Ciao Phil
Oltre al ragionamento che ha fatto Jean, una volta desto, ho fatto anche -in parte- il ragionamento che adesso hai prospettato tu; oltre a farne anche qualche altro, che non ha ancora fatto nessuno (e che vi risparmio).
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Ed infatti:
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1)
La prima asserzione dello "Stregatto, nella sua ambiguità, possiamo interpretarla:
a)
Sia come la verità è il niente!
b)
Sia come non c'è nulla che sia la verità («niente è la verità»).
La seconda interpretazione, anche secondo me, a stretto rigore, è "semanticamente" più corretta; questo poiché, come giustamente scrivi tu, "un'affermazione può essere "vera" o "falsa", ma non può essere la "verità" o la "falsità".
Però, linguisticamente, "verità" per "vero" può anche costituire una lecita "metonimia" (o meglio, una "sineddoche", a livello quasi "sinonimico"; che tutti quanti usiamo lecitamente ogni giorno.
Ad esempio, se un bambino nega di aver mangiato la marmellata, la mamma può chiedergli:
-tanto: "E' vero?"
-quanto: "E' la verità?"
Forme entrambe corrette!
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2)
Ho anche pensato, come te, che niente può davvero essere niente ("niente è niente"), nel senso che non c'è "qualcosa che sia niente", proprio perché "essendo qualcosa, non è niente".
Però, dal punto di vista della logica formale, tale affermazione deve essere necessariamente vera, in forza del "principio di identità" A = A (laddove A sta per "niente").
Come deve anche essere necessariamente vera, l'affermazione B ≠ A (laddove B sta per "qualcosa" e A sta per "niente").
Ma non si possono mescolare insieme le due diverse affermazioni.
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3)
Ho anche pensato alla tua ultima considerazione; e, cioè che stando al principio di identità, "la verità è la verità", e, quindi ""la verità non è niente" (laddove V = V ≠ N).
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Un saluto!
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