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Messaggi - Phil

#1816
Tematiche Filosofiche / Re:Anima, Spirito, Mente
08 Gennaio 2018, 23:08:45 PM
Si parla di metafisica classica, di forma immanente, etc., e per ironia del destino, oggi è stato pubblicato questo fumetto:
http://existentialcomics.com/comic/219
;D
#1817
Tematiche Filosofiche / Re:Anima, Spirito, Mente
07 Gennaio 2018, 19:48:53 PM
Citazione di: green demetr il 07 Gennaio 2018, 14:23:14 PM
Il tuo unicorno ovviamente è il fondamento, visto che hai detto che per te è molto importante, e fine della filosofia.
Veramente per me è importante al punto che è l'inizio della filosofia (attuale...)  ;)

Citazione di: green demetr il 07 Gennaio 2018, 14:23:14 PM
Ma chi è che indica il fondamento (o il suo problema)? Non è forse il soggetto?
Certo, per quello il problema del soggetto è fondamentale, oltre che fondante.

Citazione di: green demetr il 07 Gennaio 2018, 14:23:14 PM
Ma non è permettimi, che siccome il mondo è diventato un piatto freddo servito di utensili e balocchi, si cerchi in questa domanda qualcosa che si eviti di prendersi il piatto freddo, così com'è, e ci si aggiunga un pò di fantasticheria: ma sempre nei paraggi del piatto freddo siamo.
Direi che interrogarsi sul fondamento è proprio interrogarsi sulla freddezza del piatto, o meglio ancora, sul palato che giudica il piatto come freddo (ovvero sul soggetto. Uso il singolare, ma in verità dovrei ogni volta usare il plurale, riferito ai differenti soggetti che ognuno di noi è, con le sue precomprensioni, le sue eredità, etc.).

Citazione di: green demetr il 07 Gennaio 2018, 14:23:14 PM
Per quanto riguarda la tua spiegazione riguardo i fondamenti dello zero, e dell'infinito, ne hai dato delle definizioni relazionali.

Ma la relazione non è il fondamento come Angelo ha ben spiegato.
Il fondamento ontologico magari no, ma il fondamento logico non può che essere relazionale (dei termini logici coinvolti nella relazione), così come si addice anche ad una definizione (che ricombina il noto per identificare l'ignoto).

Citazione di: green demetr il 07 Gennaio 2018, 14:23:14 PM
Infinito è Dio (i greci avevano terrore dell'infinito).
Ossia l'infinito è il terrore stesso.
Zero è Dio, è l'originario, è ciò che viene prima di qualsiasi ordine di discorso (alchimia araba).
Soprassedendo sul metafisico (oggi non voglio fare il turista in quel vocabolario arché-ologico  ;D ) più che "l'infinito è il terrore stesso", direi che "l'infinito è l'idea con cui il finito addomestica, esorcizzandolo, il terrore del suo limite mortale".
#1818
Tematiche Filosofiche / Re:Anima, Spirito, Mente
07 Gennaio 2018, 11:38:58 AM
Citazione di: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 21:57:30 PM
Citazione di: Phil il 05 Gennaio 2018, 17:45:34 PMSpero che le mie domande di (auto)riflessione sul (meta)criterio della tua proposta spirituale, ti siano state minimamente utili
Immagino che ti riferisca a quanto hai detto qui:
Citazione di: Phil il 04 Gennaio 2018, 17:01:41 PM..."fare la propria parte", in pratica, non significa forse compiere scelte in base a delle supposte certezze (per quanto fluide e momentanee)?
Non si sceglie forse di usare il criterio che proponi grazie ad un (meta)criterio di scelta (con cui lo scegliamo)?
Si; oltre a queste domande (che, nonostante le tue doverose precisazioni terminologiche, mi pare siano rimaste piuttosto "aperte" ;) ), mi riferivo anche a
Citazione di: Phil il 04 Gennaio 2018, 08:28:47 AM
Se non hai momentanee certezze meritevoli di minima fiducia, come fai a "prendere posizione" (come tu stesso dicevi), ad avere una tua visione del mondo? Pensa di nuovo alla tua proposta "spirituale", non sottende forse certezze da cui parti e di cui ti fidi, almeno per ora? ;)
e
Citazione di: Phil il 04 Gennaio 2018, 17:01:41 PM
il criterio/metodo che hai descritto, non si basa sulla (presunta) certezza della sua stessa funzionalità, adeguatezza, eticità, o altro?
Come accennavo, si tratta di domande di (auto)analisi (quasi maieutiche ;D ), per cui non è tanto importante che tu risponda esplicitamente a me, quanto piuttosto, se vuoi affrontarle, nella tua interiorità...

P.s.
Mi permetto un suggerimento per (auto)controllare se la (auto)risposta è esaustiva: prova a pensare se, fuori da questo nostro dialogo, qualcuno ti contattasse sul tuo sito e ti chiedesse: "hai la certezza che la tua proposta spirituale abbia una corretta impostazione etica e sia praticabile?". Se rispondi: "preferisco non usare la parola certezza, perché è troppo ancorata alla metafisica", sarai convinto di aver chiarito davvero le sue perplessità? Se rispondi "si, ne sono abbastanza certo" non si tratta forse di una momentanea certezza (qui difficilmente rimpiazzabile con i termini che proponi: bilancio, prova, tentativo, costrizione)?
Mi riferisco a:
Citazione di: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 21:57:30 PM
Quando possibile, io di certezze non voglio averne neanche di provvisorie. Non mi sembra che quello delle certezze come base, anche più o meno provvisoria, sia uno schema imprescindibile.
Se invece rispondi: "non lo so, è solo un'ipotesi, ognuno di noi può metterla alla prova in pratica e vedere che succede", non sarà come rispondere "no, non ne ho certezza", svalutando così alla radice le buone intenzioni della tua proposta?
#1819
Tematiche Filosofiche / Re:Anima, Spirito, Mente
06 Gennaio 2018, 14:22:42 PM
Citazione di: green demetr il 05 Gennaio 2018, 22:24:36 PM
al di là dei giochini linguistici di chi crede che gli unicorni esistano ( Phil Sgiombo Cannata)
L'allusione all'unicorno mi risulta troppo criptica (forse si riferisce ad altri post che non ho letto?), potresti chiarirmela? Altrimenti non posso commentarla  :)

Citazione di: green demetr il 05 Gennaio 2018, 22:24:36 PM
Phil perchè scusa l'infinito che fondamento ha? e lo Zero? etc...etc...
Per me, l'infinito ha il suo fondamento teorico nella negazione logica del finito (è un concetto-limite che delimita il finito, risolvendo sofisticamente il compromettente e minaccioso "regresso all'infinito").
In matematica (per come la vedo da profano), lo zero è parimenti fondato dalla sua funzionalità: se i numeri sono "il pieno", c'è il bisogno logico del "vuoto" per chiudere il discorso.
#1820
Tematiche Filosofiche / Re:Anima, Spirito, Mente
05 Gennaio 2018, 17:45:34 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 00:13:35 AM
Mi sembra che la vita di ogni giorno ci mostri che senza bisogno di fondamenti è possibile vivere, è possibile fare scienza, è possibile tutto.
Non confonderei il "non avere fondamento" con il "non avere fondamenti assoluti": fare scienza senza fondamenti significa non fare scienza; fare invece scienza con fondamenti che si rivelano provvisori, è praticamente la storia della scienza... ugualmente nella vita: abbiamo inevitabilmente i nostri fondamenti, per quanto provvisori, traballanti, mutevoli; altrimenti, come chiedevo in precedenza, in base a cosa compiamo le nostre scelte? Sono tutte scelte infondate? Probabilmente hanno solo fondamenti deboli.

Citazione di: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 00:13:35 AM
Lo scopo dell'epistemologia non è individuare fondamenti alla scienza
Chiedilo a qualche epistemologo, se non ti fidi di me  :)

Citazione di: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 00:13:35 AM
la scienza, da quando esiste, non ha mai avuto alcun fondamento indiscutibile, resistente al dubbio, eppure le meraviglie che riesce a fare e la serietà che riesce a dimostrare sono sotto gli occhi di tutti.
Non confonderei "certezze infallibili, metafisiche" e "certezze momentanee, deboli" di cui ho sempre parlato (fino alla ridondanza ;D ).
Il pensatore debole, secondo me, non vive senza certezze, ma solo senza certezze ritenute sempre infallibili. Sono certo che domani sorgerà il sole? Metto la sveglia o no? Visti tutti i giorni della mia vita in cui il sole è sorto, ho la certezza provvisoria che anche domani sorgerà il sole e perciò sono certo che sia una buona idea mettere la sveglia per non fare tardi. Se non avessi certezze di cui mi fido minimamente, non metterei nemmeno la sveglia...

Se la parola "certezza" facciamo fatica a decontestualizzarla dal suo contesto classico-metafisico, possiamo allora usare la parola "convinzione", che forse rimanda maggiormente alla soggettività (il nocciolo del discorso resta quello: fare i conti con il provvisorio, in quanto funzionale, significa solo avere punti d'appoggio o criteri malleabili, ma non significa non averne affatto).


Citazione di: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 00:13:35 AM
Il volare libero, senza riferimenti, non è altro che il vagare senza alto né basso descritto da Nietzsche ed è il disorientamento dell'uomo occidentale ubriacato di metafisica fino al punto di essere incapace di vivere senza certezze infallibili. Se a te sembra una via poco filosofica, ciò significherebbe escludere dal novero dei filosofi Nietzsche, Heidegger e tanti altri. Sarà una possibilità poco metafisica, ma non certo poco filosofica.
La loro pars destruens (l'analisi critica) è spiccatamente filosofica, tuttavia la loro pars construens (per quel poco che vale la mia opinione in merito) mi sembra effettivamente troppo incline alla poesia... una filosofia non metafisica può essere anche diversa rispetto alle loro proposte, che sono ancora in bilico sul bordo della metafisica (penso, ad esempio, ad alcuni post-fenomenologi francesi).

Citazione di: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 00:13:35 AM
Il non riferirci ad un fondamento non c'impedisce affatto di parlare del soggetto.
Per me, ci impedisce di parlarne sensatamente e filosoficamente: se non lo fondiamo logicamente, "soggetto" diventa solo una vuota "parola contenitore", che ognuno può riempire a sua discrezione (ma se permettiamo al linguaggio filosofico di funzionare così anarchicamente, Babele è dietro l'angolo...).

Citazione di: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 00:13:35 AM
Razionalità non significa metafisica.
Concordo (e sono sicuro di aver sempre rispettato questa doverosa differenza, ad esempio quando parlo di fondamento, avrai notato, lo intendo in modo logico, non metafisico).

Citazione di: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 00:13:35 AM
Non c'è bisogno di doversi fondare su certezze metafisiche per poter fare discorsi razionali. Vedi sopra ciò che ho appena scritto sulla scienza.
Sottoscrivo. Ritorna quindi utile ricordare la già citata distinzione fra "certezze metafisiche" e le "certezze momentanee" di cui sto parlando a iosa nei miei post  :)

Citazione di: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 00:13:35 AM
A proposito, Cartesio ha trascurato il soggetto perché nel momento in cui ha ritenuto di averlo reso certo, l'ha oggettivato, l'ha reso oggetto, e in quell'istante ha perso di vista che tutti i ragionamenti che stava facendo erano condizionati dalla sua mente, cioè dal soggetto. Insomma, si mise a riflettere sul soggetto, ma ad un certo punto non si ricordò che il soggetto era sempre lui stesso. Non è possibile oggettivare il soggetto se non trascurandolo, perdendolo di vista, perdendo di vista che quel soggetto siamo noi stessi.
Cartesio ti direbbe: "eppure, per perdere di vista il soggetto, per essere ingannato dalla mia mente, devo almeno esistere... e se esisto pensando, sono un soggetto".
Restiamo dunque ancora dentro la sua osservazione: "cogito (perdendomi di vista e/o ingannandomi) ergo sum!"; ecco il cogito che fonda il soggetto.

Citazione di: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 00:13:35 AM
Io tutti i giorni vivo di pratica e uso linguaggi pratici, in cui parlo tranquillamente di certezze, verità e realtà. Ma lo faccio nella consapevolezza di essere nel pratico, quindi senza alcuna pretesa di assolutezze di tipo filosofico. Il problema è che poi nasce la pretesa di attribuire a qualche certezza pratica una portata metafisica, cioè pensiamo di poterle attribuire più certezza di quanto la pratica consenta.
Avrai già notato che condivido questo tuo approccio cauto e (fra relativisti possiamo dircelo ;) ) tendenzialmente refrattario all'assolutizzazione (compresa l'assolutizzazione che, svalutando la fertilità della temporalità, parla di impossibilità assolute...).

P.s.
Spero che le mie domande di (auto)riflessione sul (meta)criterio della tua proposta spirituale, ti siano state minimamente utili  :)
#1821
Tematiche Filosofiche / Re:Anima, Spirito, Mente
04 Gennaio 2018, 17:01:41 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 04 Gennaio 2018, 08:43:03 AM
Se ritieni che per parlare di qualcosa, in questo caso il soggetto, sia necessario fondarlo, poi su cosa fonderai il fondamento? Così come ritieni impossibile parlare del soggetto se non è fondato, alla stessa maniera sarebbe impossibile parlare del suo fondamento, se non fosse a sua volta fondato.

Magari mi dirai che il fondamento sarà accettato come un postulato indimostrato; ma allora perché non accettare direttamente come postulato indimostrato il soggetto stesso, piuttosto che fondarlo su qualcosa di infondato?
Dobbiamo dunque rinunciare al fondamento, a discorsi epistemologicamente fondati, ripiegando su voli liberi fra idee sfondate ed infondate? E' una possibilità, per quanto, mi pare, poco "filosofica" e molto "artistica"  :) 
Secondo me, ci ritroviamo in un caso simile al discorso sull'ora: le ore si fondano sui minuti, i minuti sui secondi, e quando ho queste tre misure posso già gestire la mia vita abbastanza agevolmente, anche tralasciando il fatto che i secondi si basano sui millesimi, i millesimi si fondano su etc. (salvo io mi ritrovi a fare lavori particolari, come l'atleta, il pilota di formula uno, etc....). L'eccessiva fame di complessità resta spesso digiuna di fronte alle esigenze pulsanti della vita pratica  ;)

Nel caso del soggetto, il regresso all'infinito è solo "sulla carta": Cartesio fonda il soggetto sulla sua consapevolezza del suo stesso pensiero individuale... e su cosa si fonda tale consapevolezza? Sulla percezione di tale pensiero (flusso di coscienza), che è un vissuto esperibile, quindi nulla di metafisico. Possiamo ritenerlo un fondamento sufficiente per parlare di soggetto? Se rispondiamo "no", dovremmo poi coerentemente scegliere fra il non parlare più di soggetto (almeno razionalmente) e il trovare un fondamento apparentemente più solido (che è comunque possibile per qualcuno, ad esempio, per via religiosa...).



Citazione di: Angelo Cannata il 04 Gennaio 2018, 08:43:03 AM
Il discorso che io porto avanti sulla spiritualità non si basa su alcuna certezza.

Per quanto riguarda il problema di compiere scelte, avevo già indicato più sopra il criterio, senza bisogno di dover fondare le scelte su certezze che creano più problemi di quanti sembrino risolverne:
Citazione di: Angelo Cannata il 02 Gennaio 2018, 12:06:30 PMIl dubbio prova inazione solo a chi non sa uscire dal pensare greco-occidentale. L'alternativa ce la dà proprio l'uomo dell'Antico Testamento: egli ci dà il pensare storico: di fronte alle situazioni non devo cercare il criterio metafisico in base a cui agire; devo piuttosto raccogliere la mia storia vissuta fino a quel momento, la storia del mondo, la storia del mio DNA, dei miei condizionamenti, ne faccio una sintesi, me ne assumo le responsabilità e mi butto nella storia a fare la mia parte. Tutt'altro che inazione.
Il criterio sarebbe dunque, correggimi se sbaglio, fare una sintesi di quell'elenco e cercare di fare la propria parte... eppure, chiediamoci, "fare la propria parte", in pratica, non significa forse compiere scelte in base a delle supposte certezze (per quanto fluide e momentanee)?
Non si sceglie forse di usare il criterio che proponi grazie ad un (meta)criterio di scelta (con cui lo scegliamo)?

Credo tu sia certo che quello che proponi sia un buon criterio; senza questa certezza, non si spiega come mai cerchi di praticarlo e consigliarlo... il criterio/metodo che hai descritto, non si basa sulla (presunta) certezza della sua stessa funzionalità, adeguatezza, eticità, o altro?

Mi pare dunque che a monte di ogni "posizione", di ogni metodo, c'è sempre una certezza a cui ci si affida, magari per poco... altrimenti faremmo le nostre scelte gettando dadi, e persino in quel caso ci ritroveremmo ad essere stati mossi dalla certezza, per quanto non assoluta, che sia una buona idea affidarsi ai dadi.

Le certezze, secondo me, per quanto deboli (ma pur sempre meno incerte delle incertezze  ;D ) sono i punti d'appoggio del nostro equilibrio mentale, punti di contatto con il mondo che la gravità del nostro esistere richiede: è possibile cambiarli in continuazione, o lasciarne alcuni solo per spostarsi su altri che sembrano migliori, oppure persino restare fermi immobili in equilibrio (certezze assolute metafisiche), ma mi pare di certo difficile poter restare con un balzo appesi in aria...  :)

P.s.
Scegliere di fare i dottori per curare gli altri, non comporta risultare immuni alle loro stesse malattie  ;)
#1822
Tematiche Filosofiche / Re:Anima, Spirito, Mente
04 Gennaio 2018, 08:28:47 AM
Citazione di: Apeiron il 04 Gennaio 2018, 00:01:53 AM
Quindi Phil, ritengo che sia giusto fare una sana analisi delle proprie convinzioni e mettere in luce quanto esse siano arbitrarie. Ma tra una convinzione che mi permette di navigare alla scoperta di nuove terre e una convinzione che invece mi "convince" (scusate il gioco di parole) a pensare che la scoperta di nuove terre è impossibile, preferisco la prima. Altri preferiscono la seconda, buon per loro. Credo che qui davvero entri nel gioco la psicologia.
Concordo, l'auto-analisi non dovrebbe, secondo me, inibire la possibilità di nuovi orizzonti, e dare per scontato che non siano possibili è, sempre secondo me, una leggerezza teoretica banalizzante...

Citazione di: Angelo Cannata il 04 Gennaio 2018, 00:23:46 AM
Dai per scontato che il soggetto debba essere fondato. Perché?
Se non lo fondiamo non ha senso parlarne seriamente in modo filosofico; il discorso su un soggetto infondato diventa poesia (che ha certamente una sua dignità artistica...). Prova a pensare alla tua posizione, quando parli del "camminare con" non hai bisogno che siano coinvolti dei soggetti? Come li fondi/identifichi?

Citazione di: Angelo Cannata il 04 Gennaio 2018, 00:23:46 AM
Inoltre, visto che ammetti che non possiamo fidarci della nostra mente:
[...]come mai subito dopo dai per scontato che sia possibile trovare una certezza meritevole di fiducia?
Perché se non ho fiducia, seppur momentanea e "debole", in un qualche criterio, non posso compiere scelte sensate... e mi ritroverei ad essere un vegetale! ;D  Come accennavo, è il nostro vivere nel mondo che ci chiede di scegliere, mentre cerchiamo di capirci qualcosa...
Se non hai momentanee certezze meritevoli di minima fiducia, come fai a "prendere posizione" (come tu stesso dicevi), ad avere una tua visione del mondo? Pensa di nuovo alla tua proposta "spirituale", non sottende forse certezze da cui parti e di cui ti fidi, almeno per ora? ;)
#1823
Tematiche Filosofiche / Re:Anima, Spirito, Mente
03 Gennaio 2018, 23:12:32 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 03 Gennaio 2018, 00:33:37 AM
Ora, tutto ciò a mio parere non regge, perché ci aveva già provato Cartesio, ma Cartesio è fallito: sappiamo che il suo "Cogito ergo sum" non rappresenta il raggiungimento di alcuna certezza.
Alla radice sta sempre l'aver trascurato il soggetto.
Da quel che so, il cogito cartesiano fonda il soggetto, non lo trascura.
Se anche io fossi una farfalla che sogna di essere un uomo, o un cervello in vasca, o il videogioco di un alieno, comunque posso essere certo di esistere come soggetto (qualunque "cosa" io sia) proprio perchè posso pensare, e farlo "in prima persona".
Altrimenti come possiamo fondare, logicamente e/o "empiricamente", il soggetto che, giustamente, inviti a non trascurare?

Per problematizzare il soggetto stesso che si pone problemi (filosofici o non), il soggetto che può camminare ;)  con altri, non mi sembra molto d'aiuto ricordarsi che, in fondo, molti degli atomi che lo costituiscono sono gli stessi che formano un cane o un gatto... ciò è probabilmente vero, ma è una nozione piuttosto fine a se stessa, o almeno io non ne colgo la fertilità filosofica. Lo stesso vale per l'impossibilità di dire esattamente l'ora: ovviamente non è possibile dire l'ora esatta pronunciando anche i millesimi, perché non abbiamo la lingua abbastanza veloce, ma se anche potessimo farlo, sarebbe un buon passo avanti? L'approssimazione non è sempre un difetto... certo, bisogna ponderare attentamente sulla fallibilità del soggetto, tuttavia, secondo me, senza alienarlo troppo dal contesto in cui si muove, che è quello dell'umanità (e su tale contesto possono essere calibrate aspettative legittime: ad esempio, quella di sentirsi dire l'ora precisa al millesimo è tanto sterile quanto sovra-umana  ;D ).

Includere il soggetto nelle proprie riflessioni significa sicuramente tenere ben presente la convenzionalità delle discriminazioni mentali, a cui allude il post profondo e onirico di Sariputra, sia riflettere sull'uso del linguaggio utilizzato nelle indagini, sia essere guardinghi e diffidenti da ciò che la nostra stessa mente ci propone d'istinto (come doverosamente ci ricordi), ma soprattutto tener presente l'opinabilità/arbitrarietà relativa dei propri criteri di scelta, a cui si riferiva Apeiron, se non l'ho frainteso (e prima di lui Godel e, abbastanza prima di loro, mutatis mutandis, Aristotele...).

La vita quotidiana esige scelte e decisioni in tempi umani (talvolta millisecondi, talvolta giorni), la società ha le sue regole (fra cui quella di ragionare basandosi sui soggetti umani, distinguendoli convenzionalmente da cani e gatti, anche se bio-chimicamente è forse solo un capriccio tassonomico), e, pur avendo fede in certezze assolute o verità con la maiuscola (ammesso e non concesso ;) ), non ci è dato di aspettare di trovarle e controllarle a dovere prima di muoverci in cammino. Sono quindi d'accordo con te quando ricordi la necessità operativa di avere una posizione:
Citazione di: Angelo Cannata il 02 Gennaio 2018, 12:06:30 PM
io sono per il prendere posizione e ho una presa di posizione, con caratteristiche che non hanno nulla di nascosto, che ho espresso e continuo ad esprimere in lungo e in largo in tanti modi
Se si risale "a monte" di tale posizione (e si indaga sulle modalità della "presa di posizione", inevitabilmente selettiva), si troverà, in cima alla catena dei "perché?", sempre "qualcosa": una certezza anapodittica, direbbe Aristotele (se non erro), in cui si ha indimostrabilmente fiducia... e se tale posizione cambierà, non cambierà certo a caso (almeno questo è quello che ho capito finora su come sembrano "funzionare" gli umani  ;D ).
#1824
Tematiche Filosofiche / Re:Anima, Spirito, Mente
01 Gennaio 2018, 23:16:47 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 01 Gennaio 2018, 17:19:20 PM
Non capisco in che modo il presente del verbo sapere possa esprimere qualcosa in divenire, in movimento.
Il possibile "movente" è la negazione: "non so" esprime l'essenza del primo passo del movimento temporale filosofico: non so, perciò posso (non "devo") diventare cercatore, quindi, se voglio, mi muovo in un sentiero di ricerca... se invece "so" oppure affermo che "è impossibile", mi precludo il movimento di ricerca (avendo già trovato il trovabile) e resto pietrificato come Medusa che si guarda allo specchio.
Dire "non sappiamo se" allude ad un potenziale movimento ancora più "pragmatico", perché c'è già almeno un'ipotesi da vagliare, quella indicata da quel "se".

Citazione di: Angelo Cannata il 01 Gennaio 2018, 22:41:51 PM
Questo spostare il problema sempre più indietro può essere compiuto all'infinito: io potrei correggere la tua affermazione e allungarla in questo modo: "non sappiamo se sappiamo oppure no se sia possibile giungere ad una conclusione".
Per come la vedo, non è sensato spostare il problema ad un ulteriore livello: "non so se ho i soldi in tasca" non può diventare "non so se so o se non so di avere i soldi in tasca" perché, se davvero non so se ho soldi, questo non-sapere è una certezza (per il momento), altrimenti (logicamente) dovrei sapere con certezza di avere, o non avere, i soldi in tasca. Il regresso logico non può quindi andare oltre la transitoria certezza di non-sapere qualcosa (fermo restando che il mio sapere può comunque essere fallace, ovvero so qualcosa che non corrisponde poi alla realtà, ma, fino a prova contraria, è per me una certezza momentanea).
Quando tale non-sapere si coniuga con la temporalità, allora può diventare ricerca del sapere con ottenimento di ulteriori certezze... temporanee (o forse no?).
#1825
Tantissima carne al fuoco (è tempo di abbuffate e cenoni, no? ;D ) come in una manifestazione di street food (d'altronde siamo anche nei tempi della street philosophy, della "popsophia" e... dei forum filosofici  ;) ).

Angelo parlava di "accusa" ed effettivamente l'accusare può avere una sua dimensione filosofica, se viene inteso come "ad-causare", individuare una causa (accusare qualcuno significa ritenerlo causa di qualcosa).
Riflettere sulle cause è da sempre filosofia, dal bambino che smonta il giocattolo per capirne il funzionamento fino all'indagine teorica sulle dinamiche dell'universo... ad esempio, pensando a quanto detto da green demetr e Garbino, quale può essere una causa della attuale coniugazione fra orizzontalità e "big data"?
Probabilmente è l'atmosfera post-natalizia e pre-capodanno, ma concedetemi di essere smaliziato: la matrice del ruolo egemonico dei "big data" è la democrazia stessa (dove contano appunto solo i grandi numeri; quantità non qualità). Il "background" della maggioranza e la geopolitica che usa le masse (risorse umane alla base della piramide globale) credo possano essere lette come conseguenza/effetto collaterale dell'attenzione (ma non "cura") rivolta dai "piani alti" al "demos", come sua miniera sconfinata di "data" fruibili (la demagogia contemporanea trova il suo fondamento epistemologico nella "datacrazia").
L'imposizione di un trend non è più (totalmente) dall'alto, richiede dissimulatamente la complicità (manipolata) dal basso: ad esempio, la pubblicità-propaganda condiziona i risultati delle sue stesse ricerche di mercato, in un circolo che "centrifuga" le esigenze-opinioni dell'acquirente-votante... ogni volta che un soggetto è traducibile in dati processabili (ovvero quasi costantemente, grazie alla rete a cui è connesso) dichiara al contempo le sue virtù e i suoi vizi, le sue tendenze e le sue repulsioni, si identifica "votando" (con i suoi cookies) per una tendenza settoriale piuttosto che per un'altra... il vecchio "share" televisivo, i nuovi "like" e "visualizzazioni", sono unità di misura democratiche: il popolo sovrano esprime la sua volontà cliccando e producendo dati analizzabili, la sua voce ha la forza della quantità, quantità che viene ascoltata attentamente soprattutto in democrazia... d'altronde, in una società popolosa (milioni di persone), se voi doveste pensare ad un sistema per prendersi cura delle opinioni, esigenze e aspirazioni di tutti (o almeno della maggioranza  ;) ), non escogitereste qualcosa di simile alla informatizzazione dei big data? Questa è l'essenza della democrazia: tutti possono esprimersi, tutti contribuiscono a fare numero (più che ad essere un numero), nessuno viene ignorato né come percentuale infinitesima del totale (i big data non sono "a campione"), né come risorsa singola da capitalizzare (la pubblicità sul web infatti non è più indiscriminata e casuale, ma personalizzata sul profilo dell'utente).
Con ciò non critico affatto la democrazia, ma mi sembra che oggi sia improbabile pensare ad una democrazia anacronistica che non strumentalizzi le possibilità di monitoraggio tecnologico: godersi i vantaggi della vita democratica significa pagare il prezzo della propria "indicizzazione" (con la moneta della privacy).

Se alludiamo invece all'orizzontalità spirituale del singolo nella società, a cui si riferisce Kobayashi, cercandone il rimedio nel pensiero antico, meno inquinato dai "problemi" della postmodernità (o meglio, che poteva affrontare tali problemi ad uno stadio più embrionale, meno diramato), credo vada considerato come la sfida della filosofia, oggi come allora, è quella di restare "ingranata" nella realtà che è chiamata ad interpretare e, per i militanti più audaci, modificare.
Secondo me, le utopie sono letteratura, non filosofia; la licenza poetica dello scrittore, che esula dal rigore logico e può non guardare al mondo reale (cavalcando desideri personali proiettati sull'intera comunità: "io vorrei tutti fossimo...") non sarebbe concessa al filosofo in quanto tale. Il che non comporta snobbare il passato come un "farmaco scaduto", ma implica che ciò che hanno detto i vecchi saggi, ha solo bisogno di essere contestualizzato nella cornice (post)moderna: le domande, i temi e i problemi sono i medesimi; sono solo cambiati gli stili di vita e i meccanismi sociali, ma le riflessioni di Seneca o di Sun Tzu calzano ancora a pennello (e sono anzi arricchite da altri approcci; psicologia, neuroscienze, etc.). C'è un pluralismo di chiavi di lettura possibili che forse delude chi si aspettava di trovare la "risposta giusta definitiva"; tuttavia, tale aspirazione era inappuntabile 2000 o 1000 anni fa: direi di non mandare al macero, in nome di un arcaico monismo semplificativo, tutte le riflessioni che si sono avvicendate in questi 2000 anni di storia del pensiero e che, si badi bene, sono state l'humus sedimentato che ha generato il biasimato panorama contemporaneo ("non a caso", aggiungerei...).
Se invece ci poniamo il problema della conoscenza delle verità ultime, anche in questo campo, abbiamo un buon catalogo da cui attingere spunti e risposte, magari creando un punto di vista "personalizzato": il "fai-da-te spirituale" è l'ultima moda del "bricolage teoretico", e in quanto moda non può che risultare orizzontale e democratica.
Chiaramente, trattandosi di verità ultime (solitamente post-mortem), per sapere se abbiamo "indovinato" bisogna attendere di essere "mietuti"  ;D


Citazione di: green demetr il 26 Dicembre 2017, 15:53:02 PM
Troppo comodo parlare di fine della filosofia, di fine della storia, e dimenticare ciò che siamo potenzialmente in grado di fare. Ossia essere intellettuali.
La storia della "morte della filosofia" è forse l'unico racconto epico che resta da raccontarci (non c'è epoca senza epos), e come ogni narrazione che si rispetti (stando alle "funzioni di Propp") devono esserci "il cattivo" (il nichilismo? la tecnologia? entrambi?), numerosi e avvincenti duelli (analitici vs continentali, metafisici vs postmoderni, etc.), la meta da conquistare (la verità-come-giustizia), aiutanti ed antagonisti (intellettuali vari), etc. eppure al di là, o meglio, al di qua di questa narrazione autobiografica della nostra epoca (che come ogni epoca si crede cruciale e fondamentale per il destino dell'uomo) cosa c'è?
"nella taverna
la disputa scoppia di nuovo
luna velata
"
(Masaoka Shiki 1867-1902)
#1826
Tematiche Filosofiche / Re:Un motivo per vivere
29 Dicembre 2017, 22:38:28 PM
Risponderei con alcune (meta)domande, per definire l'orizzonte di senso in cui la domanda principale si pone: per vivere deve esserci almeno un motivo? Questo motivo deve essere uguale per tutti? La ricerca di tale motivo può essere un motivo valido? Conosci già dei motivi per cui non dovresti vivere? In che modo il "dovere" può inficiare il "vivere" ponendo all'individuo la questione del suo "dover vivere"?
Rispondendo accuratamente a queste domande, secondo me, si è già (almeno) a metà strada...
#1827
Citazione di: Il_Dubbio il 10 Dicembre 2017, 11:00:49 AM
Per cui se piove allora il pensiero automaticamente mi fa tornare in mente l'ombrello da aprire. Tutto diventa automatico, determinato e senza alcuna libertà di scelta. Ma se torniamo all'origine del problema, gia lo stesso pensiero deve essere insito nella sua causa. E se ci pensi un attimo (utilizzando appunto il tuo pensiero) che motivo ci sarebbe di avere un pensiero se bastarebbe l'automatismo?
Il determinismo (che è un'ipotesi interpretativa, non una certezza) sostiene proprio che il pensiero è automatismo... seppur inconsapevole (perché ho pensato proprio questo? è un caso? Parafrasando qualcuno che conoscerai: il mio cervello gioca a dadi? ;) ).
Dare un "motivo" ai fatti e alla realtà in generale, non credo dovrebbe farci concludere che il motivo sia ontologicamente radicato nei fatti e nella realtà; è la nostra visione antropocentrica a proiettarlo nel mondo (proprio come accade con il "senso": è una nostra esigenza rintracciarlo, ma ontologicamente... non ha senso ;D ).

Citazione di: Il_Dubbio il 10 Dicembre 2017, 11:00:49 AM
Perchè avere invece il pensiero dell'infinito?
Tu dici che è un pensiero finito. Mi sa che sbagli. In modo automatico e deterministico sarebbe un pensiero finito (utilizzando comunque il pensiero che in se non avrebbe ragione di esistere) mentre noi lo chiamiamo infinito...per quale motivo lo chiamiamo in modo differente? Quale tipo di meccanismo potrebbe innescare un pensiero in generale e poi anche uno che ci fa immaginare l'infinito?
Immaginiamo l'infinito o solo il concetto di infinito? Per immaginare l'infinito serve un tempo infinito; per immaginare il concetto di infinito basta un simbolo finito... dopo aver concettualmente pensato la negazione logica di finito.
Come facciamo ad immaginare ciò che non esiste? Capacità d'astrazione e rielaborazione di idee e immagini: altrimenti come faccio ad immaginarmi alto come un grattacielo che prendo a calci nel sedere un tirannosauro? ;D

Citazione di: Il_Dubbio il 10 Dicembre 2017, 11:00:49 AM
Non ci sono ragioni che il pensiero sia utile, visto che comunque esso è solo un mezzo per far scatenare una nostra azione. [...] Per cui il pensiero è inutile.
Secondo me, l'utilitarismo è un'altra concettualizzazione umana proiettata sulla realtà: utile per chi/cosa? In fondo, cosa è davvero utile in (o per la) natura? Se l'utile è una opinabile categoria umana, ovvero soggettiva, non oggettiva, allora è "fuori tema" se ci poniamo questioni epistemologiche o gnoseologiche che vogliano andare oltre al "prospettivismo antropologico" (per indagare "ciò che è", non "come ci sembra").

Citazione di: Il_Dubbio il 10 Dicembre 2017, 11:00:49 AM
Poi deve esistere una ragione razionale che descriva il pensiero come un effetto di una causa materiale. Invece arriviamo alla conclusione che è inutile e non razionalmente descrivibile.
Appurato che possono esistere anche "cose" che noi valutiamo (non che "sono") inutili agli occhi di qualcuno, distinguerei il "razionalmente descrivibile" dal "razionalmente descritto;)  D'altronde, se non erro, il progresso della scienza consiste proprio nel passare dall'uno all'altro...

Citazione di: Il_Dubbio il 10 Dicembre 2017, 11:00:49 AM
L'infinito a cosa serve? Chiedilo ai matematici. A cosa vi serve il concetto di infinito?
Scommetto che serve a (im)porre una fine all'omonimo "regresso ad infinitum" (Zenone docet!) postulando una "fine" definita concettualmente ma infinita estensivamente.
Come lo abbiamo pensato? Negando concettualmente il finito. E il fatto che non riusciamo a pensarlo quantitativamente ci rincuora che sia davvero infinito  :)

Citazione di: Il_Dubbio il 10 Dicembre 2017, 11:00:49 AM
Noi senza la possibilità di astrarre concetti impalpabili, non saremmo quello che siamo. Solo che un concetto impalpabile sarebbe casuato da un ingrediente palpabilissimo come un neurone o una sinapsi ecc. Come è possibile tutto ciò?
Le allucinazioni, i ricordi, i sogni, il concetto di negazione, sono tutti decisamente impalpabili... ma davvero non sono causati da qualcosa di palpabile? Senza cervelli (vivi), tali entità impalpabili esisterebbero lo stesso? Chissà...

P.s.
Per me, è più probabile che siamo tutti cervelli in vasca, piuttosto che esistano fantasmi, anime e altre entità immateriali che ci "possiedono" pilotandoci ;D
#1828
Citazione di: Il_Dubbio il 09 Dicembre 2017, 18:07:47 PM
Ammettiamo che il concetto di malattia sia un imput, quindi P (imput) deve dare necessariamente M (malattia).
Io non credo a questa forma di uguaglianza. Non credo si possa trasformare un tipo di informazione deterministica fino a quel punto.
Il determinismo, o il semplice rapporto causa/effetto, pongono necessità potenziali, ma non fattuali: se piove mentre cammino in strada dovrei bagnarmi; se apro l'ombrello, la sua interferenza con la pioggia non sconfessa il determinismo potenziale che lega il piovere al bagnarsi... semplicemente c'è un determinismo contrastante (se proprio vogliamo declinare il determinismo al plurale, scomponendolo) che è quello dell'aprire l'ombrello, che modifica l'attuarsi della catena deterministica (parziale) del piovere, almeno in quel metro quadro in cui mi riparo.

Come mai ho deciso di aprire l'ombrello? C'è un perché... e perché ho preso l'ombrello prima di uscire? C'è un perché... e così via...  ripeto: secondo me, la ragione umana stenta a pensare fuori dalla catena causale.
Credo infatti che la domanda:
Citazione di: Il_Dubbio il 09 Dicembre 2017, 18:07:47 PM
Prendiamo il concetto di infinito. E' possibile immaginare qualcosa a cui può essere aggiunto qualcos'altro e poi ancora qualcosa ecc. Ma come è possibile che ci sia un qualcosa di definito e determinato che ti faccia immaginare una successione infinita?
non tenga presente che noi non pensiamo davvero a una successione infinita (poiché occorrerebbe un tempo infinito per pensarla come tale  ;) ), semmai pensiamo al concetto di infinito, ma senza identificarlo estensivamente o "visivamente". Per cui si tratta comunque di un concetto (de)finito, per quanto vago e aleatorio.
I puntini alla fine di una semiretta sono un segno finito che simboleggia convenzionalmente l'infinito, ma non è l'infinito (la cui esistenza è, non a caso, un'esigenza concettuale più che pratica).
Quando pensi all'infinito (o ad una successione infinita) a cosa pensi? Al simbolo di infinito? A un punto di fuga prospettico minuscolo? Qualunque cosa sia, non sarà mai infinito (né l'infinito in quanto tale), ma solo una sua immagine finita (altrimenti non potresti pensarla): un ente finito non può fare esperienza (nemmeno mentale) dell'infinito, può solo concettualizzarlo con un concetto finito.

Citazione di: Il_Dubbio il 09 Dicembre 2017, 18:07:47 PM
Ma tra gli stimoli noti e la compiutezza (l'effetto) ricavato (malattia, infinito ecc.)  c'è un'abisso.
Più che un abisso, ci sono sicuramente molteplici fattori, anche contrastanti (come l'ombrello) che interagiscono fra loro; tuttavia, la nostra incapacità di considerarli tutti in tempo reale, non inficia teoreticamente la categoria gnoseologica di causa/effetto: in fondo, puoi pensare razionalmente qualcosa che non sia causato da altro? Io non ce la faccio  :)
#1829
Citazione di: acquario69 il 08 Dicembre 2017, 04:09:28 AM
Non rovesciamo e confondiamo le cose come al solito, innanzitutto la Sapienza antica con la massa non centra proprio un bel niente

L'uomo massa (o la massa) ha avuto le sue prime comparizioni dopo la rivoluzione francese, trasformandosi definitivamente in società di massa tra la fine e l'inizio del novecento.
Prima di questi eventi non esisteva nemmeno e se proprio si volesse fare una comparazione (forzata) al suo posto cera il popolo

..ed il comportamento della massa e' lontano anni luce da cio che fu quella del popolo.
Il popolo nella sua "ignoranza" aveva in realtà una profonda cultura che la massa non se la sogna nemmeno..perche di cultura con la c maiuscola non sa manco più cosa significa.
Ovviamente per "massa", intendevo la "maggioranza", il "popolo" in tutte le sue differenti connotazioni storiche.
Quando il popolo ha avuto una "profonda cultura"? Potresti fare esempi?
Se non erro, il popolo ha sempre avuto la sua cultura, intesa come tradizioni e "forma mentis" condivisa, talvolta diametralmente opposta a quella della minoranza di "uomini di cultura" (sapienti antichi, eruditi religiosi, vezzosi aristocratici, ricercatori e scienziati, etc.). La figura dell'"uomo medio del popolo" quando mai è coincisa con quella di chi ha profondità spirituale, conoscenza e saggezza? In un'epoca del genere non ci sarebbero stati saggi e sapienti ed emergere facilmente da una massa-ops!-popolo così spiritualmente elevato  ;)
Perché dunque stupirsi per il fatto che, ancora oggi, la maggioranza quantitativa non si comporti da "maggioranza qualitativa"?
C'est la vie! ;D


Citazione di: Angelo Cannata il 08 Dicembre 2017, 08:29:27 AM
La questione non riguarda un semplice tornare al passato, ma un interrogarci sulle capacità della filosofia di essere non solo riflessione, ma anche esperienza di vita interiore e di contatto con l'io.
Tale capacità, secondo me, va calata e commisurata al contesto attuale, alle tematiche e alle peculiarità dell'odierno vivere (piacciano o meno), altrimenti non è una capacità effettivamente praticabile (fermo restando che anche l'eremitismo e l'alienazione sono possibilità offerte del panorama attuale).
#1830
Citazione di: Il_Dubbio il 08 Dicembre 2017, 10:47:43 AM
Anche voler presumere che l'attivazione di una intenzione sia dovuta ad una fase di causazione deterministica, una volta attivata l'intenzione il processo deterministico si interrompe. Si interrompe perche aumentano i gradi di libertà imposti dal processo sottostante.
Attivare un'intenzione deterministicamente causata e deterministicamente causante (le conseguenze di tale attivazione), non credo interrompa il determinismo... sempre se ammettiamo che il determinismo possa comprendere anche l'interiorità dell'uomo (inconscio, sinapsi, etc.) e non limitarsi solo l'esteriorità degli oggetti inanimati e del mondo esterno.
Il "morto" viene fuori se rileviamo oggettivamente della libertà (e allora iniziano le indagini); se invece la presupponiamo, allora dobbiamo coerentemente tracciarle un'area estranea al rapporto causa/effetto (e mi sembra difficile pensare, magari per limite mio, a qualcosa che non sia ritenuto causato da altro).

Citazione di: Il_Dubbio il 08 Dicembre 2017, 10:47:43 AM
Quindi avere intenzione di guarire non è un processo deterrministico, perche avere intenzione di guarire vuol dire prendere coscienza di un processo anche fino al suo compimento ed intervenire prima che esso sia compiuto. E questa tu non la chiami una forma di libertà?
Come accennavo, il determinismo non è pensabile solo come esterno all'uomo: l'inconscio, la volontà, etc. potrebbero essere deterministicamente causate (anche se non è facile individuare esattamente da cosa, essendo molti, e dinamici, i fattori coinvolti), così come le decisioni che a loro volta causano.
Se decido di curarmi, è una scelta libera dalla mia volontà, dalle mie credenze, della mia fiducia nella scienza, dalla mia voglia di restare vivo, etc.? Se è libera, libera da quale determinismo pertinente?

P.s.
Non voglio "fuorviarti" dalla spiegazione della tua prospettiva; se poni domande interessanti sulla mia, mi viene spontaneo ragionarci e rispondere (pur prendendo atto che abbiamo presupposti differenti  :)  ).