Gesù opera in un periodo storico dove la Giudea è al centro di un periodo di conquiste da secoli, invasi e stuprati continuamente dai popoli dintorno, il popolo ebraico, convinto d'essere eletto ma bisfrattato nei fatti, cerca una nuova evoluzione alla domanda sull'esistenza del male sulla terra, ma specialmente sul popolo ebraico. Già con Daniele si intravedono le fondamente del pensierio gesuano, esseno. Molti predicatori affollano le strade e penzolano dalle croci, ma solo uno entrerà nella storia, anzi più d'uno, un altro potrebbe essere Giovanni Battista che viene decapitato non certo per la venuta di regni metafisici e personali. Dopo/durante la rivolta ebraica terminata con la distruzione del tempio di Gerusalemme (caso vuole..), il canone viene cominciato a essere messo per scritto, è il culmine di decadi di insoddisfazione e frustrazione. Gesù, almeno nella sua rappresentazione paolina, è apolitico, ma esclusa la mano "gentile" sui testi, da una parte abbiamo uno zelota, un rivoluzionario politicamente inteso, dall'altra un apocalittico, un filosofo con varie sfumature politiche estrapolabili. L'idea del puro asceta invocatore di regni spirituali metafisici e psicologici cozza con la storia: sarebbe morto di vecchiaia. Ma questo non nega la possibilità di poter trarre vantaggio da una simile analisi, nella coscienza della sua limitatezza e arbitrarietà, il significato del testo è frutto del lettore.

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