Ma fatemi capire una cosa, voi davvero considerate la morte un dato "incerto" perche' "induttivo"?
O siamo al revival dei sofisti ateniesi?
Dopo quanti milioni di miliardi di cigni bianchi (e asini che non volano) visti in giro e' accettabile smettere di cercare il cigno nero (e l'asino che vola)?
E dico la morte in senso semplice come fatto che fisicamente a un certo punto si muore su cui empiricamente tutti possono concordare, poi ognuno resta libero di credere nel paradiso, nella reincarnazione, nell'eterno ritorno in senso nietzscheano o atomistico, o che misticamente non c'e' mai stato un io che vivesse o quant'altro.
E' interessante anche stabilire quale sarebbe il "cigno nero" che se esistesse sementirebbe il dato fisico dell'universalita' della morte, io penso solo una specie cosi' evoluta tecnologicamente o cosi' fortunata da produrre, a un certo punto, almeno un individuo di essa che viva in eterno, certo nessuna delle specie terrestri attuali.
Se l'universo va incontro a un destino ultimo, probabilmente termodinamico, certo questo ipotetico individuo dovrebbe essere in grado di migrare in universi migliori.
O possiamo chiudere qui il revival dei sofisti.
L'immortalita' dei filosofi consiste, (o almeno: e' consistita) spesso nell'immagginare il cosmo, o l'essere, come un quanto di eternita' finita in se' conchiusa, e ogni vivente come un compositivo di tale eternita'.
In modo che ogni essente esista solo nella sua stessa relazione con l'altro e con tutti gli altri, e l'unita', fondamentalmente logica, emergente dalla ricomposizione di tutte queste relazioni, tra essenti, sia atemporale e quindi eterna.
Si e' eterni perche' la contingenza emergente di un certo specifico eterno su mille altri (possibili e non reali) esiste proprio grazie a noi, quindi non in assoluto, si puo' affermare che l'eternita' esista grazie a noi, ma come eternita' che, tra mille forme possibili, assume proprio questa. Assumendo che, anche presso l'eternita', il possibile sia piu' vasto del reale.
Proprio il contrario di contrapporre infinito a mortalita': qui, in questo discorso, si e' eterni perche' si pensa che l'infinito, come infinito attuale, non esista, o al limite che esista solo in Dio, e finanche la totalita' del tempo, intesa specificamente come tempo dei mortali, dunque come tempo della durata, e' immaginata come unita'.
Ma, anche in questo possibile discorso, siamo sempre nell'ambito della facolta' di immagginare orizzonti di senso ulteriori alla realta' della morte fisica, non nel tentativo di smentirla come dato di fatto.
O siamo al revival dei sofisti ateniesi?
Dopo quanti milioni di miliardi di cigni bianchi (e asini che non volano) visti in giro e' accettabile smettere di cercare il cigno nero (e l'asino che vola)?
E dico la morte in senso semplice come fatto che fisicamente a un certo punto si muore su cui empiricamente tutti possono concordare, poi ognuno resta libero di credere nel paradiso, nella reincarnazione, nell'eterno ritorno in senso nietzscheano o atomistico, o che misticamente non c'e' mai stato un io che vivesse o quant'altro.
E' interessante anche stabilire quale sarebbe il "cigno nero" che se esistesse sementirebbe il dato fisico dell'universalita' della morte, io penso solo una specie cosi' evoluta tecnologicamente o cosi' fortunata da produrre, a un certo punto, almeno un individuo di essa che viva in eterno, certo nessuna delle specie terrestri attuali.
Se l'universo va incontro a un destino ultimo, probabilmente termodinamico, certo questo ipotetico individuo dovrebbe essere in grado di migrare in universi migliori.
O possiamo chiudere qui il revival dei sofisti.
L'immortalita' dei filosofi consiste, (o almeno: e' consistita) spesso nell'immagginare il cosmo, o l'essere, come un quanto di eternita' finita in se' conchiusa, e ogni vivente come un compositivo di tale eternita'.
In modo che ogni essente esista solo nella sua stessa relazione con l'altro e con tutti gli altri, e l'unita', fondamentalmente logica, emergente dalla ricomposizione di tutte queste relazioni, tra essenti, sia atemporale e quindi eterna.
Si e' eterni perche' la contingenza emergente di un certo specifico eterno su mille altri (possibili e non reali) esiste proprio grazie a noi, quindi non in assoluto, si puo' affermare che l'eternita' esista grazie a noi, ma come eternita' che, tra mille forme possibili, assume proprio questa. Assumendo che, anche presso l'eternita', il possibile sia piu' vasto del reale.
Proprio il contrario di contrapporre infinito a mortalita': qui, in questo discorso, si e' eterni perche' si pensa che l'infinito, come infinito attuale, non esista, o al limite che esista solo in Dio, e finanche la totalita' del tempo, intesa specificamente come tempo dei mortali, dunque come tempo della durata, e' immaginata come unita'.
Ma, anche in questo possibile discorso, siamo sempre nell'ambito della facolta' di immagginare orizzonti di senso ulteriori alla realta' della morte fisica, non nel tentativo di smentirla come dato di fatto.


