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Messaggi - green demetr

#1846
Citazione di: Dubbioso il 03 Marzo 2020, 11:29:09 AM
La vergine Maria e' stata concepita senza peccato originale e al contempo e' stata libera di accettare il suo compito di madre di Dio.[/size]Maria essendo priva del peccato originale ha potuto essere santa in tutto e per tutto e al contempo libera. Mi chiedo dunque perche' Dio non ha potuto/voluto creare tutta l'umanità simile alla Madonna? ( preservandola dal peccato originale )Ovvero conciliare la liberta' umana e il libero arbitrio con la santità....la Madonna aveva il libero arbitrio e al contempo non era corrotta dal peccato originale. Perche' tutta l'umanità dopo " Adamo ed Eva " non poteva essere concepita cosi? ( la Madonna e' il chiaro esempio di possibilità di conciliare il libero arbitrio con l'assenza del peccato originale )Grazie un abbraccio.


Bella domanda, il fatto è che il tema della grazia, è stato pensato proprio per ripensare la distanza divina.
La possibilità della grazia è di fatto aperta a tutti, non solo alla vergine maria.


Dunque è uno sprone alla fede per i restanti peccatori.


Non ho capito bene la questione del libero arbitrio.


Noi tutti possediamo il libero arbitrio, è una delle basi del cristianesimo, è anzi proprio nel libero arbitrio e per grazia del salvatore che possiamo uscire dalla condizione di peccattori.

#1847
Citazione di: viator il 02 Marzo 2020, 21:16:41 PM
Salve anthonyi. Citandoti : XXXXX"c'è bisogno di comunicare questo sentimento affettivo per cui rientriamo nella prima categoria del bisogno umano di comunicare"XXXXX.

Voglio citarti (inutilmente, poichè certe cose dovrebbero risultare lapalissiane ma la gente non riflette, vuole solo affermare e ribadire ciò che qualcuno in passato gli ha raccontato) la definizione di bisogno :

"Ciò la cui mancata soddisfazione impedisce - in tempi più o meno rapidi - la sopravvivenza biologica dell'individuo".

I bisogni sono quindi SOLO quelli bio-fisiologici (mangiare, bere, respirare, traspirare, deiettare), TUTTO IL RESTO - inclusi ovviamente sentimenti e comunicazioni - si chiama con nomi diversi ed ha funzioni diverse. Saluti.


Certo ma quando i bisogni biologici sono soddisfatti SOLO all'interno di un gruppo sociale, capisci bene come il problema adattivo diventi sì biologico ma per estensione anche di altro carattere, appunto sociale.
Dunque si tratta di unire i 2 momenti, essendo quello della sopravvivenza sempre il centrale.
L'uomo biologico è in fin dei conti adattivo. (quindi sia bilogicamente che socialmente, egli è in grado di farlo)
#1848
Citazione di: Isfrael il 03 Marzo 2020, 11:48:44 AM
Citazione di: Dubbioso il 27 Febbraio 2020, 10:35:50 AM



Voi come conciliate il tutto?

Grazie un abbraccio
Penso che non si possa ragionevolmente conciliare, anzi per me che avevo cominciato a leggere la Bibbia in modo approfondito, mi sono evidenziate tantissime contraddizioni, la prima gigantesca, il Dio descritto nell' Antico Testamento, non corrisponde al Dio amorevole e compassionevole descritto dalla religione cattolica...anzi sembra piuttosto un "dittatore" da obbedire senza neanche starci a pensare un attimo, questa mia impressione è condivisa da ogni persona che legge libera da ogni infarcitura e indottrinamenti.


Anche per me come già detto sono difficilmente conciliabili.


Intervengo solo per ricordare che il DIO di ISRAELE, lo stesso che quello di GESU' ricordo, è SIA TERRIBILE, vero, MA ANCHE AMOREVOLE.


Per capire meglio la scrittura del vecchio testamento ricordo inoltre che dio ha dato anche delle leggi orali.


La storia del vecchio testamento è la storia, l'educazione possiamo ben dire, del popolo ebraico.


E' insieme la legge e la possibilità anzi il dovere di interpretarla infinite volte.









#1849
Citazione di: InVerno il 02 Marzo 2020, 19:34:48 PM
Ciao Dubbioso, non so cosa hai tratto dalle ultime discussioni, ma spero tu abbia messo in conto che leggere letteralmente la Bibbia non porta da nessuna parte. Stando a un calcolo basato sulle generazioni menzionate nell' AT Adamo ed Eva dovrebbero essere vissuti 6mila anni fa. Inutile dire che non è possibile.
Spoiler degli episodi successivi : il diluvio universale non è mai avvenuto, nessuno ha mai costruito un arca di quelle dimensioni, la torre di Babele non è mai esistita, e la maggior parte delle guerre\invasioni\descrizioni del regno\regnanti ebraico\i sono completamente inventate o non hanno nessun riscontro nella storiografia attuale.


Nì. Gli eventi della Bibbia sono quasi tutti riscontrabili, è la datazione a essere sballata.


Evidentemente gli studiosi non sanno che esiste una cabala numerica all'interno della tradizione ebraica.


Si tratta di decifrarla.


Comunque già il fatto che così tanti studiosi e soldi vengano spesi per queste ricerche fa capire come quanto sia importante recuperare il senso storico oltre che allegorico delle Bibbia.


Mi sorprendi Inverno, visto che in passato mi hai sempre mostrato una grande conoscenza delle vicende storiche coeve a quello che è avvenuto nei VANGELI.
#1850
Citazione di: iano il 02 Marzo 2020, 10:46:39 AM
Ma come andavano le cose prima , quando non c'erano i libri  , ma c'erano già gli uomini?
I problemi nascono coi libri o c'erano già?


Ciao Iano, c'erano già i problemi, infatti la scrittura è un fenomeno tardo nel mondo dei segni.


Possiamo forse ignorare le pitture rupestri, o il ritrovamento di pentole e armi, fin da prima che l'uomo sapiens comparisse, già gli austrolopitechi o i coevi neanderthal usavo pentolame e armi!!!!


Insomma la scrittura ha accellerato la trasmissione della conoscenza, ma la conoscenza comune e i suoi problemi adattivi già c'erno!





#1851
Paul


"O la fenomenologia ha una tale forza persuasiva e  quindi culturale di collocarsi fra metafisica e scienze moderne dettando nuovi paradigmi, o diventa puro esercizio narrativo soggettivo"


Ma certo Paul, siamo d'accordo. Ho detto solo che per me la fenomenologia è il punto di partenza, il più adatto per poter risalire la corrente al soggetto, e quindi alla critica del soggetto (in relazione alle sue fantasie fenomeniche)), per arrivare all'anima, e infine al legame cosmico con lo Spirito.
L'archè di cui spesso parliamo mi pare.(tranne il fatto che poi non ho ben capito come funzioni il tuo discorso per così dire costruens).
Insomma non volevo dire che la risposta è la fenomenologia, se è questo che mi rimproverari. Ripeto io cerco una metafisica, non una fenomenologia, con cui comunque mi voglio confrontare, e lo faccio volentieri.
Se vuoi partire direttamente dal soprasensibile, va bene lo stesso! Ok a presto.

ps
Scusa se non proseguo oggi gli altri punti del tuo intervento bellisimo di qualche giorno fa, la risposta ad Eutidemo mi ha sfiancato, dacci uno sgurdo se ti và.(quella su essere e non essere).



#1852
Bello scritto Eutidemo.


Sì un tema molto complesso, ne parlo tramite la mia prospettiva.


Certamente come da proposto il tema sembra essere formale, facendo un sali e scendi rispetto all'esperienza, intendo anche scientifica.


Per la formalità dell'essere e del non-essere, ha poco senso. Ha senso invece quella problematica all'interno del vissuto quotidiano.


Certamente secondo la tutologia del principio del terzo escluso, ogni cosa è sempre ogni cosa.
Sono clamorosamente d'accordo con Bobmax sul fatto che la moltiplicazione degli enti non salva dal nichilismo anzi....
Il punto è che per Severino il nichilismo è il passaggio destinale affinchè l'uomo smetta di pensarsi come soggetto.


Infatti quello che manca di nuovo nel 3d, è la conoscenza di Kant, non è un caso, è un sintomo dei tempi.


Il pensiero (dell'essere e del non-essere) è sempre di un soggetto.


Legato al soggetto troviamo il fenomeno che a lui si presenta, come essere e non essere.


E' rispetto a questo legame, a questa relazione soggetto-fenomeno che si instaura la questione essere- non essere.


Ho trovato veramente molto ben chiarificato la questione, che si sposa allo spazio certo. Sono molto d'accordo con tutte le distinzioni fatte fra vuoto e nulla.
Molto soddisfatto di come è stata trattata la questione dello spazio, che è valida per il big-bang è valida anche per le infinite teorie che circolano note e meno note, sulla cosmologia.


Nel mio caso, però è la tematica del tempo quella che mi sta a cuore.


Certo la sussistenza dell'identità, è un fatto del pensiero, che sia suffragata da un documento (tesi del neo-realismo, vedi sopratutto Ferraris), meglio auto-suffrata, o che sia la presunzione di essere lo stesso soggetto biologico.


Il che è evidentemente falso, il me giovane non ha alcun legame biologico con il me vecchio.


Ciò che mi fa dire che io sono io, è per necessità di cose, che esista un anima.


Che l'anima sia la grande rimozione della modernità è di una evidenza scioccante, in quanto la sua idea permane accanto ai nostri tempi, come se fosse qualcosa legato alla religione.


In questo senso la tematica spazio-temporale, risolta da Parmenide-Severino, come sussistenza dell'essere in QUANTO esistenza però, sennò non capiamo la tematica della destinalità sia in Parmenide sia sopratutto in Severino.
E' a due livelli, il primo quello del soggetto, che continua a illudersi di essere identità. persona, codice fiscale. (io sono il mio codice fiscale, suona così nel mondo robotico, mimetizzato sotto io sono un avvocato, un magistrato, un panettiere etc...).
Il secondo che invece riguarda il reale e non il fantasma, che riguarda l'anima.


Non si capisce Eraclito o Hegel senza capire che la grande filosofia passa sopra le storie personali dell'identità, si riferisce direttamente all'anima e al suo dramma esistenziale.


In questo senso è vero che ESSERE e NON ESSERE sembrano astrazioni formali.


Ma NON DEL SOGGETTO!!!! è questo il tema mancante degli ottimi EUTIDEMO e PAUL.


Sono astrazioni del mondo animico, il mondo mediano, tra soggetto-fenomeno, ed ESSERE, ESSERE che è DIO. (è ovvio).


E' proprio nella medianità che risiede il destino NEGATIVO della coppia HEGEL-PARMENIDE.


Di contro la negazione di qualsiasi medianità della coppia ERACLITO-SEVERINO.


Pur tutti e 4 avendo capito (Insieme a EUTIDEMO PAUL e ME) che l'ESSERE è una astrazione formale.


Ma questa formalità, non è l'in sè della filosofia analitica americana.


Non esiste un mondo di soli aggettivi. Io sono "X".


Il fatto è che io mi dico "X" in quanto il fenomeno che mi APPARE, mi determina come funzione tale che f(Y)=x dove y è il fenomeno e x sono io.


Ma è la funzione che conta. La medianità che la permette.


Nel mondo di Parmenide questa medianità è introdotta da NULLA.


Il Nulla non è l'astrazione di ciò è l'ESISTEZA dell'ESSERE.


Possiamo bene dire che è un DIO che si scontra con un altro DIO, quello dell'ESSERE.


In Parmenide questo scontro divino si risolve nella tragedia umana. Ovvero vive nell'uomo.


E' l'uomo il medium della funzione di scontro tra gli opposti.


Il principio del terzo escluso che la psicanalisi bacchetta ad ogni piè sospinto è già lì da venire.


Parmenide è il maestro delle filosofie occulte di Platone e Aristotele.


Uno scontro tra DEI. Così nella BHAGAVAD GITA.


E' sempre uno scontro tra DEI.


Questa fantasmagoria non fa parte del soggetto, che infatti la etichetta come tale, e passa oltre al suo prossimo codice fiscale da inserire nel banco dati di androide memoria.


Fa parte dell'anima. E si chiama destinalità. Mortalità fuor di mimesi.


Così in Hegel l'anima appare già come la determinazione che si impone a partire dall'inderminazione, che il niente relativo, il nihil latino, è infatti l'essere, l'essere formale, che qualcosa è e non può essere altro.

Per Hegel il movimento NEGATIVO viene ancora prima, in quello che lui chiama lo SPIRITO.


E' lo SPIRITO CHE DA INIZIO ALLA NEMESI DELL'ANIMA.


E lo fa dandogli una forma. E questa forma a sua volta decide del soggetto intenzionale.


Perciò ESSERE E NON ESSERE, fanno parte dello stesso movimento NEGATIVO.


Non possiamo intendere insomma il non essere del soggetto, come il non essere del NEGATIVO.


Se vogliamo questa forma negativa dell'essere, E' il nichilismo positivo a cui allude Nietzche.


Se il nichilismo del soggetto è la storia della dominazione dell'uno sull'altro, il nichilismo del destino è la liberazione dell'anima in seno allo SPIRITO che alberga gravemente sull'anima.


Per SEVERINO come per ERACLITO, invece questa negatività, è la follia che abita il sottosuolo della (grande) filosofia.


Il mondo di Eraclito e di Severino è già compreso di questo destino di annientamento.


In questione è ovviamente il fenomeno, il fenomeno è l'apparire di ciò che non può essere.


OSSIA DEL SUSSISTERE DI QUALCOSA COME SE QUESTO QUALCOSA VENISSE DAL NIENTE.


Entrambi capiscono che le filosofie di PARMENIDE ed HEGEL (o meglio ancora NIETZCHE) sono frutto di un errore che dimentica la tautologia.


Per essi dunque è il tempo ad essere illusione ESATTAMENTE ma per strade completamente opposte, a quelle orientali.


In Parmenide in Hegel in Nietzche il TEMPO esiste, e il tempo è il NEMICO dell'anima.


Entrambi questi 3 (e ci aggiungerei Heidegger) VOGLIONO il superamento di questa destinazione.


Lo vogliono talmente tanto che il tempo come valore fantasmatico, come tema paranoico, sparisce di fronte al loro filosofare.
Essi vanno oltre le tematiche della storia del soggetto, se ne fregano dell'individuo, non vedono codici fiscali.


Sono i filosofi che più ammiro, il loro scontro è titanico, come è giusto che sia lo scontro con gli DEI.


E'uno scontro destinale che gli stessi DEI caldeggiano. (è ovvio).


In Eraclito e in Severino questo scontro viene letto come destino della tecnica, del soppruso dell'uono sull'altro.


Heidegger rimane sospeso tra questi due mondi, rimanendo congelasto nella gellassen, nel guardare il mondo da lontano.


Capisce insieme lo sforzo necessario di andare contro il TEMPO, e nello stesso tempo, di come questo sforzo faccia parte di un DESTINO inevitabile di distruzione.


A mio parere questi autori temono la morte, non capiscono che la morte è una fantasmastica, che nessuna tautologia può impedire ad essa di produrre paralisi.


Naturalmente stiamo parlando di cose altissime. Semplicemente vi sono 2 destini completamente diversi.


Ecco si perde tutto questo che ho raccontato DIMENTICANDOSI che l'uomo non è un robot, è un SOGGETTO!!!
#1853
PAUL

"Un conto è partire dall'aletheia nell'esistenza, negando preconcettualmente il soprasensibile e un conto inserirlo nel soprasensibile: muta completamente l'ambiente e le prospettive indagatrici."

Il tuo intervento è molto denso e degno di essere preso punto per punto.

Per oggi prendo solo il primo e più enigmatico dei punti.

Anzitutto sono d'accordo, questa tua domanda mi pare segnalare un grosso problema.

Per me logos, è semplicemente il legame che si instaura tra la verità dell'in sè, e il suo fenomeno.

Ma a sua volta il fenomeno in che maniera è legato all'in sè che lo precede?

Ovviamente da bravo metafisico penso che l'in sè sia nel soprasensibile.

Così Heidegger che ripensa alla storia come storia dell'ESSERE.

Scoprendo così il destino sia il tramonto del metafisico ontologico, degli enti, e tenti di pensare il tramonto (futuro) della tecnica  come ultimo disvelamento della verità.

In fin dei conti un tentativo di ripensare DIO, con lo sguardo sulla realtà fenomenica.

La fenomenologia è la fenomenologia dell'Essere ovviamente. Del destino umano ovviamente.

Ovviamente per i pochi che lo capiscono.

Il punto è che esiste anche un legame della storia del sensibile, le esperienze con quella che chiamiamo la nostra anima, e che invece è sempre decentrata rispetto a quello che incontriamo. L'uomo si sa come notava genialmente Leopardi non è mai veramente felice.Cosa non nuova nella filosofia ovviamente, nuovo è il legame con la consapevolezza dell'infinito, del DIO oltre la collina.

Dunque hai pienamente ragione, sono due prospettive totalmente differenti eppure anch'esse legate se ben ci pensiamo sopra a un doppio nodo destinale.
La sofferenza è del sensibile, e io ci tengo a mantenerla viva. Pena la smemoratezza, la smemoratezza di entrambi i mondi.
Ed Heidegger d'altronde questa cosa l'aveva capita assai bene.
#1854
Citazione di: Ipazia il 01 Marzo 2020, 17:04:47 PM
Citazione di: green demetr il 01 Marzo 2020, 12:45:24 PM

Vedo che insisti a intendere la natura come super-egoica.

Un conto è la sovrastruttura che genera l'io penso, tesi del nostro marx, un conto è la natura.

Mentre la prima è il risultato politico (incluso quello della economia politica), la seconda è una invenzione della chiesa, che pensa il Dio in relazione all'uomo, inteso come naturale.
La natura è lo strumento del Dio. In poche apodittiche parole.
Ma Dio appunto non esiste, e dunque nemmeno la Natura.

Se diciamo natura che non sia relata a Dio, ci tocca rifare i conti da capo.

Vogliamo dunque rifarci alle sciocchezze delle neuroscienze? al pensiero del post umano?
A tutte quelle forme della sovrastruttura che determina l'essere egoico?

Vogliamo rifarci alla natura come la intesero i presocratici e i pensatori coevi orientali a priori di qualsiasi Dio o Uomo-Dio. Che poi è laddove cercó di riportarla Nietzsche rifacendo i conti da capo (magari sbagliati, ma sempre meno di quelli che andava martellando).

Sia essa essere, ente o concetto cambia poco. Cosi la esperiamo nella sua fenomenicità e così la trattiamo fenomenologicamente.

CitazioneIl problema dell'in sè di Ceravolo non è così indifferente rispetto a quello che pensi.

Infatti ponendo un in sè all'interno della natura si sta dando il via alla possibilità della analisi.

Anche di quelle plurali come dici nel tuo intervento finale.

Non porre le premesse di qualsiasi analisi significa consegnarsi in toto al potere delle sovrastrutture.

Le premesse le pone qualsiasi disciplina conoscitiva (scienza) definendo i confini della propria episteme.

CitazioneSignifica affidarsi alle scienze cognitive, adattive, solo perchè performanti, ossia adatte alla economia politica come già Marx ci ha avvisato.

La mercificazione dell'esser umano spacciata come Natura, è la solita sostituzione, del morto un Dio, se ne fa un altro.

Marx ci ha avvisato di quanto la sovrastruttura abbia una grande propensione a farla fuori dal vaso e la sovrastruttura Capitale eccelle in tale arte. Anche Dio non ci va leggero...

CitazioneIl concetto di Natura che lo giustifica è il mezzo più adatto come lo ha dimostrato e tutt'ora dimostra, la persistente presenza del Dio cristiano

... avendo ben compreso quella sezione della natura che è la "natura umana", storicamente determinata...

CitazioneTroppo facile per le forme ideologiche del capitalismo moderno, che usano qualsiasi dispotivo(agamben) esistente.

... al pari del capitalismo che è la summa teologiae della modernità.

Citazione
Il bias parte proprio dalla Natura.

Direi di tornare a Kant e rischiararci le idee. Se vogliamo ripensare il politico come categoria rifondativa del fare filosofia. (cosa su cui sarei d'accordo).

Penso sia un bias insuperabile, trascendentale, tanto vale farsene una ragione per noi della cosa, liberandolo dalla lussuria mercatistica di preti e mercanti. E alfine accettarlo con filosofica consapevolezza come ci insegnó il maestro di Röcken.

Il dubbio che mi sovviene è se stiamo parlando della stessa Natura o natura.




Cara Ipazia, francamente sono in disaccordo sul tuo lassismo e sul tuo laissez faire.


E' esattamente uno dei sintomi del paranoico. Ma appunto quello è un muro veramente difficile da sorpassare, per questo la cecità voluta del problema fa parte della mimesi di tutti, anche di te.


Lasciare il tutto alla episteme moderna significa tra l'altro non aver capito la crisi dei fondamenti di tutte le scienze.
Se nessuna scienza può arrogarsi alcun dirito teoretico stai certa che lo faranno praticamente con le cattive.


Ma qui mi fermo, rimaniamo pure negli spazi astratti e aerei della filosofia teoretica. (per me fondamentale per quella pratica).


PS
Solita correzione su Nietzche, come nel caso di Paul, la faccio solo perchè ci tengo a voi, di solito lascerei cadere le provocazioni.
Nietzche non insegna ad accettare le cose come sono, anzi invita ad una guerra (intellettuale) perpetua contro ogni forma di stasi.




pps
Per quanto riguarda la natura vista dal bias, ovviamente intendo che vi sia una res extensa, quando kant e lo stesso cartesio parlano del cattivo demone. Non esiste alcuna res extensa in sè.


Preferisco certo la Physis greca che si riallaccia all'idea dei fenomeno.

#1855
Ciao Dubbioso, a parte che l'uomo non deriva dalla scimmia, ma da un nostro progenitore comune, credo che mal si conciliano creazionismo ed evoluzionismo.


Ma sulle domande storiche che ti poni, essendo frutto della saggezza antica, è chiaro che il DIO compare con l'homo sapiens. Quindi dopo l'evoluzione da austrolopiteco.


DIverso il problema della creazione dell'uomo, o meglio del come l'apparizione dell'homo sapiens sia avvenuta, questo non lo saprà mai nessuno.
Il fatto che invece voglia relegare l'uomo a pura natura, fa dell'evoluzionismo una delle forme terrificanti del mondo contemporaneo.
In me Dio sussiste, e nessuna teoria imposta da altri mi farà cambiare idea.


Ciao ancora!  ;)
#1856
Citazione di: Dubbioso il 21 Febbraio 2020, 19:25:32 PM
Mi chiedo che senso abbia la reincarnazione per le religioni e filosofie orientali,  se manca la memoria individuale delle proprie azioni precedenti? Se uno non si ricorda gli errori passati come puo' purificarsi e al contempo evitare di compierli nuovamente?



Poniamo che io in un'altra vita sfruttavo gli schiavi e rinasco,  come posso evitare i miei stessi errori e al contempo pagare le mie colpe, se non ne ho memoria?  Magari soffro una pena karmica o un contrappasso,  ma non ne capisco il perche',  dunque non mi purifico e non espio,  perche' non capisco la causa del mio soffrire!


Grazie un abbraccio

Ciao Dubbioso!

Beh vedi in oriente vi sono tecniche che ti permettono di risalire il tuo ciclo karmico.

Per poterle ottenere è necessario rispettare le abluzioni quotidiane e in generale tutto l'iter sociale che ti permetta di evolverti.

questo ovviamente se non sei un parià, in quel caso devi solo soffrire, e non ti evolverai mai.

genio e follia del mondo asiatico. antiche memorie, ormai non più riesumabili senza il mio cinismo occidentale, lo stesso che vedo ti permea.


#1857
Sarà pure troppo facile Eutidemo, ma per capire che nel linguaggio formale l'autoreferenzialità non è ammessa, si è dovuto aspettare il novecento!!!!!


Comunque io che odio il formalismo sono d'accordo con te, il segno che indica, non è l'oggetto indicato.


Mi paiono banalità, ma ancora oggi in terra americana ste cose non le capiscano, e il bello è che i nostri giovani leggono gli americani con sempre più interessa.....oh mamma mia!
#1858
Tematiche Filosofiche / Re:Sileno
01 Marzo 2020, 14:33:08 PM
Citazione di: paul11 il 01 Marzo 2020, 14:02:26 PM
Ciao Lou,
questo non l'avevo letto precedentmente nel tuo post, per cui rispondo ora.


citaz. Lou

Comprendo, ma a mio parere, dire che con Socrate, che ovviamente è il primo grande gigante contro cui si confronta Nietzsche, si attua il primo grande tradimento dello spirito greco eroico nel suo pessimismo non è un rifiuto della figura dell' "uomo teoretico" in quanto tale, ma è un richiamo a come totalizzare nel teoretico, dimenticando la saggezza instintiva, creativa, emotiva, passionale, che è una delle posture esistenziali da cui si sprigiona pur l'arte,  l'umano è trasfigurato in altro dall'animale uomo. E' questa dimenticanza che non ci può far essere uomini e acquisire consapevolezza. Io credo che quando scrisse che "poi arriverà un medico...", beh certo Freud e la psicanalisi, l'inconscio, l'enigma uomo ecco sono prefigurati in certa misura da aspetti che sono messi in luce negli scritti nietzschiani. Ovviamente dal mio punto di vista.

Il problema non è l'antitesi giocata ad arte da Nietzsche, il saggio è colui che guida i sentimenti e li doma dentro una morale. C'è una netta dicotomia, perché in Nietzsche non è la ragione che si fa una ragione della morte sublimandola, rimane in ciò che definisce istinto, nell'intuito.
Se è vero che le parole non esauriscono la ragione e forse ancor meno i sentimenti, nel senso che è improbo nella logica nel concetto raccogliere ciò che viene dalla psiche, dai sentimenti, è altrettanto vero che   i sentimenti e l'intuizione devono essere guidati dalla ragione; per cui o pensiamo all'uomo "buona di natura", e così non è, oppure ciò che è terrore della psichè deve necessariamente sublimarsi in arte, e anche in concetti. C'è una dialettica, intima anche in noi stessi, se dobbiamo farci guidare dagli impulsi o trovare una ragionevole mediazione. A livello culturale accade che i concetti sono criticati e denunciati prima di tutto dall'arte che speso precede nuovi imbocchi culturali. Nei dialoghi socratici si parla eccome di sentimenti, ma la morale socratica è superiore all'impulso, c'è sempre una virtù che coniuga un sentimento. E' chiaro che si toglie la morale e la virtù, facciamo degli impulsi una autoreferenzialità morale. Nel senso che gli stessi impulsi diventano moralmente giustificati. Ma questo possiamo dirlo degli esseri viventi privi di ragione che seguono regole naturali, l'uomo può essere contro-natura con la sua ragione,pur essendone fisicamente facente parte.
Non intendo fare un'apologia di Socrate e denigrare Nietzsche, non  è questo è il mio scopo.
Semmai è difficile equilibrare istinto/intuito, ragione / concetto.
Il "moralista" in termini denigratori è colui che relega  i sentimenti in un ego, non segue una virtù, segue una sua colpa, un torto subito, che pesare agli altri. Il "moralista" non prova misericordia, pietas, ha costruito una morale ingessata nell'ego proprio per chiudere in cassaforte  i propri sentimenti e poter giudicare dal suo ego gli altri.
Questo non corrisponde né a Socrate e neppure a Nietzsche.
Ma se il Silene indica la disciplina della terra, la regola della vita e morte, altrettanto l'uomo deve costruire una disciplina e non può venire dalla terra.


Ciao Ipazia e Phil


a mio parere dite entrambi cose giuste.
La vita per quanto sia crudele la sentenza di Sileno, per nostra fortuna non è proprio tragica, cerchiamo di ritagliarci dei sensi che non sono sovrannaturali, sono gli affetti, le nostre passioni, , la nostra vita sociale e solitari, insomma il nostro cercar di star bene. Nonostante vediamo morte, la vita sembra più forte nel chiamarci a proseguire. Lo stesso Nietzsche cerca una sua via.


Ammesso e non concesso, da parte mia, che il sovrannaturale sia un orpello illusorio, e per certi versi lo è per come può condizionare l'esistenza, e praticamente il nichilismo di Nietzsche, nel senso di uccidere la tradizione, apre a due strade: se è possibile accettare la vita per quella che è,
oppure si cade in una decadenza dove il tragico non essendo sublimato ad un livello superiore diventa vivere la tragedia nuda e cruda.
Il superuomo e l'eterno ritorno siamo sicuri che in fondo non siano altre illusioni per sublimare la tragedia? Quì propendo per quanto dice Phil.


Non è qui mio compito quello di rispiegare nuovamente l'orizzonte di Nietzche, lo farò senz'altro in altre occasioni.


Solo per ricordare come già Ipazia in fin dei conti aveva già fatto, che la critica a Socrate (ed Euripide) è relativa alla grandezza del filosofare da cui erano partiti i pre-socratici.
In fin dei conti Socrate è uno sferzatore dei costumi della nobiltà, ma già in nuce l'epigono della morale borghese che arriva.
Egli porta la filosofia entro un paradigma pratico che dimentica il DIO.(cosa ovviamente sbagliata, in quanto Socrate credeva nel DIO).


Per quanto riguarda la morale Nietzche non è contro la saggezza della stessa, semplicemente ci ricorda come ogni morale deve avere ben in mente il suo obiettivo, se la morale nasce dal lago di sangue che la storia gli consegna, essa una volta sconfittolo, non deve ergersi a morale in sè, dimentica della sua utilità. E' inutile continuare a punire senza che vi sia colpa effettiva.
E invece come sempre l'ideologia colpisce sempre, in quanto diventa morale assoluta. Ecco dunque che non c'è più progresso.

#1859
Tematiche Filosofiche / Re:Sileno
01 Marzo 2020, 14:14:13 PM
Citazione di: Phil il 29 Febbraio 2020, 23:43:04 PM
Citazione di: Ipazia il 29 Febbraio 2020, 22:01:46 PM
La tragedia del vivere mortale non è più tale se si supera la fase pietrificante della Medusa, cosa per cui già Epicuro aveva fornito la sua ricetta. L'oltreuomo prende pienamente possesso della sua condizione mortale senza restarne travolto [...] Prendere atto del destino mortale fino ad amarlo questa è la firma dell'oltreuomo; il progetto spirituale immanente, terreno (Erdgeist) su cui Nietzsche-Zarathustra spende la sua vita
Non so se l'oltreuomo sia pensato da Nietzsche (che conosco poco) come immune alla condizione umana mortale, ma finché è pur sempre uomo, difficile che non ne sia "travolto" o trascinato (...nolentem trahunt, direbbe Seneca); pensare ad una volontà di potenza che guardi con amore e voluttà anche il proprio esaurirsi è come pensare ad un Dioniso che guardi con amore e voluttà lo svuotarsi della sua giara di vino (e qui lascerei fuori i risvolti psicoanalitici, lacaniani, etc.). Si può fare buon viso a cattiva sorte, ma la "cattiveria" della sorte resta, così come una storia che termini con la morte del protagonista principale solitamente è una tragedia, anche se l'eroe dichiara di aver scelto la morte, di volerla (personalmente, per inciso, non penso affatto che la vita sia una tragedia, cerco solo di non uscire troppo dalle categorie del Sileno nietzschiano del topic).


P.s.
Credo che Nietzsche troverebbe nella tetra-ricetta epicurea un retrogusto troppo "apollineo": il (eu)daimon di Epicuro, lucido e ponderato, è troppo lontano da Dioniso, il piacere catastematico è troppo lontano dalla "verticalità epocale" dell'oltreuomo.

Ho amato gli ultimi interventi di Ipazia con cui concordo vementemente.

Penso Ipazia si riferisca al "travolgimento" come il potere pietrificante della medusa.

Sull'esito mortale dell'uomo scrive pagine artisticamente elevate nel finale dello Zarathustra.

Dove il nostro eroe piange la fine non della vita, ma dell'amicizia.

Dunque il superuomo o meglio il suo profeta è pieno di emozioni e non ha problemi a tirarle fuori.
#1860
Citazione di: paul11 il 21 Febbraio 2020, 15:36:36 PM
Citazione di: green demetr il 21 Febbraio 2020, 11:44:35 AM

E il reale non è il naturale. Purtroppo anche Paul fa questo errore.



..e ancora mi pensi naturalista?


Se utilizziamo i nostri piedi o l'automobile e non vogliamo cozzare contro un muro o fare incidenti, abbiamo necessità che funzionino i sensi e il cervello attraverso l'attenzione e la concentrazione.
Significa che almeno "parte" della realtà fisica indubbiamente la conosciamo,almeno per sopravvivere.


Il reale fu prima un concetto metafisico come il razionale, poi la mimesi moderna ha mutato  i significati.
Affinchè si possa costruire una filosofia, oggi regna l'anti-filosofia che ha plagiato le moltitudine umane per renderle servizievoli agli apparati, è necessario seguire un'analitica e una sintesi appunto utilizzando induzione e deduzione. Per potere accedere alla ragione in sè, è necessario che la realtà naturale venga portata al reale dell' in sè e non può eludere il fenomeno fisico, sarebbe allora fantasia. Insomma perchè funzioni l'induttivo che sale dal particolare della realtà naturale all'in sè della ragione e il deduttivo che scende dall'in sè della ragione al particolare della realtà naturale, siano coerenti.
L'errore è eludere o il mondo naturale o l'in sè della ragione, non sarebbe più filosofia, sarebbe chiacchiera.


Ciao Paul su questo punto mi sembra ci sia sempre molta confusione tra noi.

La natura in sè non esiste. Esiste un concetto di natura. Dico solo che va analizzato.
Storicamente esso si associa a Dio. In particolare trovo assurdo che il giusnaturalismo si permetta di dire che per esempio l'omosessualità è contro-natura.

Il concetto di natura serve solo per compiacere l'esercizio del potere dell'uomo contro l'uomo. Gli esempi odierni e storici sono così tanti che trovo sempre imbarazzante doverne rendere conto. Sopratutto perchè io non ho alcun potere essendo povero.

Ora usare l'idea di natura in maniera sbrigativa come stiamo facendo è veramente contro tutto ciò in cui credo.

Ma faccio sempre uno sforzo per capire. La comunicazione come sappiamo è sempre disturbata a livello linguistico.
Non è solamente il mezzo, il medium internet, sono anche le orecchie di chi ascolta.

Quanta ideologia è presente nella comunicazione? Mi interessa quello sopratutto. (almeno inizialmente).


Ripartiamo da quello che scrivi, "il reale era metafisico".
Ma certo PAUL, e proprio quello il problema penso!
Riportate il concetto di reale nel suo alveo originario.
Volendo si può sempre ripartire dalla grecità, e dal loro concetto, già detto da Phil, di Aletheia, il disvelamento, cose che tu già conosci.

Il problema che qualcosa si disveli indica una metafisica di un qualcosa che sottende il naturale.

Essi lo chiamarono infine Logos, sia Platone che Eraclito, ne sono i campioni riconosciuti.

Ora il logos è ciò che unisce ciò che non può essere unito, ossia i contrari.
Nelle teorie dell'aristotele nascosto è evidente mi dicono gli studiosi del nostro.

Una mera credenza come un altra.

A me interessa ciò che sta oltre, ossia ciò che è percepito.

L'intera storia della metafisica infatti è una ontologia dell'ente, e giammai dell'essere.
Come ben notato da Heidegger.

A noi interessa la fenomenologia che sia dell'ente o dell'essere ha poca importanza.
Lo dimostra Cartesio dal razionalimso al criticismo alla dialettica, si svolge così quella storia post-illuminista, che deflagra in Kant ed Hegel.

L'impossibilità della risposta a "chi sono io?", previa impossibilità della conoscenza di ciò che mi determina in quanto soggetto, porta dritto nella temperie del romanticismo e nello spaesamento del novecento.

Il ritorno odierno a forme illuministiche, neo-illuministiche dei tempi odierni, dimostra quanto avesse Heidegger a dire che siamo ancora nella modernità.

Con l'aggravante di non pensare più a Cartesio Kant ed Hegel.

Ora cosa è natura? cosa è Dio? cosa è il logos o ordinazione? al giorno d'oggi: questo è il problema che credo stiamo qui trattando.

Ora le domande che ci facciamo non devono essere idiote, se qualcuno dei mostri sacri se le era già poste, forse qualcosina possiamo ancora capire da loro.

Altrimenti a che serve la storia della filosofia? un mero sciorinare di conoscenze vuote di verità? A noi dovrebbe interessare per davvero il reale!

E' inutile pensare che siamo fuori dall'ideologia. Certo siamo superiori al popolino, ma solo in quanto ad una certa ampiezza di sguardo.

Ora è facile perdersi in questa ampiezza si sguardo.

I termini vanno di nuovo rispiegati.

E allora torniamo allo scritto tuo.

Io riparto dalla mia ordinazione del reale, che alla base trova il fenomeno.

Io sto con Kant, sono cotro Husserl, e semmai preferisco mille volte Heidegger.

(so che esistono altre fenomenologie, mea culpa, devo ancora consocerle. penso alla stein per esempio, ed altri citatati dal professore alfieri).

A che punto siete tu e ceravolo sulla questione del fenomeno? francamente non lo con certezza. Discutiamone.

ti cito di nuovo
"Per potere accedere alla ragione in sè, è necessario che la realtà naturale venga portata al reale dell' in sè e non può eludere il fenomeno fisico, sarebbe allora fantasia. Insomma perchè funzioni l'induttivo che sale dal particolare della realtà naturale all'in sè della ragione e il deduttivo che scende dall'in sè della ragione al particolare della realtà naturale, siano coerenti."

Siamo d'accordo sul fatto che l'unica cosa non eludibile è il fenomeno.

Infatti perdonami ma il fenomeno è il vero punto di partenza. E l'unico possibile.

Andiamo a vedere perchè.

La ragione dell'in sè del fenomeno, dovrebbe avere a sua volta un in sè, che giustifichi la coincidenza del'in sè dell'oggetto fenomenico.

Ma entrambi sono presunti. A essere fantasie sono dunque la ragione che coincida con l'oggetto in sè.

Dovremmo probabilmente indagare un in sè generale. Che infatti Kant chiamò giustamente LA COSA.

Non "delle cose" ma LA cosa.

Ci rendiamo subito conto che se erano fantasie la ragione che abbia una coincidienza con l'oggetto, e fantasia che un oggetto avesse coincidenza con la ragione, figuriamoci un OGGETTO in SE'.

Questa critica è nata subito dopo Kant e si è protratta fino ai giorni nostri.
Kant ha sbagliato dicono tutti i NON-PENSATORI.

Il povero Kant con la sua scrittura impossibile da leggere. Ci provò a farsi capire. Ma è chiaro che se uno non capisce, è perchè non sa pensare.

Il cuore pulsante della fenomenologia è infatti la dialettica. Non l'analitica.

A Kant non interessa tanto trovare una analitica formale, bensì trovare qualcosa che fondi la libertà umana.

Ossia qualcosa che comprenda i fenomeni davanti a noi.

E dunque per Kant è il fenomeno quello che conta.

Fu Peirce un centinaio d'anni dopo, che intuì cosa Kant cercasse.

Un principio d'induttività che avesse caratteristiche generali.

E che spiegasse lo svolgimento del MONDO.

L'induttività non passa giammai attraverso categorie pregresse, l'unica ammessa è quella che riguarda la matematica.

Dici bene Paul quando dici dunque che prima con l'induzione e poi con la deduzione, si può decidere se è il caso o meno di andare contro un muro.

Non sto negando giammai tutto ciò, siano d'accordo.

Possiamo certo ricordare che la deduzione è sempre una presunzione di una probabilità persistente.

Ma sempre di probabilità stiamo parlando, GIAMMAI DI REALE.

Possiamo pensare al reale, come quel fascio di percezioni persitenti e non permanenti.

Dunque il reale è un fantasma adattivo ad un in sè presunto. Che deduciamo sommariamente e falsamente, falsificabilmente come Natura.

Il reale e la natura sono questa cosa qui?

Io non ho idea.

In quanto non mi interessa  abitare quelle regioni che sono della fantasia, del fantasma.

A me interessa il prodotto di questa relazione, ossia il soggetto e il suo fenomeno.

Il fenomeno si associa SEMPRE al soggetto.

Il soggetto si innesta sempre come già dato, e come già dato si riconosce come altro da sè.
E se noi siamo altro dal nostro soggetto, allora vi è un Dio che si pone come garante.

Un Dio che NON ci salva. In quanto non esiste.

Esiste solo il nostro altro da noi stessi.

Per questo quando Ceravolo afferma che prima di parlare il falso già ci abita, ha immensamente ragione.

Il punto è che l'indagabilità di questo ALTRO, è impossibile deduttivamente, ma sempre a partire dalla rovina di questo ALTRO nel soggetto che noi siamo.

Il rovinamento del soggetto, la sua intima alienazione si dà come processo fenomenico.
Indi per cui la filosofia che ne fa un analisi, si chiama fenomenologia.

In tutto questo i vecchi concetti dell'in sè  e di Natura non hanno alcuna valenza fondamentale.

Il fondamento è sempre altrove. E' questa la somma lezione di Nietzche.

La sistematizzazione è un errore e una presunzione che camuffa la propria volontà di potenza.

Come se data la natura e il proprio in sè, si possa decidere del MONDO stesso.

Di solito è la mimesi del potere gerarchico dell'uomo che vuole dominare l'altro uomo, e  che Nietzche chiama bestialità.

La bestialità non è una forma del naturale ma del gerarchico, fenomenico, non reale.

Il monaco che si esenta da tali forme mondane, si erge infatti in una dimensione fenomenica che non è reale. Il reale del potente che vuole la fine del monaco.

Come già detto in altro forum, il re rapisce Sileno. I saggi vengono portati alla corte del re.

Il fenomeno si dà come reale solo quando nasconde la sua forma ideologica.

Ora al netto di queste considerazioni è chiaro che il problema di cosa sia naturale e cosa reale, sia ampiamente e auspicabilmente introdotto nella discussione.

Altrimenti rimaniamo pure nei nostro reciproci fraintendimenti.

Io lo sforzo gratuito di aver posto le basi l'ho fatto.

A voi la risposta o la caduta di penna.