostro sicuro e ineliminabile punto di riferimento), che rappresenta la metà dell'esperienza umana. Pensieri, sensazioni, sentimenti sono scatole nere per la scienza, che può solo indagare sulle tracce lasciate da tali fenomeni nel mondo fisico.

"Pensieri, sensazioni, sentimenti" sono scatole nere anche per la filosofia classica ormai frustrata da millenni di lotte serrate con un concetto particolare, l'Essere. Frustrazione ben contenuta nello "stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus". Ultimo frammento ontologico duramente conteso nella sostanza dalla botanica, nell'essenza odorosa dalla chimica e nella simbologia e iconografia dall'ispirazione artistica
La frustrazione è originata da un vizio di fondo: la mania di voler trovare una realtà fondamentale da cui dipendono unidirezionalmente, ossia derivano, tutte le altre realtà (che diventano illusorie). La mania di mettere ogni punto di vista in contrapposizione agli altri, anche quando non c'è nessun necessario conflitto. Che porta a pensare cose come: o esiste il pensiero, l'idea e quindi il mondo fisico è un'illusione, o (esclusivo) esiste la materia e quindi il pensiero, la psiche, la coscienza sono illusioni (o, eufemisticamente e pressapochisticamente parlando, epifenomeni). O nel migliore dei casi: o viene prima il pensiero che poi genera la realtà fisica o viene prima la realtà fisica che genera quella psichica. Cosa impedisce di pensare che entrambe le "realtà" siano su un piano paritario e siano magari due facce di una stessa medaglia? Tutti i monismi si basano sul prevalere di qualcosa su qualcos'altro e sulla negazione del dualismo (o di un qualsiasi pluralismo). E alla fine tutto si basa sul solito tentativo di arrivare ai "fondamenti ultimi" che a me più che altro evoca l'immagine dell'asino e la carota.
Si tratta di una visione delle cose ben radicata nella mentalità della gran maggioranza delle persone, non solo filosofi e scienziati. E anche il concetto ponziopilatesco di proprietà emergente, inventato per far fronte all'evidente sovrapposizione di "piani di realtà" interdipendenti ma ben distinti che si intrecciano nel mondo dell'esperienza senza rinunciare al monismo (che spesso coincide col riduzionismo materialista), resta alquanto lacunoso e privo di contenuto informativo. Lo "stato di realtà" di queste proprietà emergenti, che possono poi formare interi sistemi relativamente indipendenti, rimane indefinito e il problema viene sistematicamente eluso.
Questa esigenza di un ordine gerarchico assoluto, che evoca sia l'assolutismo in politica che il monoteismo in ambito teologico è anche alla base della tendenza imperialista della scienza (di certi settori della comunità scientifica) che vorrebbe fagocitare ogni altra forma di conoscenza, diventando così partner naturale, simbionte, di un potere politico assolutista, come lo è la religione monoteista.

Citazione di: Ipazia
CitazioneLa scienza, che ha bisogno sempre di qualcosa di misurabile, non ha i mezzi per addentrarsi nel mondo della psiche

Neppure questa proposizione è vera. Esiste un coacervo di scienze descrittive che si occupano di fenomeni qualitativi non misurabili. O semimisurabili attraverso algoritmi di tipo logico-probabilistico.
A questo bisogna mettersi d'accordo su cosa si intende per scienza, altrimenti si finisce per inserire tra le scienze anche la critica d'arte, o le arti stesse. Il punto è che solo la misurazione, la quantificazione permette l'uso della matematica e un criterio di verifica sufficientemente univoco e replicabile. E sono questi elementi che consentono in diversi campi alla scienza di rivendicare una superiorità metodologica che si concretizza in superiorità nei risultati rispetto ad altri sistemi di conoscenza. E quanto agli algoritmi probabilistici, bisogna vedere come vengono usati e se il loro uso porta a qualcosa di plausibile e affidabile, o solo a un castello di carte. Il mio parere è che discipline come la psicologia o, per focalizzare meglio un ambito specifico, la psicanalisi, non sono scienze, o sono scienze per modo di dire. Ossia usano anche il metodo scientifico (ma questo può essere vero anche per la più umanistica delle discipline) in qualche caso e in qualche misura, ma non sono affatto fondate su di esso. Sono basate su sistemi teorici in varia misura e in vario modo arbitrari, concepiti nell'immaginazione e non verificabili scientificamente (a meno che non si decida che il fatto che il paziente sia migliorato dimostri che l'impianto teorico è valido, ma questa sarebbe logica da strapazzo).

Il mondo psichico può essere esplorato nel modo in cui si esplora quello fisico: osservandolo direttamente e imparando a distinguerne le entità, a individuare le proprietà delle entità e le relazioni tra le entità, e su queste basi descriverne i fenomeni e le relazioni tra fenomeni. Ma questo non va confuso col misurare l'intensità delle correnti elettriche che scorrono attraverso il sistema nervoso o le aree del cervello che risultano più o meno attive in determinate circostanze. Questo riguarda le tracce che l'attività psichica lascia nel mondo fisico (o nel lato fisico del mondo, se preferiamo quest'espressione). Dati che possono essere utili e possono anche essere messi in relazione con i dati rilevati dall'interno, ma che possono fornire solo un supporto ausiliario all'osservazione diretta. L'esplorazione diretta è quella che in vari contesti viene chiamata meditazione, ed è un'attività del tutto diversa dalla prassi scientifica corrente, anche se pure in queste attività è possibile usare in qualche misura il metodo scientifico, in particolare nella costruzione di un sistema basato sulle osservazioni fatte. E' probabile che nozioni come i chakra o i meridiani dell'agopuntura siano nati appunto dall'osservazione interiore e dal tentativo di sistematizzazione di queste osservazioni (a prescindere dal credito che si voglia dare a queste nozioni e ai sistemi di cui fanno parte). Sono convinto che ci sia molto da fare in questo senso, e che la psicologia manchi di concretezza perché sostanzialmente manca la pratica sistematica dell'osservazione diretta e la sistematizzazione delle informazioni ricavate da essa. Tutto è in genere fondato su assiomi indimostrati o su misurazioni degli effetti fisici e misurabili dell'attività psichica, che però forniscono solo informazioni indirette e marginali.

Citazione di: Ipazia
CitazioneQuindi non posso che dissentire totalmente: da un punto di vista ontologico la scienza è autoreferenziale. Può fornire informazioni utili alla speculazione ontologica, ma non può sostituirla in alcun modo.

Dire "referenziale" non significa nulla se non si delimita il campo di esistenza del referente. Anche la filosofia è autoreferenziale. Il suo problema è che ha dovuto cedere sovranità sul suo campo applicativo che, come dicevo sopra, rimane comunque importante nel manipolare quelle scatole nere ontologiche di cui la scienza non si è (ancora) impossessata. E su alcune forse non lo farà mai.
Dicendo che la scienza è autoreferenziale dal punto di vista dell'ontologia intendevo dire che la scienza, di per sé, non ci dà una mappa della realtà . La mappa la costruisce l'ontologia (filosoficamente intesa) avvalendosi sia della scienza che di altri metodi di conoscenza, mettendo in relazione, come già detto altrove, gli elementi della scienza (in generale del sistema di conoscenza) con gli elementi dell'esperienza (i dati della coscienza).

Citazione di: IpaziaMa non riguardano l'ontologia, bensì la teleologia. La causa finale. E il significato, piuttosto che la natura, delle cose.
Sulla teleologia bisogna innanzitutto notare che la scienza non se ne occupa e che la esclude volutamente dal suo campo d'indagine. Il che va bene finché non si pretende che questa visione diventi norma, come fa Monod nel suo Il caso e la necessità, un vero manifesto del pensiero riduzionista-materialista. Monod sostiene esplicitamente l'esigenza di un'"etica della conoscenza" basata sul "rifiuto sistematico" di considerare ogni chiave interpretativa di stampo teleologico (o teleonomico, come dice lui). Insomma un rifiuto arbitrario e aprioristico che tanto ricorda fenomeni come il razzismo o la caccia alle streghe. A parte il fatto che viene ribaltato il rapporto tra etica e conoscenza (non un'etica basata sulla conoscenza, ma una conoscenza basata su un'etica arbitraria), l'operazione nel suo insieme ricorda i sotterfugi della commedia dell'arte: prima la scienza autolimita il suo ambito di ricerca a tutto ciò che non riguarda cause finali, poi rivendica il monopolio della conoscenza e, dato che ha eliminato per sua scelta le cause finali, pretende che queste spariscano dall'orizzonte della conoscenza nel suo insieme.

Parlando invece di "natura" e "significato"  ho qualche difficoltà a utilizzarli come rappresentanti di "causa in senso stretto" e "causa finale" o semplicemente "fine". Tutto il nostro sistema di conoscenza è basato sui segni. O, come si diceva prima, sulla creazione di modelli che vengono applicati all'esperienza. Ma i modelli sono costruiti con segni e di segni è costituito, in fin dei conti, anche il mondo dell'esperienza. E la "natura" temo che anch'essa non possa che essere costituita da segni. Io, in genere, soprattutto quando le cose si fanno confuse, uso come chiave interpretativa privilegiata l'informazione e i concetti ad essa correlati. Un segno si può considerare come un anello di una catena informativa, un componente di un flusso informativo coerente, individuabile e isolabile. Sia la natura che il significato, usando i tuoi termini, sia la causa che il fine fanno parte di un flusso informativo, ossia di catene di significanti che diventano significati (o che manifestano significati) dopo che sono stati interpretati con l'applicazione di un codice. Ora, la "natura" come la posso intendere? Direi che individuare la natura di qualcosa significa individuare il significante che ha veicolato quel qualcosa come significato. O, più realisticamente, l'insieme di significanti che hanno veicolato l'insieme di significati che hanno formato quel qualcosa (in effetti, in questo contesto bisognerebbe anche inserire il codice e la possibilità di usare diversi codici che determinano significati differenti, ma evitiamo di complicare le cose). Ma quei significanti  che costituiscono la "natura" del nostro qualcosa sono a loro volta significati da qualche altro significante. Quello che distingue la causa dal fine non è la posizione (prima o dopo il nostro qualcosa) nella catena dei significanti-significati, ma il verso del flusso d'informazione. Mentre la causa efficiente determina un effetto senza preoccuparsi delle conseguenze, la causa finale si occupa proprio dalle conseguenze, che sono volute, pianificate, preconcepite, e cerca di determinare una sequenza di cause-effetti che portano ad esistenza quelle conseguenze. Questa inversione è ciò che induce a dire che le cause finali si posizionano temporalmente nel futuro, mentre le cause in senso stretto stanno nel passato o nel presente. Ma quello che sembra mettere maggiormente in difficoltà gli scienziati sembra essere la natura necessariamente psichica della causa finale, dato che non possiamo attribuirgli una realtà fisica e non possiamo prescindere dai concetti di volontà e intenzionalità. Mentre non hanno difficoltà ad ammettere le ripercussioni psichiche dei fenomeni fisici, sono estremamente riluttanti ad ammettere che il mondo psichico sia anch'esso un "mondo delle cause" con pari diritto di quello fisico. E ancora di più ad ammettere che possano esistere principi psichici immanenti all'intera realtà, immanenti come lo sono le forze o interazioni fondamentali e gli altri costituenti basilari del modello fisico. Non mi risulta facile capire questa presa di posizione aprioristica, tanto meno giustificarla, ma così è, a quanto pare. Permane nel mondo scientifico la tendenza ad avere una visione fantasmatica della psiche, qualcosa che non ha vera consistenza, vera "realtà", perché non sarebbe in grado di determinare effetti (a dispetto di ogni evidenza). E quello che costituisce un problema è che c'è una forte tendenza, nel mondo scientifico, a voler imporre questa arbitraria e sostanzialmente irrazionale visione delle cose in tutti gli ambiti del pensiero.
#184
Scienza e Tecnologia / Re:La "velocità" del tempo
02 Gennaio 2020, 20:53:37 PM
Citazione di: Ipazia
Citazione di: Donalduck
La scienza ha assai poco da dire sui fondamenti dell'essere e della conoscenza, in sostanza sul mistero dell'esistenza che, pur essendo impenetrabile alla razionalità, ha molto da insegnare nel cammino che si compie nel cercare di svelarlo.

Opinabile. Le scienze cognitive hanno molto da dire sulla conoscenza e la conoscenza stessa è sinonimo di scienza. Per quanto riguarda i "fondamenti" ...

CitazioneE' chiaro che non si può arrivare a "fondamenti ultimi" perché non possiamo concepire nulla che non richieda a sua volta una spiegazione (quindi anche le "teorie del tutto" non possono che essere velleitarie). Ma una cosa che si può fare in questo cammino è sbarazzarsi di tutti i miti e i pregiudizi che riguardano tali fondamenti. Come che la scienza abbia qualche risposta in proposito. Non ce l'ha. La scienza si occupa di costruire modelli e applicarli al mondo dell'esperienza.

... la filosofia ha tentato una resistenza da parte dell'ultimo giapponese della metafisica ontologica che teorizzò la cosa in sè (das Ding an sich), il noumeno, contrapponendola alla sua manifestazione fenomenica. Tale strategia si è rivelata fallace e già Schopenauer si rese conto che tutto il nostro sapere, e non solo quello della scienza naturale, "si occupa di costruire modelli e applicarli al mondo dell'esperienza"

CitazioneMa stabilire le relazioni tra i modelli e il mondo dell'esperienza è affar suo solo per quanto riguarda le applicazioni pratiche, la tecnologia. Stabilire le relazioni concettuali è compito della filosofia, ossia richiede lo spostamento su un altro piano, su un altro contesto, un'altra dimensione del pensiero.

Anche qui direi che le scienze umane hanno eroso non poco del terreno filosofico puro: logica e semantica sono discipline già abbondantemente emancipate dall'approccio metafisico classico al loro oggetto di studio.

Che le scienze cognitive abbiano qualcosa da dire sul processo di conoscenza non lo metto in dubbio, anche se è tutto da stabilire quanto siano o possano essere effettivamente utili e in quali contesti. Idem per le cosiddette scienze umane. Bisogna comunque precisare che man mano che ci si muove dalle scienze "hard" a quelle "soft", il metodo scientifico empirico-sperimentale-matematico ha sempre meno presa sugli ambiti d'indagine delle scienze stesse, quindi esse risultano tanto più vaghe, imprecise e opinabili quanto più "soft".

Comunque, non ho negato tutto questo, parlavo dei fondamenti, che ricadono in ambito filosofico, al di fuori del dominio di qualunque scienza. Tu stessa, mi pare, hai ammesso che l'epistemologia ha un senso e una ragion d'essere e non può essere inglobata nella scienza (cosa che certe tendenze in ambito scientifico rivendicano).
Quello che non mi risulta è che i progressi nelle scienze, in tempi recenti, ossia dopo che la filosofia si è sbarazzata, con l'aiuto della stessa scienza, di pregiudizi e tabù fideistici, abbiano "sottratto terreno" alla filosofia, in particolare all'ontologia-metafisica (che trovo preferibile considerare come un tutt'uno). Sarebbe utile qualche esempio.

Non è che la scienza costruisca modelli e la filosofia no, ma in ogni caso bisogna costantemente tener presente la distinzione tra modello e referente del modello, che invece certi scienziati e divulgatori tendono a confondere. Il compito della filosofia della scienza è stabilire le relazioni tra il modello scientifico e il modello esperienziale (o altro modello, eventualmente). In alcuni casi queste relazioni sono pressoché implicite nel modello scientifico stesso. Ad esempio se ho una distanza e una velocità media di un veicolo posso calcolare il tempo di percorrenza (e posso verificarlo sperimentalmente), quindi in questo ambito e a questo fine posso applicare il modello, ossia considerare certi elementi della realtà esperienziale come elementi del modello scientifico. In altri casi, come quelli dei concetti di spazio e tempo, la mappatura è assai più problematica, ci si imbatte in paradossi ed è necessaria una visione più ampia (trascendente) di quella fornita dal modello. E' necessaria, in particolare, anche una profonda riflessione su cosa sia (come viene vissuto, considerato e usato) il referente esperienziale del modello scientifico (ad esempio il tempo esperienziale).

La "cosa in sé" non trova posto in questa discussione. Ho già chiarito che considero la ricerca di "fondamenti ultimi" o "realtà ultime" una missione impossibile sia per la scienza che per la filosofia, anche se la ricerca a domande che non avranno mai una risposta definitiva stimola la riflessione e ci aiuta soprattutto a sbarazzarci di credenze infondate, pregiudizi e superficiali luoghi comuni.

Se uno scienziato mi venisse a raccontare (come accade che si faccia) che "il tempo non esiste" o il tempo e lo spazio hanno avuto un "inizio" e addirittura mi fornisse approssimativamente la data di nascita, pretendendo di trasferire pari pari questa narrazione dal contesto in cui è nata (la teoria scientifica) al mondo dell'esperienza, gli farei osservare:
1) Che sta sconfinando dal suo ambito scientifico in cui è un esperto, a un ambito filosofico che è, per come la penso, di "pubblico dominio" e di pubblica competenza, in cui ha voce in capitolo, in linea di principio, quanto chiunque altro.
2) Che il concetto di inizio presuppone senza possibilità di elusione un preesistente contesto spaziotemporale, quindi sta dicendo in partenza cose senza senso. Qualsiasi cosa che abbia un inizio sta già in uno spaziotempo. Impossibile definire e dare un senso al concetto di inizio senza appoggiarsi ai concetti di spazio e tempo. Se vuole applicare la teoria al mondo dell'esperienza, dovrà trovare altri concetti e altri termini. Come ad esempio uno spaziotempo che ne contiene un altro. Non che questo concetto non sia problematico, ma almeno permette un possibile aggancio col mondo dell'esperienza, nel quale lo spazio non può avere confini, il tempo non può avere limiti né inferiori (passato) né superiori, il passato non può tornare e neppure possiamo tornare nel passato. Se il tempo e lo spazio della scienza non hanno queste caratteristiche, non si tratta di modificare le concezioni del tempo e dello spazio esperienziale (che sono elementi primari dell'esperienza), ma di stabilire i nessi tra il tempo e lo spazio della fisica e il tempo e lo spazio dell'esperienza. Io direi che lo spaziotempo dell'esperienza si potrebbe configurare come una sorta di metaspaziotempo rispetto a quello della fisica, che ammette una finitezza e regole non compatibili con quelle "incorporate" nella comune percezione-concezione di questi elementi primari. Lo spaziotempo è trattato dalla fisica come una sorta di oggetto, ha una sua "materialità" che non c'è affatto nello spaziotempo dell'esperienza.

Insomma la scienza non ha e non può avere l'ultima parola sull'applicazione dei concetti della disciplina a quelli dell'esperienza generica, e qualunque scienziato che si esprima in merito sta dismettendo le vesti dello scienziato per indossare quelle del filosofo. C'è invece una preoccupante tendenza, in ambito scientifico, a ritenere di poter sostituire la filosofia con la scienza impadronendosi di tutta la "filiera" del sapere e in sostanza spacciando il suo punto di vista per "il" punto di vista, quello "vero", e non "un" punto di vista, aprendo la strada al pensiero unico fondato su una Scienza divinizzata (che piace tanto anche ai potentati economici e politici, quando non abbiano una religione a cui appoggiarsi per affermare la loro indiscutibile autorità).

Un'altra considerazione che va fatta è che la scienza, come la conoscenza in generale, è ben lontana dall'essere unitaria. E' invece frammentaria e si fatica a mettere in relazione i vari ambiti o addirittura le diverse teorie negli stessi ambiti. Quindi risulta ancora più arduo, da parte della scienza, il compito di attuare questa unificazione, che per ora non riesce ad attuare neppure all'interno delle singole discipline, in tutti gli ambiti che attualmente stanno a notevole distanza tra loro. Soprattutto non si capisce su quali basi e in che modo dovrebbe realizzare questo oneroso compito. Posso ammettere che tale compito possa esser visto (dalla filosofia o al limite anche da una scienza che riesca, modificando sé stessa, a inglobare anche la filosofia) come una lontana meta, ma a sentire certi scienziati si direbbe che siamo a un passo dal trovare la chiave di interpretazione che ci svelerà ogni "segreto dell'esistenza", cosa a mio parere falsissima.
#185
Scienza e Tecnologia / Re:La "velocità" del tempo
02 Gennaio 2020, 15:20:45 PM
Citazione di: viator"Bisogna spiegare cose significano quel "esiste" e quel "non esiste". Definire rigorosamente l'esistenza è impossibile".
Beh, certo, quasi tutti devono arrestarsi di fronte all'ostacolo tautologico. Io ci ho provato qui dentro già diverse volte, formulando sempre : "l'Essere : la condizione per la quale le cause producono i loro effetti" e senza mai leggere commenti, contestazioni, rettifiche, alternative da parte di altri utenti.
Una definizione alquanto sibillina, che comunque presuppone che "causa" ed "effetto" siano più fondamentali dell'essere stesso, dal momento che servono a definirlo.

Citazione di: viatorD'altra parte ciò dimostra che è possibilissimo continuare a vivere ignorando cosa l'essere possa essere.
Se è per questo si può continuare a vivere benissimo anche senza saper né leggere né scrivere. Del resto ho affermato che definire rigorosamente l'essere è impossibile, quindi se quel che dici fosse falso saremmo tutti morti, o non saremmo mai esistiti. Invece, riflettere sul significato che diamo all'"essere", senza la velleità di arrivare a conclusioni definitive, serve soprattutto a sbarazzarci di pregiudizi e semplicistici luoghi comuni.

Citazione di: viatorIl "principio di indeterminazione" dice qualcosa a qualcuno circa il presente argomento?
Immagino che ti riferisca al principio della fisica quantistica. Per quanto mi riguarda è solo una conferma che ogni ontologia dipende dal punto di vista, che non esiste un punto di vista assoluto e che niente può fare a meno del concetto di relazione e di conseguenza ogni tentativo di definire, concettualizzare una "realtà in sé" indipendente da un soggetto interpretante è destinata per sua natura al fallimento.
#186
Scienza e Tecnologia / Re:La "velocità" del tempo
02 Gennaio 2020, 11:24:11 AM
Citazione di: iano il 30 Dicembre 2019, 23:52:34 PM
Citazione di: Donalduck il 26 Dicembre 2019, 11:17:31 AM
Citazione di: iano il 26 Dicembre 2019, 01:52:10 AMCredo nella realtà sulla fiducia...
Mmmm.... Hai fatto un lungo discorso sulla realtà, dimenticandoti di dire cosa intendi con questo termine, e neppure si capisce da quello che scrivi. E' proprio il problema che ho enunciato e risolto, per quanto mi riguarda, nel modo che ho descritto. Non trovo invece nulla di intelligibile e neppure intuibile nel tuo modo di presentare la tua visione di questa fantomatica "realtà". Purtroppo non possiamo affatto contare su una intuizione comune, dato che da parte mia trovo decisamente fuorviante e fallimentare il modo in cui si usa generalmente questo termine in filosofia.
Semplicemente non c'è modo di dimostrare che una realtà fuori di noi esista , quindi siamo liberi di crederci o meno e io scelgo di crederci.
Non possiamo contare su una intuizione comune come prova di esistenza.
Non possiamo dire che il rosso esiste perché tutti lo percepiamo. Sappiamo che esiste una frequenza che corrisponde al rosso , ma il rosso ,oggetto comune della nostra percezione non esiste.
E come percepiamo il rosso così percepiamo il tempo.

Hai ragione a criticarmi . Spesso metto sulla tastiera i pensieri come vengono.

Il punto non è la critica, ma cercare di arrivare al nocciolo della questione, e mi pare che ancora non ci siamo. Per evitare fraintendimenti e cavilli, stabiliamo che "realtà" ed "esistenza" sono sinonimi, stanno a indicare che qualcosa "è". Quindi non vale dire che qualcosa è reale se esiste e non è reale se non esiste. Bisogna spiegare cose significano quel "esiste" e quel "non esiste". Definire rigorosamente l'esistenza è impossibile, ma si può cercare di capire cosa vogliamo dire se proviamo a spiegare cosa significa che qualcosa "non esiste". A mio parere è del tutto arbitrario, immotivato e in ultima analisi senza senso dire cose come "il rosso non esiste" o "il tempo non esiste" ma anche, più in generale, dire che qualsiasi cosa "non esiste", se non in riferimento a un ben definito contesto, quindi mai in senso assoluto. Ad esempio: Babbo Natale non esiste in quanto essere umano o superumano, ma esiste come prodotto dell'immaginazione, con tanto di raffigurazioni iconiche e mito (ossia descrizione di aspetto e comportamento). Quindi se come contesto scelgo l'insieme degli esseri umani, o degli esseri senzienti, Babbo Natale non esiste (non appartiene all'insieme preso in considerazione). Se prendo invece l'insieme delle entità mitiche Babbo Natale esiste. Bisogna sempre riferirsi a un preciso contesto, un insieme di entità e una "dimensione o modalità di esistenza" un certo "spazio" a cui l'insieme fa riferimento (una pietra e un pensiero non non appartengono alla stessa "dimensione di esistenza", allo stesso "spazio" in senso lato) per affermare che qualcosa esiste o non esiste senza che questa asserzione resti sospesa nel vuoto dell'insignificante. E, ripeto, non c'è nulla di cui si possa dire "non esiste" in assoluto.
Ancora più privo di significato mi appare il pensiero "credere che la realtà esista". Come si può credere a qualcosa se non si sa cosa questo qualcosa significa? E che differenza farebbe credere o non credere nella realtà in generale?

Riguardo al rosso: "rosso" e "onda elettromagnetica di una certa frequenza e intensità" non sono affatto la stessa cosa. Sono due fenomeni legati, in stretta relazione, ma non coincidono. Colore e frequenza (o lunghezza d'onda) della luce sono legati da precise relazioni, ma non vanno confusi l'uno con l'altro, cosa che invece viene fatta comunemente. Si può dire che la sensazione del rosso è generata dall'elaborazione da parte del sistema biopsichico "organismo umano" delle onde luminose (o meglio dell'informazione che portano con sé) ed è legata a una certa fascia di frequenze, ma sarebbe un grosso errore dire che "luce di frequenza compresa tra x e y" e "rosso" indicano la stessa cosa. Tra l'altro è possibile che la sensazione del rosso compaia in sogni o allucinazioni, o anche semplici immaginazioni, quindi anche senza la percezione ed elaborazione di segnali luminosi. Che senso avrebbe dire che "il rosso come oggetto della nostra percezione non esiste"? Esiste appunto come oggetto della nostra percezione, e, tra l'altro, per noi non c'è nessun riferimento più immediato e fondamentale della nostra percezione, tutte le nostre conoscenze si basano su di essa. Ribadisco, che senso ha dire che "non esiste", cosa vorrebbe dire?
#187
Scienza e Tecnologia / Re:La "velocità" del tempo
29 Dicembre 2019, 10:26:35 AM
Citazione di: Ipazia il 29 Dicembre 2019, 09:36:02 AM
Ta onta, ovvero "le cose che sono" è l'origine dell'esperienza conoscitiva qualunque essa sia. In origine la conoscenza si identificava col la philo-sofia e la conoscenza degli onta naturali era oggetto di studio della filosofia naturale.

Il dilatarsi del significato degli enti naturali e della loro fenomenologia ha occupato via via sempre più l'ambito di studio degli onta (onto-logia), lasciando alla filosofia moderna solo il dominio della riflessione metodologica (logica, epistemologia), dell'etologia umana (per la parte etica) e della fede religiosa (teologia). Tutto il resto -  piaccia o non piaccia - se lo è pappato la filosofia naturale divenuta scienza.

La scienza ha assai poco da dire sui fondamenti dell'essere e della conoscenza, in sostanza sul mistero dell'esistenza che, pur essendo impenetrabile alla razionalità, ha molto da insegnare nel cammino che si compie nel cercare di svelarlo. E' chiaro che non si può arrivare a "fondamenti ultimi" perché non possiamo concepire nulla che non richieda a sua volta una spiegazione (quindi anche le "teorie del tutto" non possono che essere velleitarie). Ma una cosa che si può fare in questo cammino è sbarazzarsi di tutti i miti e i pregiudizi che riguardano tali fondamenti. Come che la scienza abbia qualche risposta in proposito. Non ce l'ha. La scienza si occupa di costruire modelli e applicarli al mondo dell'esperienza. Ma stabilire le relazioni tra i modelli e il mondo dell'esperienza è affar suo solo per quanto riguarda le applicazioni pratiche, la tecnologia. Stabilire le relazioni concettuali è compito della filosofia, ossia richiede lo spostamento su un altro piano, su un altro contesto, un'altra dimensione del pensiero. Inoltre la scienza è sostanzialmente intrinsecamente incapace di sondare e indagare il mondo della psiche (e parlo di mondo perché è vissuto come tale dalla coscienza, unico nostro sicuro e ineliminabile punto di riferimento), che rappresenta la metà dell'esperienza umana. Pensieri, sensazioni, sentimenti sono scatole nere per la scienza, che può solo indagare sulle tracce lasciate da tali fenomeni nel mondo fisico. La scienza, che ha bisogno sempre di qualcosa di misurabile, non ha i mezzi per addentrarsi nel mondo della psiche . Quindi non posso che dissentire totalmente: da un punto di vista ontologico la scienza è autoreferenziale. Può fornire informazioni utili alla speculazione ontologica, ma non può sostituirla in alcun modo.
#188
Scienza e Tecnologia / Re:La "velocità" del tempo
28 Dicembre 2019, 21:48:18 PM
Citazione di: Ipazia il 28 Dicembre 2019, 19:56:24 PM
Mi spiace ma l'ontologia delle cose reali è da un bel po' che è transitata armi e bagagli nel campo della scienza. Alla filosofia restano neppure tutti i "fondamenti di tutto il nostro sistema di pensiero" ma quelli su cui le neuro e psicoscienze non hanno nulla da dire. Praticamente soltanto l'etica a livello professionale (e non è mica poca cosa). Mettiamoci pure la logica, l'estetica e tutta la sfera del desiderio e delle sue invenzioni, fuori dal'ontologia scientifica. Ma oltre questa peculiare ontologia antropologica la scienza è l'unico sapere ontologico affidabile.

Si può continuare ad avvitarsi nei vortici dell'Essere metafisico, ma non si va oltre un livello velleitario, per non dire hobbistico, di speculazione filosofica. Rimestando riflessioni antiquarie che hanno fatto il loro tempo, la cui "velocità" continua a segnare il passo.
Certo se uno usa i termini a suo piacimento, se ad esempio in per ontologia intendo mio cugino, potrò speculare quanto voglio, ma sarà difficile il confronto con qualsiasi altrui pensiero.
Ho verificato che anche le più diffuse fonti online danno al termine alcune solo il significato filosofico, le più aggiornate aggiungono il significato nel senso informatico. Ma forse fai parte di un'avanguardia e le tue concezioni non sono ancora giunte al grande pubblico, bisogna solo pazientare.

Resta il fatto che anche le tue presunte "ontologie" in sensi per quanto mi riguarda tutti da chiarire, sarebbero comunque tutt'altra cosa dell'ontologia in senso filosofico e no, non sono intercambiabili: non puoi sostituire il lavandino con un bidet. E' soprattutto questo tipo di mancanza di discernimento che distingue la filosofia saccente da salotto dalla sincera curiosità del ricercatore.
#189
Scienza e Tecnologia / Re:La "velocità" del tempo
28 Dicembre 2019, 18:29:47 PM
Apeiron:
CitazioneLa mia posizione filosofica è che il tempo inteso come 'dimensione' 'in cui' avvengono gli eventi non esiste.
Questa asserzione merita una trattazione a parte, essendo fuori dal tema iniziale, anche perché, detta così, è alquanto sibillina.
Cosa vuoi dire? Qual è la tua concezione del tempo?
#190
Scienza e Tecnologia / Re:La "velocità" del tempo
28 Dicembre 2019, 18:24:34 PM
Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2019, 17:01:06 PMTi suggerisco di vedere la cosa in questi termini: è vero che la 'particella libera' (ovvero non soggetta a forze) è un'astrazione ma possiamo stabilire situazioni in cui ci sono più o meno 'forze' e, quindi, si è più o meno distanti dall'idealità.
Ma questo a che fare con una scelta arbitraria, dal punto di vista scientifico, del sistema di riferimento. Per ragioni di convenienza, come ragione e buonsenso suggeriscono, scegliamo il sistema di riferimento in cui la descrizione dei fenomeni risulta più semplice e agevole da elaborare. Ma buonsenso e necessità razionale o necessità scientifica non sono la stessa cosa. Quelle suggerite dal rasoio di Occam sono solo libere opzioni, non necessità, e solo le necessità ci illuminano sui fondamenti di ciò che è (se intuisci quel che voglio dire).
Citazionese non accetti almeno provvisoriamente le idealizzazioni, secondo me, nessuna risposta che ti darò ti soddisferà
Non è questione di accettare e o non accettare, ma di verificare fino a che punto e come si può giustificare, da un punto di vista ontologico, quello che il paradosso dei gemelli racconta.  Finora la mia ipotesi che i due punti di riferimento siano entrambi paritetici, anche se soggetti a diverse condizioni, non è stato smentita (da quello che so e ho capito, ovviamente). In particolare non vedo niente che metta in relazione, da un punto di vista formale (quindi matematico) le differenze di condizione dei due gemelli con la necessità di assumere il suo sistema di riferimento e considerarlo come "veritiero", mentre l'altro risulterebbe in qualche modo "fallace" o "illusorio".
CitazioneE mentre il gemello che rimane sulla Terra potrà osservare una 'buona' compatibilità tra le predizioni della relatività ristretta e quello che osserva, il gemello che compie il viaggio dovrà ammettere che la compatibilità con le predizioni di tale teoria nel suo riferimento non è 'buona'.
E' proprio questo il punto. Io non trovo niente che si opponga all'ipotesi che i due gemelli, ognuno dal suo sistema di riferimento, misurino esattamente le stesse cose, in disaccordo con quello che misura l'altro gemello ma in accordo con la teoria. Il che ovviamente è paradossale, ma è appunto di un paradosso che si parla.

CitazioneRiguardo al tempo 'fisico' e alla sua relazione con il tempo 'soggettivo', qui si aprirebbe una questione assai complessa. Per quanto mi riguarda, concordo che sono diversi ma direi anche che sono legati.
E' esattamente quello che ho affermato: sono in relazione ma non sono la stessa cosa.
#191
Scienza e Tecnologia / Re:La "velocità" del tempo
28 Dicembre 2019, 15:35:22 PM
Citazione di: Ipazia il 28 Dicembre 2019, 15:00:30 PM
Velleitario è pretendere che la scienza si occupi di cose che non la riguardano come, ad esempio, il significato della chiusura temporale della vita individuale umana: il tempo antropologico. Il tempo fisico funziona perfettamente nella relazione che si converte in una multa per eccesso di velocità. In tal caso la sua ontologia fenomenologica funziona così bene che si può perfino addestrare una macchina a calcolarla.  Così come funziona perfettamente nella determinazione del campo di esistenza del battito cardiaco e del soggetto di quel battito. Inclusi i fenomeni fisiologici correlati. Ontologia purissima.

No, no, la scienza non dovrebbe proprio occuparsi di questioni che riguardano la filosofia, ma purtroppo a volte alcuni lo fanno e, incuranti dello sconfinamento, pretendono di imporre ontologicamente il punto di vista della scienza (o meglio quello che spacciano per tale, cioè un loro personale punto di vista fondato unicamente sulle loro conoscenze e speculazioni scientifiche). Come quelli che parlano di "inizio del tempo" o sostengono che "il tempo non esiste" o considerano lo spaziotempo come se fosse un oggetto.
E' ovvio che il tempo fisico funziona, nella scienza sopravvive solo quello che funziona, ma funzionare ed illuminarci sulle questioni fondamentali di questo mistero inintaccato dalla scienza che è l'esistenza sono cose assai diverse.
Se uno è interessato solo al funzionare o non funzionare, niente da dire, ma l'ontologia non è lo studio del funzionamento delle cose. E comunque a me interessa anche altro, anche restando soltanto nel campo della razionalità.
E non confondiamo le diverse accezioni del termine "ontologia", che indica anche un'entità informatica oltre che, se vogliamo (ma è la prima volta che lo vedo usato in questo modo), cose come il "campo di esistenza del battito cardiaco", ma che in filosofia è altra cosa, riguarda i fondamenti di tutto il nostro sistema di pensiero.
#192
Scienza e Tecnologia / Re:La "velocità" del tempo
28 Dicembre 2019, 13:06:27 PM
Citazione di: Apeiron il 26 Dicembre 2019, 15:44:17 PMSe vuoi, c'è una spiegazione relativamente semplice della risoluzione del 'paradosso dei gemelli' (in inglese), qui: https://www.cpp.edu/~ajm/materials/twinparadox.html.
Il caso trattato nella spiegazione è esso stesso piuttosto ideale. Però, spero che renda l'idea (due giorni fa non mi è venuto in mente che con i diagrammi di Minkowski, in effetti, la spiegazione non è troppo complessa...).

Grazie per il link. Il fatto è che anche questa "spiegazione" non mi sembra rispondere alla mia obiezione. L'articolo, in apparenza, prende in considerazioni i due punti di riferimento, quello del gemello che resta a terra (EBT) e quello del gemello che viaggia (TT), ma in realtà il sistema di riferimento è sempre quello di EBT. Se prendo il sistema di riferimento di TT, è la terra che si allontana e accelera insieme a EBT, ed è lui TT a lanciare 10 segnali e a riceverne solo 8. O almeno, non trovo nulla che smentisca questa visione delle cose.

Per chiarire meglio il mio punto di vista, dirò quali sono le mie motivazioni: ho notato che, in ambito scientifico, mentre abbondano le affermazioni categoriche (per certuni "scientifico" è quasi sinonimo di "certo", "inoppugnabile", anche se tra scienziati di alto livello queste convinzioni sono assai poco diffuse), non sono rare le "distrazioni" in cui punti essenziali vengono ignorati (quello che il grande Douglas Adams definiva la sindrome del "not my problem" che rendeva possibile il fatto che un divano materializzatosi improvvisamente nel bel mezzo di un campo da cricket passasse del tutto inosservato, perché troppo in conflitto con la "normalità"). Questo in particolare quando dalla scienza vera e propria (che ha a che fare con modelli e non direttamente con la realtà esperienziale) si passa, a volte inavvertitamente, alla filosofia, dando interpretazioni arbitrarie di fatti scientificamente accertati.
La cosa assume un particolare rilievo quando ci si trova di fronte ai paradossi, come quello dei gemelli, o quelli della fisica quantistica, o anche quelli antichi come quelli di Zenone. In questi casi tendo a pensare che si tratti di una fallacia ontologica, in cui si scambiano concetti (scientifici o no) con esperienze, pensando che siano impunemente intercambiabili. Come ho già scritto, ritengo che il tempo della fisica e quello dell'esperienza non siano la stessa cosa, pur essendo in relazione tra loro, e così lo spazio. E mi pare anche che le pretese ontologiche della scienza siano soltanto velleitarie. Fermo restando il diritto di ogni scienziato, come di ogni altro individuo, di occuparsi di filosofia, se cerca di farlo con i soli strumenti della scienza, sono abbastanza convinto che sia altrettanto ben equipaggiato di chi vada in guerra armato di temperino.

Tornando al caso in questione, non avendo abbastanza conoscenze per confermare o smentire la mia ipotesi relativamente al caso, cerco di acquisire tutte le informazioni possibili al riguardo.
#193
Scienza e Tecnologia / Re:La "velocità" del tempo
26 Dicembre 2019, 13:02:58 PM
Citazione di: viator il 26 Dicembre 2019, 12:18:06 PMSalve. La realtà consiste nell'insieme degli effetti umanamente percepibili, categoria dalla quale - naturalemente - sono escluse tutte le cause degli effetti umanamente percepibili. Saluti.
Quindi le cause degli effetti umanamente percepibili non sono reali. Ossia la realtà è causata da qualcosa di irreale. Come dire: il tutto è causato dal nulla. Francamente mi sembrano solo giochi di parole che non illuminano.
#194
Scienza e Tecnologia / Re:La "velocità" del tempo
26 Dicembre 2019, 12:11:29 PM
Citazione di: Apeiron il 24 Dicembre 2019, 17:36:10 PMin realtà questo non è vero*. L''inerzialità' ha un significato fisico ben preciso: è la situazione di un corpo non soggetto a forze. Affinché un corpo si muova di moto accelerato, è necessaria la presenza di forze
Qui si presenta la problematica nozione di forza. Una cosa che non capisco è come possa esistere un corpo non soggetto a forze. Il concetto di forza è legato a quello di energia, e la fisica ci dice che l'energia è tutto ciò che esiste (sempre restando nell'ambito della fisica, s'intende) essendo la massa in fin dei conti un particolare modo di essere dell'energia. Un'altra cosa che non capisco è come si possa parlare di forze senza assumere un riferimento spaziotemporale preciso.
CitazionePer questo motivo, fare una dimostrazione matematica della risoluzione del paradosso dei Gemelli (che di fatto, se non ti fraintendo, sembra essere lo scenario che hai in mente) in relatività ristretta è un lavoro molto complesso
Per complessa che sia tale dimostrazione dovrebbe essere possibile formalizzarla (o indicare una fonte in cui sia rintracciabile questa formalizzazione), anche se magari un non specialista come me non sarebbe in grado di comprenderla, se non eventualmente nelle sue linee concettuali essenziali (che è quello che a me interessa).
CitazioneNella relatività generale, le cose cambiano nuovamente, visto che la gravità è vista come la curvatura dello spazio-tempo in quella teoria. 
Ma in che modo supera il problema della relatività del sistema di riferimento e dalla reciprocità di cui si parlava?
CitazioneCi sono alcune teorie alternative alla relatività einsteniana che postulano un riferimento privilegiato e una simultaneità assoluta. In queste teorie, in assenza di violazioni delle predizioni della relatività, tale riferimento privilegiato risulta inosservabile. 
Da come le enunci, si direbbe che postulino qualcosa di analogo al noumeno in filosofia, che può solo essere oggetto di fede. Comunque, in prima istanza vorrei più che altro chiarirmi il punto di vista della fisica "ortodossa".
#195
Scienza e Tecnologia / Re:La "velocità" del tempo
26 Dicembre 2019, 11:32:08 AM
Citazione di: Ipazia il 26 Dicembre 2019, 07:22:53 AM
La realtà è ingenua finché non ci vai a sbattere contro. Meglio fare fisica che metafisica sulla realtà. La percezione è perfettamente riducibile alla sua fenomenologia biochimicofisica. Se togliamo la super-stizione metafisica noumenica, originata dalla super-stizione metafisica dell'Essere, rimane la fenomenologia dei fatti reali in tutta la loro circoscrivibile evidenza: lo spazio dei dati di fatto (Tatsachenraum) empiricamente esperibili.
Appunto, quindi tutto di tutto: quello che normalmente chiamiamo realtà in senso stretto più quello che chiamiamo immaginazione, sogno, fantasia, allucinazione, impressione, sensazione, intuizione, pensiero, sentimento e tutto quello che mai possa essere in qualche modo nominato, più tutto quello che non si riesce a nominare. Tutto quello che una coscienza può esperire.