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Messaggi - paul11

#1861
Davintro,
penso alla conoscenza e alla sua critica come evoluzione di senso nell'evoluzione umana.
Come ho già scritto, ritengo che ad esempio l'inferenza si presenti innata nel bambino.
Affinchè si costituisca in forma logica ha necessità prima di esperire nel mondo fisico, empiricamente.E' dalla sostanza che si astrae la forma quindi, prima c'era la sola fantasia ora la correttezza formale può trascendere concettualmente. La totalità, a mio avviso, se prima era intuitiva ora con la forma diventa logico/matematica.

Phil, 
come ho scritto a Maral rischi di perderti nelle infinite molteplicità in divenire linguistico che infatti hai colto giustamente,
Il problema è che così non individui la Forma come raccoglimento delle astrazioni per giungere alle essenze delle sostanze sensibili, empiriche e fisiche, ma continuamente cercherai differenze, dualità, contrapposizioni e in quanto tali le sintesi saranno sempre parziali.

In fondo il negativo di una fotografia analogica è solo il contrario del "positivo".
L'addizione intuitivamente ci porta alla sottrazione,così come avviene fra moltiplicazione e divisione.
Sono le proprietà associative e le categorie insiemistiche che ci portano a formalizzare logicamente una toatlità e la molteplicità, l'universalità e la particolarità.
L'astrazione è segnica,ma è ben più importante il meccanismo operazionale ,relazionale;meno gli oggetti per cui ci si perderebbe nelle definizioni.

E' ovvio che il metodo si adegua nella prassi alle discipline, ma le propedeutiche devono garantire il metodo, diversamente non si parla più di scienza, ma di scientismo o pseudo-scienza.

Riconosco che è vero che l'allontanamento dal sistema esperienziale da parte della forma rischia autogiustificazioni e autoreferenze. ( parliamo del sesso degli angeli....)Questo è un problema  della logica formale. a mio parere è risolvibile solo dalla logica dialettica, come un contraddittorio.Ovvero mentre parlo del sesso degli angeli ho necessità che qualcuno mi riporti anche alla realtà. Insomma penso che il movimento induttivo e deduttivo debbano necessariamente avvalorarsi nell'autocoscienza, ma non come solipsismo, ma come momento contraddittorio fra fisico/metafisico.
Quì accetto confronti e suggerimenti.

Sgiombo,
penso che invece sia la coscienza, l'agente conoscitivo, che utilizza la ragione, ovvero agente intenzionale.
Riconosco comunque che anche il mondo ci mostra, indipendentemente dalla nostra intenzionalità.
Quindi convivono movimenti attivi e passivi nel conoscere.

Ma se siamo in fondo tutti "filosofi" in quanto problematizziamo la nostra esistenza ponendoci domande, da qualche parte essendo universali quelle domande,  per l'universalità di tutta l'umanità, quindi ci appartengono come innate, anche se si sviluppano ed emergono formalmente maturando esperienza e conoscenza.

Quello che intendevo dire sulla teoria della relatività di Einstein è che prima di essere scientificamente vera ed essere sperimentata e verificata, era già nella sua testa.E come c'è arrivato se non estendendo attraverso conoscenza, intuizione e quant'altro quei segni fomali fisici, matematici e logici che sono alla base dei postulati ed enunciati .....ed andare oltre. Einstein ha costruito metafisicamente una teooria fisica che è stata accettata dalla scienza sperimentale.
#1862
Citazione di: maral il 06 Settembre 2016, 23:01:58 PM
CitazionePensare che vi siano prima cose belle senza la bellezza che le rende in modo diverso tali é una contraddizione  che non ho mai affermato.
Sostengo invece tutt' altro: che possono esistere cose belle anche senza che nessuno ne conosca l' esistenza e che prima di vedere cose belle (a meno che non ci venga insegnato da qualcuno che più o meno indirettamente l' ha imparato vedendo cose belle) non si conosce il concetto di "bellezza": lo si conosce a posteriori e non a priori!
Ovvero che non vi é prima una conoscenza della bellezza ideale astratta senza l' esperienza delle cose diversamente e concretamente belle (che mi sembra invece proprio quanto affermassi tu)
Bene, sono contento di questa tua precisazione, se per concetto di bellezza intendiamo la sua definizione (o il tentativo a posteriori di definirla astrattamente, ad esempio definendo dei rapporti formali che la stabiliscono come regole estetiche che sono certamente a posteriori). Le definizioni (e le astrazioni a cui conducono) sono estremamente utili e sono utili per manipolare  i significati delle cose di comune accordo pensando di manipolare le cose stesse. Le definizioni si possono insegnare, ma non l'universale in quanto tale (che non è semplicemente una percezione di qualcosa di esterno, noi non percepiamo nulla di esterno), esso è già presente in ogni esperienza, ed è presente come assolutamente indefinibile e assolutamente indicibile. Ma attenzione, non vi è alcun significato universale che non si riveli proprio nelle particolari esperienze e infatti non ho mai detto che debba esservi prima una conoscenza ideale, men che meno di concetti, ma che il significato viene sempre con il segno significante e viceversa, ogni percezione con il senso che la sottende e viceversa. La cosa è sempre con la parola che la manifesta, pur essendo il mondo delle cose e delle parole indipendenti e diversi, sono due mondi legati, sempre connessi, l'uno permette l'altro senza che nessuno preceda l'altro. Noi viviamo sempre e comunque la realtà del mondo fenomenico e lo viviamo sempre soggettivamente: il linguaggio (non solo vocale) non è originariamente uno strumento inventato arbitrariamente da qualcuno per comunicare con gli altri che convengono con lui sugli stessi termini (anche se a posteriori può sembrare tale), nessuno può inventare linguaggi se non per usi molto particolari, ma è un puro strumento di espressione dell'esistenza stessa, è l'umano modo di esistere nella dimensione umana: noi parliamo come gli uccelli volano e i pesci nuotano, nessun uccello e nessun pesce ha mai convenuto con gli altri uccelli o pesci quali movimenti fare per volare o parlare, esattamente come nessun umano ha mai convenuto (se non in linguaggi formali, artificiali e dunque a posteriori) quale significato o significati dovesse indicare un segno o tanti segni anziché un altro o degli altri e in ogni caso, come gli uccelli nell'aria e i pesci nell'acqua, noi siamo sempre nel mondo del linguaggio, sia che si parli del monte Cervino che dell'ippogrifo e ciò che importa è solo il senso contestuale (e non la verità/falsità assoluta) dell'uno o dell'altro.

Propongo a tutti come spunto di riflessione, il link a una splendida lezione di Sini su questo tema, o meglio sul tema della "Differance" di Derrida, che mi pare collegabile anche al discorso sul Noumeno, all'assoluta indefinibilità del Noumeno, come all'assoluta indefinibilità e innominabilità della Differance (che poi è anche un tema profondamente legato al pensiero ebraico alla cui tradizione Derrida, come Husserl, come Levinas, come Freud, appartiene: l'assoluta inconoscibilità del none di Dio). Chiamandola così (Dio, Noumeno, Differance) si è già detto troppo, figuriamoci quanto troppo dice che pretende di parlare in nome di una metafisica definita su concetti religiosi o razionali che siano!
La lezione è piuttosto lunga, ma la complessità della questione rende necessario soffermarcisi sopra, in particolare dal minuto 21 in avanti. Molto pertinente è poi il richiamo a de Saussure sull'inestricabilità senza soluzione del rapporto tra significante e significato, intorno al minuto 40.
https://www.youtube.com/watch?v=LCSzf7Snmmk

Maral.
sto studiando la lezione di Sini, per ora sono arrivato ad un terzo circa dell'intera lezione e,...........
si perdono troppi filosofi nel pelo dell'uovo e dimenticano l'uovo.
La dualità innanzitutto non è solo Occidentale come sostiene Deridda.
Il problema linguistico fra essenza ed espressione di Husserl e di nuovo fra espressione e significato la radicalizzazione problematica di questa in De Saussure  per cui il signifcato è un continuo differire all'infinito e simile alla problematica della scienza che pensa che la quantità della scienza ,l'estensione della conoscenza sia alla fine scienza della conoscenza.
Sini dice che  IL rosso è un'essenza:sbaglia di grosso, eppure capisce che Hegel aveva anticpato e superato Husserl nella problematizzazione della coscienza husserliana che intenzionalmente coglie il senso del fenomeno nella sua espressione.

Insomma il problema linguistico che pone la fenomenologia di Husserl er a già all'interno della fenomenologia dello spirito di Hegel. Ma mentre i filosofi si perderanno nella linguistica dell' infiniti enti che appaiono in una infinita totalità si differenze di significati, da cui nemmeno la filosofia analitica è mai uscita e anzi sta rientrando nella metafica ricreando il ponte fra le due grandi correnti filosofiche dell'ultimo secolo ,analitica e continentale, il problema vero è l'essenza indicata da Hegel, che non è perdersi negli infinit passaggi dei predicati attributi che mostra il mondo, ma la sintesi delle essenze nel concetto ( per inciso è qualche mese che sto studiando fenomenologia dello spirito di Hegel e ho capito che pochissimi filosfi lo hanno compreso, fra cui Severino) Che cos'è l'essere se non un essenza utimativa, tolti tutti i predicati e attributi finalmente si  presenta nuda alla verità.Cos'è Dio nella teologia se non essenza ultimativa e quindi originalità,Cosa cercano, infine, le scienze stesse contemporanee se non le origini ultimative, dalle antiche cosmogonie alle teorie cosmologiche,dall'atomos alla teoria delle stringhe. Cos'è un numero primo se non un essenza fra i numeri.
Le teorie filosofiche moderne hanno portato acqua al mulino del buon Phil che pone un problema linguistico e infatti la sua posizione è nella non trascendenza e trasposizione delle essenze oltre il significato che si perde nel mondo dell apparenze, da cui è impossible uscirne se non cogliendo in se stessi.E infatti Husserl, come dirà poi anche Wittgenstein, dice che l'ambiguità del segno linguistico è nel problema della comunicazione fra noi, fra il "dentro di sè" di paul e quello di maral, ad esempio.Ma invece quando paul o maral dialogano con se stessi, cade la contraddizione del segno per cui ora il signifcato non è più ambiguo





 
#1863
Phil,
anche se dovessimo avere posizioni diverse, l'importante è confrontarsi da persone con "sale in zucca" e aperte al confronto, quindi anch'io ti ringrazio.

Tu non pensi che l'universalità nasca già in un ragazzo, nel momento in cui confrontando gli oggetti nel mondo e imparando a denotare linguisticamente quella "cosa" e chiamandola casa costruisce un insieme che li accomuna? la particolarità è l'attribuzione e la predicazione, per cu iuna casa è un condominio, un grattacielo, una villa, è gilla, verde, bianca, ecc.
Diversamente come l'uomo avrebbe costruito le leggi matematiche, fisiche, ovvero regole e principi universali ?
Il mitico teorema pitagorico lo insegnano, se non ricordo male, in terza elementare e vale per "tutti" i triangoli accomunati da determinate caratteristiche. E' quindi insito e implicito la capacità di accomunare e particolarizzare ,proprio grazie alla selezione che quell'inferenza naturale dà la capacità di astrarre segnicamente, linguisticamente, simbolicamente, qualunque oggetto fisco nel mondo.

Il metodo è simile alla legge. Non è che cambiano i metodi sperimentali in funzione degli oggetti fisici da studiare e determinare.
la regola di base è universale.Se analizzo un tessuto di un malato non cambio metodo in funzione della persona, così come non muto il procedimento step by step di un'analisi chimica.
ma attenzione, qualunque metodo applicato alle varie discipline scientifiche , che si tratti di scoprire il bosone di Higgs oppure di analizare un tessuto organico o di procedere all'analisi chimica con reagenti è a sua volta nella regola universale della repitibilità della sperimentazione affinchè siano avvalorati  i dati finali.
Insomma quando ci insegnarono a come risolvere un'equzione, o procedere all'analisi algebrica, il metodo prescinde dai numeri.

Ora se le leggi e procedure a loro volta sono state formulate grazie alla logica/ matematica, se quello stesso procedere nella correttezza formale con l'analisi fosse portata a isoli concetti estrapolati dal mondo attraverso il segno e simbolo dell'astrazione, non capisco dove sia il problema?

Quando si studia l'operazionalità della logica proposizionale si utilizzano simboli e non oggetti fisici e ribadisco, l'importante è che le regole date dagli enunciati e postulati fondativi di quella disciplina siano veri, dopodichè la soluzione procedurale appartiene a quel dominio e quindi essendo la logica il meccanismo formale della conoscenza che diventa scienza(quì intendo per scienza il fisico e il metafisico e persino il religioso in termini razionali). Basta vedere la prova dimostrativa logica di'esistenza di Dio da parte di un certo Godel.
#1864
Phil, 
francamente non ho ancora capito la tua tesi, o se ne hai.
La mia è :
1)che abbiamo innati dei meccanismi delle premesse che diverranno logica, come l'inferenza che permette di selezionare , differenziare  e poi unire
2) il mondo fisico, empirico ci serve,dal punto di vista della sistematizzazione delle astrazioni. come esperienza di affinamento di quei meccanismi che diventano regole formali ampliandosi oltre all'inferenza.
3) l'universalità nasce prima ancora della razionalizzazione logica della forma dell'astrazione in concetti
e diventano  nel linguaggio formale i quantificatori universali ed esistenziali nella logica proposizionale moderna
4) la correttezza di un sistema formale è alla base del sistema conoscitivo, come validazione e giustificazione del processo o procedimento conoscitivo. Così come la scienza moderna costruisce un metodo sperimentale a prescindere dall'applicazione, ovvero si regge universalisticamente e successivamente lo applica a tutti gli oggetti, fenomeni, così come un sistema formale corretto può reggersi universalisticamente ed essere autoapplicato nei concetti astratti anche indotti e dedotti dall'esperienza del mondo fisico ed empirico. Ovvero lo stesso procedimento formale regolativo può essere utilizzato in diversi domini.
#1865
Maral,
l'impasse è sempre un errore della forma. la forma è una costruzione logica e metaforicamene è una casa,Costruisci piani dalle fondamenta e la capacità di sostenersi è  nei rapporti delle forze che devono essere regolati, ovvero nel sistema di relazione.
La correttezza formale è indispensabile affinchè il pensiero non sfugga alla forma e diventi fantasia o si disperda nel mondo fisico.
Non infrangerti nel disfattismo filosofico attuale che lecca le sue ferite quasi autocompiaciuto.
Ci si meraviglia se la scienza spedisce un satellite Juno su Giove? E altri compiangono se stessi nel fallimento formale? E chi mai è riuscito senza andare fisicamente su Giove, da milioni di chilometri di distanza a spedirlo senza errore? Se l'uomo evolve nella conoscenza è perchè va oltre la propria esperienza estendendo le regole formali e applicandole.Le altre culture umane non conoscono la capacità di sistematizzare e categorizzare il pensiero.
Non vorrei essere adesso frainteso.So benissimo di aporie, antinomie e paradossi.
Sto forzando il pensiero perchè vedo scoramento nelle proprie possibliità.
Non si vuol capire che la forza dei linguaggi formali è alla fondamenta di tutte le forme di applicazioni fisiche,metafisiche persino religiose.L'uomo fattosi storia e cultura decide nei cicli dei tempi di spostare i focus: prima la religione, poi la metafisica e infine la fisica e chissà mai domani.
Perchè la conoscenza ha prima ancora un' autocoscienza e viene indirizzata da una volontà.
#1866
Phil,
il problema è tuo non mio. Tu riconosci la forza della ragione ,ma hai fede nella percezione della realtà:la dicotomia è tua e genera incoerenza.
Se non rispondi a cosa sia la realtà, cosa giustifica la verità nella conoscenza, non potrai trovare risposte se la forma  riesce ad autosostenersi. Se pensi che sia la realtà a darci conoscenza e che il movimento del conoscere si origini dalle cose e passi solo dopo a noi, riterrai l'uomo agente conoscitivo, ma passivo.
Tu pensi che il mondo si offra a noi per essere conosciuto, ma l'uomo può sapere  ancora prima di conoscere perchè i meccanismi sono innati come l'istinto in un animale, deve solo sistematizzarli, formalizzarli correttamente.
Se la forma corretta cammina sulle ali del pensiero, l'immagine nasce prima della realtà fisica.
La relatività era nella mente di Einstein, e non ancora dimostrata  là fuori nel mondo , fra fantasticheria e genialità  è solo la correttezza  della forma che decide che anticipa ciò che le percezioni dei sensi che la realtà può offrire, nasconde.
Un animale esperisce solo deambulando, l'uomo conosce anche nell'immobilità.
#1867
phil,
mi par di capire che se per te esiste una critica alla conoscenza è posta in funzione del dominio in cui si utilizza.
Non so se ti fidi allora della forma, a te interessa la sostanza.Quindi ritieni che il mondo fisico giustifichi la verità formale e non la forma in sè, tanto meno quando la sua escursione è fuori dal dominio fisico.
E' così?
Dove sarebbe il limite della conoscenza?
Che così è la realtà?

Tanto per porre elementi di riflessione.
Quando l'uomo pensava che la Terra fosse piatta e al centro dell'universo, c'era sicuramente un Phil di allora che diceva la stesse cose che tu dici ora. Qual'è  il limite dell'esperienza nel mondo e il limite del pensiero.
Come si è arrivati a capire che la Terra fosse rotonda e che non fosse al centro dell'universo.
L'uomo arriva prima con il pensiero o con l'esperienza alla conoscenza?
Un animale ha esperienze, ma conosce?
Einstein progetta la teoria della relatività, lo ha prima esperita?
Il bosone di Higgs è stato prima esperito o teorizzato?

Se espando le proprietà formali logiche e matematiche si apre un mondo a prescindere dal dominio fisico, per cui se a due mele tolgo le mele e rimane il segno astratto due le  proprietà associative, commutative, distributive non mutano e posso trasporle ad altri sistemi e discipline.
#1868
Tematiche Spirituali / Re:Considerazioni sulla Fede
07 Settembre 2016, 22:01:53 PM
E strano come termini importanti come lo stesso Dio, amore e fede siano difficili, se vengono approfonditi, tanto da essere ambigui, ma per loro intrinseca vastità.
Per questo Dio viene descritto per negazione.La posizione positiva ad esempio di Dio viene spesso descritta con la formula del prendere un termine, un attributo, un predicato come buono o conoscenza e ponilo nel superlativo assoluto, il risultato è buonissimo, onnisciente  e così per mille altri attributi umani.
ma se mi avessero chiesto ,quando ero adolescente che quella ragazza con cui avevo parlato e che mi aveva appassionato, fosse semplice  infatuazione, innamoramento  o ancora vero amore, sarei stato confuso.Forse l'amore richiede la prova del tempo per trovare un'essenza.

La fede è un risultato, non un incipit, richiede l'accettazione di una Rivelazione, perchè praticamente tutti concordano teologicamente che Dio non può  ingannare nè tanto meno ingannarsi.
Il motivo della fede è l'autorità di Dio rivelante.
Una massima della teologia del soprannaturale : "è la scienza  che per mezzo della ragione e della rivelazione, tratta di Dio, delle creature, in quanto si riferiscono a Dio".
L'uomo,prima di giungere all'atto di fede,ha i motivi razionali con cui può vedere  come il credere alla parola di Dio sia pienamente conforme alla sua ragione.
Il passaggio è che la ragione "legge" la rivelazione, prima gli appare credibile e poi viene creduta, per cui il mistero ora è fede attraverso la ragione.Non c'è contrasto fra fede e ragione, la vera fede è conquista della ragione che razionalizza.
#1869
...e ancora
Gli oggetti del mondo sensibile, una montagna, oppure un'astrazione come un numero che non è in sè e per sè un oggetto fisico, per poter conoscere devono essere operazionati, relazionati.Gli oggetti quindi non sono ancora conosenza ,Se ad esempio dico montagna, tutte le montagne del mondo sono rappresentate, ma se delimito e sottraggo dal "tutto" il monte Cervino, allora lo devo descrivere separare dal concetto totale di montagna.
Il tutto e il particolare, l'universale e le differenze per negazione o sottrazione ( nel senso che estraggo dal concetto monte,  il monte  Cervino per specificarlo, indicarlo, denotarlo, descriverlo,ecc.) sono un insieme in cui i particolari ,le specificità son gli elementi che lo compongono.
La fortuna ,diciamo così, della matematica e della logica predicativa, proposizionale, è la qualità operazionale di coniugare l'astratto con il reale,Ovvero se dico uno, non dico niente, ma se dico una mela, due mela, indico una specificità che funziona, ovvero l'astratto permette di "manipolare" la realtà fisica.
La scienza moderna quindi si avvale della metafisica formale dei numeri e delle parole per la loro capacità di coniugarsi agli oggetti fisici.E' questa e sola corrispondenza che la scienza definisce razionale e costruisce conoscenza.
Ma ribadisco, il problema è che se funziona in se e per sè la matematica ,aritmetica, geometria, se funziona la parola dei segni logici ed  in entrambi i domini applico segni astratti operazionali (+, - and, or o l'inferenza se....allora, ecc.) la razionalità non si fermerebbe al meccanismo logico/matematico applicato al mondo fisico, ma proseguirebbe nel dominio metafisico da cui si sono formalizzati i meccanismi matematici e logici.
Semplicemente perchè...da cosa viene cosa.... detto banalmente.Sono gli stessi meccanismi innati(a mio parere) che formuleranno come un sistema esperto , il sillogismo, i meccanismi logici di identità non-contraddizione, ecc
E' nella nostra natura chiedersi, visto che siamo arrivati ai concetti astratti dei numeri e parole segnici e la loro operazionalità che contribuisce a definire un sistema con delle proprietà postulate come fondativi, che cosa ci faccio al mondo, l'universo ha un principio e finirà, ecc.
Pensare di non poter pensare, ovvero fermarsi alla sola coniugazione fra forma  e sostanza fisica, significa mortificare la propria essenza e potenzialità umana.
#1870
ho riletto velocemente il thread.
A mio parere siete entrati troppo velocemente negli universali e nei giudizi di bello, brutto, ecc.

Noi non nasciamo con concetti, ma con meccanismi sicuramente sì, perchè sono quest'ultimi che a loro volta costruiscono conoscenze e concetti.
Sono convinto che ad esempio l'inferenza sia innata nell'uomo, il sapere confrontare, differenziare, trovare denominatori comuni.
Ma è proprio questa innatezza logica (non ancora ovviamente formalizzata perchè questa rientra nelle sintassi linguistiche) che crea l'astrazione. la prima relazione è fra mondo sensibile del percettivo rispetto all'idea, concetto che noi abbiamo costruito.
Il secondo problema è come linguisticamente definiamo, separiamo e uniamo fra loro i concetti(tassonomie, categorie).

L'astrazione può benissimo autogovernarsi, ma il problema di una credibilità razionale fuori dal campo della verifica con il mondo sensibile, presuppone che il linguaggio formalizzi allo stesso modo in cui ha costruito le relazioni fra astrazione e realtà(intendo quì il percepibile)
In altre parole il razionale inteso come "fuori" completamente dal mondo sensibile, per potersi reggere  da solo deve necessariamente avere una formulazione formale e linguistica (sintassi e semantica) vera.
Ma è propri quì il problema, l'autoreferenza del sistema e l'ambiguità linguistica  mai esaustiva come non lo è mai il conoscere.
Ma daccapo, se l'uomo fin da bambino fantastica e quel fantasticare diventerà organizzare formalmente l'astrazione dentro il razionale
 noi non possiamo fingere che non vedendo l'altra metà della luna e non sapendola descriverla non esista..
L'universalità nel momento in cui si relazionano fra loro le astrazioni per  ordinarle concetti "salta" fuori" naturalmente.
Come mai la metafisica dei numeri(la matematica) suddivide i numeri naturali, razionali, reali, ecc e costruisce l'insiemistica?
Come ma i la metafisca delle parole (la linguistica formale) comunque definisce ,descrive e rappresenta un mondo, un dominio, un ordine?
#1871
Tematiche Spirituali / Re:Ma Dio...è buono o cattivo?
06 Settembre 2016, 18:58:41 PM
Citazione di: Sariputra il 06 Settembre 2016, 15:37:41 PMSono molto dubbioso che la fede possa reggersi sul sentimento, sulla sensazione del sentirsi "connessi" a Dio. Questa sensazione, come tutte le sensazioni e sentimenti, è mutevole e si rischia , al suo svanire, di trovarsi in preda all'angoscia , del sentirsi vuoti e privi di quella fede che ci dava tanta gioia e speranza. Una fede senza il supporto della ragione è più simile ad un uomo infatuato di una bellissima donna e che scambia questa passione per vero amore . In più l'inganno della mente è sempre in agguato. Noi finiamo sempre per credere in quello in cui vogliamo credere. La fede si alimenta della volontà di aver fede, nonostante tutto e nonostante il dubbio della ragione. In più questo sentimento è generico e senza la ragione non potrebbe nemmeno dare spiegazione di se stesso. Cosa differenzia il sentirsi "connessi" con l'ideale di Yeoshwa a quello di sentire questo sentimento verso Krshna o Rama o Muhammad ? Si deve necessariamente riferirsi ad una "rivelazione" particolare, ben caratterizzata. Il giudizio che la ragione da non è quindi un giudizio sull'idea di Dio in sé, ma sempre e solo sull'idea che ne viene data da una ben definita rivelazione. La mia domanda "Ma Dio...è buono o cattivo?" si intende quindi rivolta a quella particolare rivelazione biblica che mi è stata insegnata e a cui sono stato educato da giovinetto. E come posso valutare questa rivelazione che è circoscritta a dei testi scritti migliaia di anni fa? Per accettarla o rifiutarla non devo necessariamente vagliare con la logica se questi scritti dispongono di un'intima coerenza o se ne sono privi? Altrimenti , se così non facessi, aprirei la strada a qualunque credenza arbitraria . Se, per es., mi si presenta una persona che afferma che la vita umana è stata innestata sulla Terra da omini verdi intelligenti e che lui si sente intimamente "connesso" a questi esseri, li sente nel suo cuore, sente che lo amano e che ci amano tutti e che questa fede riempie la sua vita e ne da senso, come dovrei, per coerenza a quel credere senza capire, giudicarlo? Accettare la sua convinzione non potrei, trovandola logicamente ridicola , rifiutarla non potrei lo stesso perchè lui potrebbe ben rispondermi : " Tu dimostrami la tua fede e io ti dimostrerò la mia..." Questo porterebbe, a mio parere, ad un relativizzare all'esperienza personale il concetto di "fede". Assai, assai pericoloso... Conscio di questo pericolo Benedetto decimo sesto, nell'udienza generale del 21 novembre 2012, riafferma la "ragionevolezza della fede in Cristo" Oggi in questa catechesi vorrei soffermarmi sulla ragionevolezza della fede in Dio. La tradizione cattolica sin dall'inizio ha rigettato il cosiddetto fideismo, che è la volontà di credere contro la ragione. Credo quia absurdum (credo perché è assurdo) non è formula che interpreti la fede cattolica... La fede cattolica è dunque ragionevole e nutre fiducia anche nella ragione umana. Il Concilio Vaticano I, nella Costituzione dogmaticaDei Filius, ha affermato che la ragione è in grado di conoscere con certezza l'esistenza di Dio attraverso la via della creazione... Nell'irresistibile desiderio di verità, solo un armonico rapporto tra fede e ragione è la strada giusta che conduce a Dio e al pieno compimento di sé... Sant'Agostino, insieme a tanti altri autori cristiani, è testimone di una fede che si esercita con la ragione, che pensa e invita a pensare. Su questa scia, Sant'Anselmo dirà nel suo Proslogion che la fede cattolica è fides quaerens intellectum, dove il cercare l'intelligenza è atto interiore al credere. Sarà soprattutto San Tommaso d'Aquino – forte di questa tradizione – a confrontarsi con la ragione dei filosofi, mostrando quanta nuova feconda vitalità razionale deriva al pensiero umano dall'innesto dei principi e delle verità della fede cristiana. Riflettere con la ragione sulla rivelazione biblica è quindi intimamente collegato con l'atto di credere alla stessa. E' parte insostituibile del processo di maturazione alla fede. E non potrebbe essere altrimenti, aggiungo io, pena lo scadere nel soggettivismo. La mia critica parte quindi dallo stesso punto in cui parte la riflessione razionale della fede cristiana. E' un banale tentativo di mettere in evidenza i problemi propriamente razionali che pone questo credo rivelato in una particolare scrittura. E questa riflessione diventa necessaria proprio per non scadere sentimentalmente in quel Credo quia absurdum che ricorda il papa emerito.


Perfetto.....
sentimento/psiche/fede, ma alla fine deve essere razionalizzato, diversamente si cade nel tranello del lupo travestito da pecora. Tutta la parte degli " ultimi giorni" dell apocalisse ,mette in guardia da Satana travestito da
buon pastore.Il sentimento, la fede vanno benissimo, ma se sorretti dalla ragione .
#1872
Tematiche Spirituali / Re:Ma Dio...è buono o cattivo?
06 Settembre 2016, 13:16:26 PM
Citazione di: Sariputra il 06 Settembre 2016, 09:41:08 AMRiporto un'interessante passo del naturalista David Attenborough su problema del male naturale :[/font][/size][/color] « La mia risposta è che quando i creazionisti parlano di Dio che ha creato ogni singola specie come atto separato, citano sempre come esempi i colibrì, o le orchidee, i girasoli e le cose belle. Ma io tendo a pensare, invece, ad un verme parassita che sta perforando l'occhio di un bambino seduto sulla riva di un fiume in Africa Occidentale, un verme che sta per renderlo cieco. E chiedo loro, "Mi stai forse dicendo che il Dio in cui credi, che tu dici anche essere un Dio infinitamente misericordioso, che si prende cura di ciascuno di noi individualmente, stai proprio dicendo che Dio ha creato questo verme che non può vivere in nessun altro modo se non nella pupilla di un bambino innocente? Perché ciò non mi sembra coincidere affatto con un Dio pieno di misericordia".

La mia risposta ad Attenborough è  " ...se ne faccia una ragione" perchè lui che  ha i soldi accetta che il mondo sia fatto d ricchi e poveri che muoiono di fame? Non addebitiamo a Dio colpe ben più gravi per mano umana,

Una risposta ben più compiuta è che se il male non fosse di queso mondo noi probabilmente (perchè non conosco il disegno divino e allora uso il condizionale) saremmo già all" Hotel Paradise di  sette stelle e gratis con latte e miele"..

La vera domanda a tutte le ignominie umane pone la semplice risposta che siamo già noi a essere "sconnessi".
Noi quì sulla Terra potremmo avere da sempre un Eden
#1873
Tematiche Spirituali / Re:Ma Dio...è buono o cattivo?
06 Settembre 2016, 10:18:02 AM
Sariputra,,
il vero problema, che implicitamente, poni, è la condizione  umana di fatto: perchè sono al mondo? Che cosa ho fatto per meritarmi dolore, gioia ,sofferenza e infine morire?
Le risposte o sono religiose, o sono antropologiche, o sono filosofiche.

Religiosamente tutte le tradizioni non possono che accettare il fatto che si esiste, si è al mondo. Il problema delle parusie ed escatologie, ovvero di risposte e di destini, di percorsi e significazione ,è la razionalizzazione nel dominio religioso, fra la condizione dell'essere gettati nel mondo,parafrasando Heidegger, e il senso dell'Essere.

C'è chi dice, non le religioni nella loro tradizione, che l'inferno sia già quì. C'è chi dice che sia una "prova" per un aldilà(tutte le religioni monoteiste).

Ma a tutti è chiaro un concetto: nessuno conosce il disegno divino, le risposte esistenziali dell'essere quì a vivere e quel disegno inesplicabile non è attribuibile dentro una regola estetica del bello o brutto, o valoriale del giusto  o sbagliato.

Detto in altri termini, "se sono quì, deve esserci una ragione superiore che la mia coscienza può solo lontanamente intuire e la ragione razionalizzare, ma la mia mente è troppo debole per leggere il disegno divino, per cui accetto la volontà divina e ame tocca di capire e comportarmi nelle regole che quello stesso disegno impone ".
#1874
Attualità / Re:Burkina
06 Settembre 2016, 09:43:38 AM
Altamarea,
a me pare che il tuo sia un approccio intelligente di vedere il problema, ti poni, amio modesto paree, delle giuste domande.
E' vero, nessuna cultura ha più dignità di un'altra da potersi imporre, è riconosciuto a livello di diritto internazionale, tant'è che se ad esempio, il popolo "padano"o "meridionale" decidesse di fare un referendum contro l'italia come Stato, e vincesse ,può separarrsi, così come i baschi, Barcellona, Scozia ecc. Intendo dire che l'indipendenza di un popolo , di qualunque popolo sul pianeta Terra, è riconosciuto dal diritto internazionale che la sua volontà è superiore a quello dello Stato vigente.
Ma sappiamo anche che purtroppo la via pacifica di un cambiamento è troppo spesso ostacolata da interessi e poteri spesso secolari,che la impediscono,, per cui altretttanto spesso, la via emancipativa passa per vie di sangue, di violenza.

Implicitamente significa ad esempio che sul territorio giurisdizionale del diritto italiano se avvenisse l'infibulazione, sarebbe un reato grave; ma se questo avviene nei luoghi dove quella cultura lo ha regolato e imposto, si può solo condannare culturalmente e come diritto.
Noi non possiamo imporci sugli altri per diritto, possiamo tentare di aiutare culturalmente un popolo, sue tradizioni anacronistiche o violente che cozzano contro i principi sanciti ad esempio dalla dichiarazione dei diritti e riconosciuta dagli organismi internazionali come l'ONU. Ribadisco che penso che bisogna dare voce ai dissensi, ad esempio a livello artistico, con registi di film che descrivono
i rapporti familiari e sociali.Noi possiamo aiutare chi già in sè compie un primo atto di denuncia, reclamando giustizia e richiamando la libertà e l'uguaglianza, su questo non possiamo sottrarci e fingerne l'inesistenza.
Sempre a mio modesto parere, sono le forme economiche che muteranno le strutture dei rapporti di famiglia, da noi in Occidente è il passaggio dall'agricoltura all'industria che ha messo in crisi i rapporti famigliari e ruoli.
La "primavera" araba è nata nella fascia mediterranea dell'Africa, quella più industrializzata e con contatti economici e commerciali con l'Occidente. la tradizione tende a  implodersi, quando il figlio acquisisce una cultura di "rottura" con la tradizione e la donna esce dal ruolo di supina accettazione servile per richiedere autogoverno della propria esistenza. Di questo ne sono convinto, perchè è storia di tutti i popoli, compresi indigeni a livello tribale negli ultimi decenni, in Sud America e in Asia.
A quel punto il problema sarà simile al nostro:disorientamento, aumento di droghe, alcool, problemi mentali

Ma ritornando al costume da bagno, a noi appare anacronistico e ridicolo, ma alla loro tradizione potrebbe già apparire come "più in là" della loro tradizione. Molte ragazze islamiche devono far convivere la voglia di avere amicizie e compagnie ( se avete visto i filmati quelle ragazze non erano isolate, erano anche insieme a ragazze occidentali) e nello stesso tempo convivere familiarmente la tradizione dei ruoli. Quì sì che è molto difficile aiutare quelle ragazze a maturare un equilibrio ,fra "innovazione" e " tradizione"
#1875
Attualità / Re:Burkina
05 Settembre 2016, 21:56:43 PM
Altamarea,
interessante la problematica di diritto e sociale suggerita dall'articolo di E. Galli della Loggia.(che è intelligente, ma spesso provocatoriamente cieco).
Intelligente perchè il problema della donna nella cultura islamica è simile a parecchie problematiche ,laddove le condizioni socio ambientali e direi economiche pongono già in partenza condizioni di disequilibrio.
Cieco, perchè in qualunque Stato Occidentale multicultuale, come U.S.A, Gran Bretagna, Francia, ecc. non adottano codici e costituzioni per ogni comunità.
Sappiamo benissimo che esiste una gerarchia nel diritto.L'uguaglianza e la libertà sono nei primi articoli della costituzione,la legge della parità dei sessi è talmente conclamata e lampante che pure i sassi la conoscono.
Ora ,nel nostro ordinamento esistono due forme di reclamare un diritto leso,: denuncia e querela.
La denuncia è agita da pubblici ufficiali. Ad esempio una donna malmenata da un marito manesco se si presenta da qualsiasi medico, anche quello di base , quest'ultimo deve denunciarlo all'ordine pubblico; infatti presso tutti i pronto soccorso degli ospedali ci sono agenti dell'ordine pubblico.
La querela è invece attivata dalla persona lesa tramite avvocato proprio.
La domanda la rovescio allora,perchè chi subisce vessazioni,( si risarciscono danni morali, non solo fisici) troppo spesso tace?
La strada auspicata da Galli della Loggia è quella in cui fra un paio di generazioni i contatti con l'ambiente preponderante liberale contamina i fondamentalismi anacronistici. Dimentica che spesso si impara il peggio, non il meglio, di una cultura -
Ma il problema è che si è perso di vista se essere parte attiva di un cambiamento o vivere le vessazioni "per quieto vivere", per convenienza indotta da condizioni socio-economiche di debolezza, speso ai limiti della servitù.
Vincerà la logica di Galli della Loggia, l'ho già visto con le emigrazioni interne degli anni Sessanta.
Ma spingerei anche affinchè le persone che hanno un cervello e coraggio nell'Islam(ma non solo), a cominciare dalle donne, abbiano luoghi mediatici per denunciare la propria condizione