non volevo proporre di saturare le pareti delle classi scolastiche con tutti i simboli religiosi possibili immaginabili, ma solo affermare che l'approccio più coerente con l'accezione di laicità, almeno per come la intendo, sarebbe quello di non porre alcun APRIORISTICO divieto all'esposizione di qualunque simbolo o immagine, religioso o meno, lasciando al buon senso e alla ragionevolezza comune la valutazione dell'opportunità di esporre o meno un oggetto. In questo senso la differenza tra un simbolo legato a una tradizione, nel bene e nel male, millenaria, infinitamente stratificata, e fondamentale nell'intendere la nostra storia, e uno scolapasta è evidente, ma se nonostante tutto c'è chi ha il coraggio di sfidare il ridicolo dicendo di considerare lo scolapasta come simbolo religioso, o comunque spirituale, perché no, non farebbe del male a nessuno, si prenderà lui la responsabilità di essere irriso, e del resto in una classe formata da ragazzi può essere frequente l'appendere immagini pop, senza alcuna intenzione di lanciare appelli ideologici (ricordo, se mi è concessa la battuta, che per un bel po' di tempo nel mio liceo, in una classe quasi esclusivamente femminile, fosse appesa alle pareti una foto molto sensuale di Roberto Farnesi, attore ai tempi molto amato dalla ragazzine, magari qualche maschietto poteva anche offendersi nel vedersi imposto un modello di bellezza molto diverso dal loro, scusate l'intermezzo nostalgico...). Se il modello "luna park" può apparire nel breve termine più illogico e anche esteticamente irritante rispetto alla "tabula rasa", la mia preoccupazione circa quest'ultimo riguarda il lungo termine. Riguarda cioè la creazione di un precedente, per il quale una volta accettato il principio della negazione di uno spazio pubblico a tutto ciò che a una religione si ispira, si possa un giorno passare dalla rimozione di simboli alle pareti (questione di per sé piuttosto banale, personalmente se aggiungessero o togliessero il crocifisso dalle pareti di un luogo che frequento penso difficilmente me ne accorgerei) a proseguire l'opera iconoclasta su ambiti ben più significativi, come nell'esempio portato prima, come l'arte o il pensiero cristiano dai programmi scolastici. E già oggi c'è già chi propone di censuare la Divina Commedia per dei riferimenti omofobici che potrebbero offendere. Tutto in questo nome della contingenza e mutevolezza dei parametri di definizione di "bene culturale", per cui mentre oggi neghiamo tale bene culturale al crocefisso, domani potremmo negarlo alla basilica, o al trattato filosofico scolastico. In questo senso il modello "luna park" offrirebbe il vantaggio di non creare tale precedente, e di evitare il rischio del "piano inclinato", garantendo la preservazione della rappresentanza pubblica di ogni identità nella società.
Anche il fatto che, citando Ipazia, la tabella di Mendeleev sarebbe più utile e reale del crocefisso, conferma l'arbitrarietà dei criteri di una laicità confusa con un'ideologia materialista. Che la tabella di Mendeleev sia più reale e utile del crocefisso che un'opinione che certamente ogni materialista farebbe propria, ma non certo un credente. Quindi adottando un parametro simile nello stabilire cosa sarebbe opportuno utilizzare come immagine pubblica alle pareti, si seguirebbero criteri parziali in cui l'opinione di alcuni, i non credenti-materialisti andrebbe presa più in considerazione rispetto a quella dei credenti, dandone per scontato una presunta superiorità razionale. Ma la laicità non ha nulla a che fare con giudizi di tal genere. Laicità è pura assenza di discriminazione, uguaglianza di diritti e doveri al di là delle convinzioni religiose che si hanno. Non vuol dire prendere posizioni in favore di una visione anziché un'altra, e dunque non può pretendere di adottare parametri come "realtà" o "utilità" che valgono per una certa visione e non per un'altra. Non ha nulla a che fare con l'antireligiosità, anche un fervente credente può considerarsi a tutti gli effetti "laico", se non è un sacerdote e se riconosce l'autonomia di fini del potere politico rispetto all'istituzione spirituale (autonomia che certo un crocefisso non ha il potere di contestare)
Anche il fatto che, citando Ipazia, la tabella di Mendeleev sarebbe più utile e reale del crocefisso, conferma l'arbitrarietà dei criteri di una laicità confusa con un'ideologia materialista. Che la tabella di Mendeleev sia più reale e utile del crocefisso che un'opinione che certamente ogni materialista farebbe propria, ma non certo un credente. Quindi adottando un parametro simile nello stabilire cosa sarebbe opportuno utilizzare come immagine pubblica alle pareti, si seguirebbero criteri parziali in cui l'opinione di alcuni, i non credenti-materialisti andrebbe presa più in considerazione rispetto a quella dei credenti, dandone per scontato una presunta superiorità razionale. Ma la laicità non ha nulla a che fare con giudizi di tal genere. Laicità è pura assenza di discriminazione, uguaglianza di diritti e doveri al di là delle convinzioni religiose che si hanno. Non vuol dire prendere posizioni in favore di una visione anziché un'altra, e dunque non può pretendere di adottare parametri come "realtà" o "utilità" che valgono per una certa visione e non per un'altra. Non ha nulla a che fare con l'antireligiosità, anche un fervente credente può considerarsi a tutti gli effetti "laico", se non è un sacerdote e se riconosce l'autonomia di fini del potere politico rispetto all'istituzione spirituale (autonomia che certo un crocefisso non ha il potere di contestare)