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Messaggi - green demetr

#1891
Citazione di: InVerno il 03 Marzo 2020, 14:15:55 PM
Citazione di: green demetr il 03 Marzo 2020, 13:53:58 PM
Mi sorprendi Inverno, visto che in passato mi hai sempre mostrato una grande conoscenza delle vicende storiche coeve a quello che è avvenuto nei VANGELI.
Non so granchè della cabala ebraica mi dispiace, ma sono abbastanza certo che nessuno ha diviso il mar rosso, comunque se vuoi dare delle date e degli eventi che ritieni certi, sarò contento di verificarli insieme a te, pur ricordando che astrusi sistemi numerologici possono aggiustare le datazioni, ma non il fatto che gli eventi siano o non siano realmente accaduti.

Ben inteso che il fatto che gli eventi narrati non siano realmente accaduti non cambia assolutamente nulla del valore dell'opera, così come non cambia nulla che Dante non abbia effettivamente visitato l'inferno, anzi dal mio punto di vista ne guadagna enormemente.


Nemmeno io ne so di cabala, dico solo che gli studiosi preposti dovrebbero pensarci a questa possibilità, che appunto rimanderebbe ad una dimensione allegorica.


Non ho detto che la Bibbia non sia allegorica, figuriamoci! Ho solo detto che l' importanza dello studio storico è tutt'altro che non considerabile.
Pensiamo al gesù storico come abbia influenzato il pensiero teologico del 900 e abbia aiutato a riavvicinarsi all'ebraismo.
#1892
Citazione di: bobmax il 04 Marzo 2020, 10:54:59 AM
La psicologia ha avuto senz'altro molti pregi, aiutando ad inoltrarci nella nostra mente. Tuttavia, ha comportato pure una grave perdita.
Perché è servita a nascondere a noi stessi l'orrore del Nulla.

Come aveva ben messo in luce Martin Buber, affrontare razionalmente le crisi esistenziali può essere efficace, sui sintomi, ma impedisce di affrontare il "limite", riducendolo a mero incubo.

Mentre il limite è, nella sua incomprensibilità razionale, segno imperscrutabile dell'Essere.

"Beati i poveri in spirito" perché affrontando il limite vedranno Dio.

Viceversa, chi è ricco in spirito, sta ancora giocando, nel giardino dell'esserci. Fino a quando, s'imbatterà nel limite che non potrà nascondere a se stesso, e si troverà allora povero.
Pronto per la notte oscura.




Molto ben scritto BOBMAX, condivido il tutto. Ovviamente io distinguo tra la psicologia che cura i comportamenti o elimina i sintomi, e la psicanalisi che invece li analizza (i sintomi ) nel loro fluire stesso, li cura facendo imparare al soggetto a vivere.


Naturalmente nei casi di psicosi grave, l'analisi è praticamente impossibile, ma non impossibile in assoluto, queste sono scelte drammatiche da fare, infatti il malato o presunto tale, perchè in analisi si chiamo l'analizzante, non il malato.
Si sta curando da solo, o viene aiutato a curarsi da solo traversando in toto il sintomo per capire la sua origine.


Proprio per via di queste pratiche l'analisi è molto molto vicina alla filosofia.(entrambe insegnano ad accettare forme di coaudiuvazione, ad affrontare il tema dell'altro).


E' solo nella comunità che il limite va affrontato con forza, da soli è facile rimanere atterriti.
#1893
Ciao Ipazia, rispondo alla tua richiesta di tumulazione dell'anima domani. Abbi pazienza.
Devo a Paul ancora un approfondimento e delle riflessioni a latere del suo scritto di qualche giorno fa.
Al di là della caduta di penna e di confronto dialettico di Ceravolo (peccato era una delle poche volte, forse l'unica che mi sarebbe piaciuto continuare a discutere con i pensatori di nuove filosofie), rimane sul tavolo la riflessione della rivoluzione filosofica.


Allora caro Paul tu scrivevi molto saggiamente:


"Il disvelamento riguarda l'essere: il problema, ribadisco, che l'essere per i metafisici è ontologicamente e gnoseologicamente diverso da chi invece lo cerca nell'esistenza.
Per fare un esempio concreto:  è giusta la critica di Heidegger verso Platone del "che cosa è l'essere?" E se fosse giusta dove,come, in che cosa consisterebbe l'essere per Heidegger?
Sono riflessioni.


L'essere, il logos, sono credenze? E il Sileno che crudelmente dichiara la tragedia umana della sua misera vita? A tua volta non ti chiedi da dove fuoriesce il Sileno e se sia migliore la sua sorte?


Heidegger mi risulta che scrive"Essere e tempo" e non "Enti e tempo".
Personalmente l'Essere ritengo sia come scrive inizialmente Nietzsche "l'uno primigenio", o archè, o ragione in sé, o chi lo identifica in Dio(non necessariamente in senso religoso)."



Allora direi che si qui ci siamo, il disvelamento dell'Essere, che non sia l'essere delle res extensa, ossia degli enti, ossia degli esistenti, è il tema centrale di chi pone il logos nel soprasensibile.

Per me questa e solo questa è metafisica. Dovremmo essere d'accordo, anche se purtroppo ci lasciamo dietro quasi per intero gli altri forumisti (con cui dovremo ancora confrontarci sulle res extensa).

Cosa sia per Heidegger l'Essere ancora non lo so nella sua completezza. Mi manca la lettura diretta dei testi (prima o poi inizierò).
Approcciando le varie conferenze e ragionando di mio, mi pare che L'Essere sia ben definibile come nel recentissimo libro sottratto alle fauci delle Bompiani e curato dal professore Alfieri, come la casa dell'esserci.
L'heimat come lo definisce Heidegger, è il luogo di appartenenza e solo nei suoi confini la nostra destinalità è portata felicemente a termine.
Diversa cosa è la destinalità della storia.
Si tratta per Heidegger di recuperare questa dimensione mediana di cui l'uomo è abitatore, e che per ora storicamente ci consegna invece nell'inautenticità.
Non siamo ancora a casa nostra.
E' chiaramente una visione decostruens che deve il suo iter alla stessa storia della filosofia e che vede il nostro riprendere le tematiche della grecità. (di cui sono ignorante).
Mi mancano le letture sul parmenide, sull'eraclito e su tutto il pensiero della svolta.
Anche Heidegger torna ai greci dunque.
Ma dovrai attendere che legga prima essere e tempo, e poi mi inoltrerò in queste letture.(il che potrebbe non avvenire mai) Purtroppo nelle conferenze i maggiori filosofi rimangono sempre alle premesse, e proprio nelle premesse sembrano già perdersi.

Come già stavi dicendo a Ipazia, sono i Greci ad aver pensato maggiormente alla autenticità del vivere insieme, l'ethos di cui le parlavi, va già nella direzione dell'essere, e giammai dell'esserci, non è una sociologia, complimenti Paul, è così. (ma è anche uno dei motivi per cui rimango sospettoso nei confronti della grecità, prima o poi mi confronterò con essa, pur conoscendo solo il latino, e non il greco.Ma gli amici grecisti mi dicono che sia proprio quello il problema, che non possedendo io la conoscenza della lingua, non intendo nemmeno il loro pensare. Si mi sento molto lontano dalla grecità, non la sento mia. Preferisco recuperare tramite altri, il senso di qualche termine e portarlo all'altezza dello sguardo contemporaneo.
Questo per rispondere o mettere a latere di quello che chiedevi, fosse esso solo un mera domanda retorica per proseguire il discorso, o un vero domandar di senso di Platone e company. Ripeto rare volte ho pensato di mio alla grecità.
Sono ancora scottato dai danni del modernismo.

Dunque cosa è l'Essere, che idea mi son fatto io?
Il mio maestro è di fatto Nietzche o Hegel o mi dicono anche Bruno.

L'Essere è ciò che non può essere noto e in quanto non noto è ciò che chiamiamo DIO.

Ma è un DIO nascosto, un DIO dell'impossibilità.

L'unica cosa che sappiamo è che noi, qualsiasi cosa noi siamo al di là del tempo, al di là della soggettività, nella Gloria come direbbe Severino, "sappiamo esistere l'ESSERE" in quanto induttivamente l'unica premessa possibile, al nostro DIVENIRE SOGGETTI.
Poichè nell'eterno cambiare del tempo, infiniti soggetti noi siamo, eppure cosa ci lega?
La memoria di qualcosa che persiste, e che chiamiamo anima.
Ci sentiamo da sempre all'interno di un movimento, un movimento che chiamiamo Storia, e che determina il nosto esserci. Nel qui e ora c'è già l'intera storia di quel movimento.
L'orizzonte a cui muove la nostra anima si chiama destinalità, ed è il vero fulcro del problema filosofico.

E' solo alla luce della destinalità che l'archè acquista i suoi colori.

Ogni filosofo tende alla propria destinalità, e ognuno di noi tende alla propria.

Ma ognuno di essi deve render conto di quella proprietà come vana, come volontà di potenza. In realtà siamo deserti come diceva Nietzche, o come dice Heidegger siamo solo spettatori, del disvelamento dell'Essere, nella storia comune degli essenti.
Di ogni essente dall'inanimato all'animato.
L'uomo ovviamente è interessato a se stesso.

Per capire la necessità di una nuova antropologia, decentrata rispetto al proprio soggetto, (sopratutto se pensato alla maniera moderna come se fosse una res mentale).
E' necessario avere in mente i 3 passaggi fondamentali, il primo il fondamento dell'esser uomo, l'archè che lo contraddistingue, ossia che lo accompagna, l'archè appunto, il logos etc...
Il secondo il desiderio la tensione dell'anima ad essere in armonia, a essere da medium tra le istanze dello svelamento e le proprie infinite soggettività.
Che è poi il problema del soggetto, il problema meramente etico. Ossia l'andare oltre il bene e il male.
E infine il tema che ghiaccia o che infiamma, l'orizzonte a cui siamo chiamati, a cui siamo chiamati a rispondere, o a tacere (che è poi un modo di rispondere).
E che io chiamo l'analisi. Che al suo interno ha il problema della tecnica ma non solo, di solito lo chiamo il tema del politico. E che poi sarebbe quello il punto nodale della rivoluzione.

Ma senza una distinizione dei tre momenti, senza una piena consapevolezza della fondazione (da dove vengo') del sè (movimento animico) consapevolezza di essere soggetti perennemente decentrati (antropologia) vedo dura vedere il futuro (la rivoluzione filosofica, del FARE FILOSOFIA) in maniera drammatica (come di fatto è).

Siamo nel mondo dello spettacolo dell'eterna dannazione del non ricordo di sè, e della provenienza di quel sè. Figuriamoci pensare gli orizzonti.

Oggi come oggi un filosofo non può che essere pessimista, ma guai se smette di pensare (compreso il suo stesso pessimismo).

A domani per la terza trance dove mi pare poni dopo l'archè il problema del soggetto. Come da me auspicato tra l'altro.
#1894
Citazione di: Dubbioso il 03 Marzo 2020, 11:29:09 AM
La vergine Maria e' stata concepita senza peccato originale e al contempo e' stata libera di accettare il suo compito di madre di Dio.[/size]Maria essendo priva del peccato originale ha potuto essere santa in tutto e per tutto e al contempo libera. Mi chiedo dunque perche' Dio non ha potuto/voluto creare tutta l'umanità simile alla Madonna? ( preservandola dal peccato originale )Ovvero conciliare la liberta' umana e il libero arbitrio con la santità....la Madonna aveva il libero arbitrio e al contempo non era corrotta dal peccato originale. Perche' tutta l'umanità dopo " Adamo ed Eva " non poteva essere concepita cosi? ( la Madonna e' il chiaro esempio di possibilità di conciliare il libero arbitrio con l'assenza del peccato originale )Grazie un abbraccio.


Bella domanda, il fatto è che il tema della grazia, è stato pensato proprio per ripensare la distanza divina.
La possibilità della grazia è di fatto aperta a tutti, non solo alla vergine maria.


Dunque è uno sprone alla fede per i restanti peccatori.


Non ho capito bene la questione del libero arbitrio.


Noi tutti possediamo il libero arbitrio, è una delle basi del cristianesimo, è anzi proprio nel libero arbitrio e per grazia del salvatore che possiamo uscire dalla condizione di peccattori.

#1895
Citazione di: viator il 02 Marzo 2020, 21:16:41 PM
Salve anthonyi. Citandoti : XXXXX"c'è bisogno di comunicare questo sentimento affettivo per cui rientriamo nella prima categoria del bisogno umano di comunicare"XXXXX.

Voglio citarti (inutilmente, poichè certe cose dovrebbero risultare lapalissiane ma la gente non riflette, vuole solo affermare e ribadire ciò che qualcuno in passato gli ha raccontato) la definizione di bisogno :

"Ciò la cui mancata soddisfazione impedisce - in tempi più o meno rapidi - la sopravvivenza biologica dell'individuo".

I bisogni sono quindi SOLO quelli bio-fisiologici (mangiare, bere, respirare, traspirare, deiettare), TUTTO IL RESTO - inclusi ovviamente sentimenti e comunicazioni - si chiama con nomi diversi ed ha funzioni diverse. Saluti.


Certo ma quando i bisogni biologici sono soddisfatti SOLO all'interno di un gruppo sociale, capisci bene come il problema adattivo diventi sì biologico ma per estensione anche di altro carattere, appunto sociale.
Dunque si tratta di unire i 2 momenti, essendo quello della sopravvivenza sempre il centrale.
L'uomo biologico è in fin dei conti adattivo. (quindi sia bilogicamente che socialmente, egli è in grado di farlo)
#1896
Citazione di: Isfrael il 03 Marzo 2020, 11:48:44 AM
Citazione di: Dubbioso il 27 Febbraio 2020, 10:35:50 AM



Voi come conciliate il tutto?

Grazie un abbraccio
Penso che non si possa ragionevolmente conciliare, anzi per me che avevo cominciato a leggere la Bibbia in modo approfondito, mi sono evidenziate tantissime contraddizioni, la prima gigantesca, il Dio descritto nell' Antico Testamento, non corrisponde al Dio amorevole e compassionevole descritto dalla religione cattolica...anzi sembra piuttosto un "dittatore" da obbedire senza neanche starci a pensare un attimo, questa mia impressione è condivisa da ogni persona che legge libera da ogni infarcitura e indottrinamenti.


Anche per me come già detto sono difficilmente conciliabili.


Intervengo solo per ricordare che il DIO di ISRAELE, lo stesso che quello di GESU' ricordo, è SIA TERRIBILE, vero, MA ANCHE AMOREVOLE.


Per capire meglio la scrittura del vecchio testamento ricordo inoltre che dio ha dato anche delle leggi orali.


La storia del vecchio testamento è la storia, l'educazione possiamo ben dire, del popolo ebraico.


E' insieme la legge e la possibilità anzi il dovere di interpretarla infinite volte.









#1897
Citazione di: InVerno il 02 Marzo 2020, 19:34:48 PM
Ciao Dubbioso, non so cosa hai tratto dalle ultime discussioni, ma spero tu abbia messo in conto che leggere letteralmente la Bibbia non porta da nessuna parte. Stando a un calcolo basato sulle generazioni menzionate nell' AT Adamo ed Eva dovrebbero essere vissuti 6mila anni fa. Inutile dire che non è possibile.
Spoiler degli episodi successivi : il diluvio universale non è mai avvenuto, nessuno ha mai costruito un arca di quelle dimensioni, la torre di Babele non è mai esistita, e la maggior parte delle guerre\invasioni\descrizioni del regno\regnanti ebraico\i sono completamente inventate o non hanno nessun riscontro nella storiografia attuale.


Nì. Gli eventi della Bibbia sono quasi tutti riscontrabili, è la datazione a essere sballata.


Evidentemente gli studiosi non sanno che esiste una cabala numerica all'interno della tradizione ebraica.


Si tratta di decifrarla.


Comunque già il fatto che così tanti studiosi e soldi vengano spesi per queste ricerche fa capire come quanto sia importante recuperare il senso storico oltre che allegorico delle Bibbia.


Mi sorprendi Inverno, visto che in passato mi hai sempre mostrato una grande conoscenza delle vicende storiche coeve a quello che è avvenuto nei VANGELI.
#1898
Citazione di: iano il 02 Marzo 2020, 10:46:39 AM
Ma come andavano le cose prima , quando non c'erano i libri  , ma c'erano già gli uomini?
I problemi nascono coi libri o c'erano già?


Ciao Iano, c'erano già i problemi, infatti la scrittura è un fenomeno tardo nel mondo dei segni.


Possiamo forse ignorare le pitture rupestri, o il ritrovamento di pentole e armi, fin da prima che l'uomo sapiens comparisse, già gli austrolopitechi o i coevi neanderthal usavo pentolame e armi!!!!


Insomma la scrittura ha accellerato la trasmissione della conoscenza, ma la conoscenza comune e i suoi problemi adattivi già c'erno!





#1899
Paul


"O la fenomenologia ha una tale forza persuasiva e  quindi culturale di collocarsi fra metafisica e scienze moderne dettando nuovi paradigmi, o diventa puro esercizio narrativo soggettivo"


Ma certo Paul, siamo d'accordo. Ho detto solo che per me la fenomenologia è il punto di partenza, il più adatto per poter risalire la corrente al soggetto, e quindi alla critica del soggetto (in relazione alle sue fantasie fenomeniche)), per arrivare all'anima, e infine al legame cosmico con lo Spirito.
L'archè di cui spesso parliamo mi pare.(tranne il fatto che poi non ho ben capito come funzioni il tuo discorso per così dire costruens).
Insomma non volevo dire che la risposta è la fenomenologia, se è questo che mi rimproverari. Ripeto io cerco una metafisica, non una fenomenologia, con cui comunque mi voglio confrontare, e lo faccio volentieri.
Se vuoi partire direttamente dal soprasensibile, va bene lo stesso! Ok a presto.

ps
Scusa se non proseguo oggi gli altri punti del tuo intervento bellisimo di qualche giorno fa, la risposta ad Eutidemo mi ha sfiancato, dacci uno sgurdo se ti và.(quella su essere e non essere).



#1900
Bello scritto Eutidemo.


Sì un tema molto complesso, ne parlo tramite la mia prospettiva.


Certamente come da proposto il tema sembra essere formale, facendo un sali e scendi rispetto all'esperienza, intendo anche scientifica.


Per la formalità dell'essere e del non-essere, ha poco senso. Ha senso invece quella problematica all'interno del vissuto quotidiano.


Certamente secondo la tutologia del principio del terzo escluso, ogni cosa è sempre ogni cosa.
Sono clamorosamente d'accordo con Bobmax sul fatto che la moltiplicazione degli enti non salva dal nichilismo anzi....
Il punto è che per Severino il nichilismo è il passaggio destinale affinchè l'uomo smetta di pensarsi come soggetto.


Infatti quello che manca di nuovo nel 3d, è la conoscenza di Kant, non è un caso, è un sintomo dei tempi.


Il pensiero (dell'essere e del non-essere) è sempre di un soggetto.


Legato al soggetto troviamo il fenomeno che a lui si presenta, come essere e non essere.


E' rispetto a questo legame, a questa relazione soggetto-fenomeno che si instaura la questione essere- non essere.


Ho trovato veramente molto ben chiarificato la questione, che si sposa allo spazio certo. Sono molto d'accordo con tutte le distinzioni fatte fra vuoto e nulla.
Molto soddisfatto di come è stata trattata la questione dello spazio, che è valida per il big-bang è valida anche per le infinite teorie che circolano note e meno note, sulla cosmologia.


Nel mio caso, però è la tematica del tempo quella che mi sta a cuore.


Certo la sussistenza dell'identità, è un fatto del pensiero, che sia suffragata da un documento (tesi del neo-realismo, vedi sopratutto Ferraris), meglio auto-suffrata, o che sia la presunzione di essere lo stesso soggetto biologico.


Il che è evidentemente falso, il me giovane non ha alcun legame biologico con il me vecchio.


Ciò che mi fa dire che io sono io, è per necessità di cose, che esista un anima.


Che l'anima sia la grande rimozione della modernità è di una evidenza scioccante, in quanto la sua idea permane accanto ai nostri tempi, come se fosse qualcosa legato alla religione.


In questo senso la tematica spazio-temporale, risolta da Parmenide-Severino, come sussistenza dell'essere in QUANTO esistenza però, sennò non capiamo la tematica della destinalità sia in Parmenide sia sopratutto in Severino.
E' a due livelli, il primo quello del soggetto, che continua a illudersi di essere identità. persona, codice fiscale. (io sono il mio codice fiscale, suona così nel mondo robotico, mimetizzato sotto io sono un avvocato, un magistrato, un panettiere etc...).
Il secondo che invece riguarda il reale e non il fantasma, che riguarda l'anima.


Non si capisce Eraclito o Hegel senza capire che la grande filosofia passa sopra le storie personali dell'identità, si riferisce direttamente all'anima e al suo dramma esistenziale.


In questo senso è vero che ESSERE e NON ESSERE sembrano astrazioni formali.


Ma NON DEL SOGGETTO!!!! è questo il tema mancante degli ottimi EUTIDEMO e PAUL.


Sono astrazioni del mondo animico, il mondo mediano, tra soggetto-fenomeno, ed ESSERE, ESSERE che è DIO. (è ovvio).


E' proprio nella medianità che risiede il destino NEGATIVO della coppia HEGEL-PARMENIDE.


Di contro la negazione di qualsiasi medianità della coppia ERACLITO-SEVERINO.


Pur tutti e 4 avendo capito (Insieme a EUTIDEMO PAUL e ME) che l'ESSERE è una astrazione formale.


Ma questa formalità, non è l'in sè della filosofia analitica americana.


Non esiste un mondo di soli aggettivi. Io sono "X".


Il fatto è che io mi dico "X" in quanto il fenomeno che mi APPARE, mi determina come funzione tale che f(Y)=x dove y è il fenomeno e x sono io.


Ma è la funzione che conta. La medianità che la permette.


Nel mondo di Parmenide questa medianità è introdotta da NULLA.


Il Nulla non è l'astrazione di ciò è l'ESISTEZA dell'ESSERE.


Possiamo bene dire che è un DIO che si scontra con un altro DIO, quello dell'ESSERE.


In Parmenide questo scontro divino si risolve nella tragedia umana. Ovvero vive nell'uomo.


E' l'uomo il medium della funzione di scontro tra gli opposti.


Il principio del terzo escluso che la psicanalisi bacchetta ad ogni piè sospinto è già lì da venire.


Parmenide è il maestro delle filosofie occulte di Platone e Aristotele.


Uno scontro tra DEI. Così nella BHAGAVAD GITA.


E' sempre uno scontro tra DEI.


Questa fantasmagoria non fa parte del soggetto, che infatti la etichetta come tale, e passa oltre al suo prossimo codice fiscale da inserire nel banco dati di androide memoria.


Fa parte dell'anima. E si chiama destinalità. Mortalità fuor di mimesi.


Così in Hegel l'anima appare già come la determinazione che si impone a partire dall'inderminazione, che il niente relativo, il nihil latino, è infatti l'essere, l'essere formale, che qualcosa è e non può essere altro.

Per Hegel il movimento NEGATIVO viene ancora prima, in quello che lui chiama lo SPIRITO.


E' lo SPIRITO CHE DA INIZIO ALLA NEMESI DELL'ANIMA.


E lo fa dandogli una forma. E questa forma a sua volta decide del soggetto intenzionale.


Perciò ESSERE E NON ESSERE, fanno parte dello stesso movimento NEGATIVO.


Non possiamo intendere insomma il non essere del soggetto, come il non essere del NEGATIVO.


Se vogliamo questa forma negativa dell'essere, E' il nichilismo positivo a cui allude Nietzche.


Se il nichilismo del soggetto è la storia della dominazione dell'uno sull'altro, il nichilismo del destino è la liberazione dell'anima in seno allo SPIRITO che alberga gravemente sull'anima.


Per SEVERINO come per ERACLITO, invece questa negatività, è la follia che abita il sottosuolo della (grande) filosofia.


Il mondo di Eraclito e di Severino è già compreso di questo destino di annientamento.


In questione è ovviamente il fenomeno, il fenomeno è l'apparire di ciò che non può essere.


OSSIA DEL SUSSISTERE DI QUALCOSA COME SE QUESTO QUALCOSA VENISSE DAL NIENTE.


Entrambi capiscono che le filosofie di PARMENIDE ed HEGEL (o meglio ancora NIETZCHE) sono frutto di un errore che dimentica la tautologia.


Per essi dunque è il tempo ad essere illusione ESATTAMENTE ma per strade completamente opposte, a quelle orientali.


In Parmenide in Hegel in Nietzche il TEMPO esiste, e il tempo è il NEMICO dell'anima.


Entrambi questi 3 (e ci aggiungerei Heidegger) VOGLIONO il superamento di questa destinazione.


Lo vogliono talmente tanto che il tempo come valore fantasmatico, come tema paranoico, sparisce di fronte al loro filosofare.
Essi vanno oltre le tematiche della storia del soggetto, se ne fregano dell'individuo, non vedono codici fiscali.


Sono i filosofi che più ammiro, il loro scontro è titanico, come è giusto che sia lo scontro con gli DEI.


E'uno scontro destinale che gli stessi DEI caldeggiano. (è ovvio).


In Eraclito e in Severino questo scontro viene letto come destino della tecnica, del soppruso dell'uono sull'altro.


Heidegger rimane sospeso tra questi due mondi, rimanendo congelasto nella gellassen, nel guardare il mondo da lontano.


Capisce insieme lo sforzo necessario di andare contro il TEMPO, e nello stesso tempo, di come questo sforzo faccia parte di un DESTINO inevitabile di distruzione.


A mio parere questi autori temono la morte, non capiscono che la morte è una fantasmastica, che nessuna tautologia può impedire ad essa di produrre paralisi.


Naturalmente stiamo parlando di cose altissime. Semplicemente vi sono 2 destini completamente diversi.


Ecco si perde tutto questo che ho raccontato DIMENTICANDOSI che l'uomo non è un robot, è un SOGGETTO!!!
#1901
PAUL

"Un conto è partire dall'aletheia nell'esistenza, negando preconcettualmente il soprasensibile e un conto inserirlo nel soprasensibile: muta completamente l'ambiente e le prospettive indagatrici."

Il tuo intervento è molto denso e degno di essere preso punto per punto.

Per oggi prendo solo il primo e più enigmatico dei punti.

Anzitutto sono d'accordo, questa tua domanda mi pare segnalare un grosso problema.

Per me logos, è semplicemente il legame che si instaura tra la verità dell'in sè, e il suo fenomeno.

Ma a sua volta il fenomeno in che maniera è legato all'in sè che lo precede?

Ovviamente da bravo metafisico penso che l'in sè sia nel soprasensibile.

Così Heidegger che ripensa alla storia come storia dell'ESSERE.

Scoprendo così il destino sia il tramonto del metafisico ontologico, degli enti, e tenti di pensare il tramonto (futuro) della tecnica  come ultimo disvelamento della verità.

In fin dei conti un tentativo di ripensare DIO, con lo sguardo sulla realtà fenomenica.

La fenomenologia è la fenomenologia dell'Essere ovviamente. Del destino umano ovviamente.

Ovviamente per i pochi che lo capiscono.

Il punto è che esiste anche un legame della storia del sensibile, le esperienze con quella che chiamiamo la nostra anima, e che invece è sempre decentrata rispetto a quello che incontriamo. L'uomo si sa come notava genialmente Leopardi non è mai veramente felice.Cosa non nuova nella filosofia ovviamente, nuovo è il legame con la consapevolezza dell'infinito, del DIO oltre la collina.

Dunque hai pienamente ragione, sono due prospettive totalmente differenti eppure anch'esse legate se ben ci pensiamo sopra a un doppio nodo destinale.
La sofferenza è del sensibile, e io ci tengo a mantenerla viva. Pena la smemoratezza, la smemoratezza di entrambi i mondi.
Ed Heidegger d'altronde questa cosa l'aveva capita assai bene.
#1902
Citazione di: Ipazia il 01 Marzo 2020, 17:04:47 PM
Citazione di: green demetr il 01 Marzo 2020, 12:45:24 PM

Vedo che insisti a intendere la natura come super-egoica.

Un conto è la sovrastruttura che genera l'io penso, tesi del nostro marx, un conto è la natura.

Mentre la prima è il risultato politico (incluso quello della economia politica), la seconda è una invenzione della chiesa, che pensa il Dio in relazione all'uomo, inteso come naturale.
La natura è lo strumento del Dio. In poche apodittiche parole.
Ma Dio appunto non esiste, e dunque nemmeno la Natura.

Se diciamo natura che non sia relata a Dio, ci tocca rifare i conti da capo.

Vogliamo dunque rifarci alle sciocchezze delle neuroscienze? al pensiero del post umano?
A tutte quelle forme della sovrastruttura che determina l'essere egoico?

Vogliamo rifarci alla natura come la intesero i presocratici e i pensatori coevi orientali a priori di qualsiasi Dio o Uomo-Dio. Che poi è laddove cercó di riportarla Nietzsche rifacendo i conti da capo (magari sbagliati, ma sempre meno di quelli che andava martellando).

Sia essa essere, ente o concetto cambia poco. Cosi la esperiamo nella sua fenomenicità e così la trattiamo fenomenologicamente.

CitazioneIl problema dell'in sè di Ceravolo non è così indifferente rispetto a quello che pensi.

Infatti ponendo un in sè all'interno della natura si sta dando il via alla possibilità della analisi.

Anche di quelle plurali come dici nel tuo intervento finale.

Non porre le premesse di qualsiasi analisi significa consegnarsi in toto al potere delle sovrastrutture.

Le premesse le pone qualsiasi disciplina conoscitiva (scienza) definendo i confini della propria episteme.

CitazioneSignifica affidarsi alle scienze cognitive, adattive, solo perchè performanti, ossia adatte alla economia politica come già Marx ci ha avvisato.

La mercificazione dell'esser umano spacciata come Natura, è la solita sostituzione, del morto un Dio, se ne fa un altro.

Marx ci ha avvisato di quanto la sovrastruttura abbia una grande propensione a farla fuori dal vaso e la sovrastruttura Capitale eccelle in tale arte. Anche Dio non ci va leggero...

CitazioneIl concetto di Natura che lo giustifica è il mezzo più adatto come lo ha dimostrato e tutt'ora dimostra, la persistente presenza del Dio cristiano

... avendo ben compreso quella sezione della natura che è la "natura umana", storicamente determinata...

CitazioneTroppo facile per le forme ideologiche del capitalismo moderno, che usano qualsiasi dispotivo(agamben) esistente.

... al pari del capitalismo che è la summa teologiae della modernità.

Citazione
Il bias parte proprio dalla Natura.

Direi di tornare a Kant e rischiararci le idee. Se vogliamo ripensare il politico come categoria rifondativa del fare filosofia. (cosa su cui sarei d'accordo).

Penso sia un bias insuperabile, trascendentale, tanto vale farsene una ragione per noi della cosa, liberandolo dalla lussuria mercatistica di preti e mercanti. E alfine accettarlo con filosofica consapevolezza come ci insegnó il maestro di Röcken.

Il dubbio che mi sovviene è se stiamo parlando della stessa Natura o natura.




Cara Ipazia, francamente sono in disaccordo sul tuo lassismo e sul tuo laissez faire.


E' esattamente uno dei sintomi del paranoico. Ma appunto quello è un muro veramente difficile da sorpassare, per questo la cecità voluta del problema fa parte della mimesi di tutti, anche di te.


Lasciare il tutto alla episteme moderna significa tra l'altro non aver capito la crisi dei fondamenti di tutte le scienze.
Se nessuna scienza può arrogarsi alcun dirito teoretico stai certa che lo faranno praticamente con le cattive.


Ma qui mi fermo, rimaniamo pure negli spazi astratti e aerei della filosofia teoretica. (per me fondamentale per quella pratica).


PS
Solita correzione su Nietzche, come nel caso di Paul, la faccio solo perchè ci tengo a voi, di solito lascerei cadere le provocazioni.
Nietzche non insegna ad accettare le cose come sono, anzi invita ad una guerra (intellettuale) perpetua contro ogni forma di stasi.




pps
Per quanto riguarda la natura vista dal bias, ovviamente intendo che vi sia una res extensa, quando kant e lo stesso cartesio parlano del cattivo demone. Non esiste alcuna res extensa in sè.


Preferisco certo la Physis greca che si riallaccia all'idea dei fenomeno.

#1903
Ciao Dubbioso, a parte che l'uomo non deriva dalla scimmia, ma da un nostro progenitore comune, credo che mal si conciliano creazionismo ed evoluzionismo.


Ma sulle domande storiche che ti poni, essendo frutto della saggezza antica, è chiaro che il DIO compare con l'homo sapiens. Quindi dopo l'evoluzione da austrolopiteco.


DIverso il problema della creazione dell'uomo, o meglio del come l'apparizione dell'homo sapiens sia avvenuta, questo non lo saprà mai nessuno.
Il fatto che invece voglia relegare l'uomo a pura natura, fa dell'evoluzionismo una delle forme terrificanti del mondo contemporaneo.
In me Dio sussiste, e nessuna teoria imposta da altri mi farà cambiare idea.


Ciao ancora!  ;)
#1904
Citazione di: Dubbioso il 21 Febbraio 2020, 19:25:32 PM
Mi chiedo che senso abbia la reincarnazione per le religioni e filosofie orientali,  se manca la memoria individuale delle proprie azioni precedenti? Se uno non si ricorda gli errori passati come puo' purificarsi e al contempo evitare di compierli nuovamente?



Poniamo che io in un'altra vita sfruttavo gli schiavi e rinasco,  come posso evitare i miei stessi errori e al contempo pagare le mie colpe, se non ne ho memoria?  Magari soffro una pena karmica o un contrappasso,  ma non ne capisco il perche',  dunque non mi purifico e non espio,  perche' non capisco la causa del mio soffrire!


Grazie un abbraccio

Ciao Dubbioso!

Beh vedi in oriente vi sono tecniche che ti permettono di risalire il tuo ciclo karmico.

Per poterle ottenere è necessario rispettare le abluzioni quotidiane e in generale tutto l'iter sociale che ti permetta di evolverti.

questo ovviamente se non sei un parià, in quel caso devi solo soffrire, e non ti evolverai mai.

genio e follia del mondo asiatico. antiche memorie, ormai non più riesumabili senza il mio cinismo occidentale, lo stesso che vedo ti permea.


#1905
Sarà pure troppo facile Eutidemo, ma per capire che nel linguaggio formale l'autoreferenzialità non è ammessa, si è dovuto aspettare il novecento!!!!!


Comunque io che odio il formalismo sono d'accordo con te, il segno che indica, non è l'oggetto indicato.


Mi paiono banalità, ma ancora oggi in terra americana ste cose non le capiscano, e il bello è che i nostri giovani leggono gli americani con sempre più interessa.....oh mamma mia!