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Messaggi - sgiombo

#1921
Tematiche Filosofiche / Re:Fisica e Tempo
15 Maggio 2018, 15:02:49 PM
Citazione di: Apeiron il 14 Maggio 2018, 23:00:23 PM
CitazionePurtroppo mi sembra proprio che si continui a girare a vuoto, senza arrivare a un minimo di comprensione reciproca.

Risposta a @sgiombo:

1) su t'Hooft e Bohm. Qui, credo, stiamo andando alla radice del dissidio  ;)  prima di continuare la discussione su questo tema ti chiedo due domande: secondo te c'è una corrispondenza biunivoca tra come avvengono gli eventi e le regolarità per cui avvengono? Per te c'è una distinzione tra "generalizzazione accidentale" e "necessità strutturale"?

Con la distinzione tra "generalizzazione accidentale" "necessità strutturale", intendo questo:  per esempio, nell'esempio della lotteria in cui Tizio riesce sempre a vincere lo fa sempre in modo fortuito. Supponiamo pure che lo faccia per un'infinità di volte. Da questo io deduco erroneamente che tale "coincidenza" non sia un semplice "colpo di fortuna" ma che ci sia un legame "strutturale" tra Tizio e le estrazioni della lotteria. Chiaramente, secondo me, possiamo pensare che "il colpo di fortuna" avvenga sempre. Tuttavia mentre il "legame strutturale" implicherebbe che Tizio becca sempre i numeri giusti, se è vera la "generalizzazione accidentale" allora non c'è alcun legame tra i due, ma ogni volta Tizio è fortunato.
CitazioneMi sembra un (preteso) discorso senza senso.
Perché vi sia (reale possibilità di) conoscenza scientifica (vera), e non di mera conoscenza particolare-concreta, "episodica" o aneddottica, occorre che il divenire (naturale materiale) sia ordinato secondo modalità generali astratte (astraibili dai particolari concreti da parte del pensiero conoscente) universali e costanti che stabiliscano, determinino una concatenazione (genuinamente) causale degli eventi.
E questo in generale e a priori.
E, come ci ha insegnato David Hume, questo non é razionalmente fondabile, né su un ragionamento o deduzione dimostrabile a priori, né su una constatazione o verifica empirica rilevabile a posteriori.
Premessa questa conditio sine qua non della conoscenza scientifica (se essa é vera), allora possono darsi sostanzialmente due casi alternativi: che si dia una conoscenza vera di reali concatenazioni causali di eventi, oppure che si rilevino mere correlazioni casuali di eventi.
Non é a priori né a posteriori possibile essere certi del primo caso (Hume!), mentre é possibile esserlo del secondo (solamente) a posteriori, cioè rilevando empiricamente casi che falsificano la concatenazione causale precedentemente considerata, derubricandola a mera correlazione casuale; ma nessuna dimostrazione del secondo é comunque possibile.
Cioé a priori, ossia in assenza di falsificazione empirica a posteriori, non si può assolutamente distinguere in alcun modo fra questi due casi: l' unica distinzione possibile può darsi solo a posteriori e unicamente nei casi di falsificazione empirica della concatenazione causale in precedenza erroneamente considerata (in seguito a e in conseguenza dell' osservazione -ovviamente "solidamente" confermata con adeguato rigore- di un caso che non vi si adegui): prima nulla ci consente di superare il dubbio in proposito (che si tratti di vere considerazioni di concatenazioni causali autentiche o di mere sequenze fortuite di eventi).
Dunque l' unica distinzione tra "generalizzazione accidentale" e "necessità strutturale" nelle sequenze di eventi può (eventualmente) essere fatta a posteriori nei casi di falsificazione della seconda ipotesi e conferma empirica della prima.
Al di fuori di questi casi non vi é nulla, nessun criterio epistemologico che ci possa consentire di discernere le due ipotesi circa le sequenze di eventi considerate (qualsiasi sequenza di eventi si consideri).
Credo che questo concetto ossa esprimersi anche con la locuzione (se la intendo correttamente):
<< a priori esiste una perfetta corrispondenza biunivoca [= indiscernibilità] tra come avvengono gli eventi e le regolarità per cui avvengono; ovvero non esiste alcuna distinzione possibile tra "generalizzazione accidentale" e "necessità strutturale", sempre tranne nei casi (eventuali) di falsificazione empirica a posteriori >>.

Fintanto che Tizio persiste imperterrito, col suo "culo sperverso" (come pittorescamente dicevamo quando eravamo giovani), a vincere alla lotteria, non é falsificata l' ipotesi che viga la legge di natura "della puntuale vittoria di Tizio" (che ci sia un qualche meccanismo finora ignoto, magari non locale, che ne determini la verità; sul che "hypotheses non fingo", Newton), esattamente come non la é qualsiasi legge fisica circa la quale non si sia rilevata empiricamente a posteriori un' osservazione che non vi si adegui.
Solo (se e) quando Tizio finalmente perderà questa "legge di natura" sarà falsificata: prima non c' é assolutamente nulla che la differenzi dalla legge di Coulomb sull' elettricità, dalla seconda legge della dinamica di Newton sui rapporti fra forza, massa e accelerazione o da quella relativistica sulle proporzioni delle trasformazioni della materia da massa a energia e viceversa, ecc.
O almeno io non ne vedo.
Se tu riesci a trovarne, fammi sapere (e te ne sarò infinitamente grato).

Dunque, Chiaramente, secondo me, non possiamo pensare che "il colpo di fortuna" avvenga sempre: semplicemente non avrebbe senso; infatti che possa non trattarsi di reale concatenazione causale, sempre falsificabile "alla prossima osservazione empirica" é una regola generale (Hume!) che vale sempre e comunque, qualsiasi correlazione sequenziale di eventi (non falsificata, ovviamente) si consideri, del tutto indifferentemente, in modo assolutamente indistinguibile.

Non vedi veramente differenza? Quello che sto dicendo, in sostanza, è che se anche avessi un'infinità di prove sperimentali in cui risulta che le mele cadono (e quindi un'infinità di volte ho una "verifica" dell'ipotesi dell'esistenza della forza di gravità) non posso concludere logicamente che ci sia una "forza di gravità", ovvero una "necessità strutturale". Anche con un'infinità di esperimenti, in sostanza, non potrò mai sapere se ho davanti una "necessità strutturale" (=c'è la forza di gravità) o una mera "generalizzazione accidentale" (io concludo erroneamente che c'è la forza di gravità, ma in realtà la mela cade sempre "per caso").
CitazioneFirmato: David Hume.

Se quanto hai scritto ha un senso, allora non può significare nient' altro che semplicemente potrà darsi che il prossimo esperimento (sempre: il prossimo esperimento quanti che siano i precedenti) mi mostrerà che la mela, staccatasi dal ramo, non cade al suolo (Hume docet!).

E alle ultime parole fra parentesi non riesco ad attribuire assolutamente alcun senso: perché "erroneamente"? Per "esistenza della forza di gravità" non si intende altro (semplificando alquanto il concetto) che finora le mele sono sempre cadute.
E se Anche con un'infinità di esperimenti, in sostanza, non potrò mai sapere se ho davanti una "necessità strutturale" [=c'è la forza di gravità] o una mera "generalizzazione accidentale", allora in realtà il "cadere sempre per caso" della mela e il "suo cadere per la forza di gravità", a quanto ci risulta, "fino a prova (empirica a posteriori) contraria", sono locuzioni perfettamente sinonime, indistinguibili (salvo differenze di significato che vorrei mi fossero illustrate), e il confondere l' una con l' altra per definizione non costituisce affatto un errore (casomai lo potrebbe costituire solo dopo falsificazione della prima).

Ovvero concluderesti erroneamente che c' é la forza di gravità sole se (contrariamente all' ipotetica premessa considerata, dunque "per assurdo", "ammesso e  non concesso") prima o poi osservassi che la mela, staccandosi dal ramo, sale in cielo o rimane sospesa a mezz' aria.

CitazioneSe per definizione per Bohr le "grandezze fisiche" più che "proprietà (solo) dell'oggetto" sono, in realtà, proprietà dell'oggetto osservato ,ovvero dell'oggetto in un determinato contesto, allora si tratta di un assunto arbitrario, soggettivo di Bohr (condiviso per convenzione da chi segue in questo Bohr); allora ciò significa che arbitrariamente, soggettivamente Bohr si interessa solo dell'oggetto in quanto osservato, ovvero dell' oggetto in un determinato contesto.
Per Bohr non puoi conoscere l'oggetto quando non è osservato. L'unico contesto in cui riesci a studiare [per lo meno nel senso di: osservare direttamente, N.d.R.] l'oggetto è al momento della misura.
CitazioneQuesto non solo per Bohr, ma per chiunque.

All'infuori dell'atto della misura non è possibile parlare di proprietà come "la posizione" o "la quantità di moto" ecc.
CitazionePer Bohr (e arbitrariamente)!

Ma non per me (in buona compagnia: di Einstein, Schroedinger, de Broglie, Bohm, Bell e tanti altri).

Citazione di: Apeiron il 14 Maggio 2018, 23:00:23 PM

CitazioneE non che necessariamente si tratta oggettivamente di proprietà solo dell' oggetto in quanto osservato, ovvero solo dell' oggetto in un determinato contesto e non anche dell' oggetto indipendentemente dal fatto che sia osservato o meno (il che a mio parere é per lo meno meglio correlato con l' intersoggettività delle osservazioni: se sempre e comunque chiunque compia le "opportune" osservazioni inderogabilmente rileva le stesse identiche medesime caratteristiche -misure- allora per me vuol dire che qualcosa di reale c' é, accade indipendentemente dalle eventuali osservazioni o meno, che infatti non possono in alcun modo mutarlo; per spiegarlo, in alternativa, si potrebbe forse ricorrere ad una per me oscura e un po' misteriosa "armonia in un qualche modo o senso prestabilita" fra le osservazioni).

Bohr non nega l'intersoggettività, visto che gli esperimenti vengono svolti allo stesso modo dai fisici. Non è un "relativista", bensì accetta l'inter-soggettività della misura. Anzi, per Bohr la base dell'intersoggettività scientifica è proprio dovuta al fatto che gli esperimenti vengono svolti allo stesso modo. Bohr non ha mai negato questo. Quello che ha negato è che noi possiamo conoscere la realtà anche quando non può essere osservata. In sostanza rilevi le stesse caratteristiche perchè esegui la misura allo stesso modo.

CitazioneInfatti non ho sostenuto che Bohr nega l' intersoggettività, ma invece che la spiega molto peggio (quantomeno!) dei "deterministi della variabili nascoste": se sappiamo che la realtà é in un certo, unico modo (unico per tutti i potenziali osservatori, e anche eventualmente senza osservatore alcuno) anche quando non é osservata, allora l' intersoggettività delle (eventuali) osservazioni é ovvia, non pone alcun problema; mentre secondo me così non é (salvo ricorrere a una vaga e fumosa "armonia prestabilita" fra gli eventuali osservatori di leibniziana memoria) se la realtà quando non é osservata non (esiste e non) é in un certo, unico modo (unico per tutti i potenziali osservatori; e tale anche se non fosse osservata), ma viene ad esserlo, lo diviene solo se e quando é osservata.








Risposta a @Il_Dubbio

2) Indipendentemente dall'interpretazione in uno stato quantistico entangled, formato da due particelle, vige la non-separabilità. Lo stato entangled non può essere considerato come la semplice "somma" delle due parti. Nell'interpretazione di Copenaghen se Alice e Bob effettuano una misura, il pacchetto d'onda collassa e si trovano dei risultati. Questi risultati, però sono correlati. Tuttavia a differenza dell'interpretazione di Bohm l'interazione della misura non fa in modo che ci sia un'influenza causale tra le due particelle: se i due osservatori comunicano i loro risultati allora c'è influenza causale ma solo tra gli osservatori.
CitazioneVige realmente la non separabilità?
Ma se la misura la fa (realmente) uno solo dei due (Bob) e può parlarsi (per i "Danesi") di realtà solo a proposito di ciò che é direttamente osservato, allora a che cosa (di reale) é correlato il risultato da lui (Bob) rilevato?
Se c' é realmente una correlazione fa caratteristiche reali del mondo (intersoggettiva), anche indipendentemente da eventuali osservazioni (o meno), allora ovviamente si tratta di una correlazione reale.
Ma invece quale correlazione reale può esserci fra il risultato effettivamente rilevato da Bob (reale) e quello non rilevato da Alice (solo potenziale, non attualmente reale; che ci sarà solo se e quando Alice compirà la sua osservazione)?

3) Bell ha escluso che ci siano interpretazioni della meccanica quantistica con variabili nascoste (che accettano la definitezza controfattuale) locali e non superdeterministiche.
CitazioneMa non mi sembra (potrei sbagliarmi perché la mia conoscenza in materia é limitatissima) che Bell parli di "[buon vecchio] determinismo" e non di "superdeterminismo".


#1922
Tematiche Filosofiche / Re:Fisica e Tempo
12 Maggio 2018, 10:03:50 AM
Risposta ad Apeiron

"Ipotizzare che rapporto causale fra eventi ci sia o che non ci sia (e se in sostanza Bohm ritiene che c'è, t'Hooft invece no)" a mio parere non può necessariamente significare che o le sequenze di eventi seguono leggi universali e costanti (si rilevane sempre e dovunque, dati determinati eventi "iniziali" determinate sequenze di eventi "successivi" e non altre), oppure no.

Ma allora che dice t' Hooft di diverso da Bohm ? ? ?

Che senso potrebbe mai avere l' affermazione "apparentemente le sequenze di eventi seguono leggi universali e costanti (si rilevane sempre e dovunque, dati determinati eventi "iniziali", determinate sequenze di eventi "successivi" e non altre), ma realmente si tratta di sequenze casuali"?
Per me "sequenze (realmente) casuali di eventi" significa "sequenze tali che prima o poi, qua o là, dati determinati eventi "iniziali" non ne (con)seguono (realmente) determinate sequenze di eventi "successivi" ma invece altre"; e che questo possa accadere solo "apparentemente", significa inevitabilmente, necessariamente che si può prima o poi, qua o là falsificare questa apparenza (per l' appunto falsa); é il caso dei sette risultati consecutivi "12" in lanci di dadi non truccati: continuamo a lanciarli, e inevutabilmente prima o poi, dopo tantissimi lanci, la sequenza ci apparirà (veracemente, quale realmente é) come un' eventualità improbabilissima nell' ambito di eventi casuali e non causali - deterministici, solo apparentemente (ma falsamente) tali a un' osservazione inadeguata della reltà.
Ma a quanto pare questo per t' Hooft non può darsi.
E allora le parole di t' Hooft non hanno alcun senso (o almeno io non vi vedo alcun senso: e allora se ce n' é uno -ammesso e non concesso- mi pacerebbe che me lo si esponesse).
Ma tu mi dici per l' appunto che é impossibile distinguere (buon vecchio) determinismo (a là Bohm) e superdeterminismo (a la t' Hooft), il che non può non significare che t' Hooft non dice niente di sensato (pretende che un' affermazione sia diversa da un' altra senza che si possano distinguere, il che é evidentissimamente autocontraddittorio).

Dove mai starebbe, in cosa consisterebbe mai la "loro indistinguibilità nell'ontologia che propongono: per Bohm c'è un effettivo rapporto causale, per t'Hooft no" se anche per t' Hooft non é possibile rilevare deroghe dalle determinate sequenze universali e costanti dai fatti reali (ma casomai solo immaginarle senza verificarle, il che é banalmente possibilissimo anche per Bohm, e non cambia nulla nella realtà dei fatti, ma costituisce solo un' esercizio di fantasia, magari valido letterariamente o artisticamente, ma comunque falso; anche se la saa falsità, tanto per Bohn quanto per t' Hooft, é assunta arbitrariamente -per poter fare scienza- e non logicamente dimostrabile né empiricamente constatabile, come ci ha insenato Hume).

Vorrei che m spiegassi che significa "Non ci può essere un modo per falsificare una delle due teorie (e non falsificare, allo stesso tempo, l'altra)" [il che per me == "sono identiche"; altrimenti che significa "identico"?] "ma questo non significa che sono identiche!" [il che per me significa che c' é (almeno) un modo per distinguerle, e dunque per stabilire se é vera l' una oppure l' altra, poiché non possono darsi due verità diverse sugli stessi, medesimi, identici fatti); oppure anche se sono false entrambe (essendo in questo caso diverse anche da una terza, almeno potenziale, teoria vera circa gli stessi, medesimi, identici fatti].

Che differenza potrebbe mai darsi fra due teorie se "non è possibile falsificare una delle due teorie senza falsificare l'altra"?
Non riesco proprio ad attribuire a in questa affermazione altro significato che

o esse sono identiche (la stessa, unica teoria);

o al massimo (ma non vedo come, in che senso ciò potrebbe darsi nella fattispecie) che l' una é parte dell' (é implicata dalla, "contenuta nella") altra (ma fra l' altro solo se la falsificazione dell' una con necessariamente implicata quella dell' altra andasse in un' unico senso, se fosse intransitiva; e non mi pare questo il caso).

Queste considerazioni valgono pari pari anche se t'Hooft nega la causalità "reale" solo nel caso delle correlazioni quantistiche": dovrebbe mostrarci per lo meno come si potrebbe rilevare nelle correlazioni quantistiche una deroga all' universalità e costanza delle sequenze (== causalità, determinismo), che le falsificasse; ma se, come pare, pretende di sostenere che universalità e costanza reale delle sequenze non é distinguibile da universalità e costanza apparente delle sequenze degli eventi quantistici, allora ciò non é possibile per definizione (== si tratta di un insensato vaniloquio).

Per stabilire, Nell'esempio della lotteria, se una persona "avesse sempre molta fortuna", [e dunque se] non ci sarebbe una vera causazione [cosa che] Lo stesso t'Hooft ipotizza per le correlazioni quantistiche" bisognerebbe prolungare le osservazioni fino a far rientrare le vincite in una sequenza statistica teoricamente plausibile, per quanto improbabile. In assenza di una simile osservazione non può parlarsi di "fortuna" ma di concatenazione causale (di cui eventualmente cercare spiegazioni: imbrogli? Corruzione dei gestori della lotteria? Qualche meccanismo naturale -magari non locale!- che collega causalmente-deterministicamente gli acquisti dei biglietti del tizio con le estrazioni dei numeri?).



Se per definizione per Bohr le "grandezze fisiche" più che "proprietà (solo) dell'oggetto" sono, in realtà, proprietà dell'oggetto osservato ,ovvero dell'oggetto in un determinato contesto, allora si tratta di un assunto arbitrario, soggettivo di Bohr (condiviso per convenzione da chi segue in questo Bohr); allora ciò significa che arbitrariamente, soggettivamente Bohr si interessa solo dell'oggetto in quanto osservato, ovvero dell' oggetto in un determinato contesto.
E non che necessariamente si tratta oggettivamente di proprietà solo dell' oggetto in quanto osservato, ovvero solo dell' oggetto in un determinato contesto e non anche dell' oggetto indipendentemente dal fatto che sia osservato o meno (il che a mio parere é per lo meno meglio correlato con l' intersoggettività delle osservazioni: se sempre e comunque chiunque compia le "opportune" osservazioni inderogabilmente rileva le stesse identiche medesime caratteristiche -misure- allora per me vuol dire che qualcosa di reale c' é, accade indipendentemente dalle eventuali osservazioni o meno, che infatti non possono in alcun modo mutarlo; per spiegarlo, in alternativa, si potrebbe forse ricorrere ad una per me oscura e un po' misteriosa "armonia in un qualche modo o senso prestabilita" fra le osservazioni).
#1923
Tematiche Spirituali / Re:Perchè esisto?
11 Maggio 2018, 14:28:05 PM
Citazione di: Suttree il 09 Maggio 2018, 20:41:45 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 09 Maggio 2018, 12:13:06 PM
Ho sempre trovato sintomatico che coloro che intendono difendere l'esistenza della realtà facciano con molta facilità riferimento alla violenza: se questo maestro zen ha avuto bisogno di dare una bastonata, non è segno che c'è molto da sospettare sulla forza delle argomentazioni che lui riteneva di poter mettere in campo? Nel regolamento di questo forum si dice al punto 7 "Non verranno accettati messaggi privi di argomentazioni o con argomentazioni insufficienti". Se dare una bastonata è da considerare una delle migliori argomentazioni, questo forum è da denunciare immediatamente per istigazione alla violenza fisica!

Esagerato :D la bastonata non era violenta, solo un buffetto di cui son piene le storielle zen per provocare il satori nel discepolo. E poi anche Gesù prese a frustate i cambiavalute.
CitazioneE poi si tratta di un' "argomentazione de facto": esattamente come quella di quei critici non ricordo più se di Parmenide o di Zenone Elea che si tramanda cominciassero a gironzolare fastidiosamente (solo "apparentemente", non affatto realmente secondo lui) durante le sue lezioni, facendolo incavolare (realmente e non poco), e così automaticamente facendo sì che si autoconfutasse...
#1924
Tematiche Spirituali / Re:Perchè esisto?
11 Maggio 2018, 14:23:31 PM
Citazione di: green demetr il 08 Aprile 2018, 14:45:20 PM
Si esiste per essere salvati, non per rendere grazie di esistere.
Chi mai rende grazie di esistere??? Solo un folle!
  
Ma non c'é affatto bisogno che sia folle.

Basta che sia felice!

CitazioneTra l'altro i robot non si chiedono nemmeno perchè esistono....ecco questo spiega molte cose!
I robot attuali.

Ma in via teorica, di principio (non effettivamente in pratica, secondo me) nulla impedisce che esistano robot che se lo chiedono (nulla di teorico, ma solo limiti pratici all' azione umana nella natura).
#1925
Tematiche Filosofiche / Re:Fisica e Tempo
11 Maggio 2018, 10:54:40 AM
Citazione di: Apeiron il 10 Maggio 2018, 23:05:50 PM


Appunto, non c'è una reale "non-località" nell'interpretazione di Copenaghen. Ci sarebbe non-località solo se avesse senso parlare di "quantità di moto", "spin" ecc delle particelle entangled quando non vengono misurate. Ma così - vedi anche in alto, nella risposta che ho dato a Il_Dubbio - si elimina il problema. Alice, ovviamente, può prevedere cosa le comunicherà Bob quando le dirà il risultato. Ma fino ad allora non c'è stata alcuna comunicazione né tra gli osservatori, né tantomeno tra le particelle.
CitazioneDa "bohmiano" rilevo che il vantaggio dell' eliminazione del problema della località é più che compensato (in negativo, secondo me) dall' assurdità (a mio modesto parere) di oggetti o caratteristiche di oggetti (comunque realtà fisiche) come "quantità di moto", "spin" ecc. che vengono ad esistere magicamente se e quando create (letteralmente) ad libitum dall' osservatore.

Con l' ulteriore necessità di spiegare, nel caso del' entanglement, come mai tali caratteristiche sono rilevate (anzi: fatte esistere, create) da Bob nella "sua" particella-onda entangled dipendentemente da quanto rilevato-fatto esistere a distanza da Alice nella sua (o viceversa); dipendenza instauratasi fra una "cosa" realmente esistente (la particella-onda osservata-creata precedentemente da Alice e una "cosa" inesistente, e "nulla di reale" al momento dell' instaurarsi della dipendenza stessa e fino all' osservazione di Bob (la particella-onda di quest' ultimo): informazione su come dovrà essere lo spin della particella "di Bob" inviata ad essa, la quale non c'é (inviata a nulla di reale!), dalla particella "di Alice" al momento della sua osservazione-creazione da parte di quest' ultima.

Riguardo alla "causazione" e all'informazione. Posso capire che è difficile "da digerire", ma prova a vedere la cosa in questo modo. Il Sole emette fotoni. I fotoni raggiungono la Terra e fanno aumentare la temperatura. Ora, chiaramente l'evento "emissione fotoni" causa l'evento "aumento della temperatura". In fisica questo è compreso anche come trasmissione di informazioni, così come è capito in tal modo il fatto che in questo forum scrivendo e leggendo ci scambiamo informazioni (e questo scambio produce un rapporto di causalità tra di noi: io acquisisco conoscenza leggendo i post di @sgmiobo ecc). Allo stesso modo, in fisica la causazione è vista in modo simile. Inoltre la coscienza non svolge alcun ruolo: l'informazione può essere contenuta anche in un libro, in un computer, in un gas ecc. E l'informazione si può scambiare anche tra due oggetti non senzienti  :)
CitazioneCredo che per me non si sia mai posto un problema "informazione-causazione": per me sono oggettivamente la stessa cosa soggettivamente detta alquanto antropomorficamente (o forse é meglio dire antropocentricamente) col primo concetto (infatti preferisco di gran lunga il secondo).

A mio parere dire che l' informazione può essere contenuta anche in un libro, in un computer, ecc. ha senso unicamente alla condizione che almeno potenzialmente esistano "fruitori dell' informazione stessa" (e comunque per il fatto che inevitabilmente esistono produttori, "emettitori" di essa).
Ciò che può intervenire fra oggetti non senzienti (non coscienti) non é informazione per essi (per definizione: per essere informati bisogna sentire), é informazione per soggetti senzienti che per lo meno potenzialmente ne fruiscano, la ricevano (e per altri che la emettano), altrimenti sono meri fatti, concatenazioni causa-effetto.
Un effetto può essere anche un' informazione (o meno, se nessuno se ne accorge), mentre un' informazione deve necessariamente essere, non può non essere, anche un' effetto (l' effetto intenzionalmente voluto della scelta cosciente di chi la produce o emette).

Tutte le informazioni sono (anche) effetti, ma non tutti gli effetti sono (anche) informazioni.

Per tutti: il passaggio chiave è proprio riuscire a metabolizzare l'ontologia e la domanda "quando posso affermare che l'oggetto X ha la proprietà Y?". Comunque, quanto ho chiamato "realismo in fisica" in questa discussione nel gergo scientifico è in realtà detto, per essere pignoli, "definitezza controfattuale" (counterfactual definiteness) ovvero l'assunzione che è possibile parlare in modo significativo di risultati sperimentali che non sono avvenuti. Bohm e t'Hooft accettano la definitezza controfattuale. L'interpretazione a molti mondi invece non accetta la definitezza controfattuale, visto che letteralmente tutti i possibili risulati della misura sono avvenuti. Ergo l'interpretazione a molti mondi, in realtà, è una interpretazione "realistica" perchè la funzione d'onda è reale, fisica ma che non accetta la definitezza controfattuale (che non è altro che il "realismo" postulato da Einstein senza però necessariamente introdurre il postulato della località). Quindi per essere pignoli avrei dovuto usare questo termine per differenziare la posizione di Bohm da quella di altri interpreti. Vorrei far notare la quantità enorme di interpretazioni, comunque - lungi dall'essere una questione risolta, l'accordo su cosa veramente ci sta dicendo la MQ  non è ancora stato raggiunto.
CitazionePerfettamente d' accordo con quest' ultima affermazione (e ritengo che ciò valga anche per tante altre questioni scientifiche, a cominciare dalle cosmologie -ma sarebbe più corretto definirle "cosmogonie" del "Big bang", malgrado l' ancor maggiore, "bulgaro" conformismo per così dire "politcamente corretto" della "comunità scientifica" in proposito).

Se ben capisco la "definitezza controfattuale" é il realismo (a mio parere razionale) per il quale ciò che si osserva-misura é oggettivamente reale (accade realmente) anche allorché non lo si osserva-misura (indipendentemente dall' accadere o meno delle scelte soggettive di eventuali osservatori misuratori) e non viene fatto essere reale dal nulla (letteralmente: creato) o meno dagli osservatori-misuratori con la loro scelta soggettiva e arbitraria di osservare-misurare.
E tutto ciò -non si sa bene come e perché- con caratteristiche intersoggettive, reali e realmente identiche per ogni e qualsiasi reale o potenziale osservatore-creatore: se non c' é qualcosa di reale anche quando non osservato, ciò può accadere solo per una sorta di vaga ed oscura "leibniziana armonia prestabilita")


L' interpretazione a molti mondi (mi si perdoni la franchezza) mi sembra una tipica puerile boiata irrazionalistica da scienziati "senza palle filosofiche" (digiuni di filosofia).
Sarà anche realistica, ma é pure irrazionalistica "che più irrazionalistico non si può, nemmeno con la magia", per parafrasare un' antico slogan pubblicitario esclamato da Mike Bongiorno.

MI sembra che da Galileo in poi la ricerca scientifica non faccia che "parlare in modo significativo di risultati sperimentali che non sono avvenuti" (ancora; ma che attraverso il cimento sperimentale si verifica se avvengano o meno.

#1926
Tematiche Filosofiche / Re:Fisica e Tempo
08 Maggio 2018, 11:38:08 AM
Citazione di: Il_Dubbio il 08 Maggio 2018, 09:14:45 AM
Citazione di: Apeiron il 07 Maggio 2018, 23:32:58 PM

Però vorrei fare una precisazione: la misura in sé non causa una trasmissione di informazione tra le due particelle, nemmeno a velocità "permesse".  Tra di loro, in sostanza, non c'è nemmeno un collegamento "effettivo" all'atto della misura. L'unica informazione che viene trasmessa, è quella trasmessa dagli osservatori. Il fatto che le proprietà siano reali all'atto di misura non implica che tra le particelle entangled debba avvenire uno scambio di informazioni. Anzi nemmeno in questo la particella "misurata" invia un segnale alla sua compagna.

Anche a me qui qualcosa non quadra.

Mi sembra che avessi affermato chiarissimamente che "trasmissione di informazioni" e "causazione" sono perfetti sinonimi (e concordo in pieno! Fra l' altro preferendo per parte mia il concetto di "causazione", per nulla coinvolgente alcuna eventuale "soggettività di osservatori o di conoscitori" o di "soggetti informati", a quello in tal senso un po' ambiguo di  "trasmissione di informazioni"):

#124: Se No trasmissione informazione= no trasmissione segnali = no interazione causalità.

#121:
"scambio informazione = nesso causale"!

Ma se Il fatto che le proprietà siano reali all'atto di misura non implica che tra le particelle entangled debba avvenire uno scambio di informazioni e se "scambio di informazioni" == "causazione", allora come si può parlare di "non-località", che a mio parere significa "azione, causazione istantanea a distanza" (é la misura-modificazione delle sue caratteristiche sulla particella "1" a determinare istantaneamente a distanza finita una modificazione delle analoghe caratteristiche della particella "2" con la quale é entangled == "ad inviarle un segnale")?


#1927
Tematiche Filosofiche / Re:Fisica e Tempo
08 Maggio 2018, 11:14:55 AM
Citazione di: Apeiron il 07 Maggio 2018, 23:27:20 PM
Citazione di: sgiombo il 06 Maggio 2018, 12:37:08 PMCitazione da: sgiombo - Sun May 06 2018 12:37:08 GMT+0200 (ora legale Europa occidentale) Malgrado gli sforzi, continuo a non scorgere alcuna differenza in generale e a priori (cioé al di fuori del caso decisamente particolare che empiricamente sia stata falsificata a posteriori un' ipotesi, pertanto meramente apparente e non reale, di concatenazione causale) fra determinismo-causalismo autentico o reale e determinismo-causalismo inautentico o apparente (e quindi a non capire come possa distinguersi, in che senso, in casi di teorie scientifiche non falsificate, un' interpretazione filosofica "genuinamente deterministica-causalistica" da una "pseudotale" ovvero solo "apparentemente e non realmente deterministica-causalistica").


Non c'è differenza a livello dei dati sperimentali.
La differenza invece è a livello del meccanismo per cui la correlazione avviene. Credo che ti stai "complicando la vita" su una questione molto semplice  ;D


Supponiamo di vivere, per assurdo, in un mondo in cui avviene sempreche quando le temperature aumentano l'attività della pirateria cala.
Prima teoria: tra i due "fenomeni" non c'è alcun vero collegamento. Semplicemente "le cose vanno così", l'universo si evolve in modo che risulta esserci la coincidenza per cui entrambi i fenomeni avvengono.
Seconda teoria: trai i due "fenomeni" c'è una connessione. Quando le temperature aumentano in qualche modo l'attività della pirateria cala perchè (per esempio) l'aumento della temperatura fa in modo che i pirati decidono di cambiare vita.
Nel primo caso è una coincidenza. Nel secondo no.
Esempio della lotteria.
Supponiamo di vivere, per assurdo, in un mondo in cui Tizio riesce sempre ad indovinare le estrazioni della lotteria. Si scopre che non c'è nessun imbroglio.
Prima teoria: è una semplice coincidenza dovuta al fatto che l'universo evolve in modo che Tizio riesce sempre ad indovinare.
Seconda teoria: Tizio inconsapevolmente possiede una forma di conoscenza sovrumana che gli permette di indovinare ogni volta.
Nel primo caso è una coincidenza. Nel secondo no.
Viene osservato che a 100°C, al livello del mare l'acqua bolle. L'esperimento viene ripetuto più volte e si vede che l'acqua bolle.
Prima teoria: in realtà sembra che ci sia un motivo "sottostante" per cui gli esperimenti danno sempre lo stesso risultato. In realtà tra l'aumento della temperatura e l'ebollizione dell'acqua non c'è alcun legame.

Seconda teoria: effettivamente è proprio l'aumento della temperatura ciò che causa l'ebollizione.

Le "prime teorie" sono illustrazioni del superdeterminismo, le "seconde teorie" invece sono illustrazioni della spiegazione della non-località offerta da Bohm.

CitazioneMi dispiace non poco perché, come in altre discussioni nel forum, rischio di fare la fastidiosa impressione del petulante Bastian Contrario che ripete insistentemente il suo dissenso (ma invero in, questo caso, la sua -cioé mia- incomprensione), ma continuo a non cogliere alcuna differenza.

Proprio per la critica razionale di Hume dobbiamo porci verso qualsiasi correlazione costantemente verificata di eventi nell' atteggiamento scettico di sospendere il giudizio (in linea teorica, di principio) sulle ipotesi alternative che si tratti di autentica concatenazione causale conseguente leggi generali astratte del divenire naturale (astraibili ad opera del pensiero conoscente dai particolari concreti) oppure di mere coincidenze fortuite (come sarebbe per esempio il caso, non impossibile in linea teorica, di principio)  di sette lanci consecutivi di dadi tutti con risultato "12").

Questo vale per qualsiasi caso di correlazione: pirati e temperature, vittorie ripetute alla lotteria, ecc.
E' solo possibile eventualmente falsificare a posteriori una correlazione meramente causale malinterpretata precedentemente come genuinamente casuale (per esempio scoprendo che il plurivincitore della lotteria corrompeva i funzionari che la gestivano o anche semplicemente moltiplicando le osservazioni fino a fare rientrare le ripetute vittorie in un' improbabilissima distribuzione statistica; o incentivando la pirateria e scoprendo che la temperatura degli oceani continua "tranquillamente" a salire), ma non mai confermare una possibile concatenazione genuinamente causale (non si può mai escludere con certezza in linea teorica, di principio che alla prossima osservazione l' acqua non bollirà a 100°, ma magari a 80° o a 120° oppure mai, e che alcun' altra regolarità del divenire naturale fino ad un certo istante di tempo osservata continui sempre ad accadere anche in futuro; né per dimostrazione logica a priori, né per rilevamento empirico a posteriori).
E' per questo che ho sempre ritenuto che il falsificazionismo popperiano possa essere considerato una sorta di corollario dello scetticismo humeiano.

Cioé non vedo proprio come il "superdeterminismo" di t' Hooft possa distinguersi in un qualche eventuale modo dal "buon vecchio" determinismo di Einstein Bohm e tantissimi altri correttamente inteso nella sua indimostrabilità da Hume: ci sono false (falsificate a posteriori) ipotesi di concatenazione causale di eventi e ci sono ipotesi di concatenazione causale di eventi non falsificate a posteriori ma sempre falsificabili da un momento all' altro in linea teorica, di principio.
In linea teorica, di principio il determinismo del divenire naturale, postulato indimostrabile su cui si poggia come su una conditio sine qua non la (possibilità di) conoscenza scientifica (vera; e secondo me anche di valutabilità etica dell' agire di soggetti di azione non sottoposti a coercizioni estrinseche), potrebbe non essere una tesi vera (e in qualsiasi momento rivelarsi tale all' osservazione empirica dei fatti), ma un mero malinteso da "stranissima coincidenza fortuita", come la sequenza di sette risultati "12" consecutivi in sette lanci di dadi non truccati.
Questo é il senso, per me di importanza inestimabile nella critica razionale della conoscenza umana (in generale, e in particolare scientifica), della autenticamente geniale critica razionale della causalità di Hume.





Nel caso della MQ, l'ipotesi è "c'è un collegamento causale tra le due particelle entangled"?
Per t'Hooft tutti gli esperimenti (Aspect et al) sono "falsi positivi".
Per Bohm sono invece "veri positivi".
CitazioneQuesto esempio mi offrre la possibilità di illustrarti meglio i termini della mia incomprensione:

t'Hooft (ma probabilmente in inizio frase si dovrebbe usare la maiuscola, "T' Hooft") per dare un senso alla sua tesi (e per dimostrarla vera) dovrebbe secondo me indicarci osservazioni che falsifichino Bohm (che violino le osservazioni -finora puntuali e costanti- di Aspect).
Ma se t' Hooft attribuisce questa caratteristica di "apparente ma non reale" causalità ad ogni e qualsiasi correlazione fra eventi fisici (a priori), allora fa un' affermazione non solo indimostrabile, ma nemmeno in alcun modo sensata, dal momento che per "falso positivo" si intende un caso falsificato, o almeno falsificabile dall' osservazione empirica (mentre l' ipotesi che tutto sia solo apparentemente e non realmente correlato causalmente non la é: per farlo dovendosi autocontraddittoriamente rilevare qualche non-correlazione apparente che la tesi superdeterministica nega).

In tutta franchezza mi sembra di fatto una malintesa, anzi una erronea distorsione dello scetticismo humeiano (in cui stranamente non pochi, anche solitamente molto ferrati e precisi nel ragionamento logico, talora incorrono): la pretesa certezza della non causalità delle successioni di eventi naturali anzichè il (ben diverso: tutt' altra cosa!) dubbio sempre e comunque insuperabile (razionalmente) in proposito.
#1928
Presentazione nuovi iscritti / Re:Presentazione
08 Maggio 2018, 10:04:28 AM
Benvenuto anche da parte mia.

Ho frequentato anch' io per breve tempo anni fa il forum di Diego Fusaro, che apprezzo alquanto (soprattutto relativamente allo squallore conformistico politicamente corretto, in molti casi sconfinante decisamente nella disonestà intellettuale, di tanti altri "opinionisti" che circolano in TV) malgrado importantissimi motivi di grave dissenso (proprio come mi accadeva col suo maestro Costanzo Preve, che ho avuto la fortuna d conoscere di persona); sono stato scoraggiato dal continuare a farlo dalle reiterate, divenute insistenti fino al fastidioso, contumelie contro gli altri  interlocutori di un pittoresco frequentatore (che inizialmente mi erano perfino sembrate divertenti, nella loro pochezza teorica e argomentativa).
#1929
Penso che fra più mappe alternative la più utile sia anche la più vera (salvo improbabilissimi "colpi di culo", che sarebbero comunque "eccezioni che confermano la regola").

Per ciascuno di noi un "bene in sé" é ciò che ognuno avverte come tale (la vista e la conoscenza, fra gli altri, per quanto personalmente mi riguarda), indipendentemente dal suo essere anche più o meno utile strumentalmente, come mezzo per altri fini costituiti da beni in sé.

Credo che si possa sbagliare sia "appiattendo" o "assimilando" concetti diversi, sia non cogliendo o trascurando nessi e rapporti realmente esistenti fra concetti diversi.
#1930
Tematiche Filosofiche / Re:Fisica e Tempo
06 Maggio 2018, 12:37:08 PM
Malgrado gli sforzi, continuo a non scorgere alcuna differenza in generale e a priori (cioé al di fuori del caso decisamente particolare che empiricamente sia stata falsificata a posteriori un' ipotesi, pertanto meramente apparente e non reale, di concatenazione causale) fra determinismo-causalismo autentico o reale e determinismo-causalismo inautentico o apparente (e quindi a non capire come possa distinguersi, in che senso, in casi di teorie scientifiche non falsificate, un' interpretazione filosofica "genuinamente deterministica-causalistica" da una "pseudotale" ovvero solo "apparentemente e non realmente deterministica-causalistica").

Quella della differenza (e possibile confusione) fra correlazione di eventi meramente causale oppure per effetti "orizzontali, paralleli, collaterali" da medesime cause e non "verticali, sequenziali, unilineari" (gli uni eventi considerati cause degli altri che ne sono effetti, e non: entrambi effetti di medesime cause) mi sembra un' altra questione.

Le cronache scientifiche, data l' attuale ideologica pervasività del pregiudizio "determninistico genetico", sono piene di confusioni fra correlazioni non causali e causazioni: la maggiore frequenza -rispetto a casi di non consanguinei- di caratteristiche intellettive, attitudinali o comportamentali fra fratelli, quella  ulteriormente maggiore fra fratelli gemelli e quella ulteriormente più marcata ancora fra fratelli gemelli monozigoti indebitamente attribuite, anziché alle circostanze ambientali più simili (in maggior misura passando da semplici fratelli ai gemelli monozigoti) che fra i non consanguinei, a un preteso condizionamento o causazione genetico.

Poco nota, infinitamente meno di quella analoga del "paradossalmente ma non tanto fortunatissimo*" Lisenko (et pour cause!) é la squallidissima vicenda delle falsificazioni scientifiche operate in proposito (in perfetta malafede, in questo specifico caso) da sir Cyril Burt, ampiamente sputtanato dal grande Stephen Jay Gould.


_____________________
* Se fosse stato un valido scienziato (sovietico), autore di importanti scoperte sarebbe stato sicuramente molto meno noto e "popolare" di quanto non sia.
#1931
Citazione di: iano il 06 Maggio 2018, 10:59:36 AM
@Sciombro.
In questa giostra degli equivoci 😄 comunque qualcosa di interessante si è detta.
Non è mia intenzione programmatica di ridurre la scienza alla tecnica.
Però noto che quando questa riduzione viene fatta tutto si semplifica , nel senso che la scienza può fare il suo percorso senza indebiti inquinamenti.
Non si può negare che il desiderio della conoscenza in se' sia il motore primo della scienza , ma il fatto è che poi il percorso della scienza è determinato dalla sua effettiva utilità pratica .
Un esempio eclatante è quello della fisica quantistica.
Questa ci ha fatto capire come siano cose ben distinte l'accettare una teoria come "vera descrizione della realtà " , seppure non completa , seppure parziale , seppure non definitiva , e la sua applicazione che può giudicarsi più o meno utile , e che nel nostro caso sappiamo utilissima.
La scienza di fatto si delinea quindi sempre più come una dimensione del fare.
CitazioneEcco, questo mi sembra un tipico caso, per citarti, di "[con-]fusione" fra realtà ben diverse (anche se strettamente correlate), "la dimensione" scientifica pura "con quella" tecnica, "assimilando l'una all'altra, nel tentativo di semplificare portando tutto sullo stesso piano, ma di fatto appiattendo tutto".


Se finora la conoscenza della vera natura della realtà ci è parso un requisito fondamentale per poter interagire con essa , di fatto tutto quel che sappiamo oggi è di poter interagire con essa , e di riuscire a farlo sempre meglio.
CitazioneCredo che invece (contro l' accezione dominante, conformistica "di Copenhagen" della M . Q. e contro la filosofia del convenzionalismo epistemologico) tutto ciò che sappiamo oggi di scientifico sia molto di più (e di molto interessante).
Che sia costituito anche dalla conoscenza "teorica pura" per lo meno di non pochi importanti aspetti del divenire del mondo naturale - materiale (che a mio avviso non esaurisce la realtà  in toto); e che personalmente trovo interessantissimi anche come conoscenza fine a se stessa, oltre che utilmente applicabile alla pratica (per quanto limitatamente, non fantascientificamente, e non senza in qualche misura sempre inevitabili "effetti collaterali" più o meno indesiderabili).



Ma dal fatto che riusciamo sempre meglio a interagire con essa che deduzioni possiamo trarre?
Potremmo indurre che possediamo una comprensione sempre migliore della realtà.
CitazioneInfatti.
E' quanto intendo dire anch' io.



Ma l'unico fatto certo , per alcuni molto frustrante, è invece che abbiamo solo delle istruzioni per l'uso sempre migliori , senza esserci però avvicinati di più alla verità, dalla quale presunta verità anzi sembra dovremmo fare qualche passo indietro , rifiutandoci comprensibilmente di farlo.
CitazioneScusa, ma questa affermazione mi sembra in plateale contraddizione con quella appena precedente e da me condivisa.



Alla fine l'unica verità è che si sa' sempre da dove si parte , ma non si sa' mai dove si arriva.
Forse se dall'amore della conoscenza in se' ci convertissimo all'amore dell'avventura in se' tutto ci apparirebbe meno problematico.
CitazioneMi dispiace, ma personalmente amo tantissimo la conoscenza in sé e molto meno (e limitatamente a determinate accezioni: per esempio non andrei mai a rischiare di morire congelato sulle Alpi o annegato nell' Atlantico, per intendersi attraverso la menzione di fatti di cronaca di questi giorni) l' "avventura": del tutto insindacabilmente da parte di chichessia sono "fatto così", mentre altri del tutto insindacabilmente da parte mia sono "fatti diversamente".



Io posso anche partire spinto dalla voglia di conoscere terre ignote , ma poi alla fine del viaggio , se va' bene , mi ritrovo ad aver costruito porti nelle nuove terre , aver fondato colonie ed aver incrementato i commerci.
Dal punto di vista della conoscenza in se' non mi resterà che concludere che vecchie e nuove terre sono fatte della stessa sostanza.
Per controllare il territorio devi conoscerlo.
Le migliori mappe sono quelle che ti permettono al meglio questo controllo, e non sono necessariamente quelle che dipingono meglio il territorio , anche quando ci sembra naturale essere questa la prima chance da giocarci , quella di avere "un dipinto veritiero" del territorio.
P.S. Per non continuare nella giostra degli equivoci , nel mio post non c'è alcuna critica diretta a te.😄
CitazioneIo però mi permetto di dissentire, dal momento che, per restare nella metafora, disporre di "un dipinto veritiero del territorio" mi interessa non meno che "controllare il territorio" (comunque da parte mia sicuramente non per fini colonialistici o comunque imperialistici).
#1932
Citazione di: iano il 06 Maggio 2018, 09:16:11 AM
Citazione di: sgiombo il 05 Maggio 2018, 22:09:17 PM
Citazione di: viator il 05 Maggio 2018, 21:53:58 PM
Salve. Sgiombo nota bene: Le tre ideologie sono quella scientifica, che si basa sul dubbio, quella filosofica, che si basa sul distacco e quella religiosa, che si basa sulla acritica certezza. Tutte le chiacchiere superflue prodotte nel mondo si basano sulla volontaria od involontaria confusione tra di esse.
CitazioneA parte il fatto che se per "ideologia" si intende "falsa coscienza", allora secondo me la scienza -non: l' ideologia dello "scientismo"- e non poca filosofia non lo sono, mentre lo sono anche le numerosissime superstizioni (ermetismo, olismo, astrologia, ufologia, "disegni" pretesi più o meno "intelligenti" e chi più ne ha più ne metta), non capisco per quale motivo ti rivolgi a me.
Viator ha fatto un ottima sintesi della questione.
Si rivolge a te , ma in effetti si rivolge a tutti, invitando a non mischiare le carte al fine di evitare discussioni sterili.
Viator ha in effetti elencato tre dimensioni attraverso cui si può provare a definire ogni uomo.
I problemi nascono sempre quando si prova a negare una di queste dimensioni .
Io non nego la mia dimensione spirituale , ma non trovo utile mischiarla con quella scientifica , e qui , non troppo velatamente 😊 ti si vuol suggerire di aderire a questa pratica , posto che non credo sia possibile mai attuarla in toto, perché comunque viviamo sempre dentro a queste tre dimensioni , che lo si voglia o no.
La tentazione di negare , o peggio ignorare , una delle tre dimensioni è comprensibilmente forte , perché , in conseguenza di tale negazione , tutto appare più semplice e lineare.
Vivere su un piano o addirittura su una linea sembra più semplice che vivere in uno spazio.
Bisogna trovare il giusto equilibrio tra il voler complicare,troppo le cose e il volerle troppo semplificare.
Tutti cadiamo in un qualche errore del genere e come sempre è più facile vedere gli errori degli altri , così io vedo che tu cadi nel secondo tipo di errore.
Sembra che tu cerchi di fondere la dimensione spirituale con quella scientifica assimilando l'una all'altra , cercando nell'una giustificazione e sostegno per l!altra , nel tentativo di semplificare portando tutto sullo stesso piano , ma di fatto appiattendo tutto , e alla fine a me sembra che ne escano parimenti offese sia la dimensione spirituale che quella scientifica.
Direi , non so' se sei d'accordo , che la dimensione spirituale è quella del!'essere , quella filosofica del pensare, è quella scientifica del fare.
Citazione"Dimensione spirituale" non capisco bene che cosa possa significare, ma di certo cerco sempre con molto impegno di non confondere e indebitamente assimilare scienza e filosofia (razionalistica, nel mio personale caso), e men che meno religione e superstizione (che ritengo errate e false; più o meno in tutte le loro numerose varianti).

La filosofia (razionalistica) critica tutto, anche la scienza, cercando di valutare se e come, in che senso, a quali condizioni, entro quai limiti essa possa avere una "giustificazione" o un fondamento razionale (in che senso, a quali condizioni, entro quali limiti possa essere vera).

Prendo atto della tua severa condanna nei miei confronti, ma non mi sembra proprio di offendere né scienza né filosofia (la "dimensione spirituale" -ripeto- semplicemente la ignoro, non sapendo nemmeno che cosa di sensato si possa intendere con questa espressione; é un mio limite culturale, ma non ho mai trovato incentivi convincenti a cercare di superarlo anziché dedicare il mio impegno e le mie letture ad altri per me ben più interessanti argomenti).

E anche questa tua ultima definizione della "dimensione spirituale" come quella "dell' essere" non capisco cosa possa significare.
Per me la filosofia (nel mio caso razionalistica) pensa all' essere (alla realtà: ontologia) alla conoscenza (della realtà: gnoseologia), al bene a al male (come ci si deve comportare: etica), al bello (estetica) innanzitutto, ma non si preclude a priori nessun argomento su cui esercitare la sua critica (razionale, nel caso della filosofia razionalistica).

E la scienza secondo me é ben altra cosa (sebbene non irrelata, ma anzi strettamente rapportata) della tecnica; mentre quest' ultima si occupa del "come fare", la prima é anche (e per me personalmente soprattutto) ricerca di conoscenza "pura" ("come é") nell' ambito materiale della realtà (che secondo me non si identifica con, non esaurisce la realtà in toto).

Leggo ora (9, 58) l' ultimo invio di Iano.
Se anche ciò cui qui rispondo era rivolto a Socrate, prendetelo come una semplice esposizione delle mie convinzioni in proposito e non come un' obiezione a Iano stesso
#1933
Continuo a non capre queste prediche (o consigli ben intenzionati) che mi rivolgete.

Non mi pare proprio di fare confusioni indebite (anche se ovviamente si deve fare attenzione e riesaminare sempre autocriticamente le proprie convinzioni) fra scienza, filosofia, religione e -aggiungerei- superstizione.
Sono un razionalista e per parte mia, senza ovviamente pretendere di imporlo a nessun altro, mi tengo alla larga da religioni, superstizioni e non meglio precisate "dimensioni spirituali" (a meno che con questa espressione non si intenda "meditazioni razionali" o "filosofie razionalistiche").

Conosco tantissime persone che sono vissute benissimo senza religione (vite compiute, "a tre dimensioni" e non affatto appiattite solo su "una o due dimensioni dello spazio", per usare la metafora di Iano).
#1934
Citazione di: viator il 05 Maggio 2018, 21:53:58 PM
Salve. Sgiombo nota bene: Le tre ideologie sono quella scientifica, che si basa sul dubbio, quella filosofica, che si basa sul distacco e quella religiosa, che si basa sulla acritica certezza. Tutte le chiacchiere superflue prodotte nel mondo si basano sulla volontaria od involontaria confusione tra di esse.
CitazioneA parte il fatto che se per "ideologia" si intende "falsa coscienza", allora secondo me la scienza -non: l' ideologia dello "scientismo"- e non poca filosofia non lo sono, mentre lo sono anche le numerosissime superstizioni (ermetismo, olismo, astrologia, ufologia, "disegni" pretesi più o meno "intelligenti" e chi più ne ha più ne metta), non capisco per quale motivo ti rivolgi a me.
#1935
Tematiche Filosofiche / Re:Esistenza dell'eternità
05 Maggio 2018, 22:03:07 PM
Citazione di: davintro il 05 Maggio 2018, 18:11:49 PM
Citazione di: sgiombo il 26 Aprile 2018, 09:44:16 AMA Davintro: Penso che sia per lo meno dubbio che possano esistere concetti nella nostra mente la cui presenza (di concetti dotati di una connotazione o intensione mentale e in quanto tali) possa essere prova dell' esistenza anche di denotati reali di tali concetti, in quanto concetti non costituiti attraverso la composizione arbitraria (fantastica) di concetti più elementari di cose reali, e dunque significanti cose reali e non fantasticamente sintetizzate (questo evidentemente in base alla concezione empiristica della mente umana come "tabula rasa" alla nascita).  Infatti possiamo sognare (oltre che percepire alucinatoriamente) tante cose inesistenti in realtà e (immediatamente o più verosimilmente, più realisticamente dopo, da svegli) farcene concetti mentali sensati, caratterizzati da connotazioni o intensioni, ma privi di denotazioni o estensioni reali (oltre che impiegarle per comporre o sintetizzare concetti mentali più complessi, che potrebbero essere a maggior ragione privi di denotazioni o estensioni reali). E non sarei sicuro che nei sogni accada necessariamente un "rimescolamento", una rielaborazione e composizione arbitraria unicamente di dati empirici "propri del mondo reale" precedentemente percepiti e memorizzati (come accade nel pensiero fantastico) e non anche la percezione "originaria" di taluni dati empirici non appartenenti al mondo reale.   Ma l' obiezione più seria alla tua tesi dell' esistenza reale dell' eternità riguarda la possibilità di ricavare molto facilmente concetti di grandezze infinite da concetti di grandezze finite (in generale; e in particolare da concetti di durate temporali finite) semplicemente immaginando il prolungamento e la reiterazione senza fine dell' operazione di somma di concetti di grandezza finita: la presenza all' interno della nostra mente di tali concetti di grandezza infinita, così ricavati per sintesi arbitraria (fantastica) di concetti di grandezza finita a loro volta ottenuti dalla constatazione empirica di enti o eventi finiti -quelli sì, reali- non é una prova dell' esistenza reale degli enti o eventi di grandezza infinita da essi denotati.  Esiste in matematica il concetto di "numero infinito" (il cui simbolo, che non ho sulla tastiera del computer, notoriamente é una specie di "8" girato di 90° e messo "in orizzontale"), ricavato per l' appunto attraverso la (fantastica, arbitraria) reiterazione senza fine della somma di numeri finiti, o anche solo attraverso il "successivo passare in rassegna", immaginata senza fine, di numeri finiti crescenti di un' unità (il contare numeri finiti) i cui concetti sono ottenuti per astrazione da esperienze concrete di oggetti simili in gruppi costituiti da numeri uguali di essi. Ma questo concetto infinito ce l' abbiamo nella nostra coscienza solo noi moderni e non gli uomini primitivi (non é innato), ed é ottenuto dalla sintesi, immaginata senza fine, di numeri finiti,  Il concetto di qualsiasi quantità infinita (compresa la quantità "durata temporale"; ovvero il concetto dell' "eternità") si ottiene immaginando l' iterazione senza fine di somme delle rispettive quantità finite, cioè, come dici tu, "per sintesi", operata arbitrariamente dalla fantasia, e che quindi potrebbe benissimo essere del tutto fittizia e condurre a concetti privi di denotazione o intensione reale: l' eternità potrebbe non esistere, non é un concetto la cui presenza all'interno della pensabilità della nostra mente sia una prova della sua esistenza reale.


se si mette in discussione o si contesta l'idea del sogno che sia un riassemblaggio fantastico di dati reali di esperienza, allora sarebbe legittimo contestare anche l'idea di distinguere i contenuti semplici appresi per intuizione diretta di cose reali, e quelli prodotti dall'immaginazione sintetica, dato che il contenuto dei sogni rientrerebbe nella prima categoria, ma riguarderebbero fenomeni originari. Ma a me pare che non sia così, che nei sogni si manifestino dei fenomeni complessi, non solo singoli oggetti, ma situazioni, intrecci di eventi che pur non essendo reali, presentano una complessità fenomenica che una volta scomposta analiticamente, mostra come ciascun singolo elemento sia un'immagine corrispondente ad oggetti di cui ho avuto una reale ed effettiva esperienza. Se sogno un drago che sputa fuoco non per questo è reale, ma ricavabili dall'esperienza della realtà sarebbero le singole componenti che lo costituirebbero... il colore verde, le squame, gli occhi, il fuoco ecc. E questo mi pare possa essere la conseguenza di una semplice e rozza descrizione fenomenologica del vissuto onirico, senza scomodare modelli teorici psicoanalitici, sui cui si può legittimamente convenire o meno.
CitazioneNon so e francamente non mi interessa punto sapere (lo trovo di nessun interesse da parte mia) se i sogni sono solamente sintesi arbitrarie di sensazioni elementari precedentemente esperite in stato di veglia o contengano anche sensazioni "originarie", non "prese da precedenti esperienze" non oniriche postulabili (ma non dimostrabili) essere intersoggettive.
Quel che conta per me é che concetti confezionabili "rimescolando" in sogno o nella fantasia sensazioni non oniriche presentano certamente (per definizione) una connotazione o intensione soggettiva, ma non hanno alcuna garanzia di riferirsi a oggetti reali che ne siano denotazione o estensione.
E lo stesso vale per eventuali concetti prodotti dal "rimescolare" in sogno sensazioni elementari non oniriche e postulabili (ma non dimostrabili) essere intersoggettive con ipotetiche sensazioni oniriche "originarie" non postulabili essere intersoggettive.
Sarebbe troppo comodo se ippogrifi, bellissime donne disposte a concederci "di tutto e di più" e chi più ne ha più ne metta, oltre ad essere pensabili come concetti dotati di connotazione o intensione mentale, sempre necessariamente in ogni caso avessero anche ( si riferissero anche a) una denotazione o estensione reale!


La reiterazione "senza fine" del calcolo di quantità infinite non mi pare possa essere visto come la genesi sufficiente per elaborare a posteriori l'idea di "infinito" (e dunque dell' "eternità", che sarebbe l'applicazione di tale idea al piano della temporalità), per la semplice ragione che il concetto di "senza fine" altro non mi sembrerebbe che un'altra espressione per designare il significato dell'infinito, che dunque non potrebbe essere il risultato a posteriori di un processo di sintesi, ma uno dei presupposti del processo stesso, dunque non da questo determinabile. Ciò conferma il suo carattere di originarietà, che lo rende irriducibile a ogni sintesi immaginativa tesa a elaborare concetti fittizi. Nessuna somma infatti potrebbe contenere e costituire una durata infinita, dato che in ogni momento è sempre possibile aggiungere una quantità a prolungarla, senza mai arrivare al  punto di concepire una somma, cioè una sintesi assolutamente esaustiva. Per quanto riguarda il fatto che gli uomini primitivi non avessero il concetto di infinito, andrebbe chiarito quale sarebbe la prospettiva da cui si affermerebbe ciò. Se ci si riferisse al linguaggio, al fatto che essi non avessero una parola corrispondente al significato che noi attribuiremmo all' "infinito", questo sarebbe un argomento valido contro l'idea dell'originarietà dell'infinito, solo presupponendo, a mio avviso erroneamente, la piena coincidenza fra pensiero e linguaggio, idee e parole. Se invece si ritiene che le due dimensioni, seppur fortemente legate, non  coincidano, in quanto non tutti i nostri pensieri, tramite cui rispecchiamo gli aspetti delle cose stesse, sono verbalizzati, ma solo quelli funzionali a delle esigenze e schemi comunicativi, che variano sulla base di vari contesti storici-culturali, allora resterebbe sempre la possibilità che anche nella mente di quegli uomini l'idea dell'infinito, e dell'eternità, resti come oggetto di un'intuizione interiore, di cui non si era effettivamente autoconsapevoli al punto di individuare un segno sensibile per rappresentarla, ma che comunque dal profondo opererebbe nei loro processi mentale in forma ancora latente.
CitazioneE invece a me pare proprio che l' immaginare La reiterazione "senza fine" del calcolo di quantità finite possa costituire la genesi sufficiente per elaborare a posteriori l'idea di "infinito" (e dunque dell' "eternità") per la semplice ragione che il concetto di "senza fine" altro non mi sembrerebbe essere che la sintesi dei concetti di "negazione" e di "fine", facilissimamente ricavabili a posteriori dall' esperienza di cose finite, anzi finitissime.
Ciò conferma il suo carattere di sinteticità a posteriori, che lo rende perfettamente riducibilea una sintesi immaginativa tesa a elaborare concetti fittizi (oltre che eventualmente anche di concetti dotati di estensione o denotazione reale).
Qualsiasi somma di successive parti finite infatti potrebbe essere facilissimamente immaginata di durata infinita, dato che é facilissimamente immaginabile che in ogni momento sia sempre possibile aggiungere una quantità a prolungarla, arrivando ben resto al punto di concepire una somma, cioè una sintesi assolutamente esaustiva (il concetto dell' infinito in atto, ottimamente dotato di connotazione o intensione ma non affatto necessariamente di denotazione o estensione reale; la cui eventuale esistenza sarebbe dunque tutta da dimostrare; ammesso e non concesso che ciò fosse possibile).
 
Che un uomo moderno che abbia conosciuto e pensato linguisticamente il concetto di "infinito" possa pensarlo (sia pure non linguisticamente) anche dopo che fosse colpito da afasia non potendolo quindi più pensare ed esprimersi verbalmente (e/o per iscritto se colpito unicamente da agrafia o da agrafia e afasia) é certamente possibile.
Ma non credo proprio che uomini primitivi primariamente non dotati del linguaggio potessero concepirlo, in quanto mi sembra evidente che il farlo richiederebbe l' uso di concetti ben definiti rigorosamente e di una sintassi adeguata (un po' come anche il conseguire l' autocoscienza).
E credo che, anche in tempi moderni, moltissimi bambini purtroppo morti prematuramente in tenera età, magari anche già capaci di parlare, se non adeguatamente istruiti in proposito prima del decesso (o al limite, in teoria, se non tanto intelligenti e fortunati da esserselo confezionato da sé) non abbiano mai concepito il concetto di "infinito"; che pertanto non può essere considerato "innato", ma invece acquisito a posteriori, generalmente per insegnamento da parte di adulti o al limite, acquisito da individui particolarmente intelligenti e fortunati ragionando su concetti acquisiti empiricamente a posteriori.
Personalmente prima che mi si parlasse a scuola, nelle prime lezioni di geometria, dell' infinità della "retta" o dell' infinita "piccolezza" del "punto" o larghezza delle rette e dei segmenti non ne avevo punto alcuna pretesa nozione innata).
E questo anche se concordo che é errato e falso sostenere la piena coincidenza fra pensiero e linguaggio, idee e parole (anche chi sia colpito da afasia pensa, e talora anche con un buon grado di "sofisticatezza", per quanto si possa cimentare in lunghe e complesse catene deduttive con evidente maggiore difficoltà di chi possieda la facoltà del linguaggio).
Concordo pertanto che invece le due dimensioni (la facoltà puramente cogitativa e il pensiero linguistico), seppur fortemente legate, non coincidano, in quanto non tutti i nostri pensieri, tramite cui rispecchiamo gli aspetti delle cose stesse, sono verbalizzati.
Ma ciò non toglie che il concetto di "infinito" non é affatto congenito ma acquisito a posteriori dall' esperienza (di oggetti finiti) e dal ragionamento sugli oggetti dell' esperienza (nel corso della storia umana; di fatto oggi da ciascun individuo per insegnamento verbale-linguistico).
Invece il (preteso) concetto di un' intuizione interiore, di cui non si sia effettivamenteconsapevoli("autoconsapevole" significa "consapevole di se stesso" e non di un concetto diverso da sé, come per esempio quello di "infinito") al punto di individuare un segno sensibile per rappresentarla, ma che comunque dal profondo opererebbe nei loro processi mentale in forma ancora latente (ovvero inconscia).
Infatti pretese "intuizioniinteriori", di cui non si sia "effettivamente consapevoli" e "che comunque dal profondo opererebbe nei loro processi mentali in forma ancora latente (inconscia) sono pseudoconcetti palesemente autocontraddittori: un' intuizione non può che essere qualcosa di consapevolmente avvertito (cosa potrebbe mai essere un' "intuizione non coscientemente avvertita?); e anche qualsiasi processo mentale non può che essere qualcosa di consapevolmente avvertito nella propria esperienza interiore (res cogitans: cosa potrebbe mai essere un "processo mentale latente alla coscienza"?).