Citazione di: maral il 18 Aprile 2016, 22:23:15 PMA questo aggiungo che la teoria dell'evoluzione darwiniana ha avuto anch'essa una sorta di evoluzione, prima con la scoperta del codice genetico che ha spiegato in termini scientifici l'intuizione originaria di Darwin, poi, oggi con la teoria dell'evo devo (che si va sempre più affermando tra gli evoluzionisti) che sta correggendo sia l'errore darwiniano di un'evoluzione per piccole differenze progressive, sia l'idea neo darwiniana che tutto dipende solo dal genoma. L'evo devo, come sappiamo, legge l'evoluzione nello sviluppo delle forme viventi, ossia la filogenesi nell'ontogenesi. Già Sgiombo ne ha dato un corretto accenno, ma per darne un'idea di base più chiara, per chi non conoscesse questo nuovo scenario evolutivo, vi invito a vedere questo filmato su youtube https://www.youtube.com/watch?v=5jpATs42GIE, ove Alessandro Minelli spiega con esempi molto chiari come accade che l'evoluzione proceda a balzi, passando improvvisamente da una forma vivente a un'altra apparentemente assai diversa (e diversamente funzionale all'adattamento), ma in realtà geneticamente molto vicina, senza alcun stadio di forme intermedie e senza che le cause di queste variazioni siano da ascriversi solamente ai geni.Mi sono guardato il video. Sono concetti sicuramente interessanti, anche se, a ben vedere, fanno sorgere più domande di quante siano le risposte che danno.
Mi hanno colpito alcune parole di Minelli, riguardo al rapporto fra il "tradizionale" neo-darwinismo e il nuovo filone di ricerca dell'evo-devo. Minelli dice che secondo alcuni c'è contrasto, secondo altri no; lui si ascrive a questi, ma si vede bene con lo fa abbastanza timidamente, lasciando ben intendere che l'evo-devo non è semplicemente un tassello del neo-darwinismo: è molto altro e molto di più, forse.
Come ha ben sintetizzato maral, l'evo-devo pone l'accento sulla mutazione delle forme, anziché dei genomi, e anzi esplicitamente afferma che le forme e le loro evoluzioni non possono essere descritte dai soli geni.
Ma qui sorge la prima grande domanda: se non sono i geni a controllare le forme, che cos'è a controllarle, allora? Dove stanno scritte le informazioni che descrivono le forme e le regole delle loro evoluzioni?
La seconda domanda che mi è sorta, vedendo il video, è la seguente: qual è il processo che seleziona le forme?
Mi spiego. Minelli ci dice in sostanza questo:
- la stragrande maggioranza delle forme non funzionerebbe in natura;
- non tutte le forme che funzionerebbero in natura, effettivamente si verificano.
In sintesi, si tratta di questo: nel mare delle infinite forme virtualmente possibili, solo poche funzionano, e ancor meno effettivamente esistono.
Cioè, sembra esistere un processo di selezione a priori delle forme, o una specie di "griglia" o un ordine implicito nelle forme, che fa sì che il salto evolutivo non caschi a caso, ma capiti in corrispondenza di alcune tipologie formali con molta maggiore probabilità di quanto ci si potrebbe aspettare.
Faccio solo un semplice esempio numerico per spiegarmi.
Pensiamo alla schedina del totocalcio.
La probabilità di indovinare il risultato di una singola partita è 1/3.
Immaginiamo ora questo processo.
Prendo la prima partita e tiro a indovinare finché non azzecco il risultato (io non conosco i risultati, ma ho di fronte un amico che li sa).
Solo quando ho azzeccato il risultato, passo alla seconda partita, e così via, fino alla tredicesima.
Ogni partita mi potrà richiedere da uno a "n" tentativi, ma mediamente saranno 3 i tentativi.
Quindi, per azzeccarli tutti e tredici, mi aspetto di impiegare 13x3=39 tentativi.
Purtroppo però "fare 13", come sappiamo bene, non è così facile. Per indovinare tutti e 13 i risultati simultaneamente occorre un numero di tentativi enormemente maggiore: 3^13, ossia una probabilità su 1.594.323...
Credo abbiate tutti compreso cosa intendo dire. Il primo processo di tirare a indovinare in maniera graduale è statisticamente molto più vincente del secondo, perché il processo di selezione del risultato, intervenendo ad ogni passaggio, opera in maniera costruttiva, come un insegnante che in qualche modo indirizza l'alunno, nell'intero corso di studio, verso il "successo". Invece il secondo modo di tirare a indovinare è statisticamente quasi impossibile, perché il processo di selezione interviene solo alla fine, come un insegnante che si limita a correggere il compito d'esame e a dare il giudizio: promosso o bocciato.
Ecco, l'evo-devo mi pare sia affine a questo secondo modo di tirare a indovinare, mentre il neodarwinismo gradualista al primo.
In conclusione, l'evoluzione a salti, di cui parla evo-devo, mi sembra implicare l'esistenza di una intelligenza delle forme, che però è ancora tutta da spiegare.