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Messaggi - Phil

#1891
Tematiche Filosofiche / Re:sull' etica
06 Ottobre 2017, 20:22:44 PM
In fondo avete ragione un po' tutti (non sarò mica anche relativista?! ;D ): ognuno mi legge con i suoi occhi e ogni etichetta mi spinge a riflettere su di me (grazie! :) )... l'importante, per come la vedo, è tener presente che non vado oltre la mia opinione, ovvero "non so se sia la verità, ma a me sembra che le faccenda sia così; almeno per ora..."; quindi sono di certo un pensatore "debole" (ma non accostatemi a Vattimo di cui non conosco nulla).
Ad esempio, se arrivasse qualcuno a dirmi "smettila di bestemmiare! Sei in cattiva fede, accecato del demonio che ti abita!", una parte di me ammetterebbe che potrebbe anche aver ragione (filtrando la questione della possessione  ;D ) ; certo, per farmi cambiare idea dovrebbe argomentare un po' meglio, ma di certo non mi impegnerei alacremente per cambiare la sua (anche se magari vorrei comunque saggiarne la solidità per confrontarla con la mia ;) ).
#1892
Tematiche Filosofiche / Re:sull' etica
06 Ottobre 2017, 19:19:02 PM
Citazione di: sgiombo il 06 Ottobre 2017, 10:56:13 AM
chi ha la sfortuna -?- di essere (nato o diventato) malvagio, disonesto, vigliacco, egoista ha alcun motivo per non continuare ad agire meno malamente, disonestamente, vigliaccamente, egoisticamente, ecc. di come ha fatto in precedenza.

Sono solo un attore che recita un copione scritto da altri (dovrei essere un Dio perché le cose stessero altrimenti).
Ma non per questo non sono contento di recitarlo al meglio delle mie possibilità.
Dall'interno della tua prospettiva deterministica (se l'ho ben compresa :) ) non si potrebbe nemmeno parlare di "al meglio delle mie possibilità" (o di "cercare di agire meno malamente"), poiché, inevitabilmente, fai ciò che puoi fare, né più né meno; la tua scelta è dovuta ad una causalità stretta e condizionante in cui il tuo voler "fare al meglio" (o "meno peggio") è l'unica possibilità che trovi ragionevole, e che (e)segui di conseguenza... un determinismo radicale non lascia spazio per la discrezionalità del "meglio possibile" o il "peggio possibile", perché si realizzerà indubbiamente l'unica scelta deterministicamente causata... che tuttavia verrà giudicata come se fosse stato possibile non scegliere ciò che si è scelto, ovvero come se la volontà avesse potuto volere qualcosa di differente... ma se così fosse, sarebbe stata un'altra volontà, non quella che, di fatto, è.

Se non possiamo andare oltre la nostra volontà, ovvero non possiamo "volere ciò che non vogliamo", allora credo che tanto il libero arbitrio (non mi pare sia definibile con "= casualità delle scelte" ;) ) quanto la responsabilità etica siano da pensare a partire da un preponderante ruolo egemone della volontà individuale (escludendo casi di manipolazione farmaceutica, plagio, circonvenzione di incapace, presunto ipnotismo, etc.), ovvero considerando che non si può modificare la nostra volontà dall'interno, poiché anche il voler cambiare, il voler fare ciò che non ci piace, il voler andare contro i nostri istinti, sono comunque voleri della nostra stessa volontà (la cui la capacità di automodificarsi è quindi limitata...). Ciò non toglie che, in una vita civile regolata, sia utile e necessario prendere provvedimenti, per il sovrano "quieto vivere", verso chi ha una volontà disfunzionale (o potenzialmente nociva) al contesto che lo circonda (e invitare gli altri a comportarsi bene per evitare le fiamme dell'inferno o la dannazione eterna o il reincarnarsi in un topo, è una strategia di comunicazione di massa molto efficace ;D ). E anche questo stesso meccanismo di autoconservazione delle società credo sia frutto di un determinismo causale, selettivo e adattativo, in cui il volere "privato" è una risultante di fattori condizionanti (perlopiù esterni) e allo stesso tempo confluisce nel volere "pubblico" (almeno in democrazia... almeno sulla carta  ;) ).
Di conseguenza, valutare cosa sia "bene" o "male" dal punto di vista etico, richiede criteri la cui fondazione (e l'annessa arbitrarietà, per i non credenti) cozza con la matrice "volontaristica"-deterministica della libertà d'azione, per cui "il bene" e "il male", demistificati, risultano solo giudizi-condizionati di una volontà-condizionata su l'operato-condizionato di un'altra volontà-condizionata (e anche tale consapevolezza è condizionata!).

L'iniziare a pensare alla "mente" (intelletto, volontà, comportamento, istinti, inconscio, capacità varie, etc.) come una risultante condizionata, causata da altro da sé (genetica, società, vissuti ed esperienze, etc.) piuttosto che come una "scintilla divina", un motore immobile che muove una "volontà libera"(?), credo sia il primo passo per aprirsi al disincanto in cui le prospettive etiche risultano una necessità antropologica, non più un "gioco di ruolo" in vista del giudizio divino (se invece si immette in questo orizzonte una divinità, allora il determinismo e il causalismo vanno in cortocircuito con il ruolo stesso della divinità; si prospettano allora differenti soluzioni, più o meno escludenti o diplomatiche...).


P.s.
Ne discussi già con Carlo e altri:
https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/siamo-liberi-di-pensare-cio-che-vogliamo/30/
#1893
La foglia pensa: "che stupidi che sono
rami, tronco e radici
a bearsi della loro crescita;
io duro una sola stagione,
ma è il mio caduco sacrificio
ad "unire" i rami alle radici
nel ciclo della vita: 
quando morirò come foglia,
ai piedi dell'albero,
diventerò nutrimento
e così mi reincarnerò
in una nuova foglia...
radici, tronco e rami
sono solo vuote gallerie
per il mio viaggio..."


P.s.
Che sia una foglia buddista?  ;)

P.p.s.
Provo a salvarmi dall'off topic considerando che, metaforicamente, Dio potrebbe dunque essere il giardiniere (e noi non siamo nel giardino, siamo il giardino); magari imbranato, magari cinico sperimentatore, magari premuroso, magari svogliato... ma nel nostro essere d'un altro "regno", non possiamo capire quale sia (e "quanto" sia) il suo ruolo nel giardino (magari sta dormendo, e quando si sveglierà si accorgerà che c'è un bel po' da risistemare... come quando si dimenticò per un po' di annaffiare, e poi dovette rimediare con un vero diluvio...  ;D ).
#1894
Il tronco pensa: "nutrito e sorretto da stupide radici, 
sostengo e innalzo stupidi rami; 
sarei uno stupido a chiedermi 
se sia stupido essere un tronco..."
:)
#1895
Citazione di: Sariputra il 04 Ottobre 2017, 15:06:10 PM
La radice pensa: "io sono intelligente,
stupidi rami:
la polvere e la terra sono pieni,
il cielo è vuoto."

R.Tagore da Sfulingo


https://www.youtube.com/watch?v=aLDLpqZdhX0

Il ramo pensa: "io sono intelligente,
stupide radici:
la polvere e la terra sono sporche,
l'aria è pura"
;)

#1896
Tematiche Filosofiche / Re: Dove c'è l'IO c'è Dio
02 Ottobre 2017, 23:30:01 PM
Citazione di: green demetr il 02 Ottobre 2017, 11:13:43 AM
Ovviamente il formalismo ha avuto e tutt'ora ha una parte rilevante se non maggioritaria nel processo filosofico.

Nella produzione di concetti cioè.

Forse è che tendo sempre più a far coincidere la formalità come la negazione della vita.
Secondo me, la formalità non nega più la vita: la deforma codificandola in una informazione conforme alla ragione umana... non si tratta di essere vezzosi apollinei oppure pugnaci dionisiaci (sarebbe un bivio persino troppo comodo ;D ), ma di pensare (dopo l'addomesticamento del dionisiaco nel secolo scorso) all'apollineo nella sua "performatività" (direbbe Austin), ovvero nella sua applicazione "tecnica" (techne che spazia dalle tecniche della comunicazione/interpretazione alle tecniche allusive dell'arte, dalla tecnica industriale alla tecnica del governo, etc.).
Il formalismo è forse l'unico fattore che si è sempre alimentato con costanza della storia "evoluta" umana (lasciamo i beati aborigeni nella loro invidiabile "età senza epoca"); secolo dopo secolo, mi pare che il formalismo sia cresciuto pervasivo e "strutturante" come un'"impalcatura portante"(?), principalmente perché va di pari passo con l'uso della ragione: la ragione formalizza, il formalismo consente il ragionamento, sia in campo meccatronico che in campo teologico... senza formalismo non c'è ragione, né pensata, né (ed è questa la performatività vigente) in atto.

Anche due delle prime arti pratiche, ovvero l'agricoltura e la guerra, sono marcatamente "formalizzate", ovvero ragionate e tecnicizzate, e il modo in cui queste due discipline ataviche, che una volta erano spiccatamente "dionisiache" (giocando entrambe con la vita e la morte) sono ad oggi incanalate in formalizzazioni utilitaristiche, è sintomo parziale di come l'uomo d'oggi padroneggi la vita, la materia, le relazioni e le pulsioni tramite la forma (e questa è forse la differenza principale rispetto all'animale). Superfluo osservare che anche gli istinti sono stati "ingranati" formalmente (basti pensare all'istinto sessuale come leva del marketing di qualcosa che non ha nulla a che fare con la riproduzione o di come sia "ragionato" il nutrirsi contemporaneo...).
Per cui, secondo me, oggi il formalismo non può più essere inteso come negazione della vita, poiché è comunque il principale (seppur non unico) "legame" con la vita che abbiamo a disposizione (qualcuno dirà che il formalismo è un nichilismo? se leggiamo la storia con questa chiave di lettura, c'è molto da riflettere...); e infatti:
Citazione di: green demetr il 02 Ottobre 2017, 11:13:43 AM
la formalità ormai (con i vari monismi, con la specializzazione delle tecniche) crea mondi artificiali che non riescono più a capire la relazione di chiusura - apertura di quelli che abbiamo chiamato cerchi, e che alla fine sono Discorsi.
Capire "la relazione di chiusura-apertura" potrebbe significare, per me, installare nella formalità un "interruttore", letteralmente inteso, ovvero qualcosa che "interrompa" l'autoreferenza della chiusura e riapra il circuito rendendolo "comunicante", "allacciabile" ad altri discorsi, interattivo e dialogante prima che (auto)dimostrativo, o in sintesi, come si dice nell'epoca postmetafisica, "debole" (di quella debolezza propria di un sistema che accetta periferiche esterne o può addirittura diventare periferico a sua volta  ;) ).
#1897
Citazione di: sgiombo il 01 Ottobre 2017, 20:43:09 PM
Citazione di: Phil il 01 Ottobre 2017, 12:59:43 PM
Probabilmente i fautori del libero arbitrio lo stanno usando per optare liberamente di non abboccare all'amo... ;)
Il tema del libero arbitrio, per quanto spinoso e sovraccarico di storia e implicazioni, ha certamente una sua pertinenza in un topic che parla di intelligenza artificiale, ma poi sta appunto al libero arbitrio di ognuno scegliere se affrontarlo o meno... proprio come il mio libero arbitrio mi spinge ad essere liberamente sarcastico in merito al libero arbitrio; perché, in fondo, potrei anche non esserlo, no? ;D
Beh io credo invece che, non esistendo il libero arbitrio, se sei sarcastico (o meno) circa il libero arbitrio stesso è perché il tuo determinismo ti condiziona a farlo.
Infatti, il sarcasmo (vedi uso del corsivo) sta proprio in quello, nell'ironizzare sulla "non-libertà dal libero arbitrio"... siamo d'accordo! ;)

Dimenticavo, non so se eri ancora in ferie, ma se n'è discusso anche qui:
https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/siamo-liberi-di-pensare-cio-che-vogliamo/
#1898
Probabilmente i fautori del libero arbitrio lo stanno usando per optare liberamente di non abboccare all'amo... ;)
Il tema del libero arbitrio, per quanto spinoso e sovraccarico di storia e implicazioni, ha certamente una sua pertinenza in un topic che parla di intelligenza artificiale, ma poi sta appunto al libero arbitrio di ognuno scegliere se affrontarlo o meno... proprio come il mio libero arbitrio mi spinge ad essere liberamente sarcastico in merito al libero arbitrio; perché, in fondo, potrei anche non esserlo, no? ;D
#1899
Riflessioni sul Viaggio e in Viaggio / Re:Hotel Logos
30 Settembre 2017, 23:29:46 PM
Citazione di: altamarea il 29 Settembre 2017, 23:50:54 PM
la sezione filosofia è frequentata da alcuni assidui che come si suol dire "se la suonano e se la cantano", con frequenti dissonanze, andando spesso  fuori tema rispetto al titolo del topic. In questa sezione molti post sono noiosissimi, chi li scrive pensa  solo a manifestare la propria cultura filosofica.
Eppure c'è anche chi, come me, non ha cultura filosofica ma riesce comunque ad essere noioso  ;D 
Scherzi a parte, in un forum di "filosofia e dintorni", uno degli effetti collaterali inevitabili è che i temi non abbiano abbastanza "appeal" per tutto il pubblico o siano sviluppati in modo un po' confuso e frammentato (in simbiosi con alcuni post  ;) ), ma non essendoci programmazione o plebiscito sugli argomenti, credo sia uno dei rischi che un forum debba correre per garantire una vasta libertà di "autogestione tematica" ai suoi utenti.
Citazione di: altamarea il 29 Settembre 2017, 23:50:54 PM
Gli estensori di tali post non potrebbero lavorare nei mass media, come giornali, riviste, radio, televisione. Tali mezzi di comunicazione di massa hanno l'esigenza di farsi leggere o ascoltare da tutti, ed attrarre l'attenzione dei lettori o degli ascoltatori.
Non so se questo forum nasca con l'intenzione di diventare "forum di massa", per mutuare dai mass media le suadenti modalità di comunicazione e argomenti accattivanti a ampio raggio di target (di certo, se aprissimo topic su qualche reality show, il numero di visite e di post si impennerebbe, ma forse non è questo lo spirito dell'Hotel Logos...).
Nei suoi limiti tematici, il forum mi sembra piuttosto aperto e accogliente (non c'è il test d'ingresso ;D ); allora forse è l'utenza ad essere un po' troppo reticente a farsi avanti... non a caso, come osservi,
Citazione di: altamarea il 29 Settembre 2017, 23:50:54 PM
Ci sono anche due sezioni del forum che potrebbero ospitare argomenti sociologici o psicologici che penso siano più interessanti di quelli filosofici, ma  vengono ignorati.

Citazione di: Sariputra il 29 Settembre 2017, 22:56:47 PM
@Jean scrive:
qualcosa non ha funzionato oppure questo è il massimo che si poteva ottenere?

Rifletto anch'io su questo e mi viene da pensare più alla seconda ipotesi.
Anch'io sono piuttosto perplesso sul fenomeno di utenti, centinaia di utenti (più di 400 iscritti nel 2017!) che si concedono il tempo di scegliere un nome utente, una password, poi si iscrivono, ma non per postare... in fondo, se volessero solo leggere il forum senza partecipare potrebbero farlo anche senza iscriversi... intendiamoci, non che ci sia nulla di male nell'iscriversi e poi non usare il profilo creato, ma che ciò si riveli il denominatore comune di circa il 90% degli iscritti, lo trovo, nel mio piccolo, piuttosto bizzarro...
Suppongo che molti "utenti attivi", si sono iscritti e il giorno dopo avevano già scritto qualcosa, vuoi nella sezione "presentazione", vuoi aprendo un topic, vuoi inserendosi in una conversazione già avviata... sbaglio?.
La costanza con cui invece risultano nuove iscrizioni (circa 50 al mese), e l'altrettanta costanza con cui di nuovi utenti se ne vede "in azione" un paio al mese, mi lascia spaesato sul senso da dare ai dati statistici, quasi al punto che, come direbbe l'intramontabile motto, "a pensar male si fa peccato, ma..." ;D
#1900
Riflessioni sull'Arte / Re:Poesie modificate...
30 Settembre 2017, 22:53:51 PM
Settembre

Tempo, 
nelle stagioni scure
ricordi paure, notti...
Andiamo, 
la vita è emozioni...
un lampo!
#1901
Citazione di: paul11 il 29 Settembre 2017, 18:43:46 PM
Se esiste viene da qualcosa e se muore non può sparire.
Questa continuità la intendo proprio come la linearità che non chiude il cerchio, ma che continua a dischiudersi "spiralmente": sappiamo che ciò che muore non sparisce e i sensi stessi ce lo dicono... se guardo una persona morta, essa è "spenta", non "sparita"; e se la fissassi per anni, la vederei mutare e decomporsi, e anche quando diventasse così volatile da essere spolverata via da una corrente d'aria, potrei supporre che si è solo frammentata, magari atomicamente, ma non è certo sparita dall'esistenza, semmai è andata solo aldilà delle possibilità dei miei organi percettivi (ma non nell'aldilà che presuppongono i riti funebri...).
Forse, nel lutto, lo "sparire" è solo un fraintendimento emotivo del "mutare"  ;)

Citazione di: paul11 il 29 Settembre 2017, 18:43:46 PM
non si ragiona con i sentimenti o si sentimentalizzano le ragioni.
Si potrebbe anche fare,  sebbene, prendendo in prestito l'immagine che usavi in precedenza, non conviene fare calcoli con una monetina, così come non posso far decidere un "aut aut" ad una calcolatrice...

Citazione di: paul11 il 29 Settembre 2017, 18:43:46 PM
E' strano che io credente e metafisico debba dire che cosmologicamente l'universo non è infinito e che lo spazio tempo nasce dalla interazioni delle forze: elettromagnetismo, gravità, forza nucleare debole e forza nucleare forte.
Eppure la logica si ribella (e anche l'idea di dio mal tollererebbe che ci fosse anche un altro infinito "concorrente"  ;D ): se l'universo è finito, cosa c'è fuori dall'universo? Dov'è "contenuta" la finitudine dell'universo finito? Il problema viene così solo spostato oltre...
Domanda: in fisica si discrimina adeguatamente fra il tempo o la misurazione spaziale del tempo? Lo chiedo davvero (e forse nemmeno per la prima volta, sarà l'età  ;D ): non sono pratico di questa scienza, eppure ho il sospetto, seppur da ignorante in materia, che talvolta si confonda il "prima e dopo" materiale (e non so se sia la parola più pertinente), con il "prima e dopo" concettuale (che è un ordine logico)... ad esempio, se ora Tizio è qui, poi viaggia nel tempo a ritroso fino al 1500 e poi torna, l'ordine materiale non coincide con quello concettuale: materialmente, la prima traccia cronologica di tizio è nel 1500, poi alla sua nascita, poi al momento della partenza e poi del suo ritorno; mentre, concettualmente, la prima traccia cronologica di Tizio è alla sua nascita, poiché se non fosse nato non sarebbe potuto esistere, poi parte per il viaggio nel tempo, poi vive un po' nel 1500, poi ritorna... non so se l'esempio aiuta a spiegare cosa intendo per "tempo concettuale" vs "misurazione materiale del tempo".


Citazione di: paul11 il 29 Settembre 2017, 18:43:46 PM
E' "monco" il pensiero che ritiene che nasciamo in uno spazio /tempo per poi svanire nel nulla.
Forse più che "monco" sarebbe "magico" e anti-scientifico (termodinamicamente inesatto?). Il corpo non svanisce (muta la sua "identità"), tuttavia se postuliamo un'anima o una divinità, allora dobbiamo (ecco la deontologia metafisica  ;) ) affrontare il problema di "localizzarla" o spiegarne le vicissitudini nello spazio/tempo (ma senza poter usare le procedure gnoseologiche del dominio che si occupa dello spazio/tempo... e rieccoci all'aporia di fondo di cui sopra  :) ).
#1902
Citazione di: paul11 il 28 Settembre 2017, 18:29:38 PM
Personalmente ritengo del tutto contraddittorio pensare alla morte senza un pensiero "che chiuda il cerchio" logico razionale. [... ]Che senso avrebbe l'etica, la morale, se tutto finisce in nulla?
La genealogia, squisitamente metafisica, di questa esigenza di chiusura del cerchio, di bilanciare i due lati dell'uguale (per inaugurare un'identità dialettica letteralmente definitiva), può essere secondo me approcciata con due inclinazioni differenti: quella che vede in tale chiusura la convergenza di dovere e volere, in una sorta di "deontologia" del pensare metafisico (il cerchio deve chiudersi perché voglio che l'etica il senso della vita siano "stabilizzati" metafisicamente) e quella che invece vede in questa chiusura una contingente proiezione "estetica" delle piccole chiusure immanenti che riscontriamo nella nostra esistenza... c'è il cerchio che si chiude, e chiudendosi si "esaurisce" (lasciando però sempre qualcosa "chiuso fuori" dal suo perimetro ;) ), e il cerchio apparente che non si chiude, ma si apre dipanandosi a spirale all'esterno, e sembra poter avanzare all'infinito (d'altronde, il tempo e lo spazio possono davvero essere pensati come chiusi?).
Da dove inizierebbe tale spirale? Ciò è esattamente l'aporia fondante del pensiero umano a cui mi riferivo... in fondo, dentro e fuori dalla metafora della spirale, siamo sempre e solo noi a porci il problema di trovare la "formula aurea" di quella spirale, conferendole una stabilità eterna; sebbene tale regolarità che renderebbe quasi superfluo il tempo (sebbene non il suo scorrere) può essere solo una supposizione, non una conclusione risolutiva.
E se il famigerato "nulla" non fosse un meta-luogo dove regna la negazione dell'essere, ma semplicemente un altro modo di intendere il passato e il futuro nella temporalità a spirale?


Citazione di: green demetr il 28 Settembre 2017, 16:39:27 PM
A me sembra solo che confermi il mio sospetto che sei esclusivamente un formalista.  ;)

Ma un formalista che idea ha di Dio? questo mi fa veramente ridere.
Un formalista (la metto nella lista delle mie etichette con cui ho fatto ormai una collana  ;D ) può avere, appunto, solo l'idea di Dio... quale idea? Tante: l'idea di una possibilità, se parliamo di ontologia; l'idea di un fattore fra i più rilevanti della storia umana, se parliamo di antropologia filosofica; l'idea di un concetto-limite, se parliamo di logica; l'idea di un pilastro teoretico, se parliamo di metafisica; etc. dipende sempre dai discorsi... e dalla prospettiva scelta dal formalista che li affronta...

Citazione di: sgiombo il 28 Settembre 2017, 19:27:27 PM
Ai pappagalli invisibili e non percepibili o dimostrabili in alcun altro modo (metafora delle idee innate e momentaneamente inconscie; salvo correzione da Phil) non credo.
Si, quella dei "pappagalli funebri" era una parodia che alludeva ad alcune ipotesi, come quella in questione delle idee innate, che risultano indimostrabili, non per limiti "esterni", ma per l'intrinseca costituzione formale che è pensata per renderle inverificabili.
#1903
Citazione di: Mario Barbella il 27 Settembre 2017, 22:52:01 PM
Interessantissime queste considerazioni!
Si, davintro e Sariputra sanno spesso essere forieri di fertili spunti di riflessione... e paul11 non è da meno:
Citazione di: paul11 il 27 Settembre 2017, 22:39:18 PM
Phil,
ma cosa significa indimostrabile?
[...]Tutto si mostra come evidenza,diventa tautologia e grazie alla metafisica (dei numeri) pensiamo che  il calcolo sia il dimostrabile e il calcolabile premessa dimostrativa .
Tutto ciò che non rientra nell'epifenomeno calcolabile, a partire dalle nostre premesse innate che ci permettono quel calcolabile sono fuori dalla nostra portata del dimostrabile, del quantificabile.
Mi pare una bella aporia
Mi spingerei persino oltre: in principio c'è (e/o il principio è) l'aporia, l'indecidibile (e quindi il principio è "illocalizzato", è u-topia); non mi sembra si possa andare più in là... almeno prima di raggiungere l'aldilà, come forse direbbe Jean  ;D
Il punto nevralgico secondo me è questo: se scaviamo nelle teorie scientifiche si può giungere anche ad un indimostrabile che mette in crisi la teoria che lo ospita, ma talvolta l'indimostrabile non richiede archeologia (discorso sull'archè), poiché coincide semplicemente con un mostrabile privato dalla dimostrazione. Detto altrimenti: ci sono posizioni che si appoggiano su dimostrazioni, fortemente o debolmente opinabili/convenzionali, e ci sono poi posizioni (non inferiori :) ) che non si appoggiano su nessuna dimostrazione, ma su altri tipi di sostegno (come rappresentato dalla scherzosa storia dei "pappagalli funebri", in cui il punto d'appoggio non è una dimostrazione epistemologica o razionale, ma la fiducia/fede nella portata veritativa di un sogno... il che è pur sempre un sostegno "fruibile", ma non propriamente una dimostrazione ;) ).
#1904
Citazione di: sgiombo il 27 Settembre 2017, 09:09:20 AM
(Oh, finalmente mi ritrovo nuovamente "solo contro tutti".
Non sono per nulla "contro" la tua posizione (e infatti condivido gran parte della tua risposta #52 a paul11), anzi sono decisamente più prossimo alla tua prospettiva che a quella di davintro (salvo fraintendimenti); tuttavia volevo sottolineare come anche l'innatismo (neo?)platonico (che non m'appartiene), qualora se ne accettino le premesse, ha una sua plausibilità interna ponendo questioni semplicemente indimostrabili. 
Quando affermi che,
Citazione di: sgiombo il 27 Settembre 2017, 08:39:13 AM
non si può sostenere una gnoseologia innatistica facendo leva sul concetto di "inconsapevolezza" delle dee innate e non ancora presenti alla mente cosciente [...] che può solo significare: o la momentanea "inattenzione cosciente" circa ricordi [...] oppure la mera potenzialità di future acquisizioni di idee e conoscenze, comunque a posteriori.
tralasci, secondo me, una terza possibilità che è forse l'essenza della posizione innatista: tali idee non sono formate a posteriori e poi dimenticate, ma, proprio in quanto innate, sono nella mente da sempre, anche se non sempre le attingiamo subito. Come dimostrare che quello che mi sembra un ideare o ricordare a posteriori, non sia altro che l'innesco di qualcosa che già esiste a priori nella mia mente, ma di cui non ero ancora cosciente?
Non credo sia possibile... proprio perché è un'ipotesi esplicativa "progettata" per essere inconfutabile.
E' come se chiedessi a qualcuno di dimostrare che sulla spalla di ogni uomo non è appollaiato un pappagallo invisibile e immateriale, che è esistente solo in una dimensione parallela che non possiamo percepire, ma che, al momento della morte del suo "portatore umano", solleverà in volo l'anima del defunto e la porterà nella sua dimensione, in cui uomini e pappagalli sono immortali e vivono in bucolica sintonia, come mi è stato rivelato in sogno da un maestoso uomo-pappagallo  ;)
L'ipotesi suona palesemente assurda, ma come falsificarla se è pensata per essere infalsificabile? Potrai dirmi che non ci credi (spero! ;D ), ma non che ci sono prove oggettive della falsità di questa storiella sui "pappagalli funebri"...

Per cui, e qui concordo con te, capisco che tale assunto dell'innatismo delle idee è indimostrabile, quindi non falsificabile, quindi praticamente privo di portata scientifica, ma proprio per questo ricordavo che il suo senso funzionale sta nella cornice teologica in cui viene posto. Con ciò non voglio ergermi ad avvocato dell'innatismo che, ripeto, non è il mio modo di approcciare questa questione (come dimostrano i miei precedenti post di commento a davintro), ma solo evidenziare come siano possibili differenti interpretazioni a seconda dell'orizzonte da cui si guarda la questione.

Il che ci porta all'osservazione di green demetr:
Citazione di: green demetr il 27 Settembre 2017, 09:31:21 AM
Ha ragione Phil nel ritenerle tutte delle induzioni, salvo poi NON spiegare perchè le ritenga tali. (da bravo formalista mimetizzato da relativista qual è)
Le ritengo tali perché nessuna di loro mi presenta un'attendibilità che non sia inficiata dal contesto prospettico di appartenenza (così salvo capra e cavoli, formalismo e relativismo  ;D ).
#1905
Citazione di: sgiombo il 26 Settembre 2017, 21:03:24 PM
Sostenere l' innatismo (o anche sospendere il giudizio in proposito) in quanto (del tutto ovvia!) potenzialità, capacità, attitudine di acquisire (sic!) dee o nozioni a determinate condizioni, mi sembra un mero gioco di parole retorico, un sofisma: é del tutto ovvio che perché su una "tabula rasa" si possa scrivere qualcosa, innanzitutto tale tabula rasa deve esistere ed essere potenzialmente passibile (a certe condizioni) di essere fatta oggetto di scrittura!
Suppongo che chi sostenga l'innatismo come tratteggiato da davintro (se non l'ho frainteso :) ), non parli esattamente di "acquisizione" o di scrittura sulla "tabula rasa", ma piuttosto di far riaffiorare alla consapevolezza/coscienza idee già presenti... personalmente, non sono propenso a questo tipo di spiegazione, tuttavia immagino che in una prospettiva in cui la trascendenza gioca un ruolo fondamentale, in cui il divino è la pietra angolare dell'impalcatura teoretica, in cui forse l'anima è un elemento costituente dell'uomo, in una cornice così metafisica (e non lo dico in modo offensivo) la possibilità di idee innate trascendenti che attendono solo di essere "attivate", non mi pare affatto illegittima  ;)