Citazione di: Angelo Cannata il 03 Marzo 2018, 00:58:24 AMPensavo ti riferissi al verbo "coniugabile", non alla sua forma di infinito sostantivato (la cui "costruzione", nel caso del verbo essere, non mi pare peculiare rispetto agli altri verbi...). Il processo di astrazione si basa comunque sul senso dell'infinito del verbo (la cui definizione resta quindi cruciale).
Il mio scopo era spiegare in che senso sia possibile parlare dell'essere come se fosse un sostantivo. Il senso è quello che ho detto: risultato di un processo di astrazione.
Citazione di: Angelo Cannata il 03 Marzo 2018, 00:58:24 AMForse non esisteva prima che la percepissi, direbbe qualcuno... (ok, qui faccio l'avvocato del diavolo
se sono inciampato vuol dire che non ci stavo pensando e quindi la pietra esisteva quando io non pensavo ad essa.
).Infatti, non la penso ma la sento, ovvero la sua esistenza dipende per me dal mio sentire (fuori dai miei sensi e dal mio pensiero, non posso fare asserzioni di esistenza). In questo senso dicevo:
Citazione di: Phil il 02 Marzo 2018, 17:13:32 PM
Per poter parlare di quella pietra (e della sua oggettività) senza pensarla, dobbiamo almeno percepirla... [...] Tale oggettività risulta dunque sempre soggettiva (pensata o percepita che sia).
Citazione di: Angelo Cannata il 03 Marzo 2018, 00:58:24 AMLa pietra non fa né dà dimostrazioni (suvvia, non umanizziamola, altrimenti passiamo dalla filosofia alla letteratura
la pietra, alla prova dei fatti, dimostra di esistere senza bisogno che io debba pensarla.
) sono sempre io a poter parlare della sua esistenza, pensandola o percependola (almeno, non vedo altri canali...).Citazione di: Angelo Cannata il 03 Marzo 2018, 00:58:24 AMDistinguerei attentamente il "ricordare" dal "pensare". "Penso a una carta" non è "ricordo una carta".
non è possibile stabilire distanze nel tempo. Cioè, non possiamo dire "la memoria può tradirmi solo oltre una settimana; se è passata meno di una settimana ho la certezza di ricordare alla perfezione". No: se stabiliamo che la memoria può tradirci, ne consegue che essa può tradirci anche nell'arco di un milionesimo di secondo.
Inoltre, (anche a me, come a Sgiombo, è tornato in mente quell'enigmista di Zenone!) nel parlare di infinita divisibilità del tempo o di milionesimi di secondo, non dovremmo mettere totalmente da parte i "limiti strutturali" dell'essere umano: i milionesimi di secondo esistono solo razionalmente, sulla carta, ma non possono essere percepiti-vissuti coscientemente... se un display me ne mostrasse il fluire in tempo reale, io non vedrei nulla (troppo veloci!), e ovviamente non li identificherei se provassi a contarli (pronuncia troppo lenta!).
Non credo sia possibile avere coscienza del milionesimo di secondo, né tantomeno memoria: fra un milionesimo di secondo e un altro, il mio corpo è quasi immobile, quasi identico al milionesimo di secondo precedente (si sarà mosso al massimo qualche elettrone, o comunque niente di cui io sia minimamente cosciente... oppure è tutta una questione di lentezza percettiva personale?
).Mi sembra quindi che ci sia un "tempo minimo" sotto il quale non abbiamo ancora memoria (ma non chiedermi qual'è la sua unità di misura, se siano secondi o decimi...) e tale tempo minimo sancisce la differenza fra pensiero-presente e memoria-presente del passato (differenza squisitamente umana, dovuta al "ritmo" della sua biologia).
Citazione di: Angelo Cannata il 03 Marzo 2018, 00:58:24 AML'incertezza radicale su cosa sto pensando, nell'atto presente ed (auto)evidente di pensarlo, è inattuabile (se non inattendibile), sia in teoria che in pratica: in teoria, se dovessi dubitare di aver davvero pensato alla "donna di fiori" (l'8 marzo si avvicina
Ne consegue che non si tratta solo del fatto che io non posso mai essere certo di cosa ho pensato; si tratta del fatto che non posso mai essere certo neanche di cosa sto pensando, perché anche nel presente è pur sempre questione di memoria. [...] Se posso essere tradito dalla memoria, significa che posso essere tradito anche nel contare una sola carta. Ecco quindi la conclusione terribile: non possiamo mai stabilire di star pensando davvero ciò che ci sembra di star pensando.
), dovrei poi dubitare anche di aver davvero pensato di dubitare di aver pensato quella carta, e così via... in pratica, ciò comporterebbe uno stallo catatonico in cui il mio pensiero non sarebbe in grado di guidare un solo gesto, restando intento a dubitare del suo medesimo pensarsi (in una spirale paranoica, inibitoria dell'azione). Se invece fosse un esterno a dirmi che in realtà io non pensavo alla carta, perché non dovrei dubitare anche di lui? E via con altre catene infinite e autoreferenziali di dubbi "esponenziali"...Direi che l'autoevidenza del pensiero presente (al di sotto del suddetto "tempo minimo") possiamo serenamente lasciarla fuori dal dubbio, almeno se vogliamo continuare a vivere fuori dal manicomio
Citazione di: Angelo Cannata il 03 Marzo 2018, 00:58:24 AMLe "esigenze severissime" le ha la metafisica classica (mossa dalla fede in utopiche perfezioni e assolute trascendenze), mentre la filosofia attuale può essere, di diritto e di fatto, anche più "bonacciona" e "giocosa".
Infatti tu hai parlato di evidenza. Ma l'evidenza, di fronte alle esigenze severissime della filosofia, non ha alcun valore.
Sostenere che "l'evidenza non ha alcun valore" significa non poter fondare alcuna filosofia (allora, da dove si parte?), e men che meno una qualsivoglia epistemologia (per cui si riaffaccia l'ipotesi della letteratura
).Problematizzare l'evidenza, indagandone il valore (senza negarlo), significa fare filosofia (almeno secondo me... e anche secondo Marleau Ponty: "il filosofo deve avere il gusto dell'evidenza e il senso dell'ambiguità").

), tuttavia suppongo non sia solo una questione di non potersi riconoscere in un partito attuale: parlare oggi di "borghesia" o "proletariato" (e forse persino di "classe") significa rischiare di essere inattuali, sganciati dalle dinamiche socio-economiche in atto; distacco anacronistico che infatti riconosci quando osservi che
(deve essere questione zodiacale, mi pare buona come scusa