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Messaggi - PhyroSphera

#181
Citazione di: PhyroSphera il 02 Dicembre 2024, 12:15:28 PMHo migliorato qualche particolare del mio testo e eleminato una lettero in più, scritta per errore.
Buona discussione.

,MAURO PASTORE
Dato che questo forum risulta essere frequentato anche dai fanatici del lapsus, quelli capaci di avviare una critica distruttiva solo per profittare di una lettera sbagliata - purtroppo agenti dal di fuori del cerchio ristretto della filosofia - preciso: non "lettero", ma 'lettera' ovviamente (non era nemmeno un lapsus) e la virgola prima della firma è (ovviamente) in più.
Correzione a parte, constatando che questa discussione proposta non ha avuto sèguito, avendo pensato che potrebbe dipendere da un problema culturale, applico la seguente riflessione.

Io avevo optato per una considerazione unitaria del vocabolo 'eno', dal greco en cioè "uno, uno solo" (or.: εν , ma c'è anche un ενος che significa "precedente, ultimo", nel senso di: l'ultimo e solo restato - tralascio accenti), e dell'altro vocabolo 'enologia', ricondotto al greco οινος , tradotto abitualmente con "vino", unito a λογος , tradotto variamente e - solitamente, nella fattispecie - con "studio" (ho tralasciato nuovamente gli accenti nel greco).
Probabilmente (come da me già avvertito), la mia considerazione lessicale unitaria è stata rifiutata del tutto o ha impedito altri di approcciarsi alla totalità del mio messaggio, perché restati interdetti.
Faccio presente allora che risulta che il vino per i greci era la bevanda senza nome, da utilizzarsi chiamandola solo per la sua risultanza ed effetto unitari, οινος . Specificamente essa era la bevanda fermentata, da gustarsi e assumersi per le conseguenze da aversi con essa e contemplata perciò nella sua unità: il fermento infatti in tal caso avverte, informa della unitarietà sostanziale. Risulta che l'etimologia di 'enologia' non porta direttamente a οινος , altrimenti sarebbe stata italianizzata in "oinologia", ma passa attraverso ενος , nel senso di l'ultimo e solo restato.
Allora si provi a meditare su questo e a rivalutare il mio messaggio di discussione, certificandosi che in ogni caso l'attuale "studio dei vini" detto enologia è, scientificamente, soltanto uno studio sull'unità, applicabile a qualunque altra sostanza sufficientemente approcciabile. Avverto che non conosco quale sia lo stato odierno della cultura e della acculturazione a riguardo, quindi non saprei se a livello accademico questo che ho spiegato sia ancora recepito o posseduto. Sicuramente è o sarebbe recepibile - senza gettare disastrosi discrediti e tantomeno coinvolgendoci altro.

Nota Bene
Quando andavo a scuola e dopo ed ancora oggi, l'incapacità di alcuni individui di approcciarsi a tale questione linguistica, unita all'abitudine a bere vino distrattamente o a dare fiducia a tali abitudinari (un numero più che ingente, purtroppo), si traduce puntualmente in tentativi di escludere chi invece disposto e capace linguisticamente e non impedito da abitudini sbagliate.


MAURO PASTORE
#182
Citazione di: Jacopus il 21 Gennaio 2025, 21:28:55 PMChissà questi limiti naturali come si definiscono a proposito dei cavallucci marini. In questa simpatica specie, la femmina depone le uova in una sacca di gravidanza che possiede il maschio, il quale dopo un periodo di incubazione, espelle gli avannotti, come in un parto. Per non parlare del cigno nero, che nel 20 per cento delle coppie è formata da coppie omosessuali. Servirebbe un CignoTrump per farli ragionare secondo natura, maledetti cigni neri bolscevichi.
Citazione di: InVerno il 21 Gennaio 2025, 22:01:02 PMLa definizione forse è facile, ma non per i Trumpisti, citando il testo della casa bianca

"Female" means a person belonging, at conception, to the sex that produces the large reproductive cell.

"Male" means a person belonging, at conception, to the sex that produces the small reproductive cell.

E questo è il risultato di avere persone ignoranti che scrivono cose. Dopo questo epocale decreto i trans in america verranno ridotti dello zero virgola zero periodico, ma sarà trastullo di ulteriori ignoranti che pensano che i trans si generino leggendo i libri sbagliati, quelli marxisti ovviamente.

Lo riscrivo per entrambi i messaggi.

La biologia dà illusione a molti che le differenze zoologiche siano solo apparenti; in realtà non esiste un funzionamento biologico di base unico per tutti i viventi.
Inutile e assurdo voler mettere in gioco quei cavallucci marini per sognare di trasformazioni umane inesistenti o per fingere che si possa scambiare caratteristiche diverse dei viventi differenti nelle descrizioni reali. Il sogno o l'incubo non sono abbastanza per fare filosofia e la scienza non è omologata alla immaginazione.


MAURO PASTORE
#183
Citazione di: InVerno il 21 Gennaio 2025, 22:01:02 PMLa definizione forse è facile, ma non per i Trumpisti, citando il testo della casa bianca

"Female" means a person belonging, at conception, to the sex that produces the large reproductive cell.

"Male" means a person belonging, at conception, to the sex that produces the small reproductive cell.

E questo è il risultato di avere persone ignoranti che scrivono cose. Dopo questo epocale decreto i trans in america verranno ridotti dello zero virgola zero periodico, ma sarà trastullo di ulteriori ignoranti che pensano che i trans si generino leggendo i libri sbagliati, quelli marxisti ovviamente.

La biologia dà illusione a molti che le differenze zoologiche siano solo apparenti; in realtà non esiste un funzionamento biologico di base unico per tutti i viventi.
Inutile e assurdo voler mettere in gioco quei cavallucci marini per sognare di trasformazioni umane inesistenti o per fingere che si possa scambiare caratteristiche diverse dei viventi differenti nelle descrizioni reali. Il sogno o l'incubo non sono abbastanza per fare filosofia.

MAURO PASTORE
#184
Citazione di: InVerno il 21 Gennaio 2025, 11:59:53 AMPeccato non abbia annunciato anche di eliminare dalle scuole Darwin e sostituirlo con la Bibbia!


https://en.wikipedia.org/wiki/Cultural_Marxism_conspiracy_theory
"Marxismo culturale" si riferisce a una teoria cospirazionista antisemita di estrema destra che travisa il marxismo occidentale come responsabile dei moderni movimenti progressisti e delle politiche identitarie. La teoria cospirazionista postula che esista uno sforzo accademico e intellettuale in corso e intenzionale per sovvertire la società occidentale tramite una guerra culturale pianificata che mina i presunti valori cristiani del conservatorismo tradizionalista e cerca di sostituirli con valori culturalmente liberali. Una rinascita contemporanea del termine di propaganda nazista "Bolscevismo culturale", la versione contemporanea della teoria cospirazionista ha avuto origine negli Stati Uniti durante gli anni '90. Originariamente trovato solo nella frangia politica di estrema destra, il termine ha iniziato a entrare nel discorso mainstream negli anni 2010 e ora è trovato a livello globale. La teoria della cospirazione di una guerra culturale marxista è promossa da politici di destra, leader religiosi fondamentalisti, commentatori politici nei principali media cartacei e televisivi e terroristi suprematisti bianchi, ed è stata descritta come "un elemento fondamentale della visione del mondo alt-right". L'analisi accademica della teoria della cospirazione ha concluso che non ha alcun fondamento nei fatti.
L'ostilità del marxismo è risaputa non quale cospirazione ma quale attacco diretto.
L'analisi accademica, appunto, non è politica e non basta.
Ma faccio presente che tra estrema destra ed estrema sinistra c'è la simpatia per opporsi; mentre il centro politico cristiano, sotto gravissimo attacco, non aveva questa simpatia e necessità di rifiuto.

MAURO PASTORE
#185
Ho reso più chiaro il mio ultimo testo; il mio pensiero è il medesimo.

MAURO PASTORE
#186
Citazione di: Visechi il 21 Gennaio 2025, 22:34:45 PM"L'attribuzione di una conduzione all'interlocutore "Scepsis" dipende dall'attestarsi sulla stessa scepsi che io stesso ho identificato, proprio nel rispondere a codesto interlocutore, i cui interventi stimo assai ma che non mi risultano guide.
 Io penso che "Scepsi" sia legato a una scepsi inaccoglibile, e che per restar fedele al suo pseudonimo dovrebbe invertirsela, essendo lui a un guado. Ma non tutti sono nella sua situazione"

Non ti crucciar, l'aver attribuito un merito per la chiarezza, la sintesi e la competenza all'intervento di Scepsis (con la "s" finale: è il nick che si è scelto, perché vuoi modificarlo, tendenze alla manipolazione ed intenzione di alienarlo da sé stesso?) non significa aver voluto sminuire la tua persona e i tuoi interventi, non ho alcun interesse a farlo, fra l'altro, per conseguire questo troppo facile risultato, non avrei necessità di far nulla, solo leggere quel che scrivi. Dai, su, non tenere il musetto imbronciato... già sei bravo pure tu, su su. Noto che non ti esimi, come tuo solito, dal concedere a noi miseri i tuoi mai richiesti e mai centrati suggerimenti (dovrebbe invertirsela, essendo lui ad un guado). Lo hai fatto più volte con me, te l'ho sempre fatto notare, lo fai adesso anche con Scepsis (con la "s" finale), addirittura senza neppure rivolgerti direttamente a lui. Insomma, aggiungi scorrettezza a scorrettezza.
 Per quanto riguarda il cacofonico pensiero riguardante il marxismo... transeat. Non ho alcuna voglia di mostrarti quanto deficitario sia il tuo singulto in relazione al pensiero marxista, come già ho dovuto fare per quello di Nietzsche, ma le lezioni si pagano, caro amico mio.


"Le citazioni dal mio testo (con delle modificazioni non mie, a scopo di evidenziare non il mio pensiero) sono attuate e le relative frasi cannibalizzate dal 'replicante' "Visechi" (non so se è uno pseudonimo), che vorrebbe metterci dentro uno Spinoza antimonoteista che io non penso. Spinoza era un inclusivista assai ardito, includeva il politeismo nel monoteismo. La dottrina induista, per esempio, lo fa già di proprio, non è un dono del filosofo al mondo religioso."
Ma che mi combini? Sei talmente alienato da te stesso che neppure più riconosci il maldestro tuo polpastrellare per articolare un "pensiero", pur che sia. Sei talmente avvinto dalla mortificazione per l'evidente default intellettivo che addirittura per alienarti ulteriormente da te stesso in maniera meno cruenta ascrivi a me manipolazioni del tutto inesistenti. Non capisco se lo fai per convincere della tua innocenza la sempre immaginata assemblea dei discenti, o se davvero sei sprofondato in maniera del tutto irrecuperabile nel baratro emotivo che ti convince della tua coerenza e ragione e della mia avversione nei confronti del tuo irrisorio pensiero. Non so, se puoi fammi sapere. In ogni caso, ti rassicuro, puoi verificare autonomamente e con i tuoi intonsi (perché poco utilizzati) occhi quanto fedelmente abbia riportato – io – gli stralci del tuo primo intervento posti fra apici ed in corsivo e da me utilizzati al solo fine di chiederti cortesemente un approfondimento di indagine. Non puoi adontarti per questa mia cortesissima richiesta che non aveva lo scopo di sminuire il tuo intervento.... Ribadisco che non c'è alcun bisogno di intervenire per ottenere questo risultato, fai davvero tutto da solo. Vedo che ti urtano le repliche (mi appelli con il participio sostantivato "replicante", io, invece, seppur abbia rilevato in svariate circostanze la tendenza ad alienarti da te stesso, non userò nei tuoi confronti il troppo facile appellativo di "alienato"). Ti adombri quando ti fanno notare défaillance discorsive. Meno sussiego, suvvia; più leggerezza... ti svelo un segreto (per te): non sei perfetto e sovente (quasi sempre), infiammato dall'incandescenza del tuo ipertrofico ego, ti sfugge qualche vistoso (che solo tu non vedi) svarione. Un'ultima cosa, per il momento: Visechi è un nick – così si definiscono – come anche il tuo PsycoSphera è un nick, così usa nel web. Non vado certo ad indagare chi si cela, quando si cela, dietro il nick. Perché mai sei così interessato a sapere chi si cela dietro il nick Visechi? Ti accontento non sono un intellettuale, ho tantissimo tempo a disposizione perché sono internato nel manicomio criminale di Aversa, non ho altro da fare se non occuparmi del pensiero altrui, perché, essendo psicopatico, amo indagare le menti delle persone che, fra una crisi e l'altra, fra un elettroshock e l'altro, interseco nel mio peregrinare nel web. Amen!

"Si crea un nesso? Col mio testo non si crea niente. Se si invertono le sequenze temporali, inventando un altro pensiero dal mio, ecco che l'idea cabalistica del Dio Uno frazionato in molteplicità di dèi - che sono manifestazioni di Dio, non questo singolo Dio nella sua unicità - si trasforma in un concetto di *un* Dio che si demoltiplica in tanti, secondo un modulo di pensiero pluralista che da enoteista si fa politeista."
 Cronos ti fa un baffo. Ti assicuro un'altra volta: nessuna inversione di sequenza temporale da parte mia. Ho riportato gli stralci in maniera testuale, ponendoli fra apici ed in corsivo e nella rigorosa sequenza temporale in cui li hai inseriti tu nel tuo post di esordio di questa discussione. Puoi andare a controllare così potrai renderti autonomamente conto della veridicità di quel che scrivo. Leggi con gli intonsi tuoi occhi e cerca di capire con l'altrettanto intonso tuo cervello. https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/il-dramma-dell-etica-di-spinoza-tra-superstizioni-errori-violenze/


Crei un nesso: si! Indiscutibilmente crei - tu – un nesso sequenziale, causale e logico fra cherem che colpì SPINOZA ed anti-monoteismo arbitrariamente da te – sempre tu -attribuito al medesimo. Mi sorge il sospetto che tu non sia neppure in condizione di comprendere quel che pensi e scrivi – totale alienazione.

"Insomma Visechi ritiene, contrariamente a me, che dalla filosofia di Spinoza venne (e viene) effettivamente un attacco al monoteismo.
 Innanzitutto ho mostrato che Visechi costruisce una sequenza temporale non storica"

Oltre ad incespicare vistosamente nella e fra la sintassi, ora mostri addirittura la totale incapacità di comprendere il significato di un testo, anche breve; oppure, come alternativa, mostri la volontà infantile di mistificare e sovvertire i pensieri altrui. Ho scritto chiaramente, ed è facile comprenderlo, che ritengo un azzardo ed un artificio creato da te – sempre ed ancora tu – l'aver voluto trarre dal Deus sive Natura di SPINOZA le ragioni per una difesa dall'accusa di avversione al monoteismo contenuta secondo te – tu, per l'ennesima volta tu – nel pesantissimo cherem che lo colpì nel 1656. Un artificio inutile, se proprio volevi ergerti a paladino del monoteismo; un artificio falso e stupido, se volevi trar occasione per argomentare in difesa di SPINOZA. Il cherem non conteneva quell'accusa che tu – proprio tu – hai voluto vederci. Erano ben altre le ragioni dell'anatema e SPINOZA mai mise in dubbio o sminuì il rigido monoteismo dell'ebraismo o giudaismo (da me utilizzati come sinonimi e come sinonimi interscambiabili sono comunemente noti. Ciò rappresenti anche una critica alla tua inutile prolusione sulla differenza fra giudaismo ed ebraismo).
Non hai mostrato alcunché, infatti ti invito a rileggere direttamente dal tuo intervento originario la scansione temporale dei miei tre estratti. —-> https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/il-dramma-dell-etica-di-spinoza-tra-superstizioni-errori-violenze/

"Visechi dice che la storia attesterebbe un reale attacco, da Spinoza, al monoteismo. Poco prima dice di "estensore del commento in argomento". Qui c'è una discussione, con un 'post' e relativi commenti, cioè un avvio di discussione e successive repliche. Io non mi avvalgo di estensori di commenti e non mi risulta che quelli siglati "scepsi" siano estensioni o che ce ne siano altre. Mi pare invece che Visechi voglia inglobare l'altrui pensiero senza accoglierlo, filosoficamente una contradictio in terminis."
Estensore: 3. Compilatore, redattore di uno scritto... (definizione dal vocabolario. Utile per gli ignoranti). Nessun altro commento.
Per il resto del tuo – tuo – ultimo commento, mi astengo dal replicare troppe stupidaggini!
 
Solo una prece: stai sereno, non c'è in ballo nessun Oscar letterario... levità e meno sussiego.
 P.S.: se necessario io so chiedere anche scusa


Sul nickname "Scepsis", da me, dopo corretta menzione, ridotto a "Scepsi", può valere la regola che i nomi messi tra virgolette possono esser ripetuti non lettera per lettera purché si intuisca lo stesso riferimento. E' lecito parlare a modo proprio purché si capisca. L'ho fatto perché non mi interessava la distinzione scepsi/scepsis, non per fare confusione e non ci ho badato anche perché il testo siglato "Scepsis" non offre un pensiero ellenico, tale da rimandarmi al vocabolo con la s finale.
Il Visechi piuttosto rivela con la sua acida pignoleria di trarre conclusioni di troppo dai segnetti sui fogli. Una cosa pericolosa ma è ovvio da quanto scritto da me anche altrove che non sto a invocare o confermare internamenti - peraltro suppongo non sia vero che il Visechi sia un internato e che abbia quindi raccontato una sciocchezza, ma io non ero e non sono affatto desideroso di saperne. Si continua con lui mentre fa illazioni e offese; e se i manicomi criminali sono ancora aperti ciò è contro la légge, che ne specifica la non idoneità e tollerabilità in quanto manicomi e in quanto gli ospedali psichiatrici per i carcerati pure sono stati messi fuori légge e per motivi uguali.

Il Visechi dice che ha riportato le mie frasi fedelmente, ma quando si fa quel che fa lui, tanto più si è scrupolosi tanto peggio la si combina coi testi altrui. E' ovvio che l'assunzione indèbita è peggiore se ben fatta (non proibisco citazioni, si intenda!).
Lui dice che non confonde tempi, ma io non dicevo che lo fa filologicamente ma nell'approcciarsi alla storia della fede, religione e pensiero ebraico e giudaico. A lui non risulta differenza, ma la storia ne attesta e non solo.

Insomma il Visechi in fin dei conti dà ragione alla maledizione dei rabbini contro Spinoza, ma per lui non era accusa; pensa che valutare il suo sistema possibile per i monoteisti sia attaccare i monoteismi stessi - un classico delle interpretazioni atee intolleranti della sua Etica; poi contraddittoriamente esime Spinoza stesso dall'esser contro il monoteismo, invertendo funzioni e significati di ciò che è spinozismo e spinoziano, facendo riferimento smodato a un "tu" che non è proprio contenuto nei miei testi... e che corrisponderebbe alla realtà dei fatti, se la si personificasse. Poi pensa che io ho scritto post e commenti attuando un'estensione - ripeto, non ho fatto così - lo pensa dopo avermi attribuito pensieri non miei inserendo i link di miei post, che contengono in ogni caso altro da quel che lui elucubra.
Il motivo del fatto che egli dice falsità è proprio nel cambiar di posto lo spinozismo ateo con la filosofia spinoziana teista... ma - si badi! - tentando di violare conformazione della nostra cultura, a cominciare dalla lingua italiana.
E' la linea che traendo ingiusto profitto dalla pubblicazione e ricezione dell'Etica di Spinoza cerca di dimidiare la nostra cultura e imporre qualcos'altro, come se il mondo andasse meglio. Ne ho detto già - tra l'altro, io non sono spinoziano (ovvio: neanche pratico lo spinozismo che ho descritto e criticato).
Non c'è dubbio che quelli che praticano tale travisamento procedono secondo coincidenze e ragionamenti in vista di altro da imporre, senza prendere in considerazione l'altrui tesi. Molti sono espliciti: c'è qualcosa che per loro deve assolutamente terminare e forniscono prove fasulle contro l'Occidente, per esempio - come mostra il Visechi - contro le radici bibliche della nostra attuale civiltà europea ed occidentale.

Il Visechi dice di non essere un intellettuale, ma è intelligente per aggredire ai danni di posizioni filosofiche oneste e volontà di continuare ad esistere culturalmente, di continuare preservando risultati di sforzi anche estremi, millenari, necessari per l'esistenza non solo dell'Occidente.
Comunque se volesse passare dalla furbizia a una vera dimensione di comprensione intellettuale della filosofia occidentale, allora non avrebbe da fraintendere e confondere. Ma l'antioccidentalismo che ho criticato vuole distruggere anche senza capire, per sostituirsi ciecamente. Quel che io sto difendendo serve per la vita di vasta umanità e indirettamente giova a tutti, non vale per sfruttamenti. Se vengono meno certe distinzioni e attenzioni decadrebbe tutto della civiltà e della società, senza vera scienza né tecnica, e proprio per chi in bisogno di tutto questo!!


MAURO PASTORE
#187
Citazione di: PhyroSphera il 21 Gennaio 2025, 17:40:05 PMNota Bene:
Che fatica per commentare in mezzo alle indistinzioni e confusioni operate da "Visechi", che non ha avuto riguardo per la chiarezza dei miei messaggi né del fatto che i miei pensamenti non sono i suoi.



MAURO PASTORE

Ho fatto delle migliorie al testo. In particolare la parola "pensamenti" è andata a sostituire "pensieri".
Il mio messaggio è rimasto identico, però. Medesimo significato.

MAURO PASTORE
#188
Citazione di: Visechi il 20 Gennaio 2025, 21:14:05 PMDiscussione davvero interessante e molto ben condotta, soprattutto grazie ai pregevoli interventi di SCEPSIS. L'ho letta interamente alcune volte, apprezzando le capacità argomentative mostrate nel ripercorrere il filo della storia che ha coinvolto il pensatore ebreo. Ho però rilevato alcuni passaggi che, a parer mio, andrebbero chiariti meglio, perché diversamente potrebbero creare confusione.
L'attribuzione di una conduzione all'interlocutore "Scepsis" dipende dall'attestarsi sulla stessa scepsi che io stesso ho identificato, proprio nel rispondere a codesto interlocutore, i cui interventi stimo assai ma che non mi risultano guide.
Io penso che "Scepsi" sia legato a una scepsi inaccoglibile, e che per restar fedele al suo pseudonimo dovrebbe invertirsela, essendo lui a un guado. Ma non tutti sono nella sua situazione.
Coloro che sono proprio della linea Spinoza-Marx hanno da rinnegarsi o smettere proprio con la filosofia, in ogni caso hanno da prender atto della inaccettabilità etica e, vitalmente, della insostenibilità logica dell'esito antioccidentale e in ultima analisi antifilosofica, di cui ho già detto. La logica della vita rifiuta la fine segnata dal marxismo.

Citazione di: Visechi il 20 Gennaio 2025, 21:14:05 PMNel post d'esordio, l'incipit dell'intera discussione, è scritto che SPINOZA fu colpito da un cherem durissimo da parte della comunità ebraica di Amsterdam. Era l'anno 1656 e molto bene fa SCEPSIS ad inquadrare perfettamente il contesto storico che fa da sfondo agli eventi. Nell'intervento in questione si sviluppa un intero ragionamento intorno alle ragioni che indussero il cherem ed a tal proposito si scrive: "... colpendo nell'anatema anche i suoi bisogni primari. Lo si riteneva colpevole. In definitiva però il Deus sive Natura di Baruch Spinoza non costituisce un attacco contro le dottrine monoteiste...". Successivamente, poche righe dopo, lo stesso utente, riferendo del particolare carattere della filosofia di SPINOZA, scrive: "In definitiva la Natura cui inoltrava il filosofo portoghese non è quella cosmica, ma quella che è dietro all'ordine cosmico, dalla quale questo discende; e ciò non serve a smentire le fedi monoteiste, ebraismo compreso."
Entrambi gli estratti pongono in correlazione diretta cherem ed attacco condotto dal filosofo al monoteismo ebraico, diversamente non si comprenderebbero le ragioni del ribadire il nesso causale cherem/eresia anti-monoteista.
Le citazioni dal mio testo (con delle modificazioni non mie, a scopo di evidenziare non il mio pensiero) sono attuate e le relative frasi cannibalizzate dal 'replicante' "Visechi" (non so se è uno pseudonimo), che vorrebbe metterci dentro uno Spinoza antimonoteista che io non penso. Spinoza era un inclusivista assai ardito, includeva il politeismo nel monoteismo. La dottrina induista, per esempio, lo fa già di proprio, non è un dono del filosofo al mondo religioso.

Citazione di: Visechi il 20 Gennaio 2025, 21:14:05 PM
  Poco dopo fa la sua comparsa la cabala. Bene si racconta riferendo e ponendo in contiguità SPINOZA e l'affermarsi in Europa della "dottrina celebre della Cabala", anche se nel filosofo l'interesse per questa dottrina misterica parrebbe fosse alquanto sfumato, pur essendoci con buone probabilità: "La storia del pensiero teologico ebraico e giudaico fu segnata nel Medio Evo dalla nascita di un immanentismo, nella dottrina celebre della Cabala. Questa aboliva l'antagonismo con il pensiero degli dèi: essi sono in ogni cosa, la realtà è piena di dèi. L'universo è il corpo di Dio, Dio lo ha creato con sé stesso, non dal nulla. La storia antica degli ebrei li vede protagonisti di un conflitto coi pagani intorno; la religione ebraica visse della separazione e del giudizio nei loro confronti quando non nello scontro.". Anche in questo caso si crea un nesso, a parer mio assolutamente artificioso, forse non voluto, fra moltiplicazione degli dèi e il pensiero di SPINOZA.


Si crea un nesso? Col mio testo non si crea niente. Se si invertono le sequenze temporali, inventando un altro pensiero dal mio, ecco che l'idea cabalistica del Dio Uno frazionato in molteplicità di dèi - che sono manifestazioni di Dio, non questo singolo Dio nella sua unicità - si trasforma in un concetto di *un* Dio che si demoltiplica in tanti, secondo un modulo di pensiero pluralista che da enoteista si fa politeista.

Citazione di: Visechi il 20 Gennaio 2025, 21:14:05 PM Le mie perplessità derivano dal fatto che il cherem non fu pronunciato come risposta di un inesistente attacco portato al monoteismo dal filosofo di Amsterdam. La filosofia di SPINOZA ha rappresentato una feroce critica ed il rifiuto dell'ortodossia giudaica. Ciò implicava, in maniera assolutamente esplicita, il rigetto della legge mosaica, il rifiuto delle tradizioni, la negazione dell'importanza dei riti. Tutto ciò fu reso esplicito ed entrò fatalmente in conflitto con la comunità ebraica. Il cherem fu determinato esclusivamente da questo aspetto assai critico rispetto alla tradizione ebraica e in nessun passaggio si fa riferimento ad un vagheggiato attacco al monoteismo, come parrebbe dedurne l'estensore del commento in argomento. Insomma, mi parrebbe una forzatura voler far derivare l'anatema da un solo presunto attacco al monoteismo. Non ve n'è traccia nei documenti storici.
Insomma Visechi ritiene, contrariamente a me, che dalla filosofia di Spinoza venne (e viene) effettivamente un attacco al monoteismo.
Innanzitutto ho mostrato che Visechi costruisce una sequenza temporale non storica e parte da un presupposto enoteista. In secondo luogo ritiene che "rigetto della légge mosaica", "rifiuto delle tradizioni", "negazione dell'importanza dei riti" siano conseguenze intrinseche della filosofia di Spinoza contro una "ortodossia giudaica". Ebbene non è chiaro cosa possa essere una tale ortodossia, dato che il giudaismo è una modalità assai libera di vivere la stessa fede dell'ebraismo. Per tale ragione se si configurasse una ortodossia giudaica, essa davvero rigetterebbe Mosè e i Dieci Comandamenti e le Tradizioni ebraiche ed emarginerebbe i Riti degli ebrei. Esiste o perlomeno è esistito un giudaismo "indipendente" che davvero non recepisce questi elementi ma ovviamente non per buttarli via, ma col non averne bisogno. Il giudeo può esser tale in pochissimo o in altro compreso nelle Scritture che noi cristiani diciamo "veterotestamentarie", quindi senza neanche il Decalogo. Ma ciò non significa estraneità di verità. 
Visechi dice che la storia attesterebbe un reale attacco, da Spinoza, al monoteismo. Poco prima dice di "estensore del commento in argomento". Qui c'è una discussione, con un 'post' e relativi commenti, cioè un avvio di discussione e successive repliche. Io non mi avvalgo di estensori di commenti e non mi risulta che quelli siglati "scepsi" siano estensioni o che ce ne siano altre. Mi pare invece che Visechi voglia inglobare l'altrui pensiero senza accoglierlo, filosoficamente una contradictio in terminis.
Ma vengo al dunque: se uno attribuisce all'ebraismo la forma religiosa dell'enoteismo può venirne a capo solo degli episodi confusi e drammatici che precedettero la rivelazione di Mosè, nel cui sfondo idolatrico il Dio dell'Esodo e degli Eserciti era un Dio più potente degli altri, che Mosè rivelava l'unico reale contenente gli altri soltanto veri, veri nel manifestare in parte lo stesso Dio. Agli ebrei era comandato di astenersi dall'onorare le manifestazioni molteplici di Dio. Non così nella religione induista, definibile mista ma non nel senso che esistono più Dèi tutti reali. L'ebraismo, quale spiritualità organizzata in atti religiosi, nasce per sottolineare una esigenza di concentrazione, sulla realtà di Dio, senza doversi soffermare sulle tante verità su di Lui (su Dio). Ciò, storicamente, dipende dal bisogno di evitare il prevalere della frammentazione e quindi falsificazione, cioè l'inaccettabile idolatria e le relative violenze, come era ai tempi di Mosè. Dato che v'erano anche masse tentennanti tra idoli e realtà di Dio, si trova accolta nel movimento ebraico una tensione tra enoteismo e politeismo, da risolversi nel monoteismo, pena l'esclusione dal movimento stesso. Questa tensione non è accoglibile nel cristianesimo, perché in questo c'è la Rivelazione ultima; tuttavia le chiese cattoliche accettano anche la partecipazione di chi solo cristianizzato non cristiano, attratto, catalizzato dalla fede nel Cristo, nonché la presenza di chi solo interessato, quest'ultima evenienza accettata forse da tutte le chiese cristiane. Ma stare in una chiesa non significa appartenervi.
L'ebraismo quale vera e propria religione costituita è evento del Secolo XX, ma i contenuti sono i medesimi.

Vengo proprio al punto: se si ha chiaro quanto ho spiegato, si può sostenere che Spinoza avesse attaccato il monoteismo? Evidentemente no e difatti io non l'ho sostenuto.


Nota Bene:
Che fatica per commentare in mezzo alle indistinzioni e confusioni operate da "Visechi", che non ha avuto riguardo per la chiarezza dei miei messaggi né del fatto che i miei pensamenti non sono i suoi.



MAURO PASTORE
#189
Poc'anzi a Rai News 24 la rassegna stampa e commento, il disastro dei critici di sinistra alla elezione di Trump. Ne dò resoconto in forma logico-matematica, secondo mia sintesi non riassunto:
 
 Dio=Io
 genere=cultura
 ricchezza=potere
 
Un sistema di equazioni senza incognite. I soliti pregiudizi pseudofilosofici che attribuiscono all'ego del politico cristiano la confusione tra sé stessi e Dio, che ignorando la non arbitrarietà ed esistenza del mondo naturale lo obliterano addebitando quello stesso potere politico ai soldi, in fin dei conti sognando troppa roba col prendere a scusa la denuncia dell'eccesso di finanza. Marxiani sopravvissuti, marxisti, postmarxisti, ex marxisti sempre inquadrati dal passato stalinismo, rappresentati anche da un intellettuale, dell' "Istituto Berggruen Europa", che alla fine rendendosi conto lui stesso del flop lo segnalava al presentatore-intervistatore ma solo con una faccia avvilita e sconsolata.
Certo, anziché il vocabolo italiano 'genere' c'era l'inglese gender a fornire una scusa verbale in più.
 
Il ritratto del Presidente Trump fatto da Il Manifesto, secondo cui il nuovo Presidente alle prese con Bibbia e giuramento politico sarebbe uno sciocco e/o spergiuro, è stato presentato senza avvertire della arbitrarietà del giudizio pubblicato sul giornale, questo sì uno spettacolo indecente, non l'atto presidenziale, di non secondaria importanza per tantissimi credenti.
 
La politica annunciata e già iniziata da Trump si basa su serie ragioni:
 - una via ecologica alternativa, che riduce scambi e trasporti di merce da lontano e avvantaggia i movimenti di persone (fin su Marte, nelle intenzioni!)
 - la considerazione, stimata assai importante per gli U.S.A., che l'effetto-serra è solo in parte dovuto all'intervento umano
 - un secco no alla designificazione della sessualità binaria, unica forma in cui è divisa l'umanità (e anche forma di tanti, tantissimi animali, aggiungo) cioè una riconduzione della cultura umana entro i limiti pur sempre segnati dalla natura, contro il delirio del cosiddetto transumanesimo
 - una azione amministrativa concentrata sulla realtà americana (riprendere il controllo del Canale di Panama, in quanto le autorità del luogo sleali, non ci sono le pretese sulla Groenlandia!)
 - terminare le proprie guerre ed eventualmente porre termine a guerre altrui
 - assicurare futuro e indipendenza alla nazione statunitense-americana
 
Su questo ultimo punto il parere dell'intellettuale del Berggruen Institute è stato una grave rotta, a causa della confusione tra realtà multietnica americana statunitense e realtà multinazionale europea. Invocare 'la nazione europea' è una sciocchezza o una follia, ancor di più da chi con una responsabilità culturale nello stesso "Vecchio Continente" europeo. Non esiste alcuna possibilità di nazione unica per l'Europa, semmai esisterebbe la possibilità per tanta parte della cultura, soprattutto di sinistra, di studiare l'etnologia, non solo la sociologia e senza accoppare la prima con la seconda, evitando di fare bella mostra al popolo di fluenti ma inconsistenti e confusivi (e anche ossessivi) flussi verbali.
Esiste una vera e propria subculturalità diffusa, in Europa ed Italia, che è un corpo estraneo cioè senza vera patria, orfano o intruso, che reitera pregiudizi e prevenzioni e che non esprime più niente di serio.
 
 
MAURO PASTORE
#190
Citazione di: Scepsis il 23 Dicembre 2024, 14:20:00 PMLeibniz e' stato un matematico e logico eccezionale: creo' il calcolo infinitesimale (piu' efficente di quello elaborato da Newton), anticipo' la logica simbolica cercando di matematizzare la logica, fu il primo a scoprire che i 5 postulati di Euclide non erano sufficienti per conferire "completezza" (come oggi viene definita) alla geometria euclidea.
Come filosofo pero', in cui cercava di mettere a frutto le sue capacita' logiche per elaborare sistemi coerenti e non contraddittori, si sono spesso avute pluralita' e sovrapposizioni di versioni, riformulazioni, successivi aggiustamenti e cambi di premesse e conclusioni.
Egli assume determinate ed ardite premesse ed idee


Anche stavolta ho potuto includere solo parte del testo dell'interlocutore, che tutto intero era oltre la massima lunghezza consentita dal sito al momento del mio invio. Problemi tecnici. Esso comunque è visibile prima, o cliccando sulla prima riga della citazione.


Vengo ora a una vera e propria risposta a "Scepsi", dopo la precedente replica

Il non muovere da premesse, da parte del filosofo, il ricercare metafisico staccato dal proprio sfondo originario (non: originale), non consente di avvalersi della monadologia, restando questa priva delle cose necessarie. Dico di premesse che non sono deliberate e sono sempre presenti, secondo una filosofia dogmatica ma non soggettiva, una dogmaticità inevitabile, che l'Occidente incontrò compiutamente con la riflessione sulla volontà inaugurata da A. Schopenhauer, che ha senso nel semplice accogliere ciò che è da prima ed è misterioso, inspiegabile, innegabile.
Ai tempi di Leibniz si era aggiunta alla panoramica sulla necessità, con gli studi delle monadi, l'orizzonte ultimo degli studi sulla libertà, con la meditazione su una giustizia trascendente (dike). L'oggetto scaturisce dalla realtà inevitabile di qualcos'altro dal mondo, che si deduce dalle monadi e che si riconosce dall'evento del vivere, nel quale la libertà è senza ombra di dubbio esistente; e le due sfere si compenetrano, mostrandosi la libertà anche dalla necessità e viceversa, senza dramma.
Ci si pone innanzi l'alternativa del bene e del male, a fronte della quale siamo insufficienti, ignoranti, ma che siamo portati a praticare nonostante tutto, non da noi stessi e provvidenzialmente.
Nonostante tutto, siamo liberi nell'alternativa.
Come la fatalità naturale non esclude la libertà dell'agire morale, così il sopravanzare della provvidenza, misteriosamente attiva, non esclude la possibilità della scelta vitale...
L'interlocutore a questo punto individua un "blocco", un esser chiusi tra pareti senza che si spieghi veramente in cosa consista la nostra facoltà di esercitare l'arbitrio. Dio appare come ingombrante, decide tutto e noi non possiamo interagire.
La cosa però è in questi termini: esiste un oggetto della Provvidenza che non è il tutto.
La necessità naturale contiene la libertà morale, la libertà morale non è contenuta nel disegno eterno della provvidenza di Dio. Leibniz assai correttamente pensava a dei piani sovrapposti: qualsiasi cosa fa l'uomo, agisca male o bene, si verifica il disegno provvidenziale di Dio, che è altro e sempre buono e non ci corrisponde omologamente. Alla empietà, c'è la bontà; ugualmente alla santità; la giustizia è una e bivalente, sempre la stessa. Il provvedere di Dio non ci blocca; ci predetermina a sé stesso ma non determina le nostre azioni.

Contestualizzo.
In Europa è nata da molto tempo la Riforma protestante, che affermava la non libertà dell'arbitrio rispetto alla Grazia salvifica di Dio e precisava la dipendenza delle opere dalla fede. Il cattolicesimo non fece propria questa affermazione, passando dal rifiuto all'indifferenza. Tra i protestanti stessi essa era variamente formulata, declinata e interpretata, con gravi dissidi interni. Tra Lutero e Zwingli, tra calvinismo e luteranesimo; tra arminiani e calvinisti ortodossi. Se la Grazia dipende solo da Dio, come pensare l'atto di fede, il rapporto col bene e col male?
La soluzione di Leibniz non sostituiva le dottrine protestanti ma se ne situava in mezzo in qualità di mediazione.
La armonia prestabilita (da Dio) non pone la natura in antitesi alla sua origine; i nessi del mondo dei sensi e della esperienza sono discreti; tramite un coincidere, ciò che liberamente decidiamo - non ciò che arbitrariamente vogliamo - si può realizzare entro i rigidi accadimenti naturali, per armonia. La monade delle monadi è anche giustizia che provvede, ma pur essendo infinità non ci blocca, dato che è 'immensamente superiore'; il suo provvedere accade senza annullarci proprio per la potenza del tutto e in tutto maggiore e differente.

In forza di tale Provvidenza smisurata e non commisurabile a noi, sempre e dovunque attiva unitariamente per qualsiasi evenienza, non esiste nulla che non sia il meglio possibile; ma questa positività ci sfugge. Essa opera sempre e tramuta gli effetti - non i risultati delle nostre cattive scelte - in bene. La negatività ha campo senza effettivo ma con reale potere ed esiste. Il male è privazione, non qualcosa in sé esistente, giacché non è possibile con una decisione non idonea fermare la provvidenza di Dio. Ma questa agisce in modo incomprensibile. Il male non è giusto che accada, ma Dio lo fa servire pur non essendo utile in sé.
Nella pratica: anche la violenza più grave non realizza il vero scopo che la volontà cattiva intendeva perseguire, accade invece il disegno della stessa provvidenza, diversamente da quanto noi possiamo prevedere e capire.


Tutto ciò non avrebbe senso, anche religiosamente, se non se ne tenesse presente la temperie. Non si trova cioè niente di nuovo rispetto alle dottrine dei riformatori né di sensazionale per i cattolici, tranne che per la filosofia. In questo senso i rapporti tra fede e filosofia sono rovesciati rispetto al pensiero di Lutero: questi agiva dal basso, anche verso la filosofia; Leibniz dall'alto, sempre verso la filosofia; l'uno preparatore, l'altro definitore. Bisogna perciò comprendere che nella Teodicea di Leibniz c'è un nucleo teologico libero; esso non emerge sempre, si può considerare tutto filosoficamente senza sbagliare, ma così si resta fuori dall'oggetto vero e proprio della meditazione. Così era accaduto a Kant e così capita generalmente a tutti quelli che operano entro le premesse filosofiche contemporanee senza aver compreso che esiste una rivolta e incomprensione verso la tradizione del pensiero occidentale.



MAURO PASTORE

#191
Citazione di: Scepsis il 23 Dicembre 2024, 14:20:00 PMLeibniz e' stato un matematico e logico eccezionale: creo' il calcolo infinitesimale (piu' efficente di quello elaborato da Newton), anticipo' la logica simbolica cercando di matematizzare la logica, fu il primo a scoprire che i 5 postulati di Euclide non erano sufficienti per conferire "completezza" (come oggi viene definita) alla geometria euclidea.
Come filosofo pero', in cui cercava di mettere a frutto le sue capacita' logiche per elaborare sistemi coerenti e non contraddittori, si sono spesso avute pluralita' e sovrapposizioni di versioni, riformulazioni, successivi aggiustamenti e cambi di premesse e conclusioni.
Egli assume determinate ed ardite premesse ed idee
Ho incluso solo parte del testo dell'interlocutore, che tutto intero era oltre la massima lunghezza consentita dal sito al momento del mio invio. Esso comunque è visibile prima, o cliccando sulla prima riga della citazione.


Dal punto di vista generale posso dire quanto segue.

La rigorosità e ferma coerenza delle nozioni scientifiche inquadrate da G. W. von Leibniz si coniuga davvero con una attività filosofica non contenibile in schemi fissi ma solo in prospetti provvisori o incompleti. Ciò però è interpretabile come un pregio del suo lavoro, che non a caso comprendeva anche la teologia, verso cui la ricerca filosofica non poteva presentarsi quale sistema chiuso e definitivo. Se ricondotta a quella di Spinoza e non viceversa, l'opera di Leibniz viene letta sincronicamente, ciò imponendo delle interpretazioni arbitrarie per far quadrare tutto, giacché il pensare al fondamento della natura implica una visione d'insieme degli oggetti studiati, da ricondurre ad una unità naturale, che però nell'Etica di Spinoza è soprattutto infinità. E' quindi operazione arbitraria e incongrua tale riconduzione, dato che la sostanza infinita spinoziana si presta ad allargare gli orizzonti, non a chiuderli. Ma questo agli interpreti atei non è mai piaciuto, volontari riformulatori ma, in virtù della dimostrazione geometrica praticata nella stessa Etica, destinati a non centrare l'obiettivo.

Il ricorso al sistema con N + 1 incognite ed N equazioni sarebbe utile per riferire del quadro filosofico in termini anche matematici, Leibniz però non era l'Autore dell'odierno Teorema d'Incompletezza pur essendo giusto precisare che il suo discorso non era conchiuso, il che come detto è un valore. Monadologicamente troviamo degli elementi molteplici la cui dimostrazione razionale resta affidata a un elemento ulteriore, la Monade suprema ovvero Dio, la cui esistenza viene dedotta dopo l'induzione delle altre monadi, questa condotta per via intellettuale e ragionativa, riflettendo intorno alla sostanza. Però non si continuava il lavoro di B. Spinoza, lo si conciliava con quello di R. Cartesio, introducendo una nuova filosofia, per la quale è del tutto inutile applicare il metodo di Hume che assevera causa ed effetto per il tramite dell'intùito o credere, dato che Leibniz ne anteponeva già, senza dover definire prima una realtà causale fittizia.

Res e Substantia, adeterminismo del dubbio iperbolico ovvero libertà del pensiero che è spirito, da una parte, dall'altra causalismo non meccanico in quanto sub specie aeternitatis (divina), questi due curiosi oggetti della speculazione moderna venivano fusi assieme con i concetti di monade e teodicea, cosmologicamente e teologicamente. Il punto è che la riflessione moderna accentrata sulla Critica della ragion pura e dimentica della pratica e del giudizio, non ha mai preso tanto sul serio la monadologia perché non ha mai preso tanto sul serio la teodicea, accusando un dogmatismo inaccettabile per il piano epistemologico in forza del rimproverare un naturalismo improponibile per il piano gnoseologico, e viceversa, senza con ciò aver dimostrato alcunché di inconsistente nell'oggetto avversato. La visione di Leibniz era a tutto campo, ma l'empirismo di Locke, posto contro quello di Berkeley, quindi l'attenzione esclusiva di Hume alla fisica dinamica e alla Teoria della gravitazione universale, creavano un accentramento su uno soltanto dei due poli di riflessione, quello materiale e naturale.
Da una parte il cartesianismo trasformava la distinzione psicologica cartesiana anima-corpo in separazione corpo/anima, dall'altra lo spinozismo mutava il Dio necessario spinoziano in necessità non necessariamente divina quindi fatalismo. A questo disastroso incipit che era nella cultura del tempo Leibniz poneva rimedio, fino a quando l'attenzione massima all'esperienza e ai risultati dell'esperienza non creava una scepsi all'interno del mondo accademico e filosofico occidentale e tutto ricominciava ugualmente; col negare lo 'spirito quale realtà ultima' (definito da Berkeley) non ne si negava il corrispondente materiale, generandosi un disastro intellettuale. Quello che rimaneva era insolvente, bisognoso d'altro, cui poneva rimedio la Critica di Kant nella sua globalità. Rifiutata quest'ultima, il bisogno d'altro divenne, da parte di taluni, il bisogno della fine dell'Occidente, già a partire dal Terrore in Francia e dopo seguitando con quello in Russia tramite Stalin, fino alla "rivoluzione culturale" di Mao in Cina e alla Cancel Culture di ambienti subculturali americani, emersa pubblicamente senza volontà dei suoi attuatori, già e più attivi da prima e sedotti a non restare in occulto.

Dunque monadologicamente si compiva la integrazione di natura e spirito ma ciò, preso a sé, non bastava per comporre il dissidio moderno tra necessità e libertà.
La monade è intersezione di materialità e spiritualità e ciò risolverebbe il dualismo cartesiano e il naturalismo spinoziano. Ma l'aver separato monade e dike, osservazione metaempirica e intuizione metafisica, quindi l'aver sottovalutato le prerogative e necessità del giudizio razionale rispetto al dato razionale, dava luogo al tramonto di una filosofia occidentale unita, sino poi al prospettarsi di una distruzione della filosofia occidentale tutta. Il fatto è che il recupero, da parte di Hume, della sfera superiore dell'essere, della intuizione e del sentimento, era entro un quadro culturale alienato, in una fede nel meccanismo universale che Kant smentiva ma restandone sulla scia: una liberazione senza tutta la libertà.
La sensazione e il sentimento sono in rapporto a materia e spirito, alla determinazione naturale e a quella spirituale, tra un destino che è fatto di ricorrenze vuote, di appuntamenti disposti in una ferrea rete di necessità, solo in parte conoscibile, e una provvidenza che si manifesta attraverso sorprese e dati non ricercati, evidenti da sé. Quelli che esaltarono la spiritualità idoleggiando Cartesio, fino ad Hegel; quelli che esaltarono la materialità, idolatrando l'Etica di Spinoza sino a Marx ed Engels... nel mezzo la concordanza riuscita a Leibniz, comprensibile con un pensiero filosofico a completo raggio d'azione, tra premesse superiori e conseguenze sottostanti, tra fede e scienza, religione e tecnica.

La risposta specifica nel prossimo messaggio.


MAURO PASTORE
#192
Ho fatto piccoli miglioramenti al testo del mio ultimo commento, laddove nominavo contortamente una 'fattispecie', quindi aggiungendo alla menzione 'origine divina' un 'anzi presenza e...', per evitare di cadere in un mio verbo soggettivo; e anche qualcos'altro. Il mio pensiero non è cambiato.

MAURO PASTORE
#193
Citazione di: Scepsis il 23 Dicembre 2024, 14:16:34 PMAnch'io ho letto con interesse e piacere il tuo testo, PhyroSphera


Anni fa ci fu la riscoperta di Nietzsche, che in verita' non gli rese giustizia. Ora c'e' la riscoperta di Spinoza, e come in vita tutti lo respingevano, cosi' ora tutti cercano di "assoldarlo" nelle proprie fila, anche qui non rendendogli giustizia.
Il meccanismo e' sempre lo stesso, si cerca di edulcorare e sottacere alcuni aspetti del suo pensiero, enfatizzandone altri. Cosi' nel tempo si e' avuto uno Spinoza che a partire da Feuerbach (che lo definiva "il Mose' dei liberi pensatori e dei moderni materialisti"), e passando per Althusser e Toni Negri, viene spacciato come un anticipatore della lotta anti capitalistica. Prima vi era stato uno Spinoza naturalistico ed organicistico, antesignano del Romanticismo (Lessing, Herder, Goethe), ed uno negatore della liberta' e dei valori umani in nome di una filosofia basata esclusivamente sulla logica e la dimostrazione (Jacobi). Vi e' poi chi confina e riduce il Dio necessitato di Spinoza (il non arbitrio) ad una determinatezza della sfera naturale. Ma la natura del Deus sive Natura non e' solo l'attributo estensione ed i suoi modi, e' anche l'attributo pensiero ed i suoi modi, nonche' altri ed infiniti attributi che non siamo neanche in grado di concepire e che attestano l'ampiezza e l'onnicomprensivita' del Dio (e della natura) spinoziano.


Nella lotta per attribuirsi l'interpretazione autentica del pensiero di Spinoza, oltre al rischio necessariamente connesso alla soggettivita' del processo interpretativo (comunque inevitabile), vi e' anche quello di attribuire determinate caratteristiche a chi non condivide la nostra interpretazione, richiudendolo in un'immagine talvolta lontana dall'effettiva realta'. Una logica quindi piu' "politica" (nella dimensione amico-nemico), che di discussione e dibattito.
A tale proposito evidenzio che se io avessi avuto una visione atea e materialistica sull'argomento, avrei rivendicato tale visione apertamente e con grande orgoglio, ma non e' questa la mia visione.
Per spiegarla faccio riferimento all'ipotizzato incontro tra Spinoza e Pascal, in cui tre erano necessariamente i possibili esiti del contronto:
uno aveva ragione e l'altro necessariamente torto
nessuno dei due aveva ragione
tutti e due avevano ragione
Tu avresti certamente scelto il primo esito (e chi dei due avesse ragione e' intuibile), e avresti pensato che io avrei scelto il secondo esito, ma non e' cosi'.
Se questa fosse stata la mia scelta io avrei scritto alla fine dell'intervento "e con onesto e sincero rimpianto per non aver convinto l'altro circa quella che riteneva, con assoluta onesta' intellettuale, l'unica via di salvezza (esistenziale e metafisica) per l'uomo".
Avrei, cioe', in qualche modo sottolineato l'illusione di entrambi di essere depositari di una verita' unica ed esclusiva. Ma io non ho scritto questo, perche' non volevo intendere questo. Ho invece scritto ".....con grande onesta' intellettuale, l'autentica via di salvezza (esistenziale e metafisica) per l'uomo". "Autentica", che non presuppone unicita' ed esclusivita'. La mia scelta e' infatti il terzo esito (tutti e due avevano ragione).


Immagino che per te sia inconcepibile (come per me un Dio che si preoccupa di aspetti formali e minimali), ma nella mia concezione religiosa Dio riderebbe se, nel giudicare qualcuno, gli venisse obbiettato che quel qualcuno professa una certa visione di Lui (visione umana sempre assolutamente inadeguata e riduttiva, che sia immanente o trascendente), piuttosto che un'altra.
Di piu', nella mia concezione Dio vedrebbe come una macchia ed una colpa se qualcuno dovesse scegliere una determinata visione di Lui per amore del quieto vivere e per prudenza, pur avendo nel profondo del proprio animo una visione diversa, che colpevolmente soffoca ed ignora. Perche' Dio e' esigente e non si accontenta delle mezze misure, della prudenza, di chi nascondendosi a se stesso crede di nascondersi a Lui.


L'umanismo, termine con cui indichi una concezione umana che esclude a priori il soprannaturale, e che rivendicherei con grande forza se fosse la mia concezione, non e' pertanto la mia visione. E del resto una scelta di ateismo e di negazione totale e' di per se' una scelta metafisica, al pari di una scelta di una specifica metafisica positiva.
E' tra le pieghe e mille sfumature della metafisica negativa, anti dogmatica, ed un atteggiamento problematico di dubbio e di ricerca (scepsis, da intendersi come ricerca e non scetticismo preconcetto), che trovo eventualmente, se devo definirmi, la mia autentica collocazione.


Forse non ho sottolineato abbastanza quanto scritto nel precedente intervento:

"Si osserva che in un tema cosi' intimo e personale come quello religioso non esistono soluzioni o formule migliori o superiori ad altre. Ognuno deve trovare, individualmente, le risposte piu' adatte a se', alla propria storia, alle proprie piu' profonde aspettative e valori. Non avrebbe senso stabilire delle gerarchie tra le varie religioni e le concezioni da queste rappresentate, mentre le convinzioni individuali su questo tema sono da valutarsi sul piano della profondita' della ricerca personale, dell'onesta intellettuale e rigore interiore con cui tale ricerca e' stata condotta, della capacita' di non trasformare le proprie convinzioni in uno strumento di costrizione ed oppressione per gli altri, della coerenza con cui le varie convinzioni vengono vissute, e questo a prescindere dal loro contenuto."

Il contenuto delle convinzioni religiose di ognuno di noi, cio' che nasce dalle piu' intime profondita' del proprio spirito (se sincero e sentito), non e' giudicabile, e' uno spazio che non puo' e non deve essere violato da valutazioni di sorta. Puo' pero' essere esaminato il contesto esistenziale ed umano, quello culturale e storico, in cui tale convinzione e' sorta, per poterla comprendere (non giudicare) il piu' possibile.
Ed il comprendere ed il capire e' il compito della filosofia, per cui se un certo contesto esistenziale e' in linea con quanto ci si sarebbe aspettato, questo e' un punto di vista da prendere in considerazione per meglio capire le convinzioni religiose altrui. Ma tale contesto, a scanso di equivoci, non e' certo la causa determinante, pavloviana, di un certo tipo di religiosita' (Spinoza avrebbe potuto convertirsi al cristianesimo, ritornare all'ebraismo, convertirsi a sette ereticali ecc.). Scrivendo che Spinoza "non poteva che..." si sottolinea la concordanza (cosi' come da me valutata) tra storia personale e credo religioso, e non si afferma un inesistente rapporto di causa effetto tra il primo ed il secondo (ma questo lo davo per scontato.). Solo parlando di Jacobi sono stato piu' netto, ma questo per ribattere alle accuse di "disumanita'" mosse alla filosofia spinoziana, ribadendone il carattere profondamente umano.


Vedo che vengo assimilato ad una linea di pensiero che congiunge Locke, Hume e Marx, caratterizzata da uno schema che e' quello dell'ateismo e del materialismo. Avendo sopra chiarito e specificato la mia collocazione, questa assimilazione non costituisce certo un problema, ma e' impropria (anche in termini non esclusivamente religiosi).
Noto che i tre autori hanno avuto rapporti assai ridotti con il pensiero spinoziano, se non per una comunanza di temi affrontati. Locke ha dovuto affrontare sporadiche ed isolate accuse di spinozismo (assai frequenti all'epoca), mentre il rapporto di Marx con Spinoza si limita principalmente alla compilazione di tre quaderni di estratti dall'opera spinoziana (quasi privi di annotazioni), il primo quaderno dal Trattato Teologico Politico, gli altri due da 26 lettere inviate dal filosofo, redatti tutti e tre nel 1841 (l'autore aveva 23 anni), in vista della partecipazione ad un concorso per una cattedra universitaria
Rispondo con ritardo, perché i messaggi che "Scepsis" mi ha inviato in risposta sono molto impegnativi e solo ora ho tempo e modo per concentrarmici. Certo mi sarebbe piaciuto fare tutto sùbito.
Nel replicargli, io ero cosciente di non sapere in che senso la linea di pensiero da me descritta, da Spinoza a Marx, inerisse all'autore "Scepsis". Tenevo conto che essa gli potesse essere esterna, ma non potevo commisurare la mia riposta a questa eventualità, dovendomi limitare a un parere negativo che non era un giudizio sui pensieri da lui espressi.

Dunque prendo atto della non partecipazione sua a quella linea e continuo focalizzando la mia attenzione su questa situazione: non ateismo e non materialismo, precisando che tale linea è, a mio avviso, un contesto condizionante esternamente una libera ricerca sull'Assoluto e le opportunità: Dio, l'uomo, l'economia del mondo. Dico a questo punto: umanismo quale dimensione che sottrae il senso alle affermazioni dell'umanesimo, sottrazione di cui "Scepsis" non è fautore ma coinvolto. Quindi non trovo contraddizioni nella mia replica; ma neppure un vicolo cieco in quella dell'interlocutore.
Egli mi attribuisce un 'o questo o quello' tra pensiero di Spinoza o di Pascal che potrebbe valere e vale per me solo relativamente. Certo la prospettiva dell'uno non contemplava l'esito estremo della scommessa ed anzi ne era aliena, viceversa per il secondo. Però la distanza, l'assenza di ponte, non implica l'impossibilità di gettarne uno. Anch'io dunque posso metterli assieme e la discussione aperta qui è fatta anche per chi lo volesse.

Concordo, "autentica via di salvezza" non coincide con unicità ed esclusività, tuttavia continuo a dissentire circa il valore esistenziale di tale salvezza se raggiunta tramite la filosofia di Spinoza. Proprio questa via presenta un problema: tale valore deve essere aggiunto, come premessa o tipo di assunzione, all'opera di Spinoza, non senza incontrare una inevitabile difficoltà, connessa col razionalismo di essa. Critiche a parte, ogni razionalismo è restio a tradursi in esistenzialismo, per forza di cose.
Ciò che attrare inevitabilmente il pensiero verso l'empirismo limitato o riduttivo dell'Età dei Lumi è proprio l'attestarsi su una posizione di metafisica negativa, la quale separa dall'ampliarsi delle vedute segnato dalle Critiche kantiane. Difatti tale metafisica erige una parete tra la scommessa di Pascal e la necessità di Spinoza, mentre a consentire l'avvicinamento è una teologia negativa, in linea con l'insegnamento di Kant circa limiti e prerogative della ragion pratica. L'impossibilità della pura ragione di dar conto di ciò che è oltre l'esperienza diretta, mostra che il pensiero metafisico indipendente è incapace di riunire veramente l'osservazione della natura con l'attestazione della libertà. Quindi metafisicamente e negativamente sorge il problema del sapere. Certo la conoscenza empirica dell'Assoluto ci è negata, ma non un sapere pratico, relativo!, sulla realtà del Noumeno.
La libera ricerca del soggetto diviene così irraggiungibilità della meta voluta, se la si persegue senza una premessa adeguata. Il contesto esistenziale di Baruch Spinoza offre indubbiamente un appiglio, ma contiene un'inevitabile assenza di interesse per un sapere posto alla stessa altezza della proposta cristiana di Pascal, la cui via mistica non è rappresentabile con la figura dell'ebreo errante ma con altra, di uno che appunto deve arrivare a un traguardo. Inoltre la dimostrazione geometrica dell'Etica di Spinoza separa, proprio in quanto geometrica, dai contesti esistenziali, che sono ontici.

E' vero che tra Spinoza, Locke, Hume e Marx non c'è un sentiero tracciato, ma la critica marxiana non si rivolgeva alla ufficialità, piuttosto a un piano assemblato che esulava dalle intenzioni dei grandi singoli filosofi dell'Occidente. Sulla base del malcontento proletario Marx ed Engels giudicarono la filosofia occidentale non per quel che era ma per quel che risultava economicamente prima che eticamente, secondo la sorta di sintesi enciclopedica di Hegel, combinante assieme vari elementi per un quadro d'insieme il quale veniva rovesciato proprio da Marx e il marxismo notando i limiti della metafisica spiritualista assoluta e cercandone risoluzione nel trasformarla in un materialismo ateo: non il soggetto che cerca indefinitamente e - concretamente - inanemente, ma l'oggetto della percezione, attuata con coscienza dell'azione entro cui si percepisce. Poiché l'assolutismo hegeliano creava una ricerca inesausta che distraeva dalle cose, Marx vi oppose il proprio, fatto per integrare le cose stesse nel cerchio della natura... Invece Spinoza partiva dal considerare le cose per integrarvi la loro origine anzi presenza e inclusione assolute.

Faccio adesso un quasi excursus, che serve per focalizzare e contestualizzare la questione.
Marx criticò la religione costituita e imputò al sensismo di Feuerbach staticità, definendone una "prassi sordidamente giudaica". Dico: tale prassi non esisteva in sé, ma risultava così a Karl Marx nel suo intento di liberare la materialità sociale ed economica dal rifugio metafisico. In Russia tale rifugio diveniva, nei seguaci del verbo marxista, accusa di nichilismo, di non pensare proprio a niente. Se ne ritroverà poi nella distruzione critica attuata da E. Severino, che individuava un Occidente nichilista partendo da premesse idealiste ma senza rifiutare il materialismo marxiano. Ai tempi della Rivoluzione d'Ottobre era il capo d'accusa rivolto allo Zar, basato su una attribuzione di dovere - cui lui era venuto meno effettivamente estendendo, pantocraticamente, l'autarchia alla totalità della cittadinanza, tramite le concessioni parlamentari da lui stesso fatte. Ognuno da sé, era l'oggetto d'odio dei rivoluzionari marxisti (e motivo per i fucilieri della famiglia dello Zar): si cercava da molti un sistema che dispensasse il cittadino, non che lo responsabilizzasse! Spinoza attraverso Marx era eletto ad apostolo della materialità e a giudice della inconcludenza metafisica e religiosa, tramite l'anarchismo di "Max Stirner", a sua volta deformato: Iddio è venuto a servirci e nessuno ci deve comandare, tutto deve funzionare. In realtà Stirner definiva un quadro reale di volontà di potenza e lotta sconsolata, distruggendo le speranze collettiviste del socialismo costruito a partire dalla linea Hegel-Marx; e lo stesso Lenin rifuggiva da ottimismi ingenui e sognanti.
Tutto ciò era ed è contraddistinto dal rifiuto della teodicea. Il 'migliore dei mondi possibile', 'il male come privazione che ha una sua funzione', tutto questo era relegato in una presunta soggettività nobile-borghese, quale idea oscurantista per lo sfruttamento del lavoro materiale. Quindi l'Etica di Spinoza, che era teista, era rifatta e tramutata in un grande 'meccano', nel marxismo deformato in meccanicismo.
Il punto è: la metafisica negativa non consente di evitare queste sirti! Con essa ci si ritrova di fronte il giudizio marxiano contro il giudaismo, senza potersi elevare dal Deus sive Natura al Soprannaturale, in un immanentismo che non riguarda semplicemente un aspetto, cioè la presenza di Dio, ma tutto Dio, senza conciliabilità con la riflessione di Pascal.

Specificamente su Leibniz e il resto dirò nella mia prossima replica.


MAURO PASTORE
#194
Citazione di: Visechi il 16 Gennaio 2025, 21:39:47 PMChe dire? Rilevo il tuo permanere... stagnare nella più completa confusione, tale da non consentirti di comprendere alcunché. Hai scritto un coagulo di sciocchezze che proprio non ho alcuna voglia di commentare.
Ad un'altra occasione, nella speranza che tu possa trovare o ritrovare (non so) un pochino di lucidità e serenità di giudizio.
Bye.

Non voglio proprio condividere la condizione esistenziale dell'ateo di professione né l'esistenzialismo sofistico che ne deriva, tantomeno il rovesciamento del biblico e cristiano cupio dissolvi, rovesciamento che invece di disintegrare la falsità si accontenta del gioco delle apparenze mondane, confondendo la noia esistenziale, da necessaria e provvisoria fase, a diagramma della vita stessa e suo falso recinto sacro.
In tal senso non voglio avere comprensione: non mi interessano le interpretazioni rovesciate della Bibbia, di Schopenhauer e di Sartre, ne capisco l'aberrazione e non voglio empatia. Ne ho denunciato qui tutta la reale inaccettabilità e svelato i meccanismi propagandistici, come lo schermo costruito con la letteratura (in specie, i versi di Leopardi).

Quel che amareggia sempre è il giudizio sulla mente, che si riceve nel procedere alle smentite e ai giusti riferimenti: adesso mi si è imputata scarsa anzi nessuna lucidità. In verità, dopo quanto ho prodotto nella discussione - per chi voglia davvero intendere o fare filosofia, non tentare sofismi antifilosofici - detta imputazione suona come il segno di una presenza inappropriata: chiusi nell'incubo di Sisifo, come lo è il fallimentare contendente, non ci si dovrebbe rapportare ma solo provare a rapportarsi a chi conosce, consapevoli che il distratto autocompiacimento per il negativo e rifiuto del positivo, questi sì che sono privi di lucidità e per nulla fatti per contraddire le istanze e ragioni vitali.

Constatare la funzione allegorica di un crocifisso cristiano, questo già conduce a inquadrare l'insostenibilità dell'ateismo anticristiano, che nell'evocare il male interpreta il segno diabolico al rovescio: invece di cogliere, nella tradizionale raffigurazione cristiana del dramma esistenziale (non dell'esistenza), l'invito a oltrepassare, la si vuol pensare come uno specchio di un destino, godendo del lavoro - per giunta ignorandone l'incompiutezza! - di Satana, che pure è figurato nell'immagine tipica di Gesù sulla croce (anche e soprattutto letteraria).
Il cristianesimo considera una morte apparente ma realmente incombente, tragica, che viene annullata per un fine-vita sereno; certo non abbonda la consapevolezza di ciò. "Gesù Cristo morto e risorto" oggi potrebbe esser detto: l'uomo che realmente sopravvive o continua a vivere... Nella cronaca, una morte apparente, poi uno stare assieme alle potenze superiori per un abbandono felice della vita "terrena", il più tardi possibile. In ogni caso, tale segno, in Gesù di Nazareth, non era lo specchio della vita cristiana. Non è il caso di prender per matti gli appartenenti alla religione cristiana se raramente, in pochi, sanno tradurre in pensieri i propri sentimenti e se non sanno capire le vicende di chi faceva da segno (esterno, senza essere il segno). Certo il segno e quindi il mezzo della Rivelazione attestò, attesta già un potere che sfugge alle convenzioni imperanti; ma la Rivelazione è solo tale, ora sempre e dovunque fosse, sia (non dico che è ovunque e sempre). Sognare di fare gli attaccabrighe immaginando suicidi anziché riconoscere significati e valori cristiani, questo è un delitto. Mostrare che la figura di Gesù vale per fede, questa è verità della dottrina cristiana da non attribuire alla critica contraria. Chi passasse in visione il confronto, accaduto in questa discussione, con tal Visechi, le cui obiezioni-aggressioni sono esemplificative, capirebbe perché ho fatto quest'ultimo quasi-sproloquio.


MAURO PASTORE
#195
Citazione di: Visechi il 09 Gennaio 2025, 12:17:45 PMIl Visechi scambia l'espressione chiara per velleitaria e continua col trasformismo - adesso la Trascendenza la tira fuori di nuovo - senza esser disposto ad usare le evidenze della ragione. Non gli riesce più di fare il sofisma, però ci aggiunge, dopo quella ultima sull'asma, la illazione sul presunto "io ce l'ho più duro di te"; io invece ho scopo di far emergere una verità, non di primeggiare in un confronto tra menti e tanto meno sono guidato dall'eros nello scrivere questi messaggi. Le illazioni oppostemi sono proiezioni psicologiche, dato che mi si attribuisce torto solo per voglia di sentirsi più forte.
 

Lasciamo che l'eco delle lallazioni si sperda nell'etere o si diluisca inane fra i mille riveli tentacolari del web. Non curiamocene.

Ti rassicuro, non è mia intenzione di ipostatizzare il male ed ergerlo a feticcio cui tributare onori e gloria. Io non credo nel Male, credo, perché presente, nella sua esistenza e nel suo essere nel mondo (vorrei davvero vedere come potresti negarne l'esistenza). Son vieppiù convinto che un credente nel creatore di tutte le cose visibili ed invisibili debba arrendersi alla necessità che il Male sia frutto della volontà creatrice del creatore di tutte le cose visibili ed invisibili (con buona pace dell'uomo settecentesco). Su questo argomento ti avevo preannunciato qualcosa. Se sei interessato a leggere, basta che segua il link: https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-spirituali/la-fede-in-dio/135/


Ancora una volta fai riferimento a quel qualcosa che permarrebbe dopo ed oltre la morte fisica,  ma di questo permanere o rinascere o essere post mortem non hai alcuna evidenza, se non quella resa disponibile dalla fede che sia così. Parimenti (meglio evidenziare, cerco di scongiurare i tuoi eccessivi fraintendimenti) e di contro, io sostengo che post mortem resta esclusivamente quel che hai saputo tessere in vita, ma non c'è metafisica in questo permanere, solo biochimica della memoria ed educazione sentimentale, per chi ovviamente ce l'ha. Per essere più chiari: dopo la morte resta esclusivamente un corpo che si decompone rilasciando gli elementi chimici che lo hanno costituito in vita e, cosa di unica vera rilevanza, il permanere negli affetti in Foggia di ricordo di quel che si è stati, oltre alla mirabilia delle opere d'ingegno, se ci sono. Tutto qui. Dicevo parimenti  perché neppure io posso addurre prove di quel che tenacemente sostengo, se non un'evidenza non contrastata da mirabolanti altri accadimenti di segno contrario. Né io né tu possediamo le prove a sostegno di quanto affermiamo in merito al post mortem, ma ritengo assai più verosimile la mia tesi piuttosto che la tua, fondata com'è su argomentazioni teologiche radicate in una narrazione già di per sé assai dubbia e, ancora una volta, intrisa di fede. Se non altro quel che affermo io non ha necessità di piegare le ginocchia di fronte ad enti supposti reali, si accontenta semplicemente di osservare i dati forniti da scienza ed esperienza diretta: mai nessuno è tornato dall'aldilà per raccontarci cosa ci aspetta, e quall'unico a cui certa tradizione (non tutta, riconoscerai) attribuisce questa rinascita/resurrezione è anch'esso inserito in una narrazione resa dubbia dagli eccessivi interventi apologetici postumi. Avrai nozione, immagino, delle molteplici interpolazioni, errori e correzioni apportate nel corso dei secoli a quei testi da voi immersi nella fede ritenete sacri. Singolare concetto di sacertà, me ne darai atto. Mi dispiace che tu abbia ancora una volta sorvolato sul particolarissimo flusso dialettico che si genera al cospetto della morte. Potrei scriverti mille parole per farti capire, ma sarebbero vane. Mi affido, invece, al sentimento, alla poesia e rinuncio alla complessità per riportarti uno stralcio di una poesia che son certo sia ben nota anche a te. Lo faccio solo per semplificarti la comprensione, anche se non ci conto troppo:

       
          Ei fu. Siccome immobile,

          dato il mortal sospiro,
          stette la spoglia immemore
          orba di tanto spiro,
          così percossa, attonita
          la terra al nunzio sta,
          muta pensando all'ultima
          ora dell'uom fatale;
          né sa quando una simile     

       
          orma di piè mortale

          la sua cruenta polvere
          a calpestar verrà.


Solo un breve stralcio, quel tanto che basta per trasmetterti in maniera forse più intelligibile che ciò che della Morte parla alla Vita, non è la mera contemplazione del corpo esamine, come hai inteso tu, ma la storia e la vita stessa di quel corpo oramai privo di vita. Ti lascio alla tua profonda - spero - meditazione al cospetto del corpo esamine di Napoleone.

Per quanto riguarda il Signore degli eserciti è un epiteto attribuito allo stesso Dio al quale tributi onore e nei cui confronti professi la tua fede, adesione interamente compresa in quel famoso credo istituito e compitato da mente e mano umana, pensavo fosse chiaro il riferimento al troppo cruento affermarsi della tua religione e confessione nel mondo, tanto da doverti suggerire di rinunciare al pulpito inadeguato al sermone pronunciato in ordine al tanto sangue versato dall'ateismo, perché quel pulpito su cui ti sei assiso galleggia sul sangue che l'affermazione nel pianeta della tua religione e confessione hanno preteso nei secoli. In poche parole: da quale pulpito arriva la predica. Tu, ignorando del tutto il mio richiamo, hai estrapolato l'epiteto per imbastirci intorno un non so che di stucchevole ed insignificante. Fede individuale o collettiva, sempre a quel Dio promosso nel mondo sotto la cruenta insegna  della rosseggiante croce in campo bianco fai riferimento, e davanti a Lui chini il capo in una professione di fede che ti riporto integralmente:


Credo in un solo Dio,
 Padre onnipotente,
 Creatore del cielo e della terra,
 di tutte le cose visibili e invisibili.

Credo in un solo Signore, Gesù Cristo,
 unigenito Figlio di Dio,
 nato dal Padre prima di tutti i secoli:
 Dio da Dio, Luce da Luce,
 Dio vero da Dio vero,
 generato, non creato,
 della stessa sostanza del Padre;
 per mezzo di lui tutte le cose sono state create.
 Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo,
 e per opera dello Spirito Santo
 si è incarnato nel seno della Vergine Maria
 e si è fatto uomo.
 Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato,
 morì e fu sepolto.
 Il terzo giorno è risuscitato,
 secondo le Scritture, è salito al cielo,
 siede alla destra del Padre.

E di nuovo verrà, nella gloria,
 per giudicare i vivi e i morti,
 e il suo regno non avrà fine.

Credo nello Spirito Santo,
 che è Signore e dà la vita,
 e procede dal Padre e dal Figlio.
 Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato,
 e ha parlato per mezzo dei profeti.

Credo la Chiesa,
 una santa cattolica e apostolica.
 Professo un solo Battesimo
 per il perdono dei peccati.
 Aspetto la risurrezione dei morti
 e la vita del mondo che verrà.
 Amen.


Te l'ho riportato nella sua interezza ed ho rinunciato ad evidenziare i passaggi più controversi perché, essendo una professione di fede e come tale creduta vera a prescindere da ogni evidenza razionale (cui nell'ultimo post fai riferimento), è totalmente infarcita di assurdità, le quali fecero pronunciare ad un apologeta/esegeta la formula del Credo quia absurdum (adesso ti prego di evitarmi la notazione che Tertulliano visse ben prima della formulazione completa del credo Micene-costantinopolitano. Spero abbia compreso cosa intendo dire). Ti invito a leggerlo ed esaminarlo con estrema attenzione, evitando di salmodiarlo burocraticamente (impiegatiziamente mi piace di più, rende meglio il concetto) come solito nelle vostre cattedrali.


Prima di chiudere mi preme sottolineare ancora una volta la forte sensazione che tu di Nietzsche ne abbia compreso assai poco, sempre che ne abbia letto qualche stralcio. Anche su questo tema cercherò di agevolare la tua scarsa gnosi e mi produrrò – forse – in uno sforzo teso a chiarirti quel che della filosofia nicciana mi pare abbia totalmente frainteso... tanto per cambiare.


Per quanto riguarda la conclusione del tuo ultimo commento, mi pare tu straparli, forse in preda proprio a quella possessione demoniaca cui fai cenno. Ho deciso di non replicare per lasciarti crogiolare in quel fango che scalda la cotenna dei maiali.

Il messaggio cui rispondo, non replico, presenta degli errori di scrittura ma è pur sempre comprensibile con un po' di ovvio intùito. Trovo interessante mettere in luce qualcosa rispondendo, reiterando ma evidenziando aspetti diversi della questione oltre che aggiungere del nuovo, pur non essendoci reale interlocuzione con l'aspirante e fallimentare contendente.

Quanto a ciò su cui il Visechi converge, lui stesso non ne rispetta poi la verità, fingendo che non si era contraddetto né ammettendo che era stato poi corretto. Adesso lui dice di avere, anche lui, dogmi, poi se ne scorda seguitando ad affidarsi a ragionamenti a metà o sbagliati, seguitando ad offendere.

A livello empirico c'è l'evidenza, nel passaggio da corpo vivo a corpo morto, di una inspiegabile mancanza: tutto si trasforma, anche la vita, ma nel corpo morto non c'è vita.
Ciò mostra razionalmente, non scientificamente ma con eventuale apporto della ragione scientifica, l'esistenza di una dimensione altra. L'aldilà religioso è vissuto col credere anche, che si fonda non sull'esperienza ma su un non esperire, spiegabile solo postulando un'altra vita. Io non faccio a pugni con Kant.
I corpi dei defunti non attestano sempre il loro passato, meglio non intristire i lettori di versi funebri come invece fa Visechi. L'ateo supponente non comprende il mondo rifugiandosi nel nulla. Contemplare la morte di un moscerino, per esempio, e senza offendere la vita, potrebbe essere l'esperienza decisiva per questi atei.
Costoro devono rammentarsi dei milioni di morti fatti dai diktat delle dittature atee, davvero in quanto tali, quindi comprendere l'estraneità al messaggio di Cristo delle violenze attuate dai fanatismi presenti tra i cristiani, infine valutare la storia dopo essersi fatta un po' di vera cultura sulla vera religione. Il Credo menzionato dal Visechi si chiama anche — e non a caso — Simbolo. Provi lui e i suoi a rileggerlo così, come simbolo, prima di menzionarlo di nuovo. Tra l'altro non è l'unico Credo dei cristiani. Gli evangelici non lo accolgono tutti o sempre e la loro adozione di esso è affatto relativa, come quella del resto di tanti cattolici o ortodossi. Molti cristiani lo rifiutano proprio. I dogmi religiosi vanno intesi quali rappresentazioni che si avvalgono di forme che non sono esse stesse dogmi.

Non pensa mai il critico ostinato del credo quia absurdum a contestualizzare tale espressione? Essa si riferisce alla ragione che non accoglie Dio. Dal punto di vista esclusivamente mondano Dio è un'assurdità cui assentire e Tertulliano non era uno stupido, tantomeno da offendere.

Dispiace l'ennesima illazione, stavolta riguardo la mia presunta ignoranza, o peggio, su Nietzsche. Nonostante a volte io usi un po' di estetica tradizionale e solenne o stili espressivi datati, io ho una fortissima e ampia comprensione della attualità della sua opera, soprattutto profonda in virtù di una forte intuizione e conoscenza del suo mondo e della sua persona.

Su maiali e possessioni demoniache: io non mi riferivo a problemi con elementi estranei, quali il fango; ma al possibile comporre la stessa futura salma, da parte della bestia morente, per ingannare il mangiatore incauto. Inoltre il fatto che un ateo si esibisca in accanite unilaterali dissertazioni contro ragioni e sentimenti vitali non viene dalla sua esistenza umana ma — in un modo o nell'altro — da una negatività con potere ed effetto intromissivo, che possiamo nondimeno rifiutare di accogliere, lottando contro le falsità. Il linguaggio demonologico è oscuro e figurato perché indica qualcosa del mondo che è oscuro e incatalogabile e da menzionare anche a livello emotivo.
Perciò, attenzione agli inganni del mondo e a non prender per scemi quelli con una vera fede in Dio, perché il negativo nel mondo può essere incontrastabile senza la fede in Dio. Tantomeno è lecito fare gli gnorri e fingere gnosi dove c'è fede, negando gli studi scientifici sulla religione che indicano necessità e utilità dello stadio religioso dell'esistenza e cercando di metter beghe. Praticare una religione non garantisce dalle superstizioni, le quali sono però deleterie nel caso dei non credenti, non viceversa.

Sul problema del male, è evidente che giudicar male qualcosa serve a vivere non a negar l'Origine delle cose e i giudizi di Dio, su ciò che è male, sono manifestazioni di esigenze superiori e misteriose.


MAURO PASTORE