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Messaggi - daniele22

#196
Tematiche Filosofiche / Re: Psicoanalisi
26 Ottobre 2024, 10:05:07 AM
Citazione di: Il_Dubbio il 24 Ottobre 2024, 18:28:44 PM@daniele22

Se non ho capito male il tuo è un ragionamento ancora piu sofisticato del mio. Arriviamo alla stessa conclusione ma partendo da un ragionamento diverso. Tu dici in pratica che nonostante la diagnosi "certa" ogni persona potrebbe reagire al farmaco in maniera differente, cosi che il farmaco non riesca a dare il suo effetto sperato, anzi che possa addirittura peggiorarlo. Questo perchè il corpo su cui si va ad operare ha una dinamica complessa. La diagnosi potrebbe anche essere ben inquadrata, ma la cura avere risultati diversi e piu o meno efficaci, o alle volte addirittura peggiorativi. 
Per questo serve almeno una diagnosi, altrimenti se si da un farmaco ad una persona che non ne ha bisogno gli effetti peggiorativi sono tutte causate dalle diagnosi sbagliate.
Se invece la diagnosi è giusta ma il farmaco da effetti negativi in quel caso si torna indietro e si tenta di stabilire una concausa (non diagnosticata immediatamente) che ha scatenato l'effetto negativo.
Questo trattamento diretto potrebbe risultare come un esperimento se non si parte da un generale quadro clinico che contenga anche informazioni storiche sul paziente. Non so, quante volte ci siamo sentiti domandare: soffre di allergie?

Un medico di famiglia oggi segna nel suo computer tutto ciò che è successo al paziente nel corso degli anni. A me ad esempio è successo una volta che il mio medico mi ricordasse che avevo avvertito un disturbo in passato che però io non ricordavo piu di averglielo mai detto. Anzi non ricordavo di averlo mai avuto. Però lui se lo era segnato.
Comunque qua si parla di farmaci che solo uno specialista darebbe, non parliamo di quelli generici.
Sicuramente non credo si possano dare prima di aver riscontrato lo scompenso con un esame diagnostico. E nonostante l'esame diagnostico abbia dato un risultato positivo, quel farmaco potrebbe non essere efficace, tornando al punto iniziale della questione. 
Giusto per schiarirti la mia idea, quello che penso è che la scienza dell'inconscio si renda conto che molti sintomi che pervadono coloro che vi si affidano siano riconducibili alle reiterazioni "deviate" derivate probabilmente da un conflitto che si svolge tra varie maschere (varie per ciascun individuo) in cui siamo costantemente calati nel mondo; essa si prende cura quindi delle emergenze di un conflitto tra l'autentico e l'artefatto.
In merito alla diagnosi, così come quando si contrae un'influenza non si fanno esami per identificare il virus, ignorante-mente penso che la psicanalisi ritenga che per certi malesseri la diagnosi non debba andare oltre a quella che nella malattia organica chiamiamo influenza ... malattia blandamente intruppabile.
Quello che io non so, ma che mi piacerebbe sapere a livello filosofico, sarebbe, ammesso che di conflitto tra autentico e artefatto si tratti (emotività e ragione), se la psicanalisi si rende conto che l'autenticità consiste essa pure di una maschera. Nel senso che l'evoluzione delle specie potrebbe anche essere vista come l'evidente possibile molteplicità di quella che a mio vedere sarebbe l'ineluttabile tendenza alla mimesi (intesa come imitazione di parti della realtà) da parte degli organismi viventi
#197
Tematiche Filosofiche / Re: Psicoanalisi
24 Ottobre 2024, 13:08:52 PM
Gli psicofarmaci droghe comprese c'entrano e non c'entrano. Era solo un esempio per dire che una droga ti cambia uno stato interiore/emotivo nei confronti della realtà nel giro di una manciata di minuti.
La mia storia personale comunque mi racconta di persone che combattono da una vita con ambulatori medici per diagnosticare malattie che sfuggono dall'essere ben inquadrate. In questi casi i rimedi (farmaci) non risultano efficaci o sono blandamente efficaci. E questo è un fatto che può farci riflettere su come una diagnosi certa, scientifica, poggi su di un terreno poco solido, almeno filosoficamente parlando.
Così, a larghe spanne, penso che trovare uno stile di vita diverso, pensare in modo diverso, non sia facile, però almeno denota uno slancio a volersi sbarazzare di un problema. Tale difficoltà sarebbe costituita dal fatto che la fonte del disagio, probabilmente, genera abitudini comportamentali che tendono a permanere nonostante tutto. Questo perché probabilmente si avrebbe a che fare con la personalità dell'individuo, la quale, sedimentatasi dai tempi della prima infanzia può trovare degli incontri problematici con l'alteritá che possono anche accentuarsi una volta che si entri nel mondo della vita da adulto.
Tanto per capirci infine, se uno pensa di risolvere il proprio disagio razionalmente si troverà con buona probabilità a fare i conti con il suo fatalismo piuttosto che con il suo essere preventivo, con la sua generosità piuttosto che con la sua avarizia e con altri tratti che figurano come stati del proprio essere che non possono certo essere decisi da scelte ispirate dalla ragione. Penso che alla fine, razionalmente scegliendo, il dilemma ci condurrebbe inevitabilmente in situazioni tali in cui o ci si violenta cercando abitudini mentali forzate che in qualche modo, a furia di insistere, cambiano il nostro comportamento, o ci si accetta per quello che si è, o si ricorre a qualche esperto che possa aiutarci. Proprio come si va da un ortopedico con un braccio rotto ... il braccio magari si aggiusta pure da solo, ma la sua funzione può pure risultarne lesa. Chiaro che il medico, sia esso quello della mente che quello del corpo, si affiderà a una letteratura per stilare la sua diagnosi, ma, come già detto, anche per un medico del corpo succede che la diagnosi può essere sfuggente, e questo accadrebbe molto più spesso di quello che si possa immaginare. E a quel punto  non resta che l'esperimento, come dici
#198
Tematiche Filosofiche / Re: Psicoanalisi
23 Ottobre 2024, 08:36:36 AM
In passato ho anche fumato molte canne. In quei casi il mondo è "oggettivamente" lo stesso, ma la percezione che se ne ha è assai diversa ... in breve, le tue capacità cognitive senza ombra di dubbio restano tali e quali rispetto a quando non hai fumato una canna. Immagino che farmaci contro la depressione possano svolgere la stessa funzione delle droghe. Penso quindi che per questo motivo il concetto di malattia mentale sia assai fumoso. Se intendiamo poi una droga come una forma di alimentazione, così come una mela, l'acqua o l'aria, si può immaginare che anche questi alimenti possano mettere in crisi il concetto di malattia "organica", possano cioè farci ammalare senza che noi ce se ne dia conto 
#199
Tematiche Filosofiche / Re: Psicoanalisi
22 Ottobre 2024, 09:14:08 AM
Premetto che non ho alcuna nozione di psicologia o di psicoterapia. Purtuttavia mi sembra, come dice Jacopus, che siamo tutti un po' nevrotici o isterici, e se lo penso è perché credo di individuare quelli che ritengo siano i miei tratti nevrotici. Per riconoscerli mi rivolgo più che altro a osservare le cose di varia natura più o meno necessarie che tendo a non fare, che tendo a rinviare per vari motivi e che comunque alla fine risolverò con un danno che può consistere in un maggior carico di energia da profondere ... tutto sommato poca cosa. L'idea che mi sono fatto è che bisognerebbe indagare bene queste dinamiche, sicuramente abbordabili consapevolmente, al fine di trovare dei possibili nessi con quei disagi che apparentemente nulla c'entrano e che portano infine una persona a chiedere aiuto.
Comunque, se mi rivolgessi a un professionista pretenderei da lui un dialogo che si svolga alla pari nonostante che sia io ad avere bisogno di lui ... assecondando cioè quello che forse è solo un mio pregiudizio non gradirei sedute in cui il professionista ascolta e basta, o quasi
 
#200
Ad oggi la cosiddetta evoluzione, che personalmente chiamo mutazione, non è governabile e questo è un punto fermo.
In riferimento a quanto esposto negli ultimi due post penso che l'individuo del passato vivesse le stesse intensità emotive di quello di oggi. Forse potrebbe essere stato più esposto, ma sarebbe tutto da dimostrare essendo che molti degli eventi che inducevano le paure di ieri hanno mutate le loro sembianze ... magari a una persona del passato potrebbero sembrare ridicole certe nostre paure di oggi.
Detto questo ho sentito persone che percepiscono l'emotività umana come un impaccio per la nostra specie. Mi chiedo dove vivano costoro. Mi chiedo infatti se mai li abbia sfiorati l'idea che in assenza di emotività si possa precipitare nello zero Kelvin. A mia vista, senza attrazioni e repulsioni, invasioni e contenimenti, non potrebbe consumarsi alcuna vita. Saluti
#201
Percorsi ed Esperienze / Re: Immagine di sé
20 Ottobre 2024, 17:17:08 PM
Ciao doxa. Leggo in effetti i tuoi post, li trovo rilassanti.
A volte camminando mi capita di avere in mano una pallottolina di carta da gettare. Quando vedo un cestino raccolta rifiuti la lancio da un paio di metri e se faccio centro mi dico ... "che ffigo che te si" (penso in veneto). Se sono le sette del mattino mi dico pure che quello sarà quasi certamente un giorno nato sotto una buona stella.
Eccoti dunque un bell'esempio di autogratificazione, potenziale promotrice di autostima che però viene smorzata da quella associazione che sfiora la superstizione quando il fatto si verifichi appena sceso dal letto. Eh già, la metafisica ... L'orgoglio, come hai messo ben in evidenza, è una bestia particolare perché si nutre dell'altrui gratificazione. Penso che si tratti di uno spontaneo motto transitorio dell'animo in situazioni occasionali a fronte di un atto meritorio, ma noto che nel nostro tessuto sociale vi sia una tendenza alla cronicizzazione del fenomeno con gravi ripercussioni a livello individuale e sociale. In sostanza: si gratifica e si mortifica con troppa spensieratezza.Un saluto
#202
Se vi fu un complotto, anthonyi, le vie dell'intelligence sono infinite ... non conosco molto la vicenda, non so se Oswald fosse un agente segreto, ma secondo me non aveva molte chance di farla franca. Comunque l'idea che me ne sono fatto è che tanto il signor Lee O. quanto Ruby siano stati manipolati, chi più chi meno. Riguardo l'ipotesi del terzo cecchino, questa poteva sussistere anche senza il bisogno che il tiratore dovesse sparare. Comunque, "Vacci tu per favore, Billy, dato che hai ideato il piano", avrei detto se fossi stato l'uomo vestito di bianco. In ogni caso, agli avi l'ardua sentenza! Saluti
#203
Resterebbe a questo punto da appurare, giusto per curiosità, se l'uomo vestito di bianco sapesse che Ruby era Guglielmo Tell e che lui era l'uomo sotto la 🍎 
#204
Percorsi ed Esperienze / Re: Immagine di sé
18 Ottobre 2024, 09:19:33 AM
Ciao doxa, condivido l'idea che per stare meglio bisognerebbe sforzarsi di stare nel presente, e la condizione ideale per poterlo fare è quella di essere ricchi e non dover lavorare, o in alternativa essere innamorati del proprio lavoro ... diciamo che io tendo più all'ozio che al lavoro.
Anche guardando la pubblicità in tv, specie quella delle automobili, emerge spesso questa ambizione a essere "sé stessi". Purtroppo sembra che stia diventando una moda, anzi ormai lo è già da un po'. Ma nella nostra società non è facile scivolare nel presente trovando una comoda posizione tra sé stesso e sé stesso con gli altri senza entrare a volte in duri conflitti, e con te stesso e con gli altri. L'orgoglio, tra altri motivi, è senz'altro un fattore decisivo. Per conto mio, meno si è orgogliosi più facile sarebbe trovare un'accomodante via ... e non è poi così difficile sbarazzarsi dell'orgoglio, valutandolo caso per caso, quando le sue insidie ci appaiano evidenti. La domanda, in quel momento del presente, difficilmente si scosterà dal "sei certo di andare avanti?
Un saluto
#205
Ciao Eutidemo, ma dove vai a trovarli tali dubbiosi pensieri?
Forse si trattava solo di uno Chief of station, del tipo il nostro agente all'Avana tanto per dire. Magari lo aveva smascherato e si era fiondato braghe in mano a Dallas per essere immortalato in una foto con Oswald. Metti cioè che pensasse di essere ormai bruciato ... almeno diventerò famoso ... ed eccolo lì tronfio nella storia ... senza dubbio un significante polisignificativo. Comunque io l'ho visto solo perché sei stato tu a farmelo vedere ... no che te ne faccio una colpa eh! era solo per dire. Saluti
#206
Citazione di: Koba II il 15 Ottobre 2024, 11:07:16 AMContesto la fondatezza dell'idea di base del ragionamento di Jacopus, ovvero che ci sia un nesso di causalità tra trauma subito e violenza commessa.
Si tratta di un luogo comune di certi orientamenti delle discipline psicologico-sociali.
Si potrà anche presentare qualche statistica, ma di fatto quasi tutti nel corso della giovinezza hanno subito traumi o vissuto tormenti, per cui tale ipotetica statistica non dimostrerebbe nessuna correlazione significativa, ma solo che anche la maggior parte dei carnefici, come tutti, hanno avuto un passato complicato.
E poi il male non è una categoria omogenea: un conto è subire il disprezzo, ben altra cosa è essere perseguitati.
Per cui se è anche possibile neutralizzare l'ostilità che si subisce conoscendo le vicissitudini dolorose di coloro che ci disprezzano (ma nel senso di rendersi indifferenti ad essi, non certo nel senso di una riconciliazione), non sembra possibile fare la stessa cosa quando vi è stata della violenza concreta, quando il nemico si è prodigato per la nostra distruzione fisica o psicologica o sociale.

Tuttavia la citazione riportata da Jacopus dice qualcosa di vero, ovvero che tutti abbiamo qualcosa in comune, il dolore.
L'unica verità incontrovertibile della vita umana e animale è il dolore.
E il dolore non può essere combattuto con un accrescimento della potenza, della vitalità, come pensava Spinoza prima e Nietzsche poi.
Il dolore non può essere sconfitto. È il grande dominatore di questo mondo. Da esso si possono solo ottenere delle tregue parziali.
Se ne fossimo tutti consapevoli non saremmo spinti alla vendetta, perché questa comporterebbe il rischio di subire altro dolore (da parte di chi si vorrebbe punire o da parte di coloro che a loro volta si sentirebbero poi in dovere di vendicare il nostro nemico).
Il moralismo è adatto ad un'umanità illusa, infantile, ancora legata magari inconsapevolmente a immagini religiose. Ma la religione e la sua morale possono modificare il mondo solo se tutti fossimo abbastanza pazzi o disperati da accettare la presenza concreta del divino nella nostra vita.
Invece l'umanità è solo mediamente disperata. È soprattutto mediocre, meschina senza eccessi, pigra, stanca, annoiata, desolante.
Per questo la guerra e la vendetta, comportando uno stato di eccitazione, piacciono, perché anch'esse sembrano avere la capacità di offrirci una tregua dalla desolazione quotidiana. Poi subito dopo, ma troppo tardi, si capisce che si tratta di nient'altro che altro dolore. Si capisce di essere solo passati ad un altro inferno, di gran lunga peggiore del primo.

Sono d'accordo, in particolare sulla parte finale. Pensando che il dolore e il piacere siano i fondamenti e i motori della conoscenza provo comunque a dire qualcosa di aggiuntivo al tuo discorso: che non vi sia cioè sostanziale differenza tra dolore psichico e dolore fisico, ovvero tra l'essere disprezzati o aggrediti. Nel senso che quando si opera all'interno della società umana "a fin di bene" si può cozzare con chi pensa che tali operazioni producano il proprio male in senso economico; "economico" deve intendersi come unione di spirito e azione del corpo. Quando lo spirito deve agire in sofferenza, dolore psichico, non c'è da meravigliarsi che possa manifestarsi nel corpo una sofferenza come indotto derivante da stili di vita costretti da una spiritualità che non si riconosce e che in fondo si disprezza. Allora io disprezzo? Si! disprezzo. Per questo nel primo post suggerivo il cambiamento del termine da violenza a impeto; lo stesso impeto, tanto per sparare sull'ambulanza, che ancora esercita "a fin di bene" la religione ... e che purtroppo genera il mio dolore psichico, il quale mi fa rendere poco, la qual cosa genera mancanza di pecunia, la qual cosa, dato che tutto si compra, può generare come conseguenza anche dolori fisici
#207
Citazione di: Jacopus il 14 Ottobre 2024, 08:25:07 AMMi sono casualmente imbattuto in questa frase di un letterato americano del XIX secolo, famoso soprattutto per aver tradotto per primo molte opere italiane in inglese, Henry Longfellow. La frase è questa:
"Se potessimo leggere la storia segreta dei nostri nemici, nella vita di ciascuno troveremmo dolori e sofferenze tali da neutralizzare ogni forma di ostilità".

Trovo questa affermazione molto vera e mi conferma come non esista di fatto malvagità umana originaria, ma una malvagità che si articola attraverso il trauma o la strutturazione della società. Questo principio potrebbe essere usato sia nei rapporti fra singoli che fra collettività. In casi rari, come in Sudafrica (commissione per la verità e la riconciliazione), questa affermazione è stata applicata, con risultati straordinari. Epurata dai suoi aspetti fideistici, è la stessa logica del messaggio evangelico, di molte culture orientali e di molte correnti filosofiche.
Eppure la maggioranza dei comportamenti umani tende a polarizzare la frattura amico/nemico e la relativa violenza.
Qual'è la ragione di questa distanza fra un modello apparentemente facile da raggiungere e che ci permetterebbe di vivere in pace e la desolante realtà che ci rende ognuno nemico ognuno dell'altro, qui in questo forum, nella vita quotidiana, nei rapporti fra Stati e culture?
Ciao Jacopus, giusto stamane mi è caduto l'occhio su una targa che parlava per voce di Matteotti. Sinteticamente diceva: potete uccidere me, ma non la mia idea.
Per sviluppare meglio il tema penso che invece di usare il termine "violenza", troppo connotato negativamente, sarebbe più opportuno sostituirlo col termine "impeto". Saluti
#208
12 ottobre la scoperta dell'America. In vita mia ho ucciso numerose tonnellate tra cani gatti zanzare e qualche etto di scorpioni ... ah! pure dei passerotti. Ho ucciso anche 14722 persone ... delle quali 85 donne, si noti la diversa computazione peso/numero, i passerotti restano in sospeso ... Dopo tutto questo tempo, come sempre l'esperienza ci dona perle di saggezza, e forse per trovar sensato il mio operato e ripeto forse, mi sono fatto l'idea qui esposta che a) Uccidere faccia parte delle nostre possibilità
#209
...
E se gli sparo in fronte o nel cuore
Soltanto il tempo avrà per morire
Ma il tempo a me resterà per vedere
Vedere gli occhi di un uomo che muore
...
La guerra di Piero - F. de André
Ciao Morpheus e bienvenido
#210
Citazione di: Il_Dubbio il 03 Ottobre 2024, 11:25:41 AMCi sono fondamentali diritti che un essere umano deve possedere per essere un essere umano?

Mi stavo chiedendo se ce ne fosse almeno uno più fondamentale di tutti.

Ci sono effettivamente delle privazioni che un essere umano (anche nel corso della storia) ha dovuto subire.

Mi stavo chiedendo però se ce ne sia uno in particolare a cui non si può rinunciare.
Ad esempio il diritto alla vita è irrinunciabile, ma è possibile che si possa rinunciare alla vita qualora mancasse qualcos'altro di ancora piu fondamentale?

Se si cosa?
Per rispondere a questa domanda bisognerebbe quantomeno sapere cosa ci distingua dai non umani ... e non aggiungerei altro, o un invito che parta da una riflessione circa i "diritti" che noi si concede ai non umani.
Pur non essendo un credente mi è pure capitata occasione nel corso della vita di sentirmi disumano e non so quanto possa avere influito in tale sensazione la mia matrice cristiana. Comunque, credenti o no, sarebbe un fatto che nella nostra società vi siano persone molto più intransigenti che altre.
Non ci manca nulla, forse abbiamo solo qualcosa in più