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Messaggi - epicurus

#196
Citazione di: iano il 16 Gennaio 2018, 22:51:20 PMLa mia domanda , qualunque sia, necessariamente sarà formulata in una particolare lingua , che l'essere onnisciente ovviamente comprende.
Ma per i limiti di ogni linguaggio essa non avrà un significato univoco.
L'essere onnisciente conosce tutte queste possibili interpretazioni , fossero anche infinite.
Ma a quale di queste interpretazioni possibili deve rispondere ?
Questo l'essere onnisciente non può saperlo , quindi non può rispondere limitandosi ad un si o un no.
Se potesse rispondere in modo libero risponderebbe sempre che la domanda non è ben formulata.
Ciao Iano, curioso che tu asserisca che un essere onnisciente non conosca quale interpretazione adottare per la mia domanda... d'altro canto essendo onnisciente dovrebbe saperlo, no?  ;D

Il fatto è che è vero che il linguaggio è intrinsecamente vago e ambiguo, ma la comunicazione in generale funziona. Pare ridicola la situazione in cui nella vita di tutti i giorni le persone in generale riescono a capirsi, ma un essere onnisciente non capisce nulla di quello che viene detto da qualsiasi essere. Nel mio primo post (quello immediatamente prima del tuo) avevo proposto di proporre domande del tipo "Considerando il significato che do io alle parole, esiste l'aldilà?". In questo modo si risolve il problema, non trovi?

Inoltre se il Genio è benevolo, allora sarebbe superfluo specificare "considerando il significato che do io alle parole", e automaticamente saprebbe le mie intenzioni, cosa voglio chiedere veramente. Anzi, essendo lui onnisciente, probabilmente si presenterebbe già con la risposta, senza attendere che io formuli la domanda.

Citazione di: viator il 16 Gennaio 2018, 23:14:21 PM
Salve. A dire il vero le condizioni preliminari, cioè gli attributi elencati per il Genio, rendono superflua qualsiasi domanda di carattere religioso, fideistico, metafisico, trascendente. Evidentemente il Genio non può che essere Dio.
Ciao Viador, be', dipende cosa intendi tu per "dio". Il Genio è un essere onnisciente, ti basta sapere quello o vuoi sapere dell'altro (onnipotenza, creatore del tutto, ecc...)? Dipende da cosa vuoi precisamente sapere.

Citazione di: viator il 16 Gennaio 2018, 23:14:21 PME' commovente poi la forma in cui alcuni porrebbero le loro (inutili) domande : Esiste la vita dopo la morte ? (chiedono se la vita, dopo essere finita, continui) - Chiedono se Dio esista dimenticandosi di fornire una soddisfacente definizione di Dio (si attendono forse una risposta personalizzata sulla base della loro personale idea di Dio)
Come ho scritto più sopra in questo mio intervento (e anche nel mio primo post), si può specificare che il Genio intenda le parole come le intendo io, e il problema della comprensione è risolto. (E ovviamente il Genio capirebbe cosa veramente si vuole sapere dalla domanda "Esiste la vita dopo la morte?")

Citazione di: viator il 16 Gennaio 2018, 23:14:21 PM
Io sono molto rozzo, cinico e materialista. Mi limiterei a chiedere : "Farei bene ad ad investire per tre anni in Bitcoin il mio (minimo) patrimonio ??"

Nel mio primo post avevo scritto: "In generale, comunque, non ci vedrei grande utilità epistemica in un Genio con una singola domanda booleana. Quindi, probabilmente, mi limiterei a sfruttare la domanda per fare soldi (tipo prevedere se il numero è pari o dispari alla roulette o simili)."

La domanda sui bitcoin è rischiosa: se ti rispondesse affermativamente sarebbe ottima, ma una risposta negativa renderebbe in qualche modo sprecata la domanda. Preferisco una domanda tipo quella della roulette, ma ovviamente va a preferenza.
#197
Tematiche Filosofiche / Re:Le invenzioni non esistono
17 Gennaio 2018, 11:25:45 AM
Citazione di: acquario69 il 17 Gennaio 2018, 05:45:26 AMSi naturalmente trovo anch'io che il tuo discorso sopra abbia un senso..da parte mia pero, in tutte le cose che ho detto finora su quest'argomento avrei anche provato ad andare oltre al significato preso semplicemente alla lettera.

Tu mi chiedi d'altra parte cosa intendo per "essenza della/e parola/e...ma se poi all'ultimo mi dici che l'etimologia rappresenta (solo?) la storia e l'origine della parola,e che non definisce il significato attuale, allora mi sembra che non attribuisci all'etimologia l'importanza che merita, io direi appunto fondamentale..come se fosse quasi una cosa superflua e che se ne potrebbe anche benissimo fare a meno, (questa e' almeno l'impressione che ho avuto leggendo) allora secondo me sarà' già questo a rendere piuttosto difficile provare ad intendere le cose nella loro radice e nella loro essenza.

sono pure del parere che il significato in se stesso non possa avere una "attualità" perché ritengo che il senso in se' delle cose non si possa modificare,puo si cambiare la forma, i diversi modi di esprimerlo ma cio che e' vero un milione di anni fa rimane vero pure oggi e per sempre..e questo a prescindere dalle nostre - mutevoli ed arbitrarie - opinioni.

Acquario, io non voglio svilire l'etimologia. Il linguaggio è come una forma di vita, cambia nel tempo, quindi l'etimologia è quella disciplina che studia l'origine di una parola e la sua evoluzione. Tuttavia, l'etimologia di una parola e il suo significato sono due cose ben distinte (ma, naturalmente, non indipendenti tra loro).

L'etimologia di "standard" è stendardo e insegna, ma ovviamente quello non è il suo significato. Ancora: l'etimologia di "cretino" è persona affetta da una forma di ipotiroidismo congenito (addirittura "cretino" e "cristiano" paiono etimologicamente legate tra loro); l'etimologia di "bischero" è piolo, perno; infine, l'etimologia di "matrimonio" è definita dall'unione di madre e obbligo. Si potrebbe andare avanti per anni con esempi simili, tutto per confermare che il significato di una parola è diverso dall'etimologia.

Ritornando sulla questione, ribadisco che la questione originale è banalmente risolta con l'ausilio di un dizionario, o con una chiacchierata con un esperto di lingua italiana. Più o meno ti dovrebbe confermare quello che ho scritto io nel primo intervento (dove utilizzavo come fonte l'autorevole Treccani). Ma, attenzione, non è che la distinzione tra inventare e scoprire sia una sterile stipulazione di qualche accademico, bensì rappresenta l'uso vivo e quotidiano che i parlanti italiani adottano di tali termini. Poi, ovviamente, tu puoi tranquillamente decidere di abolire il termine "inventare" a favore di "scoprire", non è affatto un problema. Il problema, in caso, è affermiamo che le persone sbaglino ad usare il termine "inventare".
#198
Mi scuso per aver rievocato questo vecchio topic, ma le premesse sono davvero intriganti... e poi io adoro i giochini filosofici.  ;D

Inizio prendendo in considerazione gli interventi di Eutidemo, che trovo stimolanti, o comunque che adottano un approccio per me più interessante.

Citazione di: Eutidemo il 24 Ottobre 2016, 06:28:00 AM
[...] la risposta, sia positiva sia negativa, ci illuminerebbe poco.[/i]
Ed infatti, la risposta avrebbe un significato completamente diverso, a seconda che chi la pone abbia una concezione animistica, antropomorfa, antropopatetica ecc. della divinità.
Cioè, che cosa stiamo "veramente" domandando?
[...]
Al riguardo, potremmo anche ipotizzare due diverse possibilità, riguardo al tipo di risposta che ci dà il genio ("tertium non datur"):
a) o lui risponde alla domanda secondo il significato che "lui sa" che noi attribuiamo ad essa;
b) oppure lui risponde alla domanda secondo il suo "significato autentico", che solo lui, onnisciente, conosce.
Il problema che tu metti in luce è reale: le parole sono sempre sottodeterminate, ambigue, sopratutto su questioni filosofiche e religiose, quindi che interpretazione darebbe il Genio alla nostra domanda?

In realtà c'è un trucchetto che stranamente non hai valutato e consiste nello sfruttare l'onniscienza del Genio. Poniamo che tu voglia sapere se esiste l'aldilà, allora potresti chiedere: "Considerando il significato che do io alle parole, esiste l'aldilà?". Oppure, senza sfruttare l'onnipotenza: "La concezione dell'aldilà della religione X è vera?", o, più cautamente: "La concezione dell'aldilà della religione X è prevalentemente corretta?".

Citazione di: Eutidemo il 24 Ottobre 2016, 06:28:00 AM
Però, senza fare nessuna domanda, almeno qualcosa l'avremmo scoperta; ed infatti, se davvero ci trovassimo davanti un essere del genere,  la sua stessa "postulata" ONNISCIENZA, ci rivelerebbe che LUI stesso è una sorta di DIO; ed infatti, se, per postulato, sappiamo che la sua risposta sarà "assolutamente attendibile" (qualunque sia domanda), non è sufficiente dire che il genio non può mentire, ma bisogna anche necessariamente supporre che SAPPIA TUTTO.

Ma così rombi il giochino.  ;D
E' postulata quella situazione, ma tu non sarai mai in quella situazione, perché non potrai mai essere sicuro che chi ti sta di fronte sia onnisciente.

Citazione di: Eutidemo il 26 Ottobre 2016, 06:28:19 AM
A parte il merito dell'interessante questione, credo che ci sia un trucco per avere -con un po' di fortuna- la soluzione a più interrogativi, con un'unica domanda. [...]
Ebbene, io potrei chiedergli: "Se ti domandassi se siano entrambe vere queste affermazioni:
esistono gli extraterrestri;
esistono i fantasmi;
tu cosa mi risponderesti?"

Il bello è che ci si paleserebbe un bel problema: possiamo cercare la precisione maggiore, congiungendo più proposizioni con la "e" (AND logico) oppure disgiungerle tutte (OR logico). Quindi agli estremi ci sono la domanda della forma "E' vero che A1 e A2 e A3...." e l'altra della forma "E' vero che A1 o A2 o A3...".

Nella prima il Genio risponderà "sì" solo se tutte sono vere (e "no" in tutti gli altri casi), mentre nel secondo caso risponderà "sì" se almeno una è vera (per rispondere "no" dovrebbero essere tutte false). Ovviamente  ci sono infinite vie di mezzo, combinando un po' di AND e un po' di OR. Come molte volte nella vita: più è alto il rischio più è alto il guadagno potenziale massimo, quindi più siamo prudenti più il guadagno sarà basso.

Facciamo un po' di esempi concreti. Uno che amasse il rischio o che comunque vedrebbe importantissima la religione X potrebbe dilungarsi con una lunga spiegazione della religione X chiedendo poi se tale religione è vera (Oppure, come scritto sopra, potrebbe chiedere equivalentemente "E' vera la religione X?"). Domanda rischississima perché estremamente precisa, ma se ci dovesse azzeccare, dal suo punto di vista sarebbe il massimo. Di contro, uno estremamente prudente (o comunque con priorità diverse) potrebbe chiedere "Almeno una religione attualmente esistente sulla Terra è vera?" e avere con più probabilità una risposta affermativa.

Però... se il Genio risponde "no" alla domanda "E' vera la religione X?", uno si può consolare con l'idea che può essere che una qualche altra religione potrebbe essere vera (sempre meglio dell'ateismo, potrebbe credere), o magari, se ottimista, potrebbe pensare che magari la religione X è falsa in un qualche piccolissimo aspetto, un aspetto microscopico e assolutamente trascurabile, ma che potrebbe comunque essere vera interamente nella sostanza.
Ma se il "no" è alla domanda "E' vera almeno una religione attualmente esistente sulla Terra, non considerando tutta la dottrina delle religioni, ma solo le parti ritenute dalla maggior parte dei teologi più importanti?" allora, a seconda della persona, la risposta potrebbe essere decisamente troppo traumatica.


Ora provo invece a proporre delle domande.

Dal punto di vista religioso chiederei "Esiste una vita dopo la morte che mi aggraderebbe?". Ma, comunque, non farei questa domanda.

Dal punto di vista filosofico non chiederei nulla. Credo non ci sarebbe alcuna domanda sì/no che farebbe luce su qualcosa di fondamentale. In filosofia servono spiegazioni, non basta una scarnissima risposta booleana.

In generale, comunque, non ci vedrei grande utilità epistemica in un Genio con una singola domanda booleana. Quindi, probabilmente, mi limiterei a sfruttare la domanda per fare soldi (tipo prevedere se il numero è pari o dispari alla roulette o simili).
#199
Tematiche Filosofiche / Re:Le invenzioni non esistono
16 Gennaio 2018, 14:41:14 PM
Citazione di: acquario69 il 16 Gennaio 2018, 12:43:08 PMTi confesso che mi rimane molto nebulosa la tua spiegazione..perche dal mio punto di vista tu riduci tutto al solo fattore linguistico, non penetrando pero l'essenza stessa di tale parole, (che sarebbero perciò solo il mezzo ma non il fine) o in altri termini scambi il dito per la luna
Acquario, nel tuo post d'apertura chiedi se, invece di dire che si inventa un manufatto, non sarebbe più utile dire che si è scoperto. Non vedo come, posta così la questione, questa non sia una faccenda linguistica. Se tu sei un archeologo, allora magari scopri un artefatto durante degli scavi, ma se tu invece sei un artigiano gli artefatti li crei/inventi. Non sei d'accordo che siano due attività ben diverse? Quindi ci è molto utile avere due parole/concetti diversi per queste due attività diverse. Tutto qui. Davvero per te tutto questo mio discorso non ha senso?

Infine, cosa intendi per "essenza della parola"? E' come dice Angelo, cioè in realtà non volevi parlare di inventare/scoprire, ma della questione dell'essere in potenza, dell'essere in atto e affini?

Citazione di: acquario69 il 16 Gennaio 2018, 12:43:08 PMLa prima e' che io NON affermo implicitamente (come dici tu e non io,e non capisco nemmeno dove lo avresti estrapolato dalle mie parole ) che per inventare qualcosa si deve creare qualcosa di sana pianta...bensi scrivo; chi inventa qualcosa non l'ha crea lui di sana pianta..ma la rivela..il che mi sembra davvero tutt'altra cosa

Scusa, pensavo che con la tua frase "chi ha innevato qualcosa non la crea lui di sana pianta" intendessi "quando si dice che qualcuno ha inventato qualcosa, in realtà non ha inventato nulla perché non la crea di sana pianta" e che quindi se qualcosa si riuscisse a creare di sana pianta allora si starebbe inventando. Comunque scusa per la mal interpretazione, comunque non era essenziale al discorso.


Citazione di: acquario69 il 16 Gennaio 2018, 12:43:08 PMUn altra e' nell'etimologia stessa della parola invenzione, che e' questa:
Invenzione ...dal latino inventionem ..da inventus/in-venire = trovare investigando, scoperta di cosa nascosta e non per anco conosciuta

L'etimologia rappresenta la storia e l'origine della parola, non definisce il significato attuale.
#200
Tematiche Filosofiche / Re:Le invenzioni non esistono
16 Gennaio 2018, 12:35:36 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 16 Gennaio 2018, 05:55:27 AM
Forse in questa discussione c'è qualcosa di più profondo di ciò che può sembrare in apparenza.

Alla base vedo la distinzione aristotelica tra potenza e atto: per esempio, un bambino è in potenza un uomo; ma questo significa anche che l'uomo non è nulla di più di tutto ciò che il bambino era già in potenza. Allo stesso modo, ciò che in questa discussione avete cercato di porre in evidenza è che qualsiasi invenzione è solo un aver posto in atto qualcosa che in potenza già esisteva per intero.

Ora, questa mi sembra essere la logica che ha portato Severino (per quel poco che so e ho capito di lui) a negare il divenire: infatti, la distinzione aristotelica tra potenza e atto non è altro che un inglobare ogni evento all'interno della prospettiva dell'essere. Cioè, dire che un bambino è un uomo in potenza non significa altro che sforzarsi di inglobare la differenza, provocata dal divenire uomo del bambino, all'interno di una concezione comunque statica. Il bambino è (verbo presente: è già) un uomo in potenza. Insomma, non è altro che un trucco del linguaggio per unificare tutto nella prospettiva dell'essere. In questo senso il futuro non è altro che ciò che il passato era già in potenza. Tutto ciò che troveremo nel futuro si trova già interamente nel presente, in potenza, e sempre in potenza si trovava già interamente nel passato. Parlare di essere "in potenza" non serve ad altro che a conservare l'essere. Questo ha permesso a Severino di sostenere che, di conseguenza, il passato non smette mai di esistere: tutto ciò che esisteva nel passato esiste ancora nel futuro e viceversa; insomma, Severino, una volta che lo stratagemma dell'essere "in potenza" ha consentito di conservare il concetto di essere in riferimento a ciò che diviene, ha pensato giustamente di eliminare lo stratagemma e conservare l'essenziale, cioè l'essere. In questo senso è come se Severino dicesse: "Se dobbiamo dire che un bambino è in potenza un uomo, andiamo all'essenziale, alla sostanza del discorso, semplifichiamo e diciamo direttamente che un bambino è già l'uomo che sarà in futuro e l'uomo è ancora il bambino del passato". Tutto esiste in un eterno presente.

A questo punto è anche evidente l'errore di Severino: egli ha portato a coerenza massima la decisione di includere ogni concezione nella prospettiva dell'essere, ma ha tralasciato di sottoporre a critica proprio tale decisione: chi ha detto che quella dell'essere sia la prospettiva universale entro cui tutto va compreso? Non è forse vero che, tutte le volte che affiniamo la vista, sparisce ogni essere e ciò che ci appare sono solo particelle in divenire?

In questo senso, io personalmente preferisco (dico "preferisco", non dico che le cose stiano effettivamente come penso io) la prospettiva del divenire: tutto si crea in continuazione, nulla esiste in maniera statica, l'attimo presente è solo una nostra invenzione/astrazione mentale. Di conseguenza sostengo l'opposto: se un cercatore scopre una miniera d'oro, la sua scoperta fa esistere quella miniera in un tipo di esistenza che prima non c'era, quindi, in realtà, il cercatore ha reinventato quella miniera, l'ha creata come cosa nuova, poiché, dal momento della scoperta, quella miniera non sarà mai più ciò che era prima.

Nulla si scopre, tutto s'inventa e si crea in continuazione.

Ciao Angelo, capisco che il bandire il verbo "inventare" a favore del verbo "scoprire" possa poggiare sulla questione dell'essere in potenza e dell'essere in atto. Volendo tralasciare la prima questione, ci potremmo concentrare sulla seconda ma, temo, le mie risposte, nella sostanza, non cambierebbero.

(Premetto, non voglio parlare delle idee specifiche di Severino, ma solo sulla questione generale di potenzialità, attualità e affini.)

La questione, ancora, mi pare tutta linguistica, quindi non sostanziale. Vogliamo abbandonare il modo ordinario di parlare per parlare di "essere in atto" ed "essere in potenza", o addirittura spingerci a forme più contratte come "Un bambino è un adulto"? Ok, se si ha ben chiaro di cosa si sta parlando (cercando di porre sotto la lente di un'analisi linguistico-concettuale i termini e le espressioni usate), nessun problema. Ma questo è solo un altro modo di parlare, con tutte le sue peculiarità e con i propri scopi e limiti... Basta non farsi ipnotizzare dal nostro modo di parlare ritenendolo l'unico modo legittimo perché magicamente aderente alla realtà in sé.
#201
Tematiche Filosofiche / Re:Un motivo per vivere
16 Gennaio 2018, 12:19:36 PM
Citazione di: Apeiron il 16 Gennaio 2018, 11:33:54 AM
Sì, conoscevo la differenza tra il primo e il secondo Wittgenstein (ho letto sia il "Tractatus" che "Sulla Certezza"). Però non pensavo che avesse cambiato idea su temi come etica, spiritualità ecc

Grazie dell'appunto!  :)  mi informerò sulla cosa!
Figurati, lieto di esser stato utile.  ;)
Comunque, giusto per finire la questione: il testo definitivo da leggere è "Ricerche Filosofiche" (non tratta direttamente l'etica e la religione), ma uno molto più modesto ma anche più focalizzato sulla questione etico-religiosa è "Note sul Ramo d'oro di Frazer".  :)
#202
Tematiche Filosofiche / Re:Le invenzioni non esistono
16 Gennaio 2018, 12:04:40 PM
Citazione di: acquario69 il 16 Gennaio 2018, 04:23:10 AMQuello che l'autore (cioè il sottoscritto  :)  ) avrebbe voluto far intendere e' che chi inventa qualcosa non l'ha crea lui di sana pianta..non e' un suo prodotto ma l'ha "solo" rilevata (rivelazione = rendere noto cio che era nascosto) e se era nascosto vuol dire che già c'era indipendentemente dal suo "inventore"

secondo me infatti,se una cosa non la si conosce, non e' perché questa non esiste ma perché ancora la ignoriamo

Al contrario tuo trovo invece fuorviante dire : "quindi si inventa qualcosa che prima non esisteva"
Perche non mi sembra che sia cosi e proprio per le ragioni spiegate sopra...ed e' pure il motivo per cui si ha la necessita di parlare in maniera metaforica (o simbolica) 
Ciao Acquario, è forviante perché tu proponi di cambiare l'uso e il significato delle parole. In linea teorica potrei accettare questa revisione linguistica, ma è solo una questione linguistica, non c'è nulla di sostanziale. Ed è per questo che poi, di fatto, preferisco restare nel solco del linguaggio preesistente che già tutti conoscono e capiscono.

Tu implicitamente affermi che per inventare qualcosa si deve creare qualcosa di sana pianta (cioè in modo radicale, dalle fondamenta). Invece l'italiano prevede che affinché si possa dire "io ho inventato X" semplicemente tale X prima non esistesse. Certo, ogni cosa che noi inventiamo concretamente è fisicamente possibile (quindi "esistente in potenza"), ma non era già esistente (cioè "esistente in atto"). Tutto qui. E' una convenzione linguistica, nulla di più.

Un altro modo di vedere la questione è abbandonare la visione ingenua del significato come definizione esplicita e verbale, in favore di una visione più globale dove il significato è definito anche dall'uso delle parole. Quindi si osserva che si parla di inventare una macchina, uno strumento, una tecnica di fabbricazione, un nuovo sistema di coltivazione, una moda, un ballo, un gioco, una pietanza. Mentre si parla di scoprire una verità, un segreto, una legge fisica, un complotto contro lo stato, un giacimento di petrolio, nuove terre. Questi sono usi paradigmatici di tali verbi.

Questo è l'uso linguistico corretto di "inventare" e "scoprire" in italiano. Tra l'altro risulta molto comodo, perché quando io dico "Io ho inventato un gioco" o "Io ho scoperto un gioco" sto dicendo due cose completamente diverse e chi mi ascolta (tu compreso) capisce perfettamente la differenza. Differenza, questa, che andrebbe persa se non esistesse il verbo "inventare" ma solo il verbo "scoprire".
#203
Tematiche Filosofiche / Re:Un motivo per vivere
16 Gennaio 2018, 10:41:36 AM
Citazione di: Apeiron il 16 Gennaio 2018, 00:35:12 AM
EPICURUS
Il Wittgenstein del Trattato è molto diverso dal Wittgenstein successivo, quest'ultimo forse avrebbe visto come infelice quella sua, ormai famosa, espressione, o, comunque, sicuramente l'avrebbe intesa in modo molto differente. La stessa concezione dell'etica cambiò molto in Wittgenstein.

Comunque per quanto mi riguarda, tale proposizione è troppo severa e restrittiva. Mi pare legittimissimo il mio parlare sul senso della vita nella misura nella quale mostro come sia un nonsense.  


APEIRON
Mi torna che la sua filosofia del linguaggio è radicalmente cambiata dopo il suo ritorno a Cambridge. Ma da quanto mi ricordo fino ad almeno il 1930 non credo che la sua opinione su religione ed etica fosse variata (ho letto la "Lezione sull'Etica" del 1929 e le Conversazioni con Schlick del 29-30. E da quanto ho capito non mi pare che la sua posizione sia cambiata di molto). A cosa ti riferisci? ;)
Sintetizzando e semplificando, c'è il Wittgenstein del Tractatus (1921) e il Wittgenstein delle Ricerche Filosofiche e Della Certezza (entrambi pubblicati postumi). Nella Lezione sull'Etica si è ancora vicini al primo Wittgenstein.

Il secondo Wittgenstein comprende: significato fondato sull'uso, somiglianza di famiglia, impossibilità del linguaggio privato, giochi linguistici, forme di vita, seguire la regola. Non entro nel dettaglio dell'interpretazione del secondo Wittgenstein riguardo ad etica e religione (perché è il topic sbagliato e perché potrebbe essere un lavoro troppo complicato per me), ma sicuramente avrebbe considerato i discorsi etici e religiosi sensati perché appartenenti a dei giochi linguistici e fondati in quando forme di vita.
#204
Tematiche Filosofiche / Re:Le invenzioni non esistono
15 Gennaio 2018, 17:00:59 PM
Secondo voi questo è un problema filosofico? A me pare un mero problema linguistico, risolvibile con l'uso di un dizionario, o comunque studiando l'uso della lingua italiana.

Secondo il Treccani:

Inventare. Trovare, con l'immaginazione o l'ingegno, e per lo più attraverso studî, esperimenti, calcoli, ecc., qualche cosa che prima non esisteva, soprattutto oggetti utili, mezzi o metodi che agevolino il lavoro, migliorino la produzione, e in genere tutto ciò che contribuisce al progresso dell'umanità e a cui si dà il nome di «invenzione»: i. una macchina, uno strumento, una tecnica di fabbricazione, un nuovo sistema di coltivazione; la stampa è stata inventata da Giovanni Gutenberg. Con senso più generico, escogitare, ideare qualche cosa di nuovo: i. una moda, un ballo, un nuovo gioco; è una pietanza che ho inventato io; non sapresti i. qualche cosa per ammazzare il tempo?; bisognerà i. qualche espediente per passare inosservati.

Scoprire. Acquisire alla conoscenza e all'esperienza umana nozioni, fatti, oggetti, luoghi prima ignoti: s. la verità; s. un segreto; s. una nuova legge fisica; Galileo scoprì l'isocronismo delle oscillazioni del pendolo; è stato scoperto un complotto contro lo stato; s. un giacimento di petrolio; s. nuove terre; nel 1642 A. Tasman scoprì la Tasmania.

Quindi si inventa qualcosa che prima non esisteva, si scopre qualcosa di già esistente. L'autore del topic parla di "esistenza in potenza", un modo come un altro per parlare di qualcosa che non esiste ma che potrebbe esistere, quindi in questo caso si deve usare "inventare".

L'autore del topic scrive "secondo me non può esistere invenzione di nulla, perché si potrebbe anche banalmente dire che tutto e' creato al principio,(e anche dire più sottilmente,che nulla nasce e nulla muore)". Ma perché mai dovremmo esprimerci in questo modo? Che valore aggiunto avrebbe un modo di parlare così metaforico e, in ultima analisi, forviante?

Ci sono anche casi ambigui in cui è permesso parlare sia di invenzioni che di scoperte, ma fa parte della natura del linguaggio (e della sua grande potenza espressiva) essere non perfettamente preciso.
#205
Mesi fa ero qui intervenuto (questo è il mio primo post) utilizzando un approccio logico, sulla scia del famoso paradosso di Epicuro.

Però ora vorrei proseguire un approccio diverso, diciamo uno linguistico. Per iniziare, vorrei sapere da voi che cosa significa il termine "essere buono" e, nello specifico, "essere infinitamente buono".  :)
#206
In una discussione sulla felicità, non può mancare l'intervento del mio omonimo, colui il quale si può meritare il titolo di Filosofo della Felicità.  ;D

Lettera a Meneceo sulla Felicità, di Epicuro: qui.
#207
Tematiche Filosofiche / Re:Un motivo per vivere
15 Gennaio 2018, 15:44:13 PM
Citazione di: Apeiron il 15 Gennaio 2018, 14:39:12 PMGrazie @epicurus per aver esposto la tua opinione  :)

SCRIVI
Prendiamo la riposta "Dio" che alcuni potrebbero dare ad entrambe le domande, come tu stesso suggerisci. Dio fa parte del tutto, come può essere una risposta legittima? E' come se un ateo rispondesse "Universo", ok, non sta rispondendo alle due domande di cui sopra, ma a qualcos'altro. Forse è un modo per dare importanza a Dio (o all'Universo), ricadendo nell'interpretazione umana della domanda del senso della vita, ma non è la risposta alla domanda metafisica: Dio fa parte della vita ed il mitologico senso della vita (se non fosse un nonsense) deve essere qualcosa d'altro rispetto anche a Dio.

Risposta di Apeiron:
Ottima osservazione, ci "mediterò" sopra  :)
Prego.  ;)

Citazione di: Apeiron il 15 Gennaio 2018, 14:39:12 PMSu questo tipo di questioni secondo me è un po' come dire "su ciò di cui non si può parlare si deve tacere" (Wittgenstein) - secondo me quel "ciò" è qualcosa di reale, col discorso di "Dio" dicevo questo (che è un po' diverso dal discorso dell'etica*). Per altri letteralmente la Storia è una sorta di mito, ma appunto non è la mia opinione.

*l'etica è qualcosa di diverso dal "senso dell'esistenza" (Wittgenstein non capì a quanto pare questa distinzione). Non a caso appunto dell'etica invece parlo - ma qui c'è un po' di "platonismo personale"  ;)
Il Wittgenstein del Trattato è molto diverso dal Wittgenstein successivo, quest'ultimo forse avrebbe visto come infelice quella sua, ormai famosa, espressione, o, comunque, sicuramente l'avrebbe intesa in modo molto differente. La stessa concezione dell'etica cambiò molto in Wittgenstein.

Comunque per quanto mi riguarda, tale proposizione è troppo severa e restrittiva. Mi pare legittimissimo il mio parlare sul senso della vita nella misura nella quale mostro come sia un nonsense.  ;D
#208
Citazione di: viator il 12 Gennaio 2018, 22:55:43 PM
Salve epicurus. In fondo al tuo intervento di ieri affermi che "il tempo è una dimensione, uno spazio (??) concettuale.....".
Appunto. Tempo e spazio (facciamo attenzione a non confonderli) sono entità concettuali, cioè proprie della nostra capacità e funzioni psichiche e mentali, non della "realtà" fisica a noi esterna.
Dimensioni concettuali proprio perché spazio e tempo non sono oggetti. Ma sono delle dimensioni concettuali essenziali perché gli oggetti del mondo hanno proprietà spaziali e temporali, e queste proprietà sono oggettive. Dire che esiste il tempo e lo spazio è uguale al dire che gli oggetti mutano e hanno un'altezza, larghezza e profondità... nulla di più.

Citazione di: viator il 12 Gennaio 2018, 22:55:43 PMDormienti od in coma - guarda caso - si perdono le percezioni sensoriali, quindi si perde, tra l'altro, la percezione del tempo.
Questa non è una dimostrazione o una prova.

Concludo questo post riproponendoti una riflessione del mio post precedente:
Assumiamo per un attimo che il tempo non esista ma che sia solo una questione mentale. Ok, ma il nostro flusso di coscienza che scorre presuppone il tempo, o meglio, esso è collocabile in una dimensione temporale. Quindi non ha senso dire che sia la nostra psiche a crearlo. Anche perché "creare" presuppone il tempo: significherebbe che esisterebbe un momento in cui non c'è il tempo e poi un altro momento successivo dove creiamo il tempo e da lì in poi inizia a scorrere: questo mi pare assurdo.
#209
Tematiche Filosofiche / Re:Un motivo per vivere
15 Gennaio 2018, 12:59:01 PM
Aperion, Sgiombo, grazie del bentornato.  :D
Vedo che ho aperto il vaso di pandora parlando di metafisica.  ;D

Citazione di: Apeiron il 12 Gennaio 2018, 11:59:43 AM
Curiosità: secondo te (A2) e (B2) sono domande senza senso o sono enigmi impossibili da risolvere con la sola razionalità [...]?  è lecito fare delle ipotesi di risposta a tali domande o non posso farlo?
In merito alla questione generale della metafisica, per non sviare troppo la discussione, qui dirò solo che, come in ogni dominio linguistico, ci sono questioni metafisiche senza senso (generate da un uso forviante o non corretto dei concetti) e altre che sono sensate.

Ho parlato di due interpretazioni della domanda "qual è il senso della vita?": un'interpretazione umana (espressione un po' infelice, lo ammetto) e un'interpretazione metafisica. La domanda umana è sensatissima: io vivo per rendere il prossimo più felice, io vivo per portare più giustizia, io vivo per la mia famiglia, io vivo per ottenere più potere, ecc... Rappresentano i nostri principi, i nostri scopi, le nostre massime priorità.

Dicevo, nel mio post precedente, che la domanda metafisica del senso della vita è problematica quanto la domanda "perché c'è qualcosa anziché niente?". In merito a ciò che mi chiedi ("sono senza senso o irrisolvibili?"), ormai dovrebbe essere chiaro che io li ritengo dei nonsense, frutto da un uso superficiale del linguaggio. Se queste domande vogliono tener conto di tutto (e così dovrebbero essere intese) allora sono senza senso perché non ci sono cose rimaste fuori che possono fungere da scopo/motivo/spiegazione/causa.

Non c'entra nulla se la questione è empirica o meno. La questione è proprio cosa si vorrebbe chiedere con quella domanda... non sono io che mi impongo e dico "no, non ci sono risposte a queste domande". Invece, io reputo che non siano delle domande vere e proprie, che non si sta chiedendo niente.

Prendiamo la riposta "Dio" che alcuni potrebbero dare ad entrambe le domande, come tu stesso suggerisci. Dio fa parte del tutto, come può essere una risposta legittima? E' come se un ateo rispondesse "Universo", ok, non sta rispondendo alle due domande di cui sopra, ma a qualcos'altro. Forse è un modo per dare importanza a Dio (o all'Universo), ricadendo nell'interpretazione umana della domanda del senso della vita, ma non è la risposta alla domanda metafisica: Dio fa parte della vita ed il mitologico senso della vita (se non fosse un nonsense) deve essere qualcosa d'altro rispetto anche a Dio.
#210
Tematiche Filosofiche / Re:Un motivo per vivere
12 Gennaio 2018, 11:00:58 AM
Citazione di: Webmaster il 29 Dicembre 2017, 17:49:39 PM
Cosa rispondereste a una persona che vi chiede: Mi dici un solo motivo per cui dovrei vivere?
La persona che vi pone tale domanda non ha intenzioni di uccidersi, non è depressa e non è triste, quindi tutti i motivi legati a varie problematiche esistenziali sono da escludere, dovreste solo dirle il motivo per cui, secondo voi, vale la pena di vivere la nostra esistenza.

Siamo nella sezione dedicata alla filosofia quindi vorrei che escludeste ogni riferimento religioso.
Grazie e sereno anno nuovo.

Ciao Ivo, buon anno anche a te e a tutti gli utenti.

Mi dici un solo motivo per cui dovrei vivere?

Purtroppo una risposta netta e semplice a questa domanda, secondo me, non c'è. Non perché la domanda sia intrinsecamente difficile, o addirittura oltre alle nostre limitate capacità, bensì perché tale domanda deve prima essere spiegata agli altri, ma prima di tutto a se stessi.

Condivido l'approccio di Phil, che spinge a chiarirsi le idee su alcuni concetti e assunti accettati implicitamente ed inconsapevolmente ma che necessitano di un'analisi attenta:
Citazione di: Webmaster il 29 Dicembre 2017, 17:49:39 PMRisponderei con alcune (meta)domande, per definire l'orizzonte di senso in cui la domanda principale si pone: per vivere deve esserci almeno un motivo? Questo motivo deve essere uguale per tutti? La ricerca di tale motivo può essere un motivo valido? Conosci già dei motivi per cui non dovresti vivere? In che modo il "dovere" può inficiare il "vivere" ponendo all'individuo la questione del suo "dover vivere"?
Rispondendo accuratamente a queste domande, secondo me, si è già (almeno) a metà strada...

Innanzitutto, noi diamo e cerchiamo motivi in una moltitudine di contesti di vita ordinaria e le risposte sono solitamente semplici e immediata. Esempio: il motivo del mio andare al panificio è che mi serve del pane. X ha uno scopo e tale scopo è il motivo di una sua data azione. Ma allora perché non è così banale chiedere "qual è un motivo per cui dovrei vivere?"? Penso perché il vivere è la precondizione di avere scopi e motivi particolari.

La differenza tra (A1) "Qual è il motivo per cui vai al panificio?" e (A2) "Qual è il motivo per cui dovrei vivere?" è in qualche modo simile alla differenza che c'è tra (B1) "Perché c'è un divano nuovo in casa mia?" e (B2) "Perché esiste un universo invece del nulla?". Spiegare un fatto, cercare motivi, presuppone l'esistenza di altri fatti che possono essere presi come motivi e spiegazioni. Ma (A2) e (B2) si vogliono innalzare sopra ogni cosa, quindi non abbiamo più nulla da utilizzare per rispondere. (Vedi: https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/perche-ce-qualcosa-anziche-il-nulla/msg12877/#msg12877)

Infatti se alla domanda di questo topic rispondessi "Un motivo per vivere è X", ci si potrebbe chiedere un motivo di tale scelta, e così via. La domanda, intesa nel senso metafisico, non ha risposta perché non è una domanda ben formulata. Voglio enfatizzare questa cosa: non significa che non ci sono motivi per vivere, significa che "X è un motivo per vivere" e "non ci sono motivi per vivere" sono entrambe due affermazioni senza senso.

Lasciando da parte l'approccio metafisico, cosa ci rimane? L'approccio umano, cioè intendere la domanda (come molti qui hanno già inteso) in questo modo:

Quali sono gli ideali per cui io vivo?

Ecco, questa ovviamente è una domanda legittima che può avere infinite risposte. Ma ciò è normale, visto che questa domanda, al contrario di quella metafisica, va a sondare il senso morale ed estetico delle persone che quindi la risposta non può che essere estremamente personale.