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Messaggi - green demetr

#1831
Tematiche Filosofiche / Re:Il ruolo della filosofia
09 Marzo 2020, 16:16:22 PM
La filosofia è sempre stata una ricerca del senso dell'esistere. E ha sempre dovuto combattere con i suoi esiti manipolati ed esulati dal contesto di quella ricerca.
Questo irrigidimento delle conoscenze, ha portato nei secoli all'approdo della scienza moderna, laddove con Newton si separa definitivamente dalla saggezza.
Una volta isolata, e dunque senza senso, è stato facile per le politiche ideologiche servirsene in chiave militare dal nazismo all'occupazione dell'Europa di questi giorni è sembrato un sogno, le menti si sono scisse, e si sono auto-proiettate in un mondo auto-implodentesi. Il che rinvierebbe alla gnosi, ma appunto, ormai siamo al punto di non ritorno.
#1832
Citazione di: anthonyi il 06 Marzo 2020, 06:07:34 AM
Citazione di: green demetr il 06 Marzo 2020, 01:10:57 AM
cit ipazia




Si limitassero a capire le disfunzoni cerebrali e lasciassero la fede a chi la pratica e ne è investito.


Scusa, green demetr, ma io questa posizione antiscientifica non l'ho proprio capita. La fede è argomento del quale dibattono tutti e proprio loro non dovrebbero parlarne. Lo sai che nel nostro cervello hanno scoperto una parte "riservata alla spiritualità", cioè una parte che è molto attiva proprio in coincidenza con le esperienze religiose/spirituali, e questa parte non ha nulla a che vedere con la parte riservata alla gestione della paura.

antony ragiona, questa gente ha bisogna di ficcarti gli elettrodi in ogni dove per stabilire le loro sciocchezze, e secondo te uno riesce a vivere una esperienza spirituale in tali condizione da criceto?

E' tutto un abbaglio. Utile per alcune disfunzioni cerebrali, e poi stop.

Tra l'altro idem con la paura, ma che fanno? spaventano la gente apposta per testare le loro idee? MAH (....)
#1833
Citazione di: Ipazia il 06 Marzo 2020, 09:53:58 AM
Citazione di: green demetr il 06 Marzo 2020, 01:04:45 AM

E' evidente che lo spazio-tempo della fisica meccanica NON è lo spazio tempo della fisica quantistica.

Hai pienamente ragione ma essi fingono che non sia. Esattamente come ogni religione finge non sia un altra religione.

Come non è la percezione (psicologica) del tempo antropologico o l'orologio biologico. La scienza queste cose le sa e non fa "finta di nulla".

Concordo con anthonyi che anche le discipline neuro-psico-scientifiche debbono poter dire la loro sull'Anima, anche per lasciare spazio alla filosofia di occuparsi della parte di Anima che le compete: quella oltre il limite della scienza e delle sue metodologie :P

P.S. Sono qui per caso, attaccata all'amo di iano che probabilmente è del tutto OT, ma evidentemente da qualche parte doveva pescare. Ho detto la mia sulla "fenomenologia della fede" e passo la mano.


Bè almeno ci lasciano una parte dell'anima, tanto dobbiamo obbedire lo stesso.


Comunque scherzo, torna presto nella sezione spirituale!
#1834
Ciao Dubbioso.


Vedi Dubbioso c'è una cesura tra il profetismo gesuista e quello ebraico.


La tua domanda va dritta al punto della questione del dissidio intellettuale tra le due religioni.


Ossia della possibilità stessa di un nuovo patto.


Il patto dell'antico testamente è una promessa di redenzione dell'umanità tramite il popolo ebraico.


Il Dio sembra terribile solo perchè è proprio quel popolo che deve superare  i più terribile errori umani.


La saggezza dell'ebrasimo, un mondo che ho scoperto da poco, è così ampia e profonda, che mi fa vergognare di quella cattolica.


Ma torniamo alla cattolica, il nuovo patto sancito dalla PERSONA incarnante il VERBO, testimonia di una redenzione possibile a tutti, e non soltanto al popolo ebraico.


Detto questo non sono d'accordo con Sariputra, infatti l'apocalittica cristiana esiste, eccome se esiste!!!


Dunque il messianesimo cristico è come oscillante tra un passato in cui la redenzione è già avvenuta, ed un futuro dove la redenzione è ancora da venire.


D'altronde non ci sarebbe stata alcuna gnosi sennò e non dovremmo affrontare quello che stiamo affrontando in questa epoca maledetta.









#1835
Ciao Paul,


lascerei perdere l'etichettazione di Nietzche, a me interessa il suo contributo.
Certo Heidegger ritiene Nietzche un metafisico perchè ritiene che la sua volontà di potenza sia una volontà di potenza di qualcosa (in questo senso è un metafisico), e non dell'essere in sè. Come giustamente ha fatto notare Volpi, Heidegger usa la filosofia altrui solo per far emergere quello che interessa a lui per distinzione. Ma Nietzche è un anti-metafisico, nel suo orizzonte non esiste alcun Dio.


Ricordiamoci che Heidegger fu il primo che lavorò alla risistemazione della volontà di potenza, assemblato malamente dalla sorella. Oggi di quel lavoro restano i frammenti postumi, che devo ancora affrontare, essendo l'ultima spiaggia nicciana.


Ma questo en passant.


Il punto vero e torniamo a noi, sono le domande che mi poni, sulla fattibilità di creare una filosofia che non cada (e per te inevitabilmente cade in una certo qual modo) nel solipsismo.


Capisco la tua perplessità, ma a mio modo di vedere questa perplessità è dovuta alla schisi del soggetto.
Tu pensi che la filosofia sia di un soggetto, ma la verità è che è il soggetto stesso che si fa carico di una filosofia che lo attraversa animicamente.
Certo che ognuno ha la sua filosofia, ma è la struttura che ci accomuna, ossia la relazione col fantasma, con la narrazione tout court di quel soggetto.


Mi pare che tu creda in una sorta di soggetto universale, abitato da una morale trascendente, e che proprio quella trascendenza sia la sua morale.


Partire da questa premessa è pericolosamente simile che partire dalla metafisica classica.


Non è tanto che la metafisica classica sia inutile, tutt'altro, e fai bene a rileggere Platone, lo stesso Heidegger lo rilegge.
Ma si tratta di non cadere vittima delle morali che invece che essere in armonia con lo spirito sono mimesi della volontà di dominio sull'altro.


Come si fa a distinguere cosa è natura e cosa no? Cosa circoscrive il tabuico? se non che il totemico stesso.
E il totemico è l'universale.
Presunto universale, in me queste presunzioni non combaciano nella maniera più assoluta. E anzi ci vedo lo stesso problema della teologia politica (vedi agamben sulla scorta di Schmitt).


Non so se sei in grado di illustrarmi una metafisica che non parta da un giuridico, e ogni giuridico è già di per sè l'inizio del dominio dell'uno sull'altro. (ancora Agamben)

#1836
cit Paul


" Mi avvento a dire che è l'accettazione stessa della condizione tragica umana il fine di Nietzsche, ma dentro la dignità e volontà di poter cambiare interiormente e non dipendere da
illusioni di al di là, con le proprie forze, consapevole delle possibilità e della propria tragedia: la salvezza è in se stesso."


Nessuna avventatezza Paul, hai colto esattamente il punto di fuoco della ricerca nicciana.

Per quanto riguarda la tua, la mia filosofia, ossia le filosofie metafisiche.

Io non penso siano morte. Certo Nietzche è un precursore di molta analisi, ma di fondo è un anti-metafisico.

Siamo agli antipodi nella costruzione del logos.

la costruzione del logos che cerchi, che cerco, deve anzitutto fare i conti con le ideologie. Per questo ritengo Nietzche inaggirabile.
E' l'unico che abbia fatto questo lavoro con nuova consapevolezza rispetto alla tradizione da cui parte (ossia i moralisti francesi, montaigne e company).

E' solo quando si supera l'ideologia che si può pensare ad una nuova metafisica.
Che non sia nociva come le precedenti.

La metafisica non può essere super-egoica.

E' questa l'unica cosa su cui chiedo di far attenzione.

E su cui vorrei far attenzione.

Quale è la differenza tra noi (io e heidegger e vorrei aggiunger te) e gli altri?

E' semplice, che mentre Nietzche guarda il fantasma e lo sorpassa. O meglio tenta di sorpassarlo e fallisce rimanendogli attorno.
Così il filosofo (metafisico) vuole il fantasma e lo vuole attraversare per intero.

Certo che è una filosofia possibile, certo che è un iter possibile.

Ma è molto pericolosa perchè il fantasma oscilla sempre tra la sua narrazione, e quello che la narrazione punta. Il fantasma diventa da puro a fantasma di qualcosa.

Fantamsa paranoico, fantasma schizofrenico, fantasma xxx etc...

La fìlosofia antica evita la schizofrenia del moderno, ma non riesce ancora ad evitare la filosofia del paranoico.
Di modo che ha sempre la forma di circolo, di un eterno ritorno.

Su questo ha ragione cacciari, l'eterno ritorno è il discorso della scimmia, giammai di Nietzche.

Ma il fantasma (il fantasma di x) va affrontato, NOI DOBBIAMO DISSOLVERLO.

Buon lavoro a entrambi.
#1837
Allora paul vedo che nel frattempo che scrivevo hai aggiunto una risposta, ti rispondo subito dopo dunque.


per ora:




Buonasera Paul, ecco infine l'ultimo commento al post di risposta #192.






cit Paul

"L'impossibilità della risposta "chi sono io?" è l'impossibilità tutta moderna di pensare che la natura, la matericità siano e diano le risposte riponendo nella tecnica la salvezza. L'esistenza si esplica anch'essa come apparenza, si nasce si muore, come la materia come i cicli della natura, Ma noi non rientriamo nei cicli perpetui della natura ,se non magari con altre spoglie mortali, divenendo altro da-sè. E per me questa è una grossa aporia logico metafisica.


Alcuni filosofi necessariamente se non vogliono parlare della semiologia delle mode, dei gossip, , ma vogliono fare filosofia, ritornano indietro ripensando alla metafisica antica,semmai cercando di capire e migliorare. La filosofia naturale materica ha fatto il suo tempo,visto che sussiste da almeno quattro secoli a questa parte, e non ha dato nemmeno risposte alle pratiche, anzi ha creato caos e confusione, ha creato vuoti colmati apparentemente dalle scienze moderne."




Certo l'impossibilità di cui parlavo era relativa proprio al soggetto in sè. Ma è facilmente traslabile al soggetto che si fà soggetto come se fosse un soggetto della tecnica.
L'idea della prassi che determina il soggetto, è insieme vero, e non vero. E' vero in quanto il soggetto come ben spiega marx (sulle orme dell'idealismo) è il risultasto della sovrastruttura, è un soggetto cioè passivo.
Ma al contempo è falso, in quanto il soggetto si pone si immagina come in sè. Come se il giovane me sia il vecchio me. Come se il me di ieri, è uguale a quello di oggi.
E' già in sè un fantasma, una fantasia, ma quello che pone in evidenza questa fantasma è che esista un punto di vista che lo possa permettere. Dunque c'è un centro di gravità, che io chiamo anima. Nessuna aporia perciò.


Ora questo centro di gravità credo sia quello che la metafisica classica cerchi fino a Cartesio. Laddove ciò che è unico diviene duale. Laddove il logos si spezza.
Certo anche Kant, ragionando sugli effetti più che le motivazioni del nostro, si finisce nella filosofia della mente, che così tanti consensi riceve oggi.
E appunto con Cartesio e Kant che si apre la modernità.


Capisco benissimo le tue preferenze.


La successiva critica tua alla fenomenologia in quanto figlia diretta della modernità, la intendo.
Ma io fenomenologia la intendo calata nel processo di storicizzazione dell'essere. Come Heidegger ha prospettato.
O almeno la manualistica di Heidegger.
Quindi la tua critica non mi infastidisce.
Una fenomenologia che si voglia credere chiave di volta del superamente del moderno, nemmeno mi interessa.


Ma sì anche io apprezzavo l'idea di Ceravolo, ma poi bisogna vedere nei fatti, nei discorsi come questa venga coniugata.
#1838
Citazione di: Ipazia il 06 Marzo 2020, 09:16:47 AM
@green

Ringrazio per la completa e articolata replica, su cui devo prendermi il tempo per cucinare la tanta carne al fuoco senza bruciarla.
A volo d'uccello trovo la risposta più sintetica negli aforismi finali del Tractatus di Wittgenstein sulle risposte della scienza e il mistico.

Concordo pienamente, via Marx, sulla centralità della prassi. Più difficile il suo collegamento al mistico, che resta, per quanto ineludibile, percorso individuale. Forse di anime elette: come l'unio mystica tra Ulrich ed Agathe in Musil. Appena i numeri crescono si passa alla setta e la pratica ferina finisce con l'irrompere con tutta la sua forza demoniaca; costringendo a correre ai ripari nel fenomenologico, dentro i limiti, ripassando per l'ennesima volta i fondamentali.

Sull'Anima: partendo dalla riflessione fondativa di LW credo anch'io che, invertendo i termini hegeliani della questione, la filosofia debba farsi fenomenologia dello spirito. Partendo dalla materia, non dallo spirito che ne è emanazione, come evoluzione insegna. Dalla terra, come esorta il misticismo nicciano. Da lì nasce l'infinito leopardiano che non atterrisce, ma dolcemente naufraga.


Esatto. Penso che ragionando così ci si avvicini molto nelle nostre rispettive posizioni.


ps
Non ho ben capito non avendolo letto i riferimenti all'uomo senza qualità, e non ho capito la storia dell'animalità all'interno della fenomenologia. Ma ok en passant.
#1839
cit ipazia


"Vi ha abboccato uno che non è nessuno, Cartesio (Descartes), e il suo paradigma metafisico (dualistico) a mio parere regge ancora. Abbastanza bene anche sul piano fisico, malgrado la "robottizzazione" neuroscientifica paventata da Green. "

Ipazia che ci fai qui  :P  Non ho capito cosa intendi, nè riferito a Iano nè riferito al me sottoscritto in persona.  ;)

Cosa c'entra la fede con le due res? e certo che le neuroscienze robotizzano il mondo!e tra l'altro...cioè se tutto è dentro il cingolato, mi spiegassero loro cosa c'è nella nostra mente invece di spiegare le narrazioni altrui....dovrebbero sapere prima loro tutto no?
E invece....ma daiiiiii! :P ::)

Sono dei miserabili. Punto e a capo.

Si limitassero a capire le disfunzoni cerebrali e lasciassero la fede a chi la pratica e ne è investito.

Tra l'altro io non ho fede, nel caso te lo stessi chiedendo.

Mi sono sempre domandato del DIO.
#1840
Citazione di: iano il 04 Marzo 2020, 22:39:42 PM
Citazione di: Jacopus il 04 Marzo 2020, 17:21:31 PM
In primo luogo affermo ciò che ha già detto Iano. Cercare prove razionali alla fede è un lodevole esercizio ma non è il presupposto della fede.

Invece  rispetto a questa affermazione,
CitazionePerché puoi portare tutte le prove che vuoi ad una teoria scientifica, ma alla fine la abbracci solo per fede , perché non è scritto da nessuna parte quante e quali prove siano sufficienti. Là capacità di credere quindi agisce ad ampio spettro.
Qui bisogna distinguere. La scienza non ha alcun dogma. Anzi il vero scienziato promuove il superamento della sua teoria se la nuova è più vicina alla realtà  o permette di incidere con più efficacia sulla realtà.
Questo equiparare fede e scienza è nocivo soprattutto alla scienza. È un metodo che tende ad equiparare tutto allo stesso livello, come i mafiosi che si difendono dicendo " ma i politici rubano come noi".
La religione invece si fonda sulla tradizione, su una rivelazione non modificabile o modificabile secondo metodi gerarchici e culturali ma privi di ogni velleità di trovare una verità oggettiva e sperimentale. Nella scienza esiste invece un livello minimo di accettabilità che permette di non cercare l'accuratezza delle prove "ad infinitum", ovvero la ripetibilità dell'esperimento che dimostra la teoria, la sua misurabilità e l'accettazione della teoria da parte della comunità scientifica di riferimento.
Anche le teorie astrofisiche meno misurabili partono da presupposti scientifici e vengono valutate correttamente  come ipotesi e non come articoli di fede.


Tutto ciò lo dico per distinguere e con il massimo rispetto per chi crede.
In effetti concordo con te.
Non è che io voglia mischiare capre e cavoli.
In effetti non sono riuscito ad esprimere il mio pensiero.
Ho lanciato spesso l'amo della capacità di credere come fondamento dell'essere uomo , ma nessuno di voi ha mai abboccato , e da solo non riesco a sviluppare l'idea.
L'atto di pura fede sarebbe qualcosa di misterioso , se esistesse.
Ma in effetti non credo esista la pura fede come non esiste la pura scienza , ma solo uomini che tendono verso l'una o l'altra.
Ma siamo d"accordo sul fatto che la pura fede non deve essere spiegata , e quindi non può essere contraddetta da prove contrarie.
Ma anche ogni teoria scientifica si sviluppa a partire da ipotesi che non vanno spiegate.
Succedono però cose strane.
Quando le moderne teorie rigettano ad esempio l'ipotesi dello spazio e tempo assoluto di Newton , sembra che vogliano dire , senza dirlo direttamente , che le loro ipotesi alternative sono invece da abbracciare.
Ma ciò che a me pare fondamentale , tanto fondamentale che sembra sfuggire , e' proprio questa capacità di abbracciare , o di credere.




Ciao Iano scusa se non ho mai notato questo continuo lanciare l'esca sulla tematica della fede.


Ecco mi piacerebbe saper cosa pensi della mia idea.


Per me la fede è indissolubilmente legata alla paura.


La paura che prova il fedele di fronte alla dannazione è la stessa che prova lo scienziato di fronte all'ingnoto.


Tanto che entrambi pretendono che le loro teorie siano corrette.


E' evidente che lo spazio-tempo della fisica meccanica NON è lo spazio tempo della fisica quantistica.


Hai pienamente ragione ma essi fingono che non sia. Esattamente come ogni religione finge non sia un altra religione.


La fondazione dell'essere uomo sulla fede, interessante. Però dipendo da cosa ci mettiamo insieme al concetto di fede.


Ripeto per me la paura. Non so cosa tu possa suggerire d'altro. Vediamo cosa ne esce fuori.


#1841

ciao paul ti devo ancora la risposta riguardante il soggetto del tuo intervento luminoso di qualche giorno fà. A questo punto slitta a domani, anche se mentre scrivo è già diventato domani.  ;)

CIT PAUL

"ciao Green,
poniti questa riflessione: perché la prima opera di Nietzsche è sulla tragedia greca?
Perchè la cultura greca ha strutture storiche, pensieri, uniche. La musica, i riti, la nascita
delle arti con le Muse, sono un insieme di consapevolezza tragica della vita umana e nello stesso tempo di esorcismo della morte rappresentandola. Sublimano la morte con la tragedia, con suoni, voci, maschere, cori, la esorcizzano con i suoni della vita. Nietzsche desidera che la cultura tedesca allora decadente prenda esempio dai greci, così come il suo amore per la musica lo fa contattare  Wagner e il primo Schopenhauer, quello pessimista lo ispira. Sceglie una strada intuitiva per descrivere ,fra arte e filosofia. Tant'è che più anziano  riflettendo sulle sue opere giovanili , avrebbe voluto che avesse scritto la tragedia greca non in prosa, ma in aforismi."


Si d'accordo l'arte. L'arte è stata una grande consolatrice della mia adolescenza e anche una forza creatrice durante la mia giovinezza.

E poi? e poi fai un passo fuori dall'uscio di porta e precipiti nella volgarità.

Sinceramente ha retto bene per un quindicennio, ma di più non può (e infatti non lo fa) durare.

Si d'accordo anche sulla mimesi dell'arte sulla vita.
Ma la vita non è una mimesi.
E' esattamente fuori dalla mimesi che voglio vivere. Non a caso Platone i poeti li butta fuori dalla città. (naturalmente platone è un fascista, naturalmente non butti fuori nessuno, ma nella sua mente contorta e super-egoica, ragionava proprio della necessit
à di fare vivere ai cittadini la realtà....come se questo fosse possibile....certo i greci c'avevano tipo 1 ricco e 100 schiavi e allora OKKKKK.

ma per me io e i greci, ciaone.

non voglio schiavi, voglio persone con cui relazionarmi.
persone con cui vivere.
Certo ormai sarà per la prossima vita... ma OK spero che la volgarità con cui ho scritto, testimoni proprio quanto la mia ignoranza è radicata in me e perchè (sopratutto spero).

Ripeto mi sento molto molto lontano dai greci.

Parliamo pure se me li spiegate i loro termini.

Per esempio il concetto di aretè di cui parlate tu e ipazia, mi interessa. E' ok.
Ripeto ho bisogno che mi facciate da mediatori.

Grazie dello sforzo. (poi so che stai studiando platone, bene, bene, magari mi aiuti a capire qualcosina in più che vedi rispetto alla manualistica. O ai conferenzieri che dicono che platone ha già detto tutto...ma poi non dicono MAI cosa effettivamente ha detto).

Per esempio l'apologia di socrate è illuminante, il gorgia lo ho amato alla follia. (appunto gorgia ho amato, e ho odiato socrate e tutte le sue capziose verità)
Il simposio è illeggibile nella sua demenza. (letture del liceo sia chiaro).

Recentemente avevo iniziato il fedro, mi stava convincendo, ma in una tradizione di un professore di liceo....quelle della sansoni etcc...non si capiva NIENTE.

Vabbè!!! mi dirai tu in futuro. Sopratutto il teeteto quando ci arriverai. il fedro appunto e il gorgia....sono curioso di avere le tue opinioni.


cit paul
Heidegger dirà che solo l'arte avrebbe potuto descrivere ciò che parole non riescono a denotare, a esaurire concettualmente. Nietzsche, piaccia o non piaccia, è quasi un mistico, con vene poetiche e perspicace dell'intimità umana. E l'intimo umano, l'anima, la psiche, non è descrivibile con la logica, questo Heidegger avrebbe dovuto saperlo.
Un umano che si cerca, e cerca la via dell'essere e vuole socializzare il suo pensiero non può usare la logica, o la logica da sola. I Vangeli si esprimono in parabole, non in logiche. La qualità del linguaggio metaforico ed allegorico è il richiamo visuale all'immaggine perché la psiche, l'animo umano lavora su simboli e immagini, non formule logiche.


Certo che Heidegger lo sapeva, mi fa spavento che lo sapesse già a quattordici anni...giusto per far capire la grandezza di certe persone.

A 18 anni aveva già scritto la tesi contro ogni logicismo, lui che il logicismo non solo lo capiva, ma addirittura si era illuso fosse la soluzione.

Giusto per far capire la sua grandezza smisurata.

Francamente oggi i professori fanno fatica a capire pure ste semplici cose....
(manco io per dire la verità, forse PHIL).

la ricerca di heidegger verso forme non verbali attraverso la scrittura lo ha portato però verso soluzioni estemporanee, come la parola essere barrata, la parola essere seguita da insieme vuoto, che per esempio Volpi illustra e maledice (discorsi di uno sciamano).

Bisogna capire però da quale astrazione logica partano.
Un linguaggio non verbale che abbia una logica.

E non che testimoni di una non-logica (penso al teatro dell'assurdo, l'ultimo approdo della letteratura che conta, a mio parere....poi più niente)

Heidegger capisce benissimo, ma ha le sue esigenze rigorose di formalizzazione.
nasce e muore aristotelicamente, penso volpi abbia ragione.

comunque siamo d'accordo caro paul. (scusa le digressioni, è per arricchire un pò il menù, diciamo)

cit paul
L'esercizio logico dialettico di Hegel e Severino rischiano di anestetizzare la vita, anche se Hegel vuole arrivare allo spirito, anche se Severino vuole arrivare alla gioia.
Ma la vita non è possibile ridurla a formula logica,come descrivo uno stato di gioia o dolore, quando persino le parole rimangono chiuse in gola, diventano silenzio?


Mi trovi dolorosamente d'accordo. L'astrazione che questi due grandi chiedono è veramente mortificante. Ma continuo a ritenerla importante, ma non è certo un caso che sono fermo all'introduzione della fenomenologia, che penso di riprendere nell'edizione sansoni, quella bompiani è più ricca di consonanze con il tedesco, ma ho capito che tutti i capitoli sottotitolati e numerati sono una invenzione per far capire agli studenti hegel.
Ho capito!!! ma tanto non si capisce lo stesso!!! e poi così travisi completamente il senso della costruzione del discorso!!.....caspita una recente scoperta che mi ha fatto infuriare!!!!
quella einaudi che all'università consigliano dicono che è un mix tra le due....peggio del peggio!!! così si perde la consonanza col tedesco e il senso del discorso globale....
torniamo mestamente alla traduzione povera della sansoni....tristezza assoluta! e siamo nel 2020!!!! a quando una traduzione decente? ???

scusate la digressione!


cit paul

"L'essere è qualcosa che intuitivamente, prima ancora che concetto,  mostra questo enorme gioco di immensità che è l'universo, dove tutto è e tutto si trasforma. Necessariamente tutto è collegato e nulla è negato se non nella specificità particolare. Se l'uomo moderno nega questa necessità autoreogola se stesso riducendosi. Allora dà importanza ai particolari e perde il quadro di riferimento di insieme. Siamo immersi in un magico mistero con due riferimenti fondamentali, la nostra vita, il nostro percorso e l'essere. Esaltare l'uno o l'altro perdendo di vista uno dei due, signifca a mio parere perdersi nella schizofrenia quotidiana di un percorso dove i gesti quotidiani non hanno senso se non per sopravvivenza. Ma sopravvivere non è vivere. Gli esseri viventi sopravvivono, gli esseri senzienti umani vivono.
Penso che più o meno siamo d'accordo."


Siamo in perfetta sintonia.


cit paul
"Non penso possibile andare oltre il bene e il male. Prima del bene e del male c'è la natura che ne è esentata con le sue regole con un suo ordine, fatto di abbondanza e scarsità ciclica, di catene alimentari dipendenti, dove il feroce è la necessità e il fuggire pure.
Ma per l'umano? Anticamente, come ho già scritto vi era un ordine da rispettare ed era in merito alle relazioni fra cielo, terra, fra divino e natura che l'uomo capiva di esserne dipendente e rispettava. Ma cosa ormai rispettiamo? Quale è il limite dell'azione di responsabilità?
Il bene e il male segno un confine morale e la morale era far azioni per il bene, senza ricevere ricompense, ma perché ciò era implicito all'equilibrio a quell'armonia che cielo e terra dettavano.
La morale è il deterrente etico comportamentale. Se la morale non abita la coscienza umana ogni azione anche la più turpe si autogiustifica perché non c'è confine fra bene e male. E la cultura crea una coscienza."


Si paul capisco, il professore galimberti narra del popolo che si credeva l'ultimo della terra, per illustrare la valenza simbolica che abita le popolazioni amerinde dell'amazonia, teoricamente più vicine al mondo natuale che a quello civilizzato.
Ma è una argomentazione che solleva la vecchia questione tra natura e cultura.
Troppo vasta qui per affrontarla.


cit Paul
"Penso chela struttura filosofica di Vito. C. abbia possibilità di andare nel senso giusto.
Il presupposto è unire il sensibile e il soprasensibile, o se vuoi, la fisica e la metafisica, strutturandole come unità e riconoscendo una "ragione in-sè", per il semplice fatto che l'universo funziona in un certo modo e questo modalità non può che essere una "ragione".
Semplicemente perché a sua volta è leggibile dalla ragione umana. Si tratta di non esaltare una parte sull'altra anche qui. Il troppo soprasensibile può far perdere l'indirizzo della vita; esaltare la vita può significare perdersi perché non c'è la bussola, l'orientamento che può solo dare l'idea di senso del soprasensible.
"


siamo in sintonia sulle premesse, ma vedo che sulle soluzioni siamo ancora abbastanza dissonanti.

Io ripeto cosa è l'in sè? la ragione umana che in quanto tale, si presume ragione universale?
Mi pare una di quelle fastidiose tautologie di cui nel vecchio formato del forum abbia discusso a lungo.

Ma appunto queste ultime considerazioni ci portano lontano dal 3d.

Se a tuo parere basta questa tautologia per fare filosofia rivoluzinaria è giusto che la illustri.

A me non  pare bastante.

Esattamente come non è minimamente bastante quella di Ceravolo su cui non so nemmeno fino a che punto fossimo d'accordo nelle premesse.

ma tant'è se ne è andato. va bene così.






#1842
cit Lou
<< ragazze e ragazzi trovate che sugli ultimi temi emersi sia opportuno aprire un nuovo topic? >>


Secondo me si può continuare su questo, sebbene fosse nato per testare la sua filosofia, l'idea di rivoluzione filosofica, nel senso dei fondamenti cognitivi per evitare alcune derive dell'analisi (formale) in sè. E' anche un spunto per palrare delle nostre basi e credenze, mi pare che lo si stia facendo.
Poi Lou se ritieni di spostare l'argomento, per me va bene.(ci mancherebbe).


cit Ipazia
"Questo lo dico per Green affinchè elabori il lutto di un'Anima e di un Dio/Essere che sono morti perchè passati a miglior vita, quella del rigore scientifico. Che nell'umano troppo umano della "cattiva falsificazione" celebra i suoi nefasti, ma non è un buon motivo per negare i fasti e le fortune evolutive della "buona falsificazione" che da tanti idola ci ha liberato."


Allora ti dovevo qualche chiarificazione.
Sappiamo benissimo che il fulcro della nostra analisi riguarda le questione del materialismo storico (non ha alcuna importanza in che declinazione credo).

Comprendo benissimo che il rischio di pensare di nuovo al metafisico, si possa rivelare nell'ennesima deriva del metafisico. Come anche Phil ha fatto notare, si rischia di ripensare ad una forma impositiva super-egoica.
Infatti per me la filosofia di Ceravolo è super egoica. Ma questo ormai vista la sua fuga, non sarà più possibile verificarlo.

Ma per me il fondamento, non è l'episteme. Mi sembra che sia tu che Phil facciate questo errore. Nel senso che è evidente che per voi Dio non esista (non è dunque un vero errore).
Per me è diverso, sin dall'infanzia mi è parso evidente che Dio esistesse.
Non ci impiegai molto a capire che la religione cattolica fosse un ammasso di fesserie.
Mi girai subito in quel religioso che in realtà è filosofia, che ha nome induismo.

Le analisi tra microcosmo e macrocosmo, mi hanno sempre interessato, trovavo che fosse il cuore della saggezza salvifica che cercavo.

Ma non conoscevo ancora la filosofia.

La filosofia con il suo metodo, con le sue idee onto-logiche fece presto, molto presto a pezzi l'idealismo magico indiano.

Mi innamorai della ragione e da allora mi cadde il mondo addosso.

Dovevo rifare i conti da capo.

Conti che hanno dato per risultato l'annichilazione di quello che all'epoca chiamavo il mio sè.

Non c'è relazione. Credo sia quello e tale è rimasto, il risultato del vivere sociale.

Cosa c'entrasse la scienza in tutto ciò? Niente.

La scienza non ha mai contato niente.

La scienza è lo sfondo su cui viviamo, è il risultato storico delle pratiche.

Se andiamo ad un convegno di soli numeri, ci sono quattro gatti.

A nessuno frega della scienza.

Il materialismo storico c'entra qualcosa con la scienza? No non c'entra niente.

C'entra con le emozioni e le ideologie.

Il problema ravvisato da Heidegger e Severino è la scienza? Ma per niente.

Il problema è la tecnica. Sono le prassi.

Contrapporre la metafisica alla scienza non ha alcun senso.

Sono le prassi che contanto. Le vecchie prassi che nascono dal super-egoico delle religioni, o meglio delle loro chiese o meglio dei loro ministri, viene chiamato effetto nocivo della metafisica.

Non l'ho mai capito. Gesù chiama amore, e noi facciamo la guerra.
Non vedo cosa c'entri la metafisica.

Non è questione di metafisica.

Fatta un pò di chiarezza su questo punto, che assiduamente esce, e su peraltro ti ho già detto e ridetto che siamo d'accordo.

Perchè l'anima?

L'anima è il movimento del senso (il senso dell'esistere, non il senso del sensibile). Anima, è cio che si muove, non suona forse così?

Cosa si muove, e rispetto a che cosa?

Forse è questa la domanda che ti devi fare.

Ma la potresti fare solo se capissi che l'uomo NON è una macchina.

Prima di emergere come una delle utenti con cui sono maggiormente d'accordo, ricordavo di averti erroneamente assegnato quel posto. Di donna robot.
Grazie al cielo non è così.

O almeno non è così fin quando non entriamo nel discorso del limite fenomenico.

Il tuo logos è pensato all'interno del fenomeno, ragiona con i datti effettivi che deduttivamente (e non induttivamente?) ricaviamo.
Intendi benissimo la falsificazione, ma rimani al di qua dell'impensato.

La tua è una filosofia che per necessità è figlia del nostro tempo.

Io ritengo che essere figli del nostro tempo non sia sufficiente.

In quanto il limite del fenomenico risale induttivamente a chi lo ha pensato.

E proprio induttivamente che Kant riconosce la necessità di un impensato.

La categoria della libertà, come scelta di risalire questo impensato, si chiamo virtù.

Non la innesta Kant, sarebbe un grave errore pensarlo.

L'unica lettura completa di Kant che ho fatto è la premessa alla ragion pratica.

Buona parte di questa premessa spiega del perchè la pratica NON POSSA ESSERE PURA.

La questione del PRATICO e del PURO è ciò che INDUTTIVAMENTE spiega Kant.
(bisognerebbe leggere Peirce per capirlo in tutta la sua profondità analitica (formale)).

Ciò che si spiega è dunque una analitica che diventa fenomenologia.

Il logos è il logos che tiene unito fenomenico e soggettivo.

Chi sono io? E' la domanda dell'idealismo.

Chi sono io rispetto all'oggetto che mi appare, e ciò che mi attraversa come disvelamento della mia capacità di scelta, di libertà.

Quale è il logos che mi permette di sentire quel limite superabile, nel fenomeno.
Cosa mi rende autentico.

Quale è la verità.

Kant ed Heidegger sono là, ad un passo dalla psicanalisi che arriverà.
Lacan riprende i passi da quei due giganti.

Su di loro l'ombra inquientante di Hegel, colui che secondo Paul, ha avvizzito la filosofia, l'uomo che adombrato una astrazione disumana.

Sono d'accordo, ma nel senso che l'anima è esattamente quello che NON siamo.

Il monachesimo, la filosofia del non agire di Agamben, cosa sono?

Nietzche sopratutto.

Certo che era un mistico. E' ovvio Paul ha capito molto bene.

Ma non ha capito quello che è l'oggetto di quel misticismo.

L'oggetto è esattamente il disumano.

Andare oltre l'uomo.

Cosa c'è oltre l'uomo? Il super-uomo? Ah ah, chi lo dice non ha capito NIENTE di Nietzche.

Oltre l'uomo c'è il deserto, il nulla, non il nulla fisico, non il vuoto, il nulla della relazione con l'oggetto. Perchè l'oggetto è sparito, non appare più.
Il soggetto è infine desoggetivato.

Cosa rimane allora? E' questa la domanda del mistico.

Quale è la verità, è questo che c'è dietro alla domanda di verità.

Non vi sono ideologie, non vi sono prassi. Rimane il puro movimento. Il puro cambiamento del soggetto. Del ora sono qui, ora sono qui, ora sono qui.
Noi ci sentiamo deserti dove un vento soffia in noi.
Una voce secondo la mistica. Un delirio.
Un canto.

Non una poesia, Heidegger se ne accorgerà infine.

Non si tratta di capire si tratta di meditare, di sentire quel soffio divino dentro di noi.

Si tratta di capire la direzione dell'anima, è l'anima che ci sposta.

Che ci aliena, prima ancora di qualsiasi sovrastruttura.

Lo sta studiando molto bene Agamben tutto ciò.

Insomma NON SI PUO' tumulare l'ANIMA, in quanto non esiste alcuna anima, alcun dio.

Si può solo essere in accordo o in disaccordo con questo movimento.

Con questo doppio movimento.

Ma i greci, gli indiani etc... questo lo sapevano.

Non esiste materia senza la spinta all'esistenza che la faccia apparire.

L'anima non è materia. Dio non è materia.

Da qui mi scosto considerevolmente dalle pratiche esoteriche.

Ormai le guardo con sospetto.


Doppio movimento dell'anima che è spinta dal soffio del DIO, e dell'anima che si scopre soggetto in relazione all' oggetto che la determina come tale.

E' questo doppio movimento che induce a pensare un DIO esista.

Esiste in quanto l'anima che si muove anch'essa si scontra con l'oggetto fenomenico.

La domanda dell'anima, la tragedia umana è non capire il senso del proprio movimento.

Nè archetipico, nè fenomenologico.

Capire il senso del movimento significa capire l'esistenza, la verità. (la famosa aretè, o la casa dell'essere di heideggeriana memoria).

Ossia come l'anima si piega al suo oggetto, per diventare soggetto, per poi morire.

Questa destino mortifero, è il movimento del DIO, dunque l'anima di cui non sappiamo niente è il movimento che dal niente (in quanto dio non esiste, e non è un oggetto) scaturisce tramite la sua oggettivazione nel Niente (in quanto mortale).

Ossia è l'oscillazione dell'indifferente (hegel) che implode nel suo contrario ossia il differente, l'essere soggetti si riferisce sempre ad altro da noi.

Non c'è differenza senza indifferenza.


La differenza, ciò che differisce, ciò che sempre ci spinge ad essere altro, da noi stessi, Per cui l'uomo vuole sempre altro, per cui il capitale vuole sempre altro, per cui la tecnica vuole sempre altro. E' la ricerca dell'assolutamente altro, che è appunto l'indifferente, ossia la morte.

La morte è indifferente al destino umano, e l'uomo impazzisce rispetto a questo orizzonte che si rivela come non orizzonte.

Ma questo movimento come abbiamo già detto è solo un orizzonte temporale.

Per cui fuori da questo orizzonte temporale, cosa è questo destino?

E quale è il logos che lo fa precipitare all'interno delle sue pratiche. Cioè nella vita reale.

L'idea del legame tra ciò che è nascosto e ciò che appare non risiederà MAI nella scienza, che fa i conti SOLO con quello che appare.

Sono pratiche mortifere? Ma perchè esiste forse una pratica che non preveda la morte?
Mi pare sia questa la follia, piuttosto che non quella che indica il credere di questo movimento una follia.(severino)

Anche se fosse una follia, sarebbe necessaria. Tra l'altro.

Tutto ciò è mera astrazione? certo che sì.

Vogliamo rimanere al mi accontento di nominare cosa sia naturale (e cosa no, e da lì ridare via al valzer delle violenze? sono stanco, molto stanco).

A me sta bene, l'importante è che non mi veniate a dire che c'è del buono nella scienza.
La scienza è il male.
Non in quanto prassi.
Ma in quanto legislatrice.
Non ci siamo ancora grazie a DIO.
Anche se il panico indotto, dopo aver giocato a DIO con le armi di distruzione di massa, mi fa già capire come sarà il futuro, (ma il film BRAZIL già ce lo ha detto nevvero?)

Era già capitato con il pericolo giallo (la paura della bomba atomica)....

Ma perchè?

Spero di aver chiarito.  :P ;D
#1843
Citazione di: InVerno il 03 Marzo 2020, 14:15:55 PM
Citazione di: green demetr il 03 Marzo 2020, 13:53:58 PM
Mi sorprendi Inverno, visto che in passato mi hai sempre mostrato una grande conoscenza delle vicende storiche coeve a quello che è avvenuto nei VANGELI.
Non so granchè della cabala ebraica mi dispiace, ma sono abbastanza certo che nessuno ha diviso il mar rosso, comunque se vuoi dare delle date e degli eventi che ritieni certi, sarò contento di verificarli insieme a te, pur ricordando che astrusi sistemi numerologici possono aggiustare le datazioni, ma non il fatto che gli eventi siano o non siano realmente accaduti.

Ben inteso che il fatto che gli eventi narrati non siano realmente accaduti non cambia assolutamente nulla del valore dell'opera, così come non cambia nulla che Dante non abbia effettivamente visitato l'inferno, anzi dal mio punto di vista ne guadagna enormemente.


Nemmeno io ne so di cabala, dico solo che gli studiosi preposti dovrebbero pensarci a questa possibilità, che appunto rimanderebbe ad una dimensione allegorica.


Non ho detto che la Bibbia non sia allegorica, figuriamoci! Ho solo detto che l' importanza dello studio storico è tutt'altro che non considerabile.
Pensiamo al gesù storico come abbia influenzato il pensiero teologico del 900 e abbia aiutato a riavvicinarsi all'ebraismo.
#1844
Citazione di: bobmax il 04 Marzo 2020, 10:54:59 AM
La psicologia ha avuto senz'altro molti pregi, aiutando ad inoltrarci nella nostra mente. Tuttavia, ha comportato pure una grave perdita.
Perché è servita a nascondere a noi stessi l'orrore del Nulla.

Come aveva ben messo in luce Martin Buber, affrontare razionalmente le crisi esistenziali può essere efficace, sui sintomi, ma impedisce di affrontare il "limite", riducendolo a mero incubo.

Mentre il limite è, nella sua incomprensibilità razionale, segno imperscrutabile dell'Essere.

"Beati i poveri in spirito" perché affrontando il limite vedranno Dio.

Viceversa, chi è ricco in spirito, sta ancora giocando, nel giardino dell'esserci. Fino a quando, s'imbatterà nel limite che non potrà nascondere a se stesso, e si troverà allora povero.
Pronto per la notte oscura.




Molto ben scritto BOBMAX, condivido il tutto. Ovviamente io distinguo tra la psicologia che cura i comportamenti o elimina i sintomi, e la psicanalisi che invece li analizza (i sintomi ) nel loro fluire stesso, li cura facendo imparare al soggetto a vivere.


Naturalmente nei casi di psicosi grave, l'analisi è praticamente impossibile, ma non impossibile in assoluto, queste sono scelte drammatiche da fare, infatti il malato o presunto tale, perchè in analisi si chiamo l'analizzante, non il malato.
Si sta curando da solo, o viene aiutato a curarsi da solo traversando in toto il sintomo per capire la sua origine.


Proprio per via di queste pratiche l'analisi è molto molto vicina alla filosofia.(entrambe insegnano ad accettare forme di coaudiuvazione, ad affrontare il tema dell'altro).


E' solo nella comunità che il limite va affrontato con forza, da soli è facile rimanere atterriti.
#1845
Ciao Ipazia, rispondo alla tua richiesta di tumulazione dell'anima domani. Abbi pazienza.
Devo a Paul ancora un approfondimento e delle riflessioni a latere del suo scritto di qualche giorno fa.
Al di là della caduta di penna e di confronto dialettico di Ceravolo (peccato era una delle poche volte, forse l'unica che mi sarebbe piaciuto continuare a discutere con i pensatori di nuove filosofie), rimane sul tavolo la riflessione della rivoluzione filosofica.


Allora caro Paul tu scrivevi molto saggiamente:


"Il disvelamento riguarda l'essere: il problema, ribadisco, che l'essere per i metafisici è ontologicamente e gnoseologicamente diverso da chi invece lo cerca nell'esistenza.
Per fare un esempio concreto:  è giusta la critica di Heidegger verso Platone del "che cosa è l'essere?" E se fosse giusta dove,come, in che cosa consisterebbe l'essere per Heidegger?
Sono riflessioni.


L'essere, il logos, sono credenze? E il Sileno che crudelmente dichiara la tragedia umana della sua misera vita? A tua volta non ti chiedi da dove fuoriesce il Sileno e se sia migliore la sua sorte?


Heidegger mi risulta che scrive"Essere e tempo" e non "Enti e tempo".
Personalmente l'Essere ritengo sia come scrive inizialmente Nietzsche "l'uno primigenio", o archè, o ragione in sé, o chi lo identifica in Dio(non necessariamente in senso religoso)."



Allora direi che si qui ci siamo, il disvelamento dell'Essere, che non sia l'essere delle res extensa, ossia degli enti, ossia degli esistenti, è il tema centrale di chi pone il logos nel soprasensibile.

Per me questa e solo questa è metafisica. Dovremmo essere d'accordo, anche se purtroppo ci lasciamo dietro quasi per intero gli altri forumisti (con cui dovremo ancora confrontarci sulle res extensa).

Cosa sia per Heidegger l'Essere ancora non lo so nella sua completezza. Mi manca la lettura diretta dei testi (prima o poi inizierò).
Approcciando le varie conferenze e ragionando di mio, mi pare che L'Essere sia ben definibile come nel recentissimo libro sottratto alle fauci delle Bompiani e curato dal professore Alfieri, come la casa dell'esserci.
L'heimat come lo definisce Heidegger, è il luogo di appartenenza e solo nei suoi confini la nostra destinalità è portata felicemente a termine.
Diversa cosa è la destinalità della storia.
Si tratta per Heidegger di recuperare questa dimensione mediana di cui l'uomo è abitatore, e che per ora storicamente ci consegna invece nell'inautenticità.
Non siamo ancora a casa nostra.
E' chiaramente una visione decostruens che deve il suo iter alla stessa storia della filosofia e che vede il nostro riprendere le tematiche della grecità. (di cui sono ignorante).
Mi mancano le letture sul parmenide, sull'eraclito e su tutto il pensiero della svolta.
Anche Heidegger torna ai greci dunque.
Ma dovrai attendere che legga prima essere e tempo, e poi mi inoltrerò in queste letture.(il che potrebbe non avvenire mai) Purtroppo nelle conferenze i maggiori filosofi rimangono sempre alle premesse, e proprio nelle premesse sembrano già perdersi.

Come già stavi dicendo a Ipazia, sono i Greci ad aver pensato maggiormente alla autenticità del vivere insieme, l'ethos di cui le parlavi, va già nella direzione dell'essere, e giammai dell'esserci, non è una sociologia, complimenti Paul, è così. (ma è anche uno dei motivi per cui rimango sospettoso nei confronti della grecità, prima o poi mi confronterò con essa, pur conoscendo solo il latino, e non il greco.Ma gli amici grecisti mi dicono che sia proprio quello il problema, che non possedendo io la conoscenza della lingua, non intendo nemmeno il loro pensare. Si mi sento molto lontano dalla grecità, non la sento mia. Preferisco recuperare tramite altri, il senso di qualche termine e portarlo all'altezza dello sguardo contemporaneo.
Questo per rispondere o mettere a latere di quello che chiedevi, fosse esso solo un mera domanda retorica per proseguire il discorso, o un vero domandar di senso di Platone e company. Ripeto rare volte ho pensato di mio alla grecità.
Sono ancora scottato dai danni del modernismo.

Dunque cosa è l'Essere, che idea mi son fatto io?
Il mio maestro è di fatto Nietzche o Hegel o mi dicono anche Bruno.

L'Essere è ciò che non può essere noto e in quanto non noto è ciò che chiamiamo DIO.

Ma è un DIO nascosto, un DIO dell'impossibilità.

L'unica cosa che sappiamo è che noi, qualsiasi cosa noi siamo al di là del tempo, al di là della soggettività, nella Gloria come direbbe Severino, "sappiamo esistere l'ESSERE" in quanto induttivamente l'unica premessa possibile, al nostro DIVENIRE SOGGETTI.
Poichè nell'eterno cambiare del tempo, infiniti soggetti noi siamo, eppure cosa ci lega?
La memoria di qualcosa che persiste, e che chiamiamo anima.
Ci sentiamo da sempre all'interno di un movimento, un movimento che chiamiamo Storia, e che determina il nosto esserci. Nel qui e ora c'è già l'intera storia di quel movimento.
L'orizzonte a cui muove la nostra anima si chiama destinalità, ed è il vero fulcro del problema filosofico.

E' solo alla luce della destinalità che l'archè acquista i suoi colori.

Ogni filosofo tende alla propria destinalità, e ognuno di noi tende alla propria.

Ma ognuno di essi deve render conto di quella proprietà come vana, come volontà di potenza. In realtà siamo deserti come diceva Nietzche, o come dice Heidegger siamo solo spettatori, del disvelamento dell'Essere, nella storia comune degli essenti.
Di ogni essente dall'inanimato all'animato.
L'uomo ovviamente è interessato a se stesso.

Per capire la necessità di una nuova antropologia, decentrata rispetto al proprio soggetto, (sopratutto se pensato alla maniera moderna come se fosse una res mentale).
E' necessario avere in mente i 3 passaggi fondamentali, il primo il fondamento dell'esser uomo, l'archè che lo contraddistingue, ossia che lo accompagna, l'archè appunto, il logos etc...
Il secondo il desiderio la tensione dell'anima ad essere in armonia, a essere da medium tra le istanze dello svelamento e le proprie infinite soggettività.
Che è poi il problema del soggetto, il problema meramente etico. Ossia l'andare oltre il bene e il male.
E infine il tema che ghiaccia o che infiamma, l'orizzonte a cui siamo chiamati, a cui siamo chiamati a rispondere, o a tacere (che è poi un modo di rispondere).
E che io chiamo l'analisi. Che al suo interno ha il problema della tecnica ma non solo, di solito lo chiamo il tema del politico. E che poi sarebbe quello il punto nodale della rivoluzione.

Ma senza una distinizione dei tre momenti, senza una piena consapevolezza della fondazione (da dove vengo') del sè (movimento animico) consapevolezza di essere soggetti perennemente decentrati (antropologia) vedo dura vedere il futuro (la rivoluzione filosofica, del FARE FILOSOFIA) in maniera drammatica (come di fatto è).

Siamo nel mondo dello spettacolo dell'eterna dannazione del non ricordo di sè, e della provenienza di quel sè. Figuriamoci pensare gli orizzonti.

Oggi come oggi un filosofo non può che essere pessimista, ma guai se smette di pensare (compreso il suo stesso pessimismo).

A domani per la terza trance dove mi pare poni dopo l'archè il problema del soggetto. Come da me auspicato tra l'altro.