Citazione di: Apeiron il 14 Maggio 2018, 23:00:23 PMCitazionePurtroppo mi sembra proprio che si continui a girare a vuoto, senza arrivare a un minimo di comprensione reciproca.
Risposta a @sgiombo:
1) su t'Hooft e Bohm. Qui, credo, stiamo andando alla radice del dissidioprima di continuare la discussione su questo tema ti chiedo due domande: secondo te c'è una corrispondenza biunivoca tra come avvengono gli eventi e le regolarità per cui avvengono? Per te c'è una distinzione tra "generalizzazione accidentale" e "necessità strutturale"?
Con la distinzione tra "generalizzazione accidentale" "necessità strutturale", intendo questo: per esempio, nell'esempio della lotteria in cui Tizio riesce sempre a vincere lo fa sempre in modo fortuito. Supponiamo pure che lo faccia per un'infinità di volte. Da questo io deduco erroneamente che tale "coincidenza" non sia un semplice "colpo di fortuna" ma che ci sia un legame "strutturale" tra Tizio e le estrazioni della lotteria. Chiaramente, secondo me, possiamo pensare che "il colpo di fortuna" avvenga sempre. Tuttavia mentre il "legame strutturale" implicherebbe che Tizio becca sempre i numeri giusti, se è vera la "generalizzazione accidentale" allora non c'è alcun legame tra i due, ma ogni volta Tizio è fortunato.CitazioneMi sembra un (preteso) discorso senza senso.
Perché vi sia (reale possibilità di) conoscenza scientifica (vera), e non di mera conoscenza particolare-concreta, "episodica" o aneddottica, occorre che il divenire (naturale materiale) sia ordinato secondo modalità generali astratte (astraibili dai particolari concreti da parte del pensiero conoscente) universali e costanti che stabiliscano, determinino una concatenazione (genuinamente) causale degli eventi.
E questo in generale e a priori.
E, come ci ha insegnato David Hume, questo non é razionalmente fondabile, né su un ragionamento o deduzione dimostrabile a priori, né su una constatazione o verifica empirica rilevabile a posteriori.
Premessa questa conditio sine qua non della conoscenza scientifica (se essa é vera), allora possono darsi sostanzialmente due casi alternativi: che si dia una conoscenza vera di reali concatenazioni causali di eventi, oppure che si rilevino mere correlazioni casuali di eventi.
Non é a priori né a posteriori possibile essere certi del primo caso (Hume!), mentre é possibile esserlo del secondo (solamente) a posteriori, cioè rilevando empiricamente casi che falsificano la concatenazione causale precedentemente considerata, derubricandola a mera correlazione casuale; ma nessuna dimostrazione del secondo é comunque possibile.
Cioé a priori, ossia in assenza di falsificazione empirica a posteriori, non si può assolutamente distinguere in alcun modo fra questi due casi: l' unica distinzione possibile può darsi solo a posteriori e unicamente nei casi di falsificazione empirica della concatenazione causale in precedenza erroneamente considerata (in seguito a e in conseguenza dell' osservazione -ovviamente "solidamente" confermata con adeguato rigore- di un caso che non vi si adegui): prima nulla ci consente di superare il dubbio in proposito (che si tratti di vere considerazioni di concatenazioni causali autentiche o di mere sequenze fortuite di eventi).
Dunque l' unica distinzione tra "generalizzazione accidentale" e "necessità strutturale" nelle sequenze di eventi può (eventualmente) essere fatta a posteriori nei casi di falsificazione della seconda ipotesi e conferma empirica della prima.
Al di fuori di questi casi non vi é nulla, nessun criterio epistemologico che ci possa consentire di discernere le due ipotesi circa le sequenze di eventi considerate (qualsiasi sequenza di eventi si consideri).
Credo che questo concetto ossa esprimersi anche con la locuzione (se la intendo correttamente):
<< a priori esiste una perfetta corrispondenza biunivoca [= indiscernibilità] tra come avvengono gli eventi e le regolarità per cui avvengono; ovvero non esiste alcuna distinzione possibile tra "generalizzazione accidentale" e "necessità strutturale", sempre tranne nei casi (eventuali) di falsificazione empirica a posteriori >>.
Fintanto che Tizio persiste imperterrito, col suo "culo sperverso" (come pittorescamente dicevamo quando eravamo giovani), a vincere alla lotteria, non é falsificata l' ipotesi che viga la legge di natura "della puntuale vittoria di Tizio" (che ci sia un qualche meccanismo finora ignoto, magari non locale, che ne determini la verità; sul che "hypotheses non fingo", Newton), esattamente come non la é qualsiasi legge fisica circa la quale non si sia rilevata empiricamente a posteriori un' osservazione che non vi si adegui.
Solo (se e) quando Tizio finalmente perderà questa "legge di natura" sarà falsificata: prima non c' é assolutamente nulla che la differenzi dalla legge di Coulomb sull' elettricità, dalla seconda legge della dinamica di Newton sui rapporti fra forza, massa e accelerazione o da quella relativistica sulle proporzioni delle trasformazioni della materia da massa a energia e viceversa, ecc.
O almeno io non ne vedo.
Se tu riesci a trovarne, fammi sapere (e te ne sarò infinitamente grato).
Dunque, Chiaramente, secondo me, non possiamo pensare che "il colpo di fortuna" avvenga sempre: semplicemente non avrebbe senso; infatti che possa non trattarsi di reale concatenazione causale, sempre falsificabile "alla prossima osservazione empirica" é una regola generale (Hume!) che vale sempre e comunque, qualsiasi correlazione sequenziale di eventi (non falsificata, ovviamente) si consideri, del tutto indifferentemente, in modo assolutamente indistinguibile.
Non vedi veramente differenza? Quello che sto dicendo, in sostanza, è che se anche avessi un'infinità di prove sperimentali in cui risulta che le mele cadono (e quindi un'infinità di volte ho una "verifica" dell'ipotesi dell'esistenza della forza di gravità) non posso concludere logicamente che ci sia una "forza di gravità", ovvero una "necessità strutturale". Anche con un'infinità di esperimenti, in sostanza, non potrò mai sapere se ho davanti una "necessità strutturale" (=c'è la forza di gravità) o una mera "generalizzazione accidentale" (io concludo erroneamente che c'è la forza di gravità, ma in realtà la mela cade sempre "per caso").CitazioneFirmato: David Hume.
Se quanto hai scritto ha un senso, allora non può significare nient' altro che semplicemente potrà darsi che il prossimo esperimento (sempre: il prossimo esperimento quanti che siano i precedenti) mi mostrerà che la mela, staccatasi dal ramo, non cade al suolo (Hume docet!).
E alle ultime parole fra parentesi non riesco ad attribuire assolutamente alcun senso: perché "erroneamente"? Per "esistenza della forza di gravità" non si intende altro (semplificando alquanto il concetto) che finora le mele sono sempre cadute.
E se Anche con un'infinità di esperimenti, in sostanza, non potrò mai sapere se ho davanti una "necessità strutturale" [=c'è la forza di gravità] o una mera "generalizzazione accidentale", allora in realtà il "cadere sempre per caso" della mela e il "suo cadere per la forza di gravità", a quanto ci risulta, "fino a prova (empirica a posteriori) contraria", sono locuzioni perfettamente sinonime, indistinguibili (salvo differenze di significato che vorrei mi fossero illustrate), e il confondere l' una con l' altra per definizione non costituisce affatto un errore (casomai lo potrebbe costituire solo dopo falsificazione della prima).
Ovvero concluderesti erroneamente che c' é la forza di gravità sole se (contrariamente all' ipotetica premessa considerata, dunque "per assurdo", "ammesso e non concesso") prima o poi osservassi che la mela, staccandosi dal ramo, sale in cielo o rimane sospesa a mezz' aria.CitazioneSe per definizione per Bohr le "grandezze fisiche" più che "proprietà (solo) dell'oggetto" sono, in realtà, proprietà dell'oggetto osservato ,ovvero dell'oggetto in un determinato contesto, allora si tratta di un assunto arbitrario, soggettivo di Bohr (condiviso per convenzione da chi segue in questo Bohr); allora ciò significa che arbitrariamente, soggettivamente Bohr si interessa solo dell'oggetto in quanto osservato, ovvero dell' oggetto in un determinato contesto.Per Bohr non puoi conoscere l'oggetto quando non è osservato. L'unico contesto in cui riesci a studiare [per lo meno nel senso di: osservare direttamente, N.d.R.] l'oggetto è al momento della misura.CitazioneQuesto non solo per Bohr, ma per chiunque.
All'infuori dell'atto della misura non è possibile parlare di proprietà come "la posizione" o "la quantità di moto" ecc.CitazionePer Bohr (e arbitrariamente)!
Ma non per me (in buona compagnia: di Einstein, Schroedinger, de Broglie, Bohm, Bell e tanti altri).
Citazione di: Apeiron il 14 Maggio 2018, 23:00:23 PM
CitazioneE non che necessariamente si tratta oggettivamente di proprietà solo dell' oggetto in quanto osservato, ovvero solo dell' oggetto in un determinato contesto e non anche dell' oggetto indipendentemente dal fatto che sia osservato o meno (il che a mio parere é per lo meno meglio correlato con l' intersoggettività delle osservazioni: se sempre e comunque chiunque compia le "opportune" osservazioni inderogabilmente rileva le stesse identiche medesime caratteristiche -misure- allora per me vuol dire che qualcosa di reale c' é, accade indipendentemente dalle eventuali osservazioni o meno, che infatti non possono in alcun modo mutarlo; per spiegarlo, in alternativa, si potrebbe forse ricorrere ad una per me oscura e un po' misteriosa "armonia in un qualche modo o senso prestabilita" fra le osservazioni).
Bohr non nega l'intersoggettività, visto che gli esperimenti vengono svolti allo stesso modo dai fisici. Non è un "relativista", bensì accetta l'inter-soggettività della misura. Anzi, per Bohr la base dell'intersoggettività scientifica è proprio dovuta al fatto che gli esperimenti vengono svolti allo stesso modo. Bohr non ha mai negato questo. Quello che ha negato è che noi possiamo conoscere la realtà anche quando non può essere osservata. In sostanza rilevi le stesse caratteristiche perchè esegui la misura allo stesso modo.CitazioneInfatti non ho sostenuto che Bohr nega l' intersoggettività, ma invece che la spiega molto peggio (quantomeno!) dei "deterministi della variabili nascoste": se sappiamo che la realtà é in un certo, unico modo (unico per tutti i potenziali osservatori, e anche eventualmente senza osservatore alcuno) anche quando non é osservata, allora l' intersoggettività delle (eventuali) osservazioni é ovvia, non pone alcun problema; mentre secondo me così non é (salvo ricorrere a una vaga e fumosa "armonia prestabilita" fra gli eventuali osservatori di leibniziana memoria) se la realtà quando non é osservata non (esiste e non) é in un certo, unico modo (unico per tutti i potenziali osservatori; e tale anche se non fosse osservata), ma viene ad esserlo, lo diviene solo se e quando é osservata.
Risposta a @Il_Dubbio
2) Indipendentemente dall'interpretazione in uno stato quantistico entangled, formato da due particelle, vige la non-separabilità. Lo stato entangled non può essere considerato come la semplice "somma" delle due parti. Nell'interpretazione di Copenaghen se Alice e Bob effettuano una misura, il pacchetto d'onda collassa e si trovano dei risultati. Questi risultati, però sono correlati. Tuttavia a differenza dell'interpretazione di Bohm l'interazione della misura non fa in modo che ci sia un'influenza causale tra le due particelle: se i due osservatori comunicano i loro risultati allora c'è influenza causale ma solo tra gli osservatori.CitazioneVige realmente la non separabilità?
Ma se la misura la fa (realmente) uno solo dei due (Bob) e può parlarsi (per i "Danesi") di realtà solo a proposito di ciò che é direttamente osservato, allora a che cosa (di reale) é correlato il risultato da lui (Bob) rilevato?
Se c' é realmente una correlazione fa caratteristiche reali del mondo (intersoggettiva), anche indipendentemente da eventuali osservazioni (o meno), allora ovviamente si tratta di una correlazione reale.
Ma invece quale correlazione reale può esserci fra il risultato effettivamente rilevato da Bob (reale) e quello non rilevato da Alice (solo potenziale, non attualmente reale; che ci sarà solo se e quando Alice compirà la sua osservazione)?
3) Bell ha escluso che ci siano interpretazioni della meccanica quantistica con variabili nascoste (che accettano la definitezza controfattuale) locali e non superdeterministiche.CitazioneMa non mi sembra (potrei sbagliarmi perché la mia conoscenza in materia é limitatissima) che Bell parli di "[buon vecchio] determinismo" e non di "superdeterminismo".