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Messaggi - donquixote

#181
Citazione di: davintro il 02 Marzo 2017, 21:56:31 PMCercando di evitare, entro i limiti che indicavo prima, la sofferenza si raggiunge un certo benessere nella sofferenza nel presente, col rischio (non la certezza però) poi di soffrire maggiormente nel futuro, mentre chi ricerca la sofferenza per "fortificarsi" vive male nel presente, mentre non è detto che poi possa riscattarsi in seguito, dato che poi potrebbero accadere eventi così terribili da superare la soglia di sopportazione seppure divenuta alta, finendo così nel vivere una vita nel complesso dolorosa e quasi mai felice. Insomma, nell'incertezza di ciò che può accadere nel futuro, trovo più convincente la strategia esistenziale di mettere al sicuro il benessere del presente, poi si vedrà

Guarda che io non ho mai detto che bisogna "ricercare" la sofferenza. Questa capita quando capita, e se uno è in grado di affrontarla ne uscirà fortificato, e questa forza lo seguirà per il resto dei suoi giorni. Chi invece si impegna ad evitarla vivrà sempre col timore della sofferenza (che arriva senza preavviso) e questa paura non potrà che aumentare la sensazione di sofferenza anche quando questa non è effettivamente presente, ovvero quando non accadono episodi che la provochino. Tutto questo indipendentemente dai progetti che qualcuno può fare per il futuro, ma va sottolineato che più speranze si ripongono nel futuro e più alto è il rischio di rimanere delusi e convincersi quindi di aver "buttato via" la propria vita.
#182
Citazione di: davintro il 02 Marzo 2017, 19:22:57 PMla sofferenza nobilita l'uomo? Possiede una sua nobiltà intrinseca? La mia personale risposta è: assolutamente no. La sofferenza non ha nulla di nobile, è un male e dunque va il più possibile ridotta. Il che non vuol dire che non sia lecito sopportarla in certi casi, ma mai come valore in sé, ma come "male necessario", o meglio negativo effetto collaterale di un bene maggiore che ripaga (con gli interessi) tale negatività. Certamente la ricerca di ciò che nella vita ci rende felici, "benestanti" in senso fisico-psichico, comporta fare dei sacrifici, sicuramente l'atleta che si prefigge l'obiettivo di vincere la medaglia d'oro alle olimpiadi mette in conto lo sperimentare la sofferenza, la fatica degli allenamenti, ma non pone la sofferenza come valore in sé, ma come un costo necessario per ricavare qualcosa di più grande, la soddisfazione della futura eventuale vittoria. Ogni nostra decisione, la decisione di un essere razionale, porta sempre con sé un aspetto di economicità, calcolo dei costi e benefici, agire sempre in modo che il benessere che ragionevolmente ritengo di avere la possibilità di raggiungere sia maggiore della sofferenza che ora sopporto per raggiungerlo, ed è inevitabile che tale calcolo non possa che essere svolto dalla libertà riflessiva del soggetto che soppesa il valore delle cose, e decide di sacrificare un bene minore per un bene maggiore, e lo soppesa perché è in nome della sua sensibilità morale che attribuisce alle cose un valore. Nel caso in cui il soggetto si rende conto che la sofferenza che prova ha raggiunto un livello o una ineluttabilità tale da non poter essere più accettata e sopportata come costo strumentale per un bene maggiore, ma diviene condizione definitiva ed escludente beni più grandi di essa, allora non vi è nulla di irrazionale nel desiderio di annullare la sofferenza rinunciando a una vita che quella sofferenza non potrebbe più ripagare

Praticamente hai enunciato la ricetta della perfetta infelicità, e il mondo moderno lo mostra quotidianamente. Da un lato abbiamo coloro che anelano all'american dream (che potrebbe essere la medaglia d'oro alle olimpiadi): questi sono disponibili a sopportare un certo livello di sofferenza a fronte di una gioia maggiore da conseguire in futuro realizzando il proprio "sogno": ma quanti sono quelli che effettivamente raggiungono l' "american dream" raccontato nei romanzi e nei film? Quante sono le "Cenerentole" che sposano il Principe Azzurro? E tutti gli altri che hanno sofferto inutilmente?
Dall'altro lato abbiamo coloro che non hanno alcun sogno da raggiungere e si acconterebbero di evitare qualunque forma di sofferenza: che vita sarebbe la loro? Soli sotto una campana di vetro asettica?
Il tentativo di evitare ogni tipo di sofferenza avrà come risultato solamente l'abbassamento della soglia di sopportazione della medesima, conducendo gli uomini a soffrire di più anzichè di meno.
#183
Citazione di: sgiombo il 02 Marzo 2017, 16:27:44 PMDio (o se si vuole la Natura) provvede sempre a por fine alla vota di chiunque, felice o infelice che sia, del tutto indifferentemente al suo stato di soddisfazione o meno; ma purtroppo talora lo fa dopo lunghissime, insopportabili sofferenze anche senza artificiali interventi per prolungare l' orrenda sopravvivenza in siffatte condizioni.


Dato che sei un medico dovresti poter fare qualche esempio di sofferenze fisiche insopportabili che durano mesi o addirittura anni. A me risulta che il dolore fisico, raggiunto e superato il livello di sopportazione come nei malati terminali, senza intervento medico porta alla perdita dei sensi e alla morte in brevissimo tempo. Se invece si parla di sofferenze psicologiche è un altro discorso perchè queste possono sussistere anche in un corpo perfettamente sano, e la medicalizzazione della vita che, come nel caso del dj in questione o in quello di tanti altri,  con artifizi tecnici fa sopravvivere la gente in quelle condizioni, contribuisce certamente ad aumentarle.
#184
Citazione di: acquario69 il 02 Marzo 2017, 10:55:46 AMNon volevo dare una giustificazione o pretendere un "alibi" ma più semplicemente considerare che l'ambiente che ci circonda non facilita certo le cose...e credo fermamente che quelli che stiamo vivendo siano i peggiori mai avuti in tal senso

Credo che per "peggiori" tu intenda i "tempi", visto che in quella frase manca il soggetto, ma se da questo punto di vista è per me fin troppo ovvio concordare con te,  paradossalmente il fatto di vivere in questi tempi dovrebbe, per coloro che ne sono consapevoli, aumentare ancora di più il senso di responsabilità nei confronti di se stessi per non lasciarsi trascinare nel gorgo del mondo che affonda, vivendo una vita senza alcuno scopo e alcuna direzione sballottati da venti che tirano alternativamente in tutte le direzioni e che terminerà, indipendentemente dal modo in cui lo farà, in un mare di vittimismo, rancore e rimpianto.
Gandhi diceva: "sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo!", e se una persona non può cambiare questo mondo può però agire su se stessa e "prendere in mano" la sua vita senza metterla nelle mani di altri che ovviamente saranno, come lui, più attenti alle proprie esigenze che a quelle altrui. Un vecchio e saggio proverbio diceva: "ognuno per sé e Dio per tutti", e tutti quelli che pretendono di far dipendere la propria felicità e il proprio benessere dagli "altri" (le istituzioni, gli amici, i parenti, i datori di lavoro, i fidanzati, lo stato o chiunque altro) e dalla loro approvazione alle scelte di vita che fanno non potranno che andare incontro a cocenti delusioni che, per i più deboli, potranno anche avere conseguenze drammatiche.
#185
Citazione di: acquario69 il 02 Marzo 2017, 05:06:46 AMMi sembra di poter dire (ed aver capito) che: - il suicidio (a parte casi limiti) e' un atto ingiustificato nel momento in cui riguarderebbe il proprio "piccolo io" - che vivere si collega ad un atto di responsabilità pero mi sento pure di aggiungere (forse a torto, non saprei) e cioè' che le cose non mi pare vadano proprio in questa direzione, mi sembra anzi che dal momento che uno nasce ci si ritrova in un ambiente "esterno" che si configura esattamente al contrario. ..che supporta e fortifica quasi esclusivamente quel piccolo io di cui sopra..che non "educa" o non ha affatto una cultura al senso di responsabilità, ma anche al senso stesso dell'esistenza, visto che anziché essere indirizzati al nostro interno, veniamo stimolati ed anche in maniera incessante e direi pure brutale al nostro esterno. forse sarà' pure il caso di tenerne in debito conto..

Indubbiamente l'ambiente esterno influisce, come ha sempre influenzato chiunque in tutti i tempi, ma se si accorda troppa importanza alle influenze ambientali si rischia che queste diventini facili alibi per qualunque comportamento e qualunque atteggiamento. Se non si può modificare l'ambiente si può però agire su se stessi, e la responsabilità nei confronti di sé è la prima cosa da insegnare ai bambini e praticare da grandi. Poi l'azione di ognuno su se stesso potrà anche, col tempo, modificare l'ambiente umano nel suo complesso, ma dare la colpa a questo per ciò che ci accade è profondamente ipocrita; è un po' come colui che fuma 60 sigarette al giorno per decine di anni e se gli viene il cancro fa causa per danni alla ditta che fabbrica le sigarette.
#186
Citazione di: sgiombo il 02 Marzo 2017, 08:19:26 AMUna risposta sensata a questo "perché?" dovrebbe trovarla il credente (chi crede che il SIgnore Dio sia padrone assoluto della nostra vita e del nostro corpo ed essendo buono -infinitamente- provvederebbe Lui stesso a porre fine alle sofferenze dei malati ma non lo fa). Perché senza una risposta credibille e coerente con il creduto é razionale cessare di crederlo.

Si dimentica troppo spesso che Dio (o se si vuole la Natura) provvede sempre a por fine alla sofferenza insopportabile degli esseri che crea, tanto è vero che non esistono malattie che se lasciate decorrere naturalmente provocano dolori insopportabili e prolungati nel tempo. Questi dolori e questa sofferenza sono di breve durata e poi si concludono con la morte. Solo l'intervento dell'uomo con le sue tecniche e i suoi macchinari può prolungare la sofferenza, a volte indefinitamente, e dunque non ha senso colpevolizzare chi colpe non ne ha. Che poi anche i "credenti" ritengano che i macchinari e le tecniche che tengono artificialmente in vita le persone siano un "dono della Provvidenza" è una allucinazione che riguarda la loro coscienza e il loro modo di valutare la realtà.
#187
Attualità / Re:Eutanasia e D.A.T.
01 Marzo 2017, 21:59:45 PM
Citazione di: Jacopus il 01 Marzo 2017, 20:52:47 PMUn inciso . Don afferma che le interruzioni volontarie di gravidanza sarebbero in aumento. Mi piacerebbe conoscere la fonte di questa affermazione, poiche' i siti da me visionati dicono esattamente il contrario compreso quello del ministero della sanita .

La fonte di questa affermazione è una anestesista che lavora da 20 anni in un grosso ospedale universitario e che forse si riferiva al suo ospedale e non a tutta Italia o a tutta Europa (anche se mi diceva che molte cliniche private non denunciano le IVG per salvaguardare la "privacy" delle clienti e le gabellano per interventi diversi o semplici visite ginecologiche); ma se in senso assoluto le IVG sono diminuite in Italia dagli anni '80 lo sono molto meno in rapporto ai "nati vivi", e centomila aborti all'anno non mi sembrano comunque cifre trascurabili (e in altri paesi europei sono più alte che in Italia), considerando che comunque qui da noi permane numerosa la pratica degli aborti clandestini e oltre un quarto delle donne ha abortito più di una volta.
#188
Attualità / Re:Eutanasia e D.A.T.
01 Marzo 2017, 21:46:14 PM
Citazione di: Fharenight il 01 Marzo 2017, 15:35:18 PMNon so se la vita è un dono, checché ne dica la Chiesa; per considerarla un dono dovrebbe consentirmi di viverla come la desidero fino alla morte o di scegliere di non morire mai, dovrebbe consentirmi di rimarere giovane o di modificare in meglio il corpo senza ricorrere a interventi chirurguci. La vita che dal nulla ci porta all'esistenza è più propriamente qualcosa che accade, che ci capita, è come uno spiraglio di luce nell'universo buio e silenzioso, è uno zampillo di acqua che sgorga all'improvviso nel deserto, ed è perciò unica e meravigliosa solo per questo, e solo per questo tutti gli esseri viventi hanno lo stesso diritto di vivere, la morte mette fine, spegne questo squarcio di luce. E per natura siamo propensi a volere la vita, non la morte. Gioiamo di fronte ad una nascita, piangiamo di fronte a una morte, non il contrario. Nessuno festeggia la morte, tutti festeggiamo le nascite, i compleanni, il capodanno. È certo che facciamo esperienza del dolore e della sofferenza, ma sperimentiamo anche la gioia, la serenità, l'amore, l'amicizia, la gratificazione, la soddisfazione, il piacere, la contemplazione di un bel paesaggio, la bellezza della natura, il rapporto con i nostri animali. Quando siamo felici o innamorati, a cosa pensiamo, alla vita o alla morte? Vorremmo che quella felicità, quell'amore che ci rende appagati e piú completi finisse o piuttosto desideriamo che viva in eterno? Perché desideriamo avere un figlio? Peché nel figlio vediamo la continuazione della vita, della nostra vita. Quidi è la vita che desideriamo innanzitutto, non la morte. Desiderare la morte non è istintivo ma è un ripiegamento, è il risultato di una sconfitta, di una profonda delusione. La vita, dunque, va difesa, non la morte che comunque si impone inesorabilmente, perché la vita è quel lampo di luce che non si riaccenderà mai piú per tornare ad essere tenebra, e le tenebre sono eterne e infinite, In questo senso allora la vita può essere considerata un dono. 

La vita, almeno quella umana, è un contenitore, e la libertà è ciò che ci consente di fornirla di un contenuto, di un "senso". Il compito dell'uomo su questa terra sta tutto nel comprendere con cosa riempire questo contenitore che chiamiamo vita, e la prima cosa da comprendere è che il "senso" è dentro di noi, non certo al di fuori. Le altre vite che ci girano attorno hanno un loro senso, e se possono a volte collaborare e a volte confliggere con la nostra non possono certo fornirle il senso che è dentro di noi e solo noi possiamo prima comprenderlo e poi manifestarlo. Chiunque cerca il senso della vita al di fuori di sé non potrà che rimanere deluso e accumulare sofferenza e infelicità, poichè si ridurrà al massimo a diventare la scimmia o lo schiavo di qualcun altro, o di un ideale, o di una utopia, o di un "sogno". Negli ultimi secoli il numero dei suicidi (calcolati in tempi di pace) è più che decuplicato, e vi sono paesi nel mondo occidentale in cui il suicidio è la prima causa di morte fra i giovani; mai come ora si cercano "modelli" nel mondo dello star-system, della carta patinata, e si è disposti a tutto per poter vivere una vita che non è la propria. Se questo è il trend non è difficile immaginare che più aumentano le illusioni e le aspettative e più aumenteranno le corrispondenti delusioni, costringendo le persone a "reinventare" costantemente la propria vita fino al punto da creare nella propria coscienza un cortocircuito esplosivo che se non si riuscirà a gestire non potrà che avere conseguenze funeste. L'unico "desiderio" che può fornire senso alla vita è quello di poter essere e manifestare quel che si è, e non certo quello di  assomigliare ad una top model, o di avere il conto in banca di qualche finanziere o il successo di qualche attore famoso, poichè questi escamotage non appartenendo a quel che siamo ci rimarranno sempre estranei e non potranno mai fornirci il senso che, inconsapevolmente o meno, ognuno va cercando.
#189
Ma io non voglio condannare nessuno, mi limito solo a sottolineare che certi comportamenti sono indice di debolezza e viltà,  la qual cosa fa parte della natura umana al pari di tante altre peculiarità, e se non empatizzo tendenzialmente con nessuno allo stesso modo non disprezzo e non colpevolizzo nessuno; ognuno è quello che è, il debole in quanto debole e il forte in quanto forte, e come diceva Don Abbondio se uno il coraggio non ce l'ha non se lo può dare. Non so se sia "durezza d'animo" affermare che il suicidio è molto spesso un atto di debolezza e una vile fuga, ma se la è non è certo la mia ma della realtà, che evidentemente ha l'animo duro e non guarda in faccia a nessuno. Una cosa però disprezzo profondamente: la truffa semantica che si tende sempre a compiere ribaltando la realtà e chiamando debole il forte e forte il debole; chiamando "degna" una morte che è invece il suo opposto; chiamando "coraggio" e addirittura "eroismo" il comportamento di chi sfugge alle proprie responsabilità e addirittura da se stesso. Se sono "duro d'animo" non lo sono certo con i protagonisti più o meno inconsapevoli di queste tragedie (che se son deboli lo sono e basta, e non certo per colpa mia) ma con coloro che speculano intorno a questi avvenimenti e li strumentalizzano ai propri fini che non sono mai nobili (l'unica cosa nobile in questi casi sarebbe un pietoso silenzio), e facendosi scudo della parola "dignità" accumulano invece indegnità ad altra indegnità .
#190
Attualità / Re:Eutanasia e D.A.T.
01 Marzo 2017, 19:04:56 PM
Citazione di: altamarea il 01 Marzo 2017, 14:41:22 PMScusa, Don, nel caso dei malati terminali o in vita vegetativa il suicidio, attivo o passivo non è una fuga dalle proprie responsabilità ma dal dolore, dalla disperazione. Non è paura di affrontare la vita. Non sono d'accordo con te nel considerare il suicidio "un espediente a cui ricorrono i vigliacchi". Il "Dj Fabo" desiderava una morte diversa, a casa sua, a Milano, con il rumore del traffico in via Giambellino. Invece è stato costretto ad andare in Svizzera e non per vigliaccheria ma perché non gli è stato possibile morire in Italia nel modo da lui voluto.

Ciò che ho scritto io è valido in generale; ogni volta che esprimo un pensiero cerco di farlo prescindendo dai casi specifici e la mia opinione un poco più ampia sul suicidio l'ho espressa nel topic aperto da acquario. Mi aspettavo però un'obiezione basata sul caso particolare, ma siccome in queste situazioni i casi sono sempre molto diversi l'uno dall'altro (quello di Welby, di Luana e di dj Fabo non sono affatto simili) non si può trovare una legge che vada bene in tutti i casi, che se dovesse basarsi, come sarebbe giusto, sul principio di autodeterminazione delle persone dovrebbe essere fatta in modo talmente  generico da consentire a qualunque maggiorenne lo decida di suicidarsi con l'aiuto dello stato. Per questa ragione io ritengo che nei casi cosiddetti "eticamente sensibili" bisognerebbe stabilire dei principi etici generali e inserirli in Costituzione anzichè legiferare in modo ordinario. Lo Stato dovrebbe dichiarare nella sua Costituzione che l'eutanasia (o suicidio assistito) non è consentita, salvo eccezioni da esaminare a cura di commissioni appositamente costituite nei tribunali, che dovrebbero valutare caso per caso prendendo in considerazione tutti gli aspetti coinvolti (volontà personale e parentale, eventuale parere medico, responsabilità dell'aspirante suicida e altre varie ed eventuali da stabilire, fra cui anche il "bene comune"). Allo stesso modo la Costituzione dovrebbe stabilire che l'aborto non è consentito, salvo eccezioni che anche in questo caso dovrebbero essere esaminate di volta in volta. Mi sembra infatti alquanto strano che nonostante l'affermazione delle donne (evidentemente falsa) che l'aborto provoca nell'animo femminile una sofferenza psicologica enorme questi sono in costante aumento,  nonostante la diffusione di innumerevoli tipi di anticoncezionali per tutti i gusti e tutte le tasche e nonostante la possibilità della donna di abbandonare il bambino dopo il parto mantenendo l'anonimato. Le commissioni potrebbero inoltre valutare le condizioni economiche del richiedente e stabilire che, data la situazione non solo economica ma vista nel suo complesso se non si trovano strade diverse (tipo una colletta fra gli amici e i parenti del richiedente che anche in questo modo potrebbero mostrargli la propria solidarietà) lo stato si può fare carico dell'onere dell'intervento. Sarebbe un comportamento improntato alla cosiddetta "common law", o ai "mores" romani, e i precedenti potrebbero "fare giurisprudenza" e guidare le successive decisioni delle commissioni. Poi so bene che chi vorrà abortire lo farà lo stesso in modo clandestino a dispetto del parere della commissione, così come chi vorrà suicidarsi in maniera assistita potrà sempre andare in Svizzera, ma almeno costoro si assumano tutta la responsabilità delle conseguenze delle loro decisioni e dei loro gesti e lo stato non faccia nulla per facilitarli e soprattutto non li faccia passare da eroi ma magari li condanni a quella che ai tempi dei romani si chiamava "damnatio memoriae".
#191
Il suicidio non è giudicabile in maniera univoca, ma essendo solitamente un mezzo per raggiungere un fine va giudicato sulla base del fine che si propone di raggiungere. Molto spesso il suicidio è un atto nobile, quando viene compiuto per ragioni che si ritengono superiori alla conservazione della propria vita; è il caso ad esempio delle spie che si suicidano per evitare di fornire informazioni al nemico che potrebbero danneggiare il proprio paese o di quelli sconfitti in guerra che lo fanno per non essere schiavizzati dai vincitori. Poi vi è il suicidio di coloro che ritengono di aver compiuto il proprio dovere in questa vita e di non aver null'altro da offrire per cui si congedano dall'esistenza salvaguardando la propria dignità e la propria eredità (è il caso ad esempio di Seneca ma anche di molti pensatori e monaci orientali che però, più che suicidarsi con un atto violento, più semplicemente si lasciano morire). Vi è poi il caso dei kamikaze per cui il suicidio è solo un danno collaterale se rapportato allo scopo del proprio atto: il kamikaze utilizza il proprio corpo per compiere un atto di guerra e immolandosi consapevolmente garantisce una maggiore precisione (dato che è controllata direttamente dall'intelligenza umana) nel raggiungimento dell'obiettivo da colpire; dunque anche in questo caso non si può che parlare di un atto coraggioso e financo eroico. Il suicidio non giustificabile è quello meramente egoistico, quello compiuto perchè non si è raggiunto un obiettivo di soddisfazione personale, quello compiuto a seguito di una delusione d'amore, o a seguito di una perdita al gioco o nella finanza, o in seguito alla vergogna di essere stati scoperti a compiere azioni riprovevoli (penso ai corrotti del tempo di "mani pulite"), quello del gay che si suicida perchè il classe lo chiamano "checca", o quello che lo fa in seguito ad atti di bullismo in rete. Tutti costoro sono semplicemente dei vili che non hanno il coraggio delle proprie azioni, dei propri comportamenti, non hanno il coraggio di essere quello che sono e di affrontare la vita che come sappiamo è fatta di momenti entusiasmanti ma anche drammatici e di grande sofferenza, e vorrebbero circoscriverla solo ai primi come un ipotetico ciclista che è disponibile a fare delle gare a patto che lo facciano correre solo in discesa. Il nostro mondo è pieno di aspiranti suicidi, e se chi si suicida per queste ragioni compie l'estrema, vigliacca, fuga dalla vita e dal mondo che ognuno vorrebbe che fosse fatto a sua misura, quelli che ancora non l'hanno fatto è perchè la loro vita è costellata di tante, spregevoli e meschine piccole fughe: dalla fatica, dalla sofferenza, dalla vecchiaia, dalle responsabilità, dal giudizio degli altri; quando non si riesce più a fuggire da queste cose allora non resta che fuggire da se stessi, in maniera definitiva. Ma se in questo tipo di suicidi si può ritrovare un momento, quello in cui l'atto viene compiuto, in cui una persona reperisce dentro di sé una certa forza d'animo e raccoglie tutte le energie per sopperire con un atto di forza alla sua estrema debolezza che se non la riscatta la rende comunque meno indegna, in quello "assistito" si rifiuta anche di assumersi la responsabilità di questo atto, e si vuol delegarla ad altri. Costoro più che parlare di "dignità" della morte dovrebbero più correttamente parlare al contrario della sua indegnità, che si appone come il sigillo conclusivo di una vita che essendo stata totalmente basata su una soddisfazione egoica che il "mondo" (o il destino, o la sorte, o qualunque istituzione, a piacere) ha in qualche modo tradito è risultata essere parimenti indegna.
#192
Attualità / Re:Eutanasia e D.A.T.
28 Febbraio 2017, 23:10:31 PM
Citazione di: altamarea il 28 Febbraio 2017, 18:54:38 PMPer il problema etico bisogna confrontarsi con la Chiesa cattolica, secondo la quale la vita è un bene indisponibile, in quanto dono di Dio. Se considerato "dono", chi lo riceve può farne ciò che vuole, altrimenti non si tratta di un "regalo" ma di un prestito, o di un usufrutto. La Chiesa è sovrana e insindacabile ma solo per i suoi adepti, che accettano i precetti e le sanzioni. Invece il papa ed il clero parlano sempre erga omnes ed i laici, purtroppo, tacciono. Per i non credenti la questione è diversa. Nessun argomento logico può negare il suicidio. I filosofi di questo forum, e sono la maggioranza, sanno che i filosofi greci e romani lo hanno sempre giustificato. Penso a Socrate, a Seneca, a Cleante, a Bruto e Cassio che lo hanno praticato sul loro corpo. Rommel lo accettò per salvare la famiglia. Disperato, scelse il suicidio anche Hitler, e via di seguito. Questo per dire che l'etica laica non ha mai ripudiato il suicidio.



Fino a prova contraria nessuno, laico o meno, si può dare la vita, mentre a quanto pare se la può togliere. E se nessuno si può dare la vita significa che questa è a tutti gli effetti un bene indisponibile all'uomo, che può solo riceverlo in dono. Che poi questo dono lo riceva da Dio, dalla Natura  o da qualche raeliano o "pastariano" è del tutto irrilevante; quel che rileva è che la "vita" non è nelle mani dell'uomo, ma lo può essere al massimo la sua morte.
Nessuno nega a nessuno, anche filosoficamente parlando, la possibilità di suicidarsi, ma si possono però evidenziare un paio di questioni: prima di tutto il suicidio (tranne nei casi come quello di Socrate in cui è una punizione) è nei fatti una fuga dalle proprie responsabilità, un modo per sottrarsi a ciò che la vita ci riserva e che abbiamo paura di affrontare; dunque il suicidio è solitamente un espediente a cui ricorrono i vigliacchi. Poi se si parla addirittura di "suicidio assistito" va sottolineato un comportamento ancora più vigliacco poichè manca anche la forza e l'energia di darsi la morte da sé e si necessita di qualcuno che dia una mano. Inoltre il suicidio priva la società di qualcuno che avrebbe dovuto cooperare per il benessere generale, e quindi causa un danno sociale. Non si vede quindi perchè mai una società sana dovrebbe  favorire il suicidio addirittura fornendo assistenza gratuita per compierlo a spese di tutti.
#193
Tematiche Spirituali / Re:Carpe Deum!
28 Febbraio 2017, 22:56:59 PM
Citazione di: 2γ il 28 Febbraio 2017, 21:41:20 PMè la mia ultima risposta sul forum perchè ho capito che non siete pronti per i miei pensieri. Io pensavo mi criticaste il mio modo confusionario e troppo esplicito di trasmettere opinioni, ma mi è arrivato tutto il contrario. La cosa sconvolgengte è che ancora voi credete in un fantasma, che seppure esistesse si burlerebbe di voi dimostrandovi che la vostra vita è nulla. Svalorizzate il vero significato della vita. Tu, che vuoi avere ragione alla fine per stregua te la concedo vinta. Un' altra lezione mi è arrivata: NON SI CAMBIA L'OPINIONE ALTRUI. Molte cose ora ritornano io e te siamo diversi e non saremo mai allo stesso livello. Io pensavo, soggiogato anche dall'universalità del diritto, che un individuo potesse essere comparato ad un altro senza differenziarlo. Non è così evidentemente. Un ringraziamento speciale a Duc In Altum che me l'ha fatto capire. Concludo con la grande speranza che tutti voi possiate cambiare e smettere di vivere di illusioni. Non giudico la vita delle persone senza conoscerle, ma ritengo che chi crede ancora oggi in Dio, specialmente in Italia (dove c'è la citta del Vaticano), non abbia il coraggio di affrontare di petto la propria vita. PS A quella gente consumata nel farsi dar retta, un amore così lungo... tu non darglielo in fretta!

Il tuo primo messaggio, oltre ad essere piuttosto confuso, è paragonabile a quello di un quindicenne un po' arrogante che crede di aver scoperto il senso della vita e vuole andarlo ad insegnare a chiunque pensando che tutte le persone che sono venute al mondo prima di lui non avevano mai capito niente, e a tutte quelle cose che scrivi, loro, poverini, non avevano mai pensato. Il sociologo Alberoni faceva lo stesso: quando passò un giorno su un campetto e restituì con un calcio il pallone che era sfuggito a dei ragazzini credette di aver scoperto il football e ne scrisse un fondo sul Corriere della Sera per spiegarlo a tutti. Un'altra volta che si prese una cotta per una giovane signora credette di aver capito tutto dell'amore e ci fece addirittura un libro. Molti qui sono convinti che il fantasma a cui affermi che qualcuno crede sia invece nella tua mente e ti dia anche cattivi consigli; ma almeno pare ti abbia dato una lezione che hai voluto evidenziare in stampatello; forse però se lo stai a sentire meglio ti dirà invece che molte persone sono disponibili a cambiare opinione: dipende dai metodi che si usano per farlo e il tuo non è certamente quello migliore. Poi anche nel caso qualcuno cambiasse opinione molto difficilmente te lo verrebbe a dire, un po' per amor proprio e molto perchè l'opinione non si cambia sulla base di una opinione diversa, ma di una elaborazione che ognuno fa all'interno della propria mente (magari stimolato da una diversa opinione) e dunque sarà merito suo, del suo onesto impegno intellettuale, e non certo di colui che gli ha fornito lo stimolo. In ogni caso sono svariati secoli che autorevoli pensatori (anche più di te, consentimelo) tentano di convincere il mondo a non credere in un Dio, e il mondo nella sua stragrande maggioranza non li segue. Coloro che si vantano di pensare alla realtà "vera" e non alle fantasie degli dei dovrebbero tenerlo presente e magari farsene una ragione. Poi sono padronissimi di credere di essere gli unici che hanno capito tutto mentre quegli altri non hanno capito niente, così come quegli altri possono pensare il contrario, ma forse guardare con "disincanto" dove ha portato il mondo dei "senza Dio" potrebbe essere utile per capirne di più.
#194
Attualità / Re:Eutanasia e D.A.T.
28 Febbraio 2017, 21:15:23 PM
Citazione di: baylham il 28 Febbraio 2017, 17:26:11 PMRipeto che dal punto di vista economico lo Stato, la collettività, ha un risparmio di risorse economiche da queste pratiche che più che compensano il costo sostenuto. Partiamo dal caso specifico di Fabiano Antoniani, quanto sarebbe costato il suo mantenimento in vita al servizio sanitario ed assistenziale pubblico? Quanto costa al servizio sanitario ed assistenziale pubblico la cura palliativa di un malato terminale o in gravi condizioni di salute o di un depresso? Cinicamente il costo del suicidio assistito, dell'eutanasia è limitato, conveniente per lo Stato appunto. Sull'aborto la questione economica è più complessa, mi limito al fatto che il valore della vita umana si è svalutato con la crescita abnorme della popolazione, c'è una fortissima concorrenza sulle risorse. Basta leggere alcuni interventi su questo forum, rappresentativi degli sviluppi politici in corso, per capirlo. Un'azienda ospedaliera laziale ha assunto due ginecologi per praticare l'aborto. Subito dopo l'assunzione i due ginecologi potrebbero far valere il diritto all'obiezione di coscienza e l'azienda pubblica dovrebbe rivolgersi altrove con aggravio di costi per continuare il servizio. Penso che l'obiezione di coscienza debba comportare un sacrificio personale per chi la pratica, non per la collettività. Sul tema, la libertà individuale mi è cara, soprattutto se non è in conflitto con la libertà degli altri. Il suicidio assistito, l'eutanasia, l'aborto non hanno questo contrasto. Posso comprendere e accettare il desiderio di morire di fronte alla sofferenza del vivere, il desiderio di pace. Non c'è alcuna contraddizione con l'aiuto solidale e premuroso verso chi invece vuole vivere anche soffrendo.

Uno stato dovrebbe prendere le decisioni e fare le leggi secondo uno schema che per quanto sfaldato e in rovina negli stati odierni dovrebbe essere ancora riconoscibile, almeno a livello basico. Lo stato moderno si occupa principalmente del bene di ogni singolo cittadino, e il cittadino da parte sua dovrebbe fare qualcosa (e sul "cosa" c'è grande divisione) per il bene dello stato; tutti gli ideologi del contratto sociale parlano di necessario "do ut des" fra cittadini e stato perché l'accordo abbia un senso. Poi vi sono casi (definiamoli "limite") in cui questo "do ut des" non è possibile: ad esempio in caso di guerra il cittadino sacrifica la vita per il bene dello stato senza ricevere ovviamente nulla in cambio, mentre in altri casi lo stato si occupa di mantenere vita natural durante i cittadini che per una serie di ragioni non possono collaborare al suo bene. E per inciso il fatto che in Italia non vi sia una guerra da oltre 70 anni ha creato uno squilibrio a favore dei cittadini a cui le generazioni future dovranno rimediare.
Il dovere di uno stato è quindi quello di proteggere i propri cittadini (e magari anche quello di proteggersi dai violenti e dai mascalzoni) e di aiutarli nel momento in cui hanno più bisogno, ma non è certo quello di aiutarli a morire, così come i medici, nel giuramento di Ippocrate, non si impegnano certo ad aiutare i pazienti a morire (e questo vale anche per i pazienti che scientificamente vengono definiti "feti"). Se quindi per lo stato e i suoi "servitori" il principio della protezione della vita del cittadino deve prevalere sulla valutazione della sua convenienza economica, nel momento in cui  lo stato concede la possibilità ad un cittadino di suicidarsi in maniera "assistita" senza incorrere in punizioni di legge non si può pretendere che se ne accolli anche il costo economico. Se si facesse un mero discorso di convenienza economica allora lo stato dovrebbe fissare un "budget" massimo per la cura di ogni cittadino, esaurito il quale il medesimo dovrebbe pensarci da solo oppure lo stato dovrebbe sopprimerlo (dunque obbligarlo ad un suicidio assistito). Per quanto concerne l'aborto l'assurdità è ancora più evidente perchè, ragionando cinicamente solo dal punto di vista economico, se è vero che la popolazione è in aumento (ma non a casa nostra) è anche vero che è sempre più vecchia e lo stato spende la gran parte delle risorse per mantenere anziani inattivi e spesso non autosufficienti (quindi inutili al bene dello stato) anzichè favorire le nascite e il ringiovanimento della popolazione. Senza contare che nei paesi occidentali, ove il cambiamento e l'innovazione sono molto più presenti che altrove, l'esperienza degli anziani non è nemmeno di aiuto per i giovani evidenziando vieppiù la loro inutilità. Ma in ogni caso bisogna considerare che logica e razionalità vogliono che a fronte di un "diritto" preteso vi debba essere anche un dovere corrispondente, a fronte di una "libertà" una equivalente responsabilità; mi sembra quantomeno arrogante pretendere che lo stato conceda al cittadino delle "libertà" che allo stato stesso non provocano alcun beneficio ma magari un danno e si assuma inoltre le conseguenze (anche economiche) relative a tale concessione.
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Attualità / Re:Eutanasia e D.A.T.
28 Febbraio 2017, 12:39:48 PM
Citazione di: baylham il 28 Febbraio 2017, 12:00:23 PMDal punto di vista economico per la collettività, l'aborto, il suicidio assistito, l'eutanasia sono convenienti, non sconvenienti, per cui è ragionevole che il costo sia pubblico. Sconveniente è invece la libertà di coscienza dei ginecologi antiabortisti nelle strutture sanitarie pubbliche.

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