Menu principale
Menu

Mostra messaggi

Questa sezione ti permette di visualizzare tutti i messaggi inviati da questo utente. Nota: puoi vedere solo i messaggi inviati nelle aree dove hai l'accesso.

Mostra messaggi Menu

Messaggi - Jacopus

#1846
Tematiche Filosofiche / Perché amare la Natura?
16 Febbraio 2021, 23:56:06 PM
A Paul. Quel " possiede " effettivamente è un termine pesante, ma anche per me la bellezza consiste nella capacità  della scienza di svelare i misteri della natura, che da 500 anni circa si aprono davanti a noi, donandoci un nuovo senso di noi, sapiens. La bellezza cantata dai poeti non svanisce, ma se ne aggiunge una diversa, ugualmente affascinante, che scaturisce dalla sete "edipica" di conoscenza. Una conoscenza che non proviene più dalla tradizione ma dalla ricerca. Paradossalmente (ma neppure tanto), la scienza è in fondo l'ammissione dell'ignoranza dell'uomo, che non può più basarsi su narrazioni mitologiche, non più in grado di far comprendere il mondo. Il potere emancipativo della scienza, il suo sguardo neutro e curioso è uno spettacolo altrettanto bello e degno dello stesso rispetto di chi invece ammira la devozione dei danzatori sufi o dei monaci cluniacensi. La differenza consiste nella assenza di giudizio morale della scienza, per cui un fisico quantistico non taglierà mai la gola ad un astrofisico relativistico.
#1847
Tematiche Culturali e Sociali / La comunicazione
16 Febbraio 2021, 16:07:56 PM
Approfondendo etimologicamente il termine "comunicazione", esso è stato collegato anche a termine latino munus, ovvero funzione ma anche dono e al termine moenia, ovvero mura. Il dono è stato collegato a quell'aspetto di reciprocità e di gratuità che dovrebbe avere una comunicazione autentica. Il collegamento con moenia è più interessante, perché svela quel rapporto inevitabilmente ambiguo della comunicazione, che apre, ma può anche chiudere, può far conoscere o misconoscere, demistificare o mistificare. La mappa del mondo (comunicazione) non è il mondo ed è persino in grado di costruire mondi paralleli.
#1848
Tematiche Culturali e Sociali / Re:La comunicazione
16 Febbraio 2021, 15:50:07 PM
Effettivamente il concetto di comunicazione è molto complesso e polisemantico. Il termine stesso contiene la radice "com" che è relativa alla condivisione. Pertanto è implicito avere una certa capacità di reciproca comprensione (che ha la sua base biologica essenzialmente nei neuroni-specchio). Il problema consiste nel fatto che vi sono linguaggi privi di ambiguità come i linguaggi di programmazione o (forse) la matematica e poi progressivamente altri linguaggi e forme di comunicazione che inevitabilmente si prestano a doppi messaggi, confusione più o meno manipolatoria.
Accanto a ciò non va dimenticato l'apporto emotivo, ovvero il contesto in cui avviene la comunicazione, che struttura una comunicazione al punto da renderla curativa o, al contrario, traumatica. Comunicare in un ufficio di una corporation non è la stessa cosa che comunicare ad una tavolata fra amici e così via.
#1849
Tematiche Culturali e Sociali / La comunicazione
16 Febbraio 2021, 15:27:29 PM
A Viator. Direi che hai fatto un elenco abbastanza completo. Solo due considerazioni aggiuntive. Il linguaggio verbale semplice (7) potrebbe essere stato scoperto prima del simbolismo (6). Oppure che siano progrediti insieme. Inoltre distinguerei le scritture parziali che non possono descrivere qualunque cosa ma sono linguaggi specializzati, come il pentagramma o la matematica o il misterioso sistema "a nodi" quipu degli incas, dalle scritture totali come gli ideogrammi, i geroglifici o l'alfabeto simbolico dai fenici in poi.
Alla domanda rispondo con la considerazione che solo 1 è di natura biologica, mentre le altre forme di comunicazione sono tutte culturali (anche qui a scanso di equivoci e lunghe tiritele, va osservato che alla fine tutto è biologico, così come tutto è, alla fine, teleologicamente determinato, ma entrambi i casi mi ricordano certe vacche nere in una nera notte, tirate in ballo da un esimio pensatore ottocentesco.)
#1850
Tematiche Filosofiche / Perché amare la Natura?
15 Febbraio 2021, 22:40:01 PM
Come suggerisce Ipazia, quando si enuncia che il tema ormai è esaurito ecco spuntare altri interessanti interventi. Se ne potrebbero ricavare altri ulteriori topic. Vorrei approfondire la tematica dell'uomo interno/esterno alla natura. Vedo il problema di difficile soluzione. Inevitabilmente l'uomo fa parte della natura. La sua elica genetica è il frutto di passaggi del tutto naturali che proseguono da milioni di anni. Ma quello che è accaduto negli ultimi 10.000 anni, quindi almeno dalla rivoluzione agricola in poi, ci ha reso qualcosa di "parzialmente" naturale e "parzialmente" culturale, al punto che la natura non è più in grado di controbilanciare gli squilibri che spargiamo magnanimamente sul pianeta terra. Squilibri che sono iniziati ancor prima. Pare che homo sapiens sia il responsabile della fine di 50 grandi mammiferi americani su 60, fra i quali il mammuth lanoso, la tigre a denti a sciabola il leone gigante americano, per citare i più famosi, animali che erano con noi fino a poche migliaia di anni fa, ovvero finchè l'uomo non attraversò lo stretto di Bering. La cultura ha modificato profondamente il comportamento naturale dell'uomo. Senza una formazione religiosa, sociopolitica,  tradizionale, filosofica, non sarebbero possibili eventi quotidiani come circolare ordinatamente su un'autostrada. Oppure provate a mettere 100 scimpanzè in un contesto militare o industriale, o semplicemente in una riunione di condominio. L'ordine comportamentale dell'uomo può essere minimizzato da chi sottolinea omicidi, orrori vari che sono pur presenti, ma il livello di cooperazione fra un numero di umani così vasto, fra umani che magari neppure si conoscono ma collaborano nella realizzazione di un progetto, questo è un risultato esclusivamente culturale.
In altre parole la cultura è stato un acceleratore talmente efficiente delle nostre doti naturali che oggi possiamo sconfiggere esseri viventi che geneticamente sono, al nostro confronto, come Godzilla, ma che diventano dei puffi una volta confrontati con le nostre applicazioni tecnologiche.
Tutto ciò, ovviamente, se si vuole, rientra comunque nella natura. E' semplicemente una conseguenza della scommessa evolutiva di puntare molte carte su un cervello esoso di risorse, ma che ci ha ampiamente ripagato.
Ma ridurre tutto alla natura non mi ha mai convinto, perchè la natura, come rileva giustamente Alexander, al di là della meraviglia che può suscitare, al di là del piacere di ascoltare il vento che passa fra gli alberi e le sorgenti, è "indifferente". E' normale che sia così, non voglio certo divinizzare la Natura, che si macchia ogni giorno di astuti attacchi alla nostra vita e a quella di tutti gli altri esseri viventi. L'uomo invece non è indifferente. Anche in questo caso per una bizzarra scommessa connessa al nostro SNC, ha imbastito una serie di narrazioni che ci fanno cercare il bello, il giusto, la rettitudine, quella che gli antichi greci chiamavano Sophrosyne.
Tornando a Sileno, possiamo rispondergli che il nostro compito, la cosa migliore che ci possa accadere, è custodire e conoscere la Natura, nella sua intima connessione con noi e con il tutto. E questo compito va messo in atto con umiltà, accettando non solo il nostro trapasso in quanto individui singoli, ma eventualmente anche l'estinzione di quella bizzarra specie chiamata "homo sapiens". Più di ogni altra specie che ha calpestato il pianeta terra, homo sapiens ha una responsabilità, se vuole elevarsi ad un livello superiore di saggezza, e non essere più il solito scimmione a cui hanno affidato casualmente dei divertenti gadgets tecnologici.
#1851
Per Alexander. Il blue brain project è un progetto controverso, che ha raccolto la protesta in una lettera collettiva di 700 neuroscienziati. Inoltre da quel poco che so il suo obiettivo non è provare l'innatismo ma replicare in modo digitale-informatico il funzionamento del cervello umano, usando anche come "base semplificata", il cervello dei topolini da laboratorio (cavie).
#1852
Per Alexander. Un principio fondamentale della ricerca scientifica ( e personalmente ritengo anche filosofica) impone che la dimostrazione spetti a chi afferma qualcosa. Affermare di negare qualcosa non ha bisogno di prove, poiché altrimenti si torna al paradosso della teiera di Russell ( ovvero posso dichiarare senza tema di essere smentito che una teiera orbita attorno alla terra, fatto indimostrabile e quindi anche non negabile. Se al posto della teiera metti una religione, le conseguenze per gli scettici sono state qui e sono, in altre parti del mondo, terribili. È per questo che è necessario adottare tutti gli strumenti utili per non far credere che la religione sia qualcosa di più di un fatto di fede).
Rispetto alla ricerca di Yuval Noah Harari, ti assicuro che non è uno sprovveduto e il suo libro contiene una bibliografia (di prove) di 17 pagine. Mi sembrerebbe però noioso trascrivere detta bibliografia.
#1853
Per Davintro. L'innatismo di certe idee ( o anche di tutte le idee) è una idea priva di fondamento in termini scientifici e pertanto anche filosofici. Corrisponde ad un principio di fede e pertanto privo di ogni validità argomentativa in un ambito non metafisico.
Su questo argomento è molto interessante la tesi di Yuval Harari, prof. di storia con solide conoscenze di storia biologica a paleontologica umana. Secondo lui, il primo grande passaggio evolutivo di Sapiens fu proprio la capacità di creare "finzioni", ovvero miti e religioni, che crearono la struttura necessaria per sviluppare società complesse, più ampie delle precedenti tribù di 100-150 individui. Quelle società furono più sicure, permisero specializzazioni che incrementarono le scoperte tecniche e quindi il successo planetario dell'uomo.
La dote di creare "storie che uniscono" continua tuttora attraverso il mito dello stato nazionale o del denaro o delle corporation o della filosofia. Il maggior indiziato rispetto a questa capacità singolare è sempre lui, il nostro ingombrante Sistema Nervoso. Ma il percorso successivo è stato un percorso di trasmissione culturale tra generazionale di queste storie. Storie che permettono di bypassare i tempi biblici del mutamento genetico. L'uomo infatti è passato nel giro di poche migliaia di anni da una organizzazione gestita dal maschio alfa dominatore, alla tutela dei minorati psichici o degli stessi bambini.
Sono piuttosto certo che di innatismo in tutto ciò non vi sia nulla, ma l'onere  della prova spetta a chi afferma qualcosa non a chi la nega. Io, nel mio piccolo posso dimostrare altre realtà, non necessariamente fisiche, come ad esempio la necessità da parte di ogni bambino di ricevere affetto ed empatia per crescere in modo equilibrato. Questa affermazione proviene da studi ed esperimenti pluridecennali su bambini e primati. Mi piacerebbe che anche rispetto all'innatismo si svolgesse lo stesso tipo di ricerca, altrimenti parliamo in termini di liturgie sacerdotali, rispettabili ma, ai miei occhi, prive di ogni validità esplicativa.
#1854
Tematiche Filosofiche / Perché amare la Natura?
13 Febbraio 2021, 10:31:51 AM
A me sembra, Alexander, che siamo noi ad autoingannarci. Un autoinganno che è stato creato dalle nostre doti originali di riflessività sul mondo. Basta accettare la morte come passaggio naturale e l'inganno, almeno parzialmente scompare.
Sono invece d'accordo con te nel criticare una immagine edulcorata della natura, come luogo dell'armonia e della bontà. Chi lo dice non conosce probabilmente la lumaca leucochloridium paradoxum e il metodo terribile di certi suoi parassiti nell'annientarla. Una visione che, come rileva Inverno, abbonda frequentemente in chi la natura la mercifica come luogo di consumo, e che come ogni consumo va pubblicizzato e mitizzato. La conseguenza è un approccio alla natura falso e distruttivo anche quando apparentemente, viene elogiata. La stessa speculare incomprensione che può accompagnare chi descrive la natura (compresa la natura umana, Plauto docet ) come matrigna.
In questo caso, come in molti altri, permane la tendenza, fortemente radicata in noi, nel polarizzare i nostri giudizi, scindendo in modo assoluto ciò che, secondo noi, è bene da ciò che è male.
#1855
C'è, in questa interessante storia, la sovrapposizione dei due tipi di agire di max Weber, l'azione rispetto al valore e rispetto allo scopo. La loro confusione crea la base dell'aporia. Infatti, se il coccodrillo avesse pensato a restituirlo, avrebbe potuto divorarlo e viceversa se avesse voluto divorarlo lo avrebbe dovuto restituire. Ciò sulla base del principio del rispetto della verità dell'intenzione, che è il discrimine della contesa e quindi l'agire rispetto al valore. Successivamente la discussione si sposta su un piano strategico, non più fondato su ciò che "sinceramente" il coccodrillo avrebbe voluto fare e che avrebbe dovuto ammettere, con le conseguenze determinate dalla scommessa, ma sull'apparente blocco dovuto alla disamina formale della scommessa e della scelta della madre, che vengono "strumentalizzate" per ottenere la legittimazione logica delle proprie azioni (divorare, restituire).
#1856
Tematiche Filosofiche / Perché amare la Natura?
12 Febbraio 2021, 20:26:46 PM
Citazioneuna madre saggia perchè ci lascia fare, asseconda le nostre inclinazioni evolutive, ma è pronta ad intervenire quando la facciamo fuori dal vaso, perchè le prime vittime di tale comportamento siamo noi. La prossima volta staremo più accorti. 


Non so se ho ben compreso quello che vuoi dire, Ipazia, forse ritieni che la Natura sia una sorta di educatrice, che ci raddrizza sulla base delle esperienze negative, che noi umani "monelli" ci ostiniamo a ripetere. In ciò vedo, però, una vaga riproduzione in effigie della Divina Provvidenza. Sarebbe anche utile se fosse davvero così, ma non è detto che impariamo la lezione prima della catastrofe finale, ovvero della autoestinzione della specie sapiens.
L'evoluzione non è fondata su una sorta di parallelismo con il concetto di progresso, cosa di cui era già consapevole Darwin, che avrebbe preferito il termine Trasmutazione ad Evoluzione, ma i suoi epigoni e il processo di divulgazione mediatica fecero trionfare il termine evoluzione, distorcendo non poco la teoria darwiniana.
Nessun finalismo, in breve. Homo sapiens potrebbe anche essere un esperimento fallimentare nella dinamica vitale di Caso e Necessità.
#1857
Tematiche Filosofiche / Perché amare la Natura?
12 Febbraio 2021, 17:03:27 PM
Nel mio primo intervento in realtà non ho risposto alla domanda "perché amare la natura". Ho provato solo ad indicare una terapia (blanda) al nostro esilio dalla natura. È del resto una terapia che L'uomo pratica fin da quando ha scoperto il linguaggio ed inventato i miti.
Ciò che è mutato da allora è la potenza esercitabile dall'uomo. Il primo passaggio fu da stato di natura (Adamo ed Eva nell' Eden) a stato di cultura. Ma quella cultura era talmente fragile da essere rovesciabile in ogni momento dal terremoto di Lisbona piuttosto che dalla peste nera. La natura era davvero temibile, matrigna, incomprensibile. Solo le divinità potevano essere un baluardo talvolta oppure una razionalizzazione (le cavallette inviate da Dio contro il Faraone, ad esempio).
Oggi, per quanto la natura abbia ancora riserve di potenza incommensurabili, l'uomo è in grado di replicare processi energetici, come mai prima nella storia umana, come, per fare l'esempio più noto, la fissione nucleare.
Non a caso siamo entrati nel cosiddetto antropocene. Ovvero i futuri geologi, per stabilire una data alla nostra epoca dovranno studiare e datare i nostri artefatti, in primo luogo i palazzi, che formeranno uno strato litico, in grado di raccontare non solo la storia culturale dell'umanità ma anche la storia geologica del pianeta terra.
A fronte di ciò, siamo davvero dei semidei, tecnicamente, ma con lo stesso cervello postscimmiesco come paventava Lorenz. Ed allora è necessario amare la natura, non in un modo ingenuo o naïf, come dei figli dei fiori con hi-phone, ma prendendoci cura di essa, perché oggi abbiamo il potere per farlo. È solo delle cose che si amano ci possiamo davvero prendere cura. Con lo stesso atteggiamento che abbiamo con i nostri figli. Potranno tradirci, ma noi non possiamo tradire loro.
#1858
Tematiche Filosofiche / Perché amare la Natura?
12 Febbraio 2021, 13:34:41 PM
Buongiorno Alexander. Hai aperto un tema molto interessante, che subito ha fatto affiorare nella mia mente il famoso dialogo fra Sileno e il Re Mida, riportato da Nietzsche in Nascita della Tragedia:

«L'antica leggenda narra che il re Mida inseguì a lungo nella foresta il saggio Sileno, seguace di Dioniso, senza prenderlo. Quando quello gli cadde infine tra le mani, il re domandò quale fosse la cosa migliore e più desiderabile per l'uomo. Rigido e immobile, il demone tace; finché, costretto dal re, esce da ultimo fra stridule risa in queste parole: 'Stirpe miserabile ed effimera, figlia del caso e della pena, perché mi costringi a dirti ciò che per te è vantaggiosissimo non sentire? Il meglio è per te assolutamente irraggiungibile: non essere nato, non essere, essere niente. Ma la cosa in secondo luogo migliore per te è morire presto.»

Se si condivide il pensiero del saggio Sileno, effettivamente non solo non dovremmo amare la natura, ma neppure noi stessi, breve parentesi nella evoluzione della vita, sia ontogeneticamente (come singoli individui) sia filogeneticamente (come specie, destinata fra poche centinaia di migliaia di anni ad estinguersi). Ma Re Mida potrebbe anche essere definito come uno dei primi eroi mitologici posseduti dall'hybris dell'uomo moderno, al punto che volle il potere di trasformare tutto ciò che toccava in oro.
L'odio o il timore che sviluppiamo contro la natura, nasce da questa hybris. Noi, che ci siamo così distaccati dal ciclo magico delle stagioni, che siamo in grado di trarre energia, invece che dagli schiavi, da minerali fossili (dalla natura quindi). Noi che siamo in grado di volare, di comunicare a distanze innaturali, a prolungare la nostra vita e a curare i nostri malanni, fino a farci credere possibile trovare un giorno la pietra filosofale, noi, siamo costretti nel 2020, a constatare che è (fortunatamente) ancora la natura a dettare le regole del gioco. Una natura indifferente alla nostra sorte, per la quale siamo, al massimo, un paragrafo della sua immensa storia. Si ripete, in fondo, con la Natura, la stessa domanda relativa al Dio absconditus, che non interviene più nella vita degli uomini, non si manifesta più come rovo infuocato, non manda più suo figlio a trasmettere la Buona Novella. La domanda allora è: "cosa dobbiamo fare per curare la nostra solitudine e la nostra finitudine".
Una risposta possibile è sentirci parte di questa orchestra naturale, al punto da poter condividere in una accezione laica, il Deus Sive Natura di Spinoza. Una accettazione gioiosa, che si sviluppa attraverso l'amor intellectualis, ovvero la gioia verso la conoscenza.
In aggiunta a ciò, bisogna essere platonicamente in medio res, senza cadere nelle due opposte fallacie, la fallacia naturalistica negativa, per la quale la Natura è matrigna e indifferente alla nostra sorte e la fallacia naturalistica positiva, per la quale la natura è lo scrigno di ogni valore. In realtà la natura, rispetto alla quale abbiamo questa posizione anche noi da centauri, come Sileno, è una grande avventura e noi possiamo con i nostri limiti e rispettandone sempre l'enorme potenza, cercare di studiarla, di conoscerne i segreti, come è stato fatto fin dalla creazione di un mondo simbolico da parte di homo sapiens ma che ha avuto un incremento vertiginoso ermeneutico a partire dal Rinascimento in poi. E noi, in quanto italiani, dovremmo essere orgogliosi di sapere, che il mondo attuale, compreso il suo rapporto con la natura e la sua conoscenza sulla natura è iniziato in un'epoca straordinaria e irripetibile come quella delle corti rinascimentali italiane del '400.
#1859
Per Davintro. La ricerca di una definizione il più intelligente possibile su Dio è connessa inevitabilmente con la dimostrazione della sua esistenza, ovviamente in via logico-deduttiva. Ma la ridondanza semantica di Dio, a sua volta, implica, una volta dimostrata la sua esistenza, anche l'accettazione di tutti i giudizi e le tradizioni a lui ascrivibili. La Teologia non è un settore della scienza dove è possibile, anzi doveroso, separare definizioni e giudizi.
Se ad esempio dicessi che il Comunismo è uno specifico sistema politico, questa definizione sarebbe comunque neutra.
In ogni caso ritengo la religione un principio di fede. Volerla "razionalizzare" la espone ad un pensiero, quello laico-scientifico, rispetto al quale non ha più sufficienti strumenti controargomentativi.
#1860
Tematiche Filosofiche / Credete nel libero arbitrio?
09 Febbraio 2021, 10:11:17 AM
L'esistenza umana vincolata rigidamente al determinismo è una concezione offensiva nei confronti della versatilità non solo di homo sapiens ma anche di tutti i primati superiori. È ovvio che ogni nostra azione è causata da forze meccaniche, insorgenze ambientali, motivazioni interne, a sua volta innescate da precedenti forze meccaniche, precedenti insorgenze ambientali e precedenti motivazioni interne.
Ma l'uomo è in grado di farsi delle domande "riflessive" su di sè, sul senso del mondo, sul senso della giustizia e del vivere insieme agli altri, a cui ha dato, nel corso dei secoli, risposte di tutti i tipi. Se si trattasse di determinismo ci dovremmo rassegnare a definirlo "determinismo Arlecchino".
In realtà il determinismo rigido e il fatalismo dovuto ad una causalità non preventivabile sono due facce della stessa medaglia, che esentano l'uomo da ogni responsabilità rispetto al proprio operato.
Esistono precondizioni rigide che vanno tenute presente nell'agire dell'uomo, la cui libertà non è mai assoluta (ad esempio non posso decidere di volare o di diventare presidente dell'Eni). Esistono, inoltre, "contingenze" ambientali "casuali" che limitano ulteriormente la nostra autonomia, come le ricombinazioni genetiche o le catastrofi geofisiche o geopolitiche, fino al vaso di fiori che cade per un colpo di vento sulla testa di un passante.
Ma all'interno di questa cornice la libertà dell'uomo è massima e solo in questo modo è tra l'altro possibile riconoscere la "responsabilità" dell'uomo sul suo operato.
Che la nostra libertà sia effettivamente tale è definita in modo sublime, ad esempio, da Musil: "la natura umana è altrettanto idonea all'antropofagia quanto alla critica della ragione pura".