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Messaggi - sgiombo

#1846
Penso anch' io che la felicità e/o l' infelicità ci tocchino (più o meno a seconda dei casi) in ultima analisi per caso, dal momento che ci troviamo ad essere come siamo e a desiderare ciò che desideriamo in ultima analisi non per nostra libera scelta (anche se decidiamo di cercare di cambiarci, di diventare diversi da come siamo, lo facciamo comunque non per libera scelta ma: o indeterministicamente e cioé per caso-fortuna, oppure in conseguenza deterministica da come siamo, non per nostra libera scelta, al momento di deciderlo).

E infatti ho affermato che ritengo che non sia giusto imporre la vita umana ad altri (fare figli) perché questo inevitabilmente li esporrebbe non per loro ibera scelta al pericolo dell' infelicità.
E infatti al dio onnipotente che mi proponesse di rinascere per un' altra vita risponderei che preferisco l' alternativa di cessare definitivamente di esistere come soggetto cosciente.

Ciò non toglie che il conseguimento di un equilibrio migliore o peggiore fra aspirazioni soddisfatte e insoddisfatte (id est: fra elementi e aspetti di felicità e di infelicità nella nostra vita) dipende in parte (maggiore o minore a seconda dei casi ...comunque più o meno fortunati) anche da noi.
E in particolare dal sapere valutare razionalmente quali insiemi di aspirazioni sono soddifacibili complessivamente in alternativa a quali altri insiemi, attraverso quali mezzi (e a quali "prezzi"), e (cosa soprattutto difficile per la non quantificabilità, e dunque non conosciblità scientifica per lo meno in senso stretto o forte, e non misurabilità della res cogitans) dal sapere il meglio possibile ponderare (metaforicamente) la forza o intensità delle diverse aspirazioni e desideri che abbiamo in modo da stabilire quali insieme realisticamente conseguibli di soddisfazioni (gli uni alternativamente agli altri di essi) diano più e quali meno felicità (=soddisfazione) complessiva.
#1847
Penosa pretesa liquidazione di Kant senza averlo capito.
#1848
Il problema é che abbiamo molteplici aspirazioni e desideri, e spessissimo non possiamo realizzarli tutti (molti sono di fatto reciprocamente incompatibili).

Per questo la felicità completa, integrale, assoluta non é possibile e possiamo solo aspirare a una felicità parziale, relativa.
A questo scopo sono necessarie una conoscenza che sia la migliore possibile dell' ambiente naturale e sociale in cui ci troviamo ad agire onde stabilire quali insiemi di scopi sono congiuntamente realizzabili in alternativa a quali altri insiemi di scopi e con quali mezzi (e a quali prezzi, cioè rinunciando a quali altri scopi con essi incompatibili).
E a questo scopo la guida migliore sono l' analisi razionale e la ricerca scientifica.
E inoltre un' attenta valutazione dell' importanza o dell' intensità (non quantificabile!) con la quale avvertiamo i diversi desideri e aspirazioni, onde metaforicamente "ponderare" quali insiemi di soddisfazioni di aspirazioni reciprocamente compatibili ci darebbero la soddisfazione complessiva maggiore fra tutti i reciprocamente incompatibili insiemi complessivi di soddisfazioni di aspirazioni( reciprocamente compatibili nell' ambito di ciascun insieme incompatibile con gli altri insiemi).
"Metaforicamente "ponderare" e non prpriamente misurare quantitativamente, come sarebbe per esempio il "pesare" letteralmente, cosa infatti impossibile nell' ambito della res cogitans la quale ci prospetta i fini delle nostre azioni, e contrariamente al caso della res extensa, la conoscenza la migliore possibile (auspicabilmente scientifica) della quale ci può fornire i mezzi per conseguire quelli fra di essi che sono realisticamente ottenibili nelle circostanze in cui ci veniamo a trovare e ad agire.
La cosa più difficile nella ricerca della felicità é proprio la non misurabilità quantitativa letterale, sotto forma di rapporti matematici esprimibili da numeri, dell' intensità delle diverse aspirazioni spesso non reciprocamente compatibili e dunque fra le quali scegliere quali ricercare e a quali altre rinunciare onde conseguire le prime in alternativa alle seconde così da essere il più possibile felici.
Anche perché la vicinanza spaziotemporale di possibili soddisfazioni, il fatto di "constatarle come realtà presente o per lo meno imminente, in atto o quasi" tende a farcele avvertire falsamente come più intense, mentre altre soddisfazioni incompatibili con le presenti o imminenti ma più lontane nel tempo, per il fatto che si possono soltanto "immaginare come mere potenzialità future" tendono a sembrarci falsamente meno intense (in una sorta di "illusione mentale" analoga all' illusione ottica o prospettica che ci fa sembrare più grande di quanto non sia un oggetto materiale -res extensa- allorché ci é vicino e più piccolo quando é più lontano da noi).
#1849
Caro Paul11,

anch' io amo riflettere, godermi la natura, e detesto lo "stress da prestazione" che l' ideologia dominante pretenderebbe di imporre a tutti come indispensabile all' autorealizzazione.

Ma in ogni caso, per te che (almeno in larga misura come me) ami ammirare il paesaggio e respirare lungo e riconoscere fiori, piante, alberi, fermarti nel bosco ad ascoltare uccelli e vedere magari scoiattoli, soddisfare queste aspirazioni é essere felice (e non poterlo fare, cosa che ti auguro ti accada il meno che sia possibile, sarebbe essere infelice).

Chiunque é felice se riesce a realizzare ciò a cui aspira, infelice se non ci riesce, direi per definizione.
#1850
Con quanto scritto da CVC concordo: la forza d' animo é importante ma non onnipotente e la felicità non dipende solo da noi.



Chiarimenti a Viator:

Si potrebbero poi immaginare ulteriori sviluppi dell' esperimento mentale.La divinità onnipotente potrebbe chiederci se volessimo in alternativa rinascere.......

Non capisco : si tratterebbe di rinascere da inconsapevoli dell'esistenza precedente, oppure di rinascere conservando la memoria passata ?


Rinascere "alla maniera della metempsicosi", in una nuova vita senza traccia di memoria dell' attuale (Precedente rispetto alla nuova).


o cessare definitivamente di esistere e di vivere consapevolmente.

Anche qui : vivere consapevolmente la nuova vita nel senso di farlo ricordandosi della vita precedente ?

Ovviamente se si cessa di esistere e di vivere consapevolmente non ci si può certo ricordare della vita precedentemente vissuta e finita (per ricordare bisogna innanzitutto esserci e d essere dotato di coscienza, che del ricordare sono conditiones sine qua non).
#1851
Per "felicità" (più o meno, ma di fatto mai completamente, realizzata) comunemente si intende l' appagamento (più o meno, ma di fatto mai completamente, ottenuto) delle aspirazioni (proprie di ciascuno); per "infelicità" il loro mancato appagamento.
 
Dunque criterio della complessiva felicità o meno di una persona in un certo momento della propria vita può essere il seguente esperimento mentale:
Se ci comparisse davanti una divinità onnipotente e ci proponesse di rivivere (magari un' infinità di volte) la propria vita quale é stata finora, che cosa le risponderemmo?
Se le rispondessimo affermativamente, allora evidentemente la nostra vita (finora) é stata complessivamente felice (o comunque più felice che infelice per lo meno di un minimo di "eccesso di felicità" tale che varrebbe la pena di rifarla tale e quale, tale da compensare gli elementi di infelicità, in qualche misura inevitabili).
Se rispondessimo negativamente, allora evidentemente la nostra vita (finora) é stata complessivamente infelice.
 
 
Si potrebbero poi immaginare ulteriori sviluppi dell' esperimento mentale.
La divinità onnipotente potrebbe chiederci se volessimo in alternativa rinascere senza sapere quale sarà la nostra vita futura o cessare definitivamente di esistere e di vivere consapevolmente.
Personalmente, sebbene alla prima domanda avrei risposto affermativamente (sono complessivamente felice della mia vita quale é stata finora), di fronte a questa seconda proposta risponderei senza esitazioni che preferirei cessare di esistere: del tutto ingiustificato mi sembrerebbe infatti il rischio di vivere una vita infelice, e anche decisamente infelicissima, quali non poche (e comunque sempre troppe!) ci tocca di constatarne intorno a noi.
E coerenza mi imporrebbe, "a mo di corollario", che se avessi la possibilità di generare altri figli me ne dovrei astenere.
Infatti potrebbero essere infelici, e pure tantissimo, e comunque non avrei certo il diritto di imporre loro, senza il loro consenso (che non potrei avere per un' impossibilità logica, assoluta), il rischio dell' infelicità, seppure in alternativa alla possibilità della felicità.
Ma mi imporrebbe anche di porre immediatamente fine alla mia vita in modo il più possibile indolore (eutanasia), dal momento che nulla mi garantirebbe che in futuro il rapporto fra soddisfazioni e insoddisfazioni delle mie aspirazioni non si possa invertire, e dunque "il gioco non varrebbe la candela" (e anzi, con l' avanzare dell' età e i connessi problemi di salute e di efficienza fisica e mentale, il rischio dell' infelicità tenderebbe con ogni probabilità sempre più ad incrementarsi).
Senonché fra le mie (attuali) aspirazioni c' é quella di contribuire (sia "materialmente", economicamente, sia "moralmente", culturalmente, con la mia vicinanza intellettuale e affettiva), nei limiti delle mie possibilità, alla felicità dei miei cari innanzitutto e in varia misura di tutti coloro con cui potrei avere a che fare; e se mi dessi l' eutanasia contravverrei a questo dovere che sento dentro di me lasciando insoddisfatta questa mia importante aspirazione (= mi renderei infelice; moltissimo, anche se per pochissimo tempo, soprattutto in considerazione del persistere dell' infelicità arrecata ad altri ben oltre il brevissimo lasso di tempo della mia sopravvivenza in tal caso).
 
 
Inoltre si può essere felici o infelici in maggiore o minor misura per "fortuna estrinseca" o per "meriti intrinseci".
E mentre nel primo caso -per definizione- si sarebbe soddisfatti o meno della propria vita "in generale", nel secondo si sarebbe soddisfatti o meno di se stessi (e, se felici, qualora la divinità ci chiedesse se vorremmo rinascere così come siamo di fatto nati oppure diversi si sceglierebbe la prima alternativa; se insoddisfatti di noi stessi probabilmente la seconda).
Cioè nel secondo caso si sarebbe contenti oppure scontenti di sé, di essere come si é. Cosa che con tutta evidenza non può essere autonomamente scelta ma si subisce, inevitabilmente impotenti di fronte alla sorte; infatti anche nel caso si decida di cambiare, di compiere sforzi per mutare la propria personalità, cosa certamente non impossibile per lo meno in linea teorica, di principio, tuttavia questa decisione sarebbe o (immediatamente) casuale, fortuita, oppure determinata dal come si era al momento di compierla, comunque non per propria libera scelta ma fortuitamente (oppure per scelta altrui deliberata, per chi creda in un Dio creatore o qualcosa di simile: in ogni caso non per una libera scelta propria).
 
 
N.B.: Da questo "fatalismo di ultima istanza" non consegue affatto necessariamente una passività pratica, come molti erroneamente credono.
Il fatto che si sia nati "virtuosi" (per dirlo con gli antichi Stoici) oppure malvagi (o tali da decidere di diventare "virtuosi" oppure malvagi) non per merito proprio (ma casualmente, per "puro culo" o "pura sfiga" a seconda dei casi) non implica affatto necessariamente che se si é in maggiore o minor misura "virtuosi" ci si impegni di meno (che se non si fosse consapevoli di questo fatto) nell' operare bene, nel combattere il male, nel cercare di imporre ai malvagi le giuste punizioni e ai buoni i giusti premi in maggiore o minor misura (né che se si é più o meno malvagi ci si impegni di meno nell' operare più o meno male, nel combattere il bene, nel cercare di realizzare ingiustizie).


Che ne pensate?
 
#1852
Benvenuto anche da parte ia.

Spero che ti troverai bene nel forum!
#1853
In un impeto di "sfrenato ottimismo" (poco consono ai tempi assai grami in cui ci tocca di  viviere...) rileverei che la verità non é nemmeno necessariamente così irrilevante (storicamente ed esistenzialmente parlando), o non necessariamente sempre e comunque lo è decisamente meno delle credenze in quanto tali (fossero pure false).

Qualche volta, in una qualche misura (variabile al variare delle circostanze; ma generalmente nella misura in cui tende a smascherare le credenze false e sostituirle in quanto credenze reali) può anche darsi che sia più efficace delle credenze false.



...In questi tempo gramissimi, fra l' altro, la corporazione dei giornalisti al servizio di un potere sempre più impopolare e disumano (i cui miserabili fogliacci, se non fosse per le lautissime sovvenzioni sottratteci con le tasse -altro che i "forestali della Calabria" contro cui amano moralistcamente tuonare!- cioé se si sottoponessero alla logica del "mercaaaaaaaato", di cui si riempiono continuamente la bocca come le esercenti una certa antichissima professione se la riempiono spesso di qualcosa che non cito per non essere volgare, come peraltro dovrei, avrebbero tutti, nessuno escluso, chiuso i battenti da un bel pezzo) hanno la faccia di... (a-ri-autocensura) pretendere di censurare Internet (in cui almeno fra tante balle qualche verità ogni tanto trapela, contrariamente che sui loro abominevoli fogliacci...) con la oscena scusa delle "fake news" (in Italiano, da essi del tutto conseguentemente disprezzato: "bufale"; che non sarebbero naturalmente quelle dannosissime per la giustizia e per l' umanità da loro uniformemente propalate, come le famose "armi di distruzione di massa di Saddam", efficacemente servite a produrre centinaia di migliaia di morti di civili di tutte le età, o la tragicomica "strage di Timisoara" -la madre di tutte le moderne bufale- ecc., ecc.).



Compagni (mi rivolgo ai non molti che la pensano ancora come me e come me ammirano tantissimo e rimpiangono, fra gli altri, Robespierre e Stalin, chiedendo scusa ai tantissimi altri frequentatori del forum), dobbiamo stare al passo coi tempi:

"Con le budella del' ultimo giornalista impiccheremo l' ultimo manager (meglio se "bocconiano", della "London School of Ecomomy" o così via succhiando il sangue al popolo)!"


Per chi non la conoscesse:

https://www.youtube.com/watch?v=ziAJcO6QnIg
#1854
Citazione di: Raffaele Pisani il 22 Giugno 2018, 17:52:54 PM
Potrei dire che secondo me i giudizi analitici, che Kant ritiene mere tautologie, sono invece fecondi, perché nello svolgimento di un soggetto che si fa predicato si colgono delle relazioni che aggiungono conoscenza, questa però è una tesi propugnata nei primi del Novecento dal filosofo Giulio Canella, più noto al grande pubblico per la vicenda dello Smemorato di Collegno. Anch'egli però si riferiva a qualcun altro: il professor Désiré Mercier, tomista della Scuola di Lovanio, e si potrebbe andare a ritroso fino a Tommaso, Aristotele e via.
Un saluto a tutti.
Citazione
I giudizi analitici a priori non sono mere tautologie in quanto esplicitano nozioni implicitamente contenute nelle premesse, aumentando le conoscenze.

Ma si tratta di conoscenze che di per sé sono "intrinseche al discorso" (in particolare alle premesse), relative alla correttezza del discorso stesso (a prescindere dalla realtà), e non (non necessariamente e incondizionatamente) di conoscenze della realtà (di ciò che realmente é/accade o meno).
E che possono bensì essere anche conoscenze della realtà (di ciò che realmente é/accade o meno) ma solo alla condizione (la quale eccede i giudizi analitici a priori, richiedendo necessariamente giudizi sintetici a posteriori) che le premesse dei giudizi analitici a priori stessi siano (non ipotesi sulla realtà o definizioni fittizie di enti o eventi puramente teorici, di pensiero, "a prescindere dalla realtà", ma invece) conoscenze vere della realtà.
#1855
Tematiche Filosofiche / Re:Se il presente non esiste
23 Giugno 2018, 16:23:20 PM
Citazione di: viator il 22 Giugno 2018, 23:02:35 PM
CitazioneSalve. Per Sgiombo. "In assenza di forze è in moto rettilineo uniforme". L'energia si trasmette sempre per moto rettilineo (tranne che per la presenza di effetti relativistici) ed UNIFORME, ma non solo. Essa non può proprio fermarsi sinchè attraversa uno spazio libero da materia. E lo fa sempre alla stessa velocità. L'inerzia è l'energia POTENZIALE posseduta da un CORPO MATERIALE in movimento ed è proporzionale alla sua MASSA. Salutoni.

Essa (l' energia) non può proprio accelerare non "
sinchè attraversa uno spazio libero da materia", bensì sinché non subisce l' azione di una forza (per esempio della gravità).
E se subisce l' azione di una forza (per esempio della gravità) non lo fa affatto (non "attraversa affatto uno sazio libero da materia") sempre alla stessa velocità, bensì (proprio come quell' altra forma di materia che é la massa!) a una velocità diversa (in particolare per direzione), cioè subendo un' accelerazione (in particolare angolare).
 
L' energia non é affatto necessariamente, unicamente, sempre e comunque energia potenziale: può anche essere (per lo meno) energia cinetica, energia termica, energia chimica, le quali si trasformano continuamente l' una nell' altra secondo proporzioni definite universali e costanti; oltre a trasformarsi continuamente anche, sempre secondo proporzioni definite universali e costanti (id est: c' è una "cosa" che non si crea né si annichila in queste trasformazioni, ed é la materia in generale!) in lavoro e in massa.
 
A-ri-salutoni!
#1856
Citazione di: viator il 22 Giugno 2018, 22:44:59 PM
CitazioneSalve, Viator!

Salve Sgiombo. Farò un ultimo sforzo chiarificatorio.

"Se l'energia non fosse immateriale - ad esempio - non potrebbe propagarsi alla velocità della luce".
Dove sarebbe la mia svista?
Le tue parole inequivocabilmente negano che qualcosa di materiale (ovvero: qualcose che non sia immateriale) possa propagarsi alla velocità della luce, al che ho obiettato che casomai qualcosa di materiale non potrebbe propagarsi a velocità infinita, ma alla velocità della luce può benissimo farlo".

La tua svista (o convinzione secondo me errata) consiste nel sostenere che un ente materiale possa muoversi alla velocità della luce. Un ente materiale, possedendo una massa, non può raggiungere la velocità della luce perchè l'energia occorrente ad accelerarlo fino a tale velocità aumenta costantemente al crescere della velocità dell' "oggetto" sino a diventare INFINITA. E' come per lo zero assoluto, infinitamente avvicinabile ma mai raggiungibile. Comunque ciò risulta da qualsiasi testo o voce che tratti della "velocità della luce".

CitazioneUn ente materiale non necessariamente possiede una massa, potendo trattarsi benissimo di energia senza massa, per esempio di una radiazione elettromagnetica ovvero un fascio di fotoni che hanno massa = 0).
E in questo caso nulla osta al suo propagarsi alla velocità della luce (ma casomai a una velocità infinita).
Infatti "ciò risulta da qualsiasi testo o voce che tratti della velocità della luce".



"Quella che chiami "SOSTANZA" non é che la materia, la quale può presentarsi o come massa o come energia"
Io chiamo SOSTANZA la coppia di dimensioni fisiche che la scienza ufficiale chiama rispettivamente e separatamente materia ed energia. Concordo sul fatto che materia ed energia siano reciprocamente convertibili e che la quantità totale di SOSTANZA resti invariata all'interno del mondo.

Se tu preferisci chiamare sostanza la sola materia oppure non vuoi attribuire un nome, una defizione all'insieme delle due dimensioni che, secondo me - visto che rappresentano le due facce della medesima medaglia - rappresentano l'UNICITA' fondamentale.........OK, prendo atto.
CitazioneNo, guarda che tu (confondendo ciò che la scienza ufficiale intende per "massa" con ciò che la scienza ufficiale intende per "materia") chiami SOSTANZA (non ciò che la s. u. chiama "massa", bensì) ciò che la s, u. intende come "materia" (e chiama solitamente "energia"), la quale può trasformarsi secondo proporzioni definite, universali e costanti da massa ad energia e viceversa (di fatto da parte della scienza ufficiale si preferisce parlare di "energia" per indicare quella che secondo me meglio -sventando il pericolo di fraintendimenti come il tuo proprio- sarebbe chiamare "materia (in generale)", ovvero quella che tu chiami "SOSTANZA", della quale "energia" chiama indifferentemente "massa" o "materia" (ovvero:) le "manifestazioni" o "i casi" dotati di massa (per l' appunto "energia massiva", "energia dotata di, o caratterizzata -anche- da, massa).
 
Infatti massa ed energia sono reciprocamente convertibili e dunque la quantità di materia (in generale: di ciò che tu chiami "SOSTANZA" e che la scienza ufficiale solitamente chiama "energia") resta invariata nel mondo fisico materiale.



"Secondo il II° principio della termodinamica l' entropia é una grandezza fisica che tende a............"
L'esistenza dell'entropia genera la contraddizione (esclusivamente logica e filosofica) fondamentale circa l'essere del mondo. L'entropia è quell'andamento delle cose (cioè la modalità di funzionamento del mondo fisico) che fa in modo che l'energia tenda a distribuirsi da dove ce nè di più verso dove ce n'è di meno.
Quindi consiste nella tendenza al raggiungimento dell'equilibrio energetico e termico che si realizzarebbe una volta che - infine - dappertutto fosse presente la stessa quantità di energia (cioè la medesima temperatura). Il guaio sarebbe che, raggiunta tale condizione, non ci sarebbe più energia che si sposta e cesserebbero le trasmutazioni tra materia ed energia. Nulla più potrebbe accadere e quindi assisteremmo alla morte del mondo fisico (credo proprio anche di quello "formale", cioè astratto e spirituale !). Tale tendenza però si realizza attraverso i fenomeni fisici che intanto fanno "vivere" il mondo. Perciò l'entropia lavora facendo esistere l'opposto di ciò a cui tende. L'entropia realizza la continua diversificazione dei contenuti del mondo (vita del mondo) che si oppone nei fatti alla tendenziale uniformità di essi (morte del mondo).
CitazioneSecondo il II° pr. d. TD. il raggiungimento dell'equilibrio energetico e termico tende a realizzarsi (e non: necessariamente sempre e comunque si realizza!) una volta che [non: "dappertutto" ma invece soltanto nei sistemi termodinamicamente isolati!] fosse uniformemente distribuita la stessa quantità di energia [termica]; e inoltre non "infine", non essendo impossibile (ma solo improbabilissimo =/= infinitamente improbabile! =/= impossibile!), anche nei sistemi termodinamicamente isolati una violazione di un processo "tendenziale" (=/= assolutamente, inderogabilmente necessario sempre e comunque).
Ovvero potrebbe ancora darsi, per quanto improbabilissimamente, che ci fosse ancora energia [e pure massa] che si sposta e che ancora accadessero trasmutazioni tra massa ed energia (nell' ambito della costanza quantitativa della materia in generale): nessuna ineluttabile "morte del mondo fisico"!
Anche perchél' universo fisico (secondo me; e contro le cosmologie conformistiche) é esteso spazialmente (e temporalmente) al' infinito, e dunque non può essere considerato un sistema termodinamicamente isolato (non potendo esistere altro da esso che lo circoscriva e da cui possa essere termodinamicamente isolato); inoltre perché (comunque, anche ammessa e non concessa la finitezza spaziale dell' universo fisico) in un tempo infinito prima o poi accadono anche gli eventi più improbabili (=/= infinitamente improbabili =/= impossibili).
 
Questo ci ha insegnato il grandissimo Boltzmann (e un secolo dopo Prigogine non l' aveva ancora capito).
 
Peraltro la vita (complessivamente) costituisce un sistema termodinamico aperto (scambia con il resto dell' universo materia, sia sotto forma di massa che di energia) per il quale non vale dunque il II° principio, abbassandosi la sua entropia proprio in virtù degli apporti materiali (e in particolare energetici ad alta temperatura) dal suo esterno.



Non vedo in che senso le accelerazioni possano essere considerate conversioni reciproche fra spazio e tempo.
Mai affermato da parte mia  : ho solo detto "Andando più veloci si può "accorciare lo spazio" impiegando meno tempo, no?". Tale considerazione riguarda unicamente la velocità momentanea che si sta tenendo, non il fatto che possa occorrere una accelerazione per raggiungerla.

CitazioneVeramente hai scritto testualmente (copio/incollo):
 
"...il TEMPO e lo SPAZIO. Il loro insieme si chiama FORMA. Anche queste due dimensioni [inequivocabilmente il tempo e lo spazio, N.d.R.] sono reciprocamente convertibili : "v=s/t".
Andando più veloci [= accelerando] si può "accorciare lo spazio" impiegando meno tempo, no?



Il tempo scorre in natura (=la natura diviene) anche senza alcuna osservazione (umana in particolare)
Guarda che non è l'osservazione umana a far si che il tempo esista fuori di noi mentre osserviamo. Secondo te, mi sembra, il tempo è una dimensione oggettiva e fisica. Secondo me è una modalità di percezione psichica. Quello che tu chiami scorrere del tempo (locuzione perfettamente sensata in via interlocutoria) io lo chiamo "sequenza degli eventi", cioè "svolgersi dell'essere" cioè "inarrestabile concatenazione di cause ed effetti". Quindi l'uomo osservatore non sta guardando il tempo (che è solo in lui) ma gli eventi.
CitazioneGuarda che, se é vera la conoscenza scientifica (che se non lo credi, allora non penso potremmo intenderci), allora il tempo é una dimensione fisica (= materiale naturale) intersoggettiva, per quanto relativa, dello spaziotempo, reale "fuori di noi" (indipendentemente dalla presenza o meno qualsiasi eventuale osservatore), oltre che un aspetto del nostro divenire interiore o menale (o ("psichico").
 
Quindi l'uomo osservatore sta proprio guardando il tempo (che non è solo in lui) ma anche negli eventi fisici naturali materiali, il cui "svolgersi dell'essere" è un "inarrestabile concatenazione di cause ed effetti".



(lo spazio é costituito dall' insieme di tre dimensioni; secondo alcune teorie che personalmente non condivido da di più di tre).

Lo spazio, ripeto, secondo me è solo la modalità psichica con cui noi percepiamo l'esistenza della materia, e non possiede "sottodimensioni". Le tre (od "n") dimensioni con le quali noi ci trastulliamo hanno un significato geometrico e non fisico. Fanno quindi parte delle convenzioni presenti nel linguaggio matematico-geometrico (assieme ai concetti di retta, semiretta, striscie di Moebius etc., le quali sono anch'esse solo nostre creazioni mentali).
CitazioneSecondo me lo spazio é un aspetto astratto dei fenomeni (insiemi, successioni di sensazioni) materiali (è qualcosa di fenomenico materiale e non fenomenico "psichico" se, come comunemente accade, per "psichico" si intende il fenomenico mentale e non materiale); e con tutta evidenza empirica si articola in tre dimensioni (almeno; secondo molti in più di tre).
Le tre "o più) dimensioni con le quali "ci trastulliamo" utilmente e dilettevolmente conoscendo scientificamente il mondo materiale naturale hanno anche un dignificato "fisico" (= fenomenico materiale), oltre che geometrico (fenomenico mentale).
 
Assieme ai concetti di retta, semiretta, strisce di Moebius etc., sono anch'esse nostre astrazioni (fenomeniche) mentali dal mondo (fenomenico) materiale (postulabile, anche se non dimostrabile, essere) intersoggettivo e scientificamente conoscibile.

Chiudo augurandoti qualcosa che credo prezioso nelle giornate attuali : tanto fresco. Salutoni.
CitazioneChiudo ricambiando il gradito augurio di frescura e i salutoni!
#1857
So di dire una cosa molto più semplice e banale della maggior arte delle delle considerazioni che sono già state proposte in questa discussione, ma secondo me

é ovvio che credenze false abbiano effetti reali, talora anche "pesanti", dal momento che credenze false che realmente accadano (il fatto che ci sia chi crede qualcosa di falso) sono fatti reali, interagenti causalmente con il resto della realtà.
#1858
Citazione di: Jacopus il 23 Maggio 2018, 14:58:57 PM

D'altro canto legittimare le contraddizioni puo' assumere il significato di giustificare qualsiasi malefatta: "Io sono per l'onesta' ma ora contradditoriamente rubo. Domani saro' onesto." Mi sembra una logica che si confa' molto all'italiano medio, con imprinting barocco-cattolico.
Tra questi due pericoli naviga l'uomo saggio.

Guarda che in tutte le altre parti del mondo (men che meno negli "anglosassoni", protestanti e seguaci delle più irrazionalistiche mode "new age" USA) la disonestà e l' ipocrita pretesa di giustificare come "veniale o inevitabile contraddizione" non pullula certamente meno che in Italia (contrariamente all' autorazzismo).
#1859
Citazione di: viator il 21 Giugno 2018, 18:08:41 PM
Salve Sgiombo.
"Non vedo perché mai l' energia (ma invero solo quella elettromagnetica), per il fatto di essere materia, non dovrebbe potersi propagare alla velocità della luce, cosa impossibile unicamente a quell' altro stato o forma della materia, alternativo a quello energetico, che é la massa; casomai per essere materia non dovrebbe potersi muovere a velocità infinita; ed infatti non lo fa
Forse c'è stata una vista nel leggere il mio testo precedente, nel quale io precisavo che l'energia (una delle due dimensioni della SOSTANZA, assieme alla materia eventualmente  massificata) è caratterizzata dal poter propagarsi alla velocità della luce. Il fatto che massa ed energia siano reciprocamente convertibili e le relative condizioni ed esiti della reciproca convertibilità fa in modo che la materia-massa possa venir definita come "energia estremamente concentrata" e la energia-forza come "materia estremamente diluita".

CitazioneTu hai scritto.
"Se l'energia non fosse immateriale - ad esempio - non potrebbe propagarsi alla velocità della luce".
Dove sarebbe la mia svista?
Le tue parole inequivocabilmente negano che qualcosa di materiale (ovvero: qualcose che non sia immateriale) possa propagarsi alla velocità della luce, al che ho obiettato che casomai qualcosa di materiale non potrebbe propagarsi a velocità infinita, ma alla velocità della luce può benissimo farlo.

Quella che chiami "
SOSTANZA" non é che la materia, la quale può presentarsi o come massa o come energia, non si crea né si annichila (resta complessivamente di quantità costante),  ma continuamente si trasforma dall' una all' altra e viceversa secondo modalità e in quantitativi universali e costanti.



"E per avere a che fare con l'immaterialità è quindi necessario prescindere dalla materialità (anche energetica: non confondere "immaterialità" ovvero "non materialità" con "non massività")".
Qui si apre il caso. Ti spiego la mia visione del mondo fisico :

Il mondo fisico privo della presenza umana consiste in una unicità (che chiameremo SOSTANZA) che vive attraverso l'intrinseca contraddizione di una duplicità: quella costituita dalla MATERIA da una parte e dall'ENERGIA dall'altra. Chiamiamo queste ultime due "DIMENSIONI della SOSTANZA".
Non posso/voglio qui spiegarti in cosa consista secondo me tale contraddizione (che chiameremo ENTROPIA) perchè la faremmo troppo lunga.
La continua parziale trasformazione di materia in energia (e viceversa) genera la "vita" del mondo fisico.

CitazioneIl mondo fisico non é (di fatto) privo della "presenza umana" ma invece la comprende.

Quella fra massa ed energia, le due forme della materia che, restando complessivamente costante (quantitativamente), non creandosi né annichilendosi mai, si trasforma continuamente secondo proporzioni determinate universali e costanti (e = m c c) dall' una all' altra non può essere considerata una contraddizione, ma casomai una complementarità fra due modi di essere della materia stessa.
Nel che non c' é proprio nulla di contraddittorio (contrariamente alle pretese di Parmenide e di Severino): é il divenire naturale (che fra ' altro, in determinate, particolari condizioni, genera la vita).

Secondo il II° principio della termodinamica l' entropia é una grandezza fisica che tende a crescere (=/=cresce sempre e comunque!) nei sistemi termodinamicamente isolati (=/= in qualsiasi sistema termodinamico, compresi quelli chiusi ma non isolati e quelli quelli aperti!), spiegando l' evoluzione della probabilità della configurazione macroscopica di essi nel tempo come espressione (o conseguenza) della frequenza relativa delle sue diverse possibili configurazioni macroscopiche caratterizzate da diversa quantità di ordine (o inversamente di informazioni di cui é necessario disporre per descriverle).



Il mondo fisico includente la presenza umana consiste nell'apparire altre due DIMENSIONI che si affiancano alla materia ed all'energia: esse sono il TEMPO e lo SPAZIO. Il loro insieme si chiama FORMA. Anche queste due dimensioni sono reciprocamente convertibili : "v=s/t". Andando più veloci si può "accorciare lo spazio" impiegando meno tempo, no?.

CitazioneAnche quelle parti del mondo fisico che non implicano (non ancora, oppure non più, oppure non mai) la presenza umana divengono (cambiano ordinatamente, cioé secondo modalità generali universali e costanti, astraibili da parte de pensiero scientifico dai variabili e cangianti particolari concreti) nello spaziotempo.

Non vedo in che senso le accelerazioni possano essere considerate conversioni reciproche fra spazio e tempo.

Quindi abbiamo due "dimensioni sostanziali" e due "dimensioni formali", queste ultime generate dall'apparizione dell'uomo.
In che senso ? Perchè l'uomo è apparso come "osservatore dell'esistente" per osservarlo ha utilizzato una modalità, una FORMA in cui lo osserva. Il TEMPO è solo la dimensione FORMALE consistente nella percezione, da parte nostra delle modalità con cui avvengono i fenomeni che coinvolgono la MATERIA. Lo SPAZIO è la stessa cosa per quanto guarda i fenomeni che coinvolgono l'ENERGIA.

CitazioneAnche gli animali comparsi prima dell' uomo osservano (anche se molto meno "contemplativamente", "teoricamente", disinteressatamente) l' esistente (quella parte che é percepibile dai loro organi di senso; ma questa limitazione vale altrettanto per l' uomo).

Il tempo scorre in natura (=la natura diviene) anche senza alcuna osservazione (umana in particolare), del tutto indipendentemente da qualsiasi eventuale osservazione (umana o meno).
E di conseguenza ogni osservazione umana della natura avviene, in quanto fenomeno naturale, nel divenire naturale, id est: nel tempo.

Quindi delle quattro dimensioni classiche utilizzate  dalla scienza (umana) fisica (materia, energia, tempo, spazio) due fanno parte del mondo fisico, le altre due della mente dello scienziato che le esamina.

Il tempo e lo spazio non fanno parte della realtà a noi esterna (SOSTANZIALE) ma solo di quella a noi interna (FORMALE).
Ecco quindi la distinzione tra il mondo MATERIALE (SOSTANZA ed oggettività) e IMMATERIALE (FORMA e soggettività).
Più in là non vado, almeno per ora. Ma altre cose mi sono trovato a pensare. Salutoni.

CitazioneDi tutte quelle da te enunciate solo il tempo é una dimensione del divenire naturale (lo spazio é costituito dall' insieme di tre dimensioni; secondo alcune teorie che personalmente non condivido da di più di tre).
Solo il tempo é una dimensione del divenite mentale (oltre che di quello fisico ovvero materiale; per dirlo alla tua personale maniera "sostanziale"); le altre sono proprie unicamente del mondo fisico materiale ("sostanziale").

Ricambio di cuore i cordiali saluti.
#1860
Citazione di: 0xdeadbeef il 20 Giugno 2018, 20:20:33 PM
Ringrazio di cuore Epicurus per aver postato questo interessantissimo documento.
Naturalmente questa è la posizione autentica di Eco (così come rilevabile anche ne: "La soglia e l'infinito")
sul problema di cui stiamo trattando.
Senonchè rimane, come dire, "viva" la sua provocazione su di una verità "che si dice". Cioè su una
verità che è tale in vizio (non certo in virtù...) di un consenso generale che, sempre, viene fondato
dalla "potenza" in quel momento dominante.
Si diceva, allora, che gli Ebrei mangiassero i bambini come, più tardi, che fossero una razza inferiore e
malevola PERCHE', evidentemente, la cultura dominante di quei tempi "voleva" che così fosse.
E non si tratta di semplici menzogne...
Dal superamento idealistico della filosofia di Kant (che io vedo come fondante di tutta la semiotica), l'"io"
è venuto sempre più a configurarsi come l'autentico "creatore" della realtà.
Se, in altre parole, come in Hegel realtà e razionalità coincidono, questo vuol dire che coincidono fatto e
interpretazione del fatto (e coincidono nell'unico "luogo" in cui possono coincidere: nell'interpretazione).
Ecco, in estrema sintesi, come e da dove nasce la celebre affermazione di Nietzsche.
La provocazione di Eco è caustica e attualissima. Perchè tutta la nostra cultura è ancora impregnata di questo
"mortale veleno" che è l'Idealismo.
saluti

Credo (se ti ho capito, vecchio amico Mauro) che parlando di superamento idealistico della filosofia di Kant intendessi "preteso superamento" (forse sarebbe risultato più chiaro se avessi scritto "superamento" fra virgolette).

Credo di non semplificare eccessivamente (salvo sbagliarmi) che ciò di cui parlava, tra il sarcastico e l' ironico, in quella occasione Eco si possa identificare con l ' "ideologia" nel senso in cui la intendevano Marx ed Engels, cioé come "falsa coscienza" pretesa (e di fatto almeno in larga misura intesa, per o meno se dscretamente efficace) come vera.