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Messaggi - paul11

#196
Tematiche Filosofiche / La sicurezza
17 Gennaio 2021, 15:15:01 PM
 Andrea Molino
ma per riprodursi  è necessario, negli animali in cui ogni individuo è portatore di un sesso, essere in due. Nasce la gregarietà. Già fra un maschio e una femmina, se vogliono avere un rapporto stabile(sicuro) è in atto un "compromesso": per la stabilità si perde qualcosa nella libertà individuale.
Il branco, il clan, la tribù, fa perdere meno energia per cacciare e per difendersi.
Ma per la stabilità del branco avviene un ordinamento che è dato dai rapporti di forza.
Fin qui è spiegabile la "sicurezza" naturale.


La sicurezza individuale, come scritto precedentemente, è di carattere psicologico che a sua volta fa derivare quella culturale. Nel senso che la psicologia-ragione umana costruisce un nucleo di costrutti dicotomici (bello/brutto, buono/cattivo, ecc.)che ci servono per giudicare gli eventi.
Questa formazione che ognuno personalmente si pone, è il modo che permette di anticipare gli eventi futuri. E' una forma di controllo di eventi esteriori che permettono alla psiche umana di non destabilizzarsi. Se funzionano questi costrutti diventano affidabili, se non funzionano si tendono a mutarli. Questa è un po' la permeabilità e impermeabilità umana.


La sicurezza sociale se potrebbe essere stata originata da quella naturale, ha sempre meno a che fare con questa ultima, tanto più il peso della cultura sociale condiziona tanto da far perdere di vista quella naturale. Intendo dire che il lavoro, lo studio,  il denaro, i comfort, le dinamiche politiche, la stessa scienza, non sono più direttamente appartenenti al mondo naturale, per quanto quest'ultimo
sia comunque presente come realtà fisica, come concretezza.
Quindi nel dominio sociale avvengono delle trasformazioni: se ho bisogno di cibo posso non raccogliere e non cacciare, tutto è mediato da altri che me lo presentano in cambio di denaro.
Il denaro quindi mutua la necessità persino di sopravvivere.
Non ho bisogno di decidere il governo di una città, di una regione, di uno Stato. Viene mutuato da un'altrettanto struttura che è la politica.
Tutto ciò, dal cibo al governo, è demandato a strutture apposite.
La sicurezza individuale è quindi avere denaro sufficiente ( e questo sufficiente è problematico anche se in modo diverso fra il "forte" ricco e il "debole" povero) per sopravvivere e avere tempo per le proprie relazioni, passioni. Perdere la possibilità di avere denaro significa come sentirsi allontanato dal branco animale in natura: totale insicurezza, in balia degli eventi.


Iano
Capita anche a me di pormi nella tua stessa sensazione.
Forse i giovani d'oggi  hanno le "spalle coperte" come non mai, questo li rassicura dal punto di visto della sopravvivenza. I genitori tendono a proteggere per natura e spesso sono i nonni gli educatori perché i genitori sono intenti a "procacciarsi" denaro.
Il lavoro, come sopra scritto, ha sostituito socialmente ciò che era originariamente il direttamente cacciare e raccogliere, così come il denaro ha sostituito il rapporto diretto  uomo/natura, con uomo/cultura che è mediato dalle strutture apposite.
Quante volte abbiamo sentito dire che in fondo c'è chi cucina, lava, stira, fa il letto..........e chi glielo fa fare di andarsene dall'"albergo" tutto pagato?


Nel passaggio fra sicurezza naturale- psicologico/ragione individuale- sociale, quest'ultima è quella che condiziona, nel bene e nel male, di più.


Questo non preoccuparsi del cacciare e raccogliere in realtà non è stato superato, è stato trasformato e modificato dal lavoro-denaro
Forse è più sicuro il sociale dal naturale, dipende dal ruolo dello Stato.
Ma questa "sicurezza" della continuità del lavoro per avere altrettanto continuamente denaro  e l'intervento dello Stato in caso di necessità,  ha fatto perdere dei requisiti umani?
#197
Tematiche Filosofiche / La sicurezza
17 Gennaio 2021, 00:41:32 AM
 Il topic ho voluto porlo in quanto stavo rileggendo vecchi appunti sula psicologia costruttivista.
La sicurezza inerisce alla stabilità  che si forma psicologicamente per confronti fra cose simili e cose diverse. Se si riflette ci si accorge che termini come stabilità, sicurezza, conformità, sono costrutti psicologici che diventano fondanti socialmente. L'instabilità, l'insicurezza, la diversità, tendono ad essere non inclusive o comunque problematiche in tutti  i campi culturali.
Pensate, faccio un esempio, all'attuale crisi di governo dentro in un contesto instabile causato dal covid. Instabilità che si associa ad un'altra instabilità che diventa speculazione economica, politica.


Questi costrutti mentali tendono ad anticipare la realtà, a mettere al sicuro se stessi: sono confortanti. Sono confortanti nella misura in cui una persona tende a costruire repliche di eventi , anticipandoli. Queste repliche sono somiglianze di significati riconosciuti all'interno delle nostre esperienze, per quanto siano variabili gli eventi, hanno denominatori comuni che i nostri costrutti mentali riconoscono e su questi noi costruiamo ciò che crediamo . Se riescono ad anticipare gli eventi, diventano affidabili.


Bisognerebbe analizzare più approfonditamente cosa è questa sicurezza per noi , prima di emettere sentenze.


Niko
Ritengo che Nietzsche pensi alla natura in termini meritocratici, "aristocratici". La regola della natura è alla fine negli animali sociali una gerarchia costruita sulla forza "bruta".
Questa forza bruta negli umani viene trasformata dalla cultura. E' questa trasformazione culturale che Nietzsche non accetta, in quanto anti (contro) naturale.
Bisognerebbe allora capire , visto che discutiamo di sicurezza, cosa si intenda per sicurezza naturale e sicurezza culturale: cosa li unisce  e cosa li diversifica.


Viator
Sono d'accordo che la sicurezza è una forma di autotutela. Tant'è, altro esempio, che enti privati e pubblici ,come le assicurazioni, fanno "caterve" di soldi sulla sicurezza/rischio.
Ma potrei anche dire che nel mondo fisico si tende alla quiete per quanto l'instabilità momentanea poi tenda ad un riequilibrio, come una convalescenza dopo una malattia(altro esempio).


Non cerchiamo addirittura certezze con la sicurezza, direi più un avvicinamento predittivo, un anticipare gli eventi il cui obbiettivo almeno si avvicina approssimativamente.
In fondo si dice ordinarietà e il contrario straordinarietà ,gli eventi futuri che si attualizzano predittivamente oppure niente affatto previsti.
Non vorrei ricadere nel determinismo/indeterminismo  e/o ponderabile/imponderabile.
Penso che la sicurezza sia accettata proprio perché  è la più ragionevole.


Andrea Molino
E' pur vero ciò che scrivi . Ma il rischio culturalmente è un calcolo. Nessuno dà un "fido" se non si hanno spalle coperte, quindi sicurezza che se un progetto fallisce, vi sia almeno un paracadute per poter atterrare e non cadere sfracellandosi.


Iano
Esatto: trovo che la legge della conservazione a cui tendono i sistemi fisici, sia simile alla nostra necessità  umana di sicurezza.




Chiarisco: la mia posizione non è a favore  o contro la sicurezza, ma cerco di capire, analizzare, perché l'uomo tende alla conformità, ordinarietà, persino le nostre faccende quotidiane hanno orari, e siamo "scocciati" se troviamo impicci.
Un altro esempio: il conformismo sociale è la centralità democratica per cui anche i partiti estremistici tendono ad accentrarsi (oggi si dice centrosinistra/centrodestra).
Quando si dice che per governare bisogna perdere gli impulsi estremistici, per cui alla fine tutti  i governi finiscono per assomigliarsi, ha a che fare con la grande maggioranza conformistica degli elettori . Ribadisco allora che quel conformismo tende alla sicurezza della propria persona.
Questa sicurezza personale è il voler vivere quietamente, senza problemi d'instabilità, per sé, la propria famiglia, i propri sacrifici, i propri patrimoni........
Allora si capisce che la sicurezza che nasce dalla psicologia umana, la trovi ovunque, in tutte le forme teoretiche e pratiche, compreso i suoi  epigoni contrari.
#198
Tematiche Filosofiche / La sicurezza
16 Gennaio 2021, 16:08:21 PM
 Pongo la tematica in ambito filosofico, in quanto ritengo che la sicurezza  sia la motivazione che porta a molte costruzioni strutturali filosofiche, anche se poteva starci benissimo anche  nel forum in attualità e cultura.


Analizzando diversi profili interdisciplinari, che vanno dalla psicologia soprattutto, passando per l'economia, politica, ritengo che la sicurezza vada abbinata al conformismo.


Perchè l'uomo tende ad avere il controllo delle  innumerevoli situazioni che la vita propone.
Quando perde il controllo, in qualunque campo, ma soprattutto psicologico, diventa autodistruttivo.


La scienza nasce dal punto di vista motivazionale come predizione. Potremmo dire che gli oracoli, i riti "magici" predittivi erano il tentativo di avere sotto controllo anche il futuro e il futuro per sua natura è instabile, insicuro, rischioso.


Siamo conformisti per natura, nel senso che tendiamo a ritualizzare gesti quotidiani che ci rassicurano ,che non ci fanno perdere tempo ed energie a pensare o fare. Ci sediamo a casa al nostro posto, scegliamo nel letto dove dormire la nostra posizione, lo scandire quotidiano del tempo fanno scoccare i tempi ordinari del fare, del pensare, del leggere, del riposare.


Tutto ciò che rompe la conformità, la sicurezza, la pace, l'equilibrio, che sono personalizzati, rompe "le scatole", perchè si entra nella zona del disagio e delle difficoltà.
Questa sicurezza della conformità è rassicurante, è naturale e diventa forte nel momento in cui i nostri pensieri costruttivi semplici, che sono dicotomici (ognuno ha una propria idea di buono/cattivo, bene/male, ecc.) costruiscono, via via, possibilità di predire, anticipare, gli eventi che la vita propone, così che o siamo confortati dal fatto "...ecco lo sapevo che finiva così", oppure se non riusciamo ad anticipare gli eventi che non rientrando nelle significazioni di senso degli eventi, sconnettono la sicurezza dei nostro nucleo di pensiero.


Perchè questa sicurezza, conformità è importante?
Perché il popolo è conformista, economicamente, politicamente, psicologicamente, perché uscire dal sentiero naturale per rischiare nuovi sentieri....è una scommessa sul futuro.


Ma nonstante tutto esiste l'intraprendenza, la libertà che collidono con la sicurezza.
In politica dall'attentato delle torri gemelli al covid attuale l'antitesi fra maggiore sicurezza porta a minore libertà oppure viceversa.


Filosoficamente stavo pensando: "Chissà cosa direbbe Nietzsche?". Nel senso che la sua idea di natura forse è in contrasto con quanto su esposto.


Voi cosa ne pensate in generale se davvero la sicurezza è una nostra (ma direi di tutti gi esseri viventi)prerogativa naturale?
#199
 L'errore è di pensare il libero arbitrio come un fondamento.
E' una condizione quanto lo è la coercizione, è semplicemente il contrario.


Il nostro vissuto, da bambini è costruito sulla sicurezza da una parte e su una formazione educativa che è passiva, nel senso che è totalmente indotta dalle convenzioni sociali.


La libertà risalta, quando dalla passività del soggiacere a voleri altrui, genitori, educatori, insegnanti, che danno conoscenze "subite", si passa a due presupposti della libertà: autonomia e indipendenza.
Questi ultimi sorgono quando il bambino divenuto adolescente inizia a scegliere libri, musica, passioni....amori.
Ed è in questa fase che nasce il contrasto fra istruzione formativa subita e la prima visione di mondo
di un adolescente che inizia a pensare "con la propria testa".


La libertà è per sua natura  conflittuale, proprio perché essendo essa stessa condizione  è antitesi alla coercizione e determinazione di volontà altra da sé.


Non c'è quindi un libero arbitrio "assoluto", se non come "motore primo incausato", come archè, come Dio, come fondamento , ma è attributo condizionale e non fondamento.


E' l'arbitrio, inteso come giudizio di una volizione che  a sua volta chiama in causa tutte le facoltà qualitative umane: ragione, intelletto, concetto, intuito, intenzionalità, psiche, affetti, emozioni...anima.


La libertà non è quindi sottrazione di condizioni per far emergere il suo  status di fondo, è un'altrettanta condizione che agisce per contrasti anche conflittuali, tant'è che non c'è una condizione assoluta di libertà, tutto è interdipendente.


Non siamo mai veramente liberi, forse da morti, perché se tutto è interdipendenza significa compromesso con le dipendenze, tentativo di status di equilibrio, che però il divenire dei contrasti muta in continuazione. Ciò che spinge alla condizione di libertà è la volontà, fino a pensare ,come in Schopenhauer, che la stessa volontà è condizionante, per cui sottrarsi è impossible.
#200
Tematiche Filosofiche / Credete nel libero arbitrio?
04 Gennaio 2021, 21:10:00 PM
 Il termine libertà è pochissimo utilizzata nella filosofia originaria greca  e nei testi sacri.
Il motivo è che la libertà comincia ad essere utilizzata nel naturalismo medievale, poi nel giusnaturalismo e filosoficamente da Hegel.


Nell'antichità si utilizza molto di più il termine volontà e infatti: libero arbitrio, libera volontà.
Se per arbitrio viene indicato il giudizio, la libertà né è una condizione. Se per volontà si intende una motivazione di pensiero teorico o fattuale, la libertà è ancora una precondizione.


Significa allora che se già la libertà fosse una precondizione affinché altre facoltà possano esplicarsi, chiedersi come, perché, che cosa la libertà condizioni rischia di cadere in una circumnavigazione infinita priva di senso, ovvero: cosa determina la condizione della  precondizione ?


La libertà quindi è una condizione apriori affinché anche fattualmente atre facoltà possano esplicarsi.
E' libero il giudizio? E' libera la volontà? O da che cosa sono condizionate, e quindi scendendo il livello di libertà, anche il giudizio e la volontà scendono man mano da una piena libertà a giudizi e volontà condizionati.


Se viene esaltata la libertà, come fece Hegel, condividendo la stessa stanza e gli istessi ideali da studente con Schelling, con Holderlin, proprio allo scoppio della Rivoluzione francese, tende ad indicare come le condizioni restrittive sociali ,culturali potessero essere superate per spiegare le ali al nuovo vento storico ,a nuovi orizzonti di più ampie possibilità.


La nuova esaltazione storica della libertà ha i suoi epigoni nelle nuova scienza sperimentale moderna, nelle speranze di nuove strutture sociali, in una maggiore libertà di espressione.


Se lo si pone  fra la teoresi e la prassi il libero arbitrio ,come la libera volontà, si originano dalla filosofia morale/politica, passeranno per il diritto di natura, il giusnaturalismo per essere superate proprio dallo storicismo hegeliano, fino al diritto positivo.
Perchè il problema morale è che cosa me ne faccio della libertà se il giudizio non è corretto, se la volontà è mistificatoria?
Cadendo nel dimenticatoio moderno, la morale, la libertà diventerà lo "slogan" caratterizzante del sistema culturale, sociale, politico occidentale. E sarà prassi, al più temperata non dalla morale, ma dai comportamenti pratici, l'etica. La libertà economica, la libertà politica, la libertà di espressione, la libertà personale, la libertà nel "negozio" giuridico.


Mostrando l'ambiguità del termine solitario ,libertà, privo del corretto giudizio morale e dell'altrettanta corretta volontà,  diventerà ideologia con il liberismo economico e il liberalismo politico, fino all'utopia del libertarismo anarchico.
#201
Tematiche Filosofiche / Credete nel libero arbitrio?
02 Gennaio 2021, 14:28:38 PM
 "Io credo nel libero arbitrio"
"  Io non credo nel libero arbitrio"


ma cosa significa "credere" e poi cosa significa libero arbitrio?


Nel momento in cui si cala una sentenza :Io credo (o NON credo) nel libero arbitrio, si è già compiuta una scelta. E la scelta da cosa è data? Il ragionamento è un'aporia oppure una contraddizione in termini, perché già il fatto di POTER credere oppure NON POTER credere, ha in premessa implicita la POSSIBILITA' di una scelta.
Ciò significa che il fatto di credere o non credere al libero arbitrio implicando la possibilità di una scelta in premessa. presuppone a sua volta la facoltà di esseri liberi di poter scegliere.
C'è qualche essere vivente che può scegliere e che in premessa abbia facoltà ,nelle possibilità di essere libero, di affermare io credo o io non credo?
#202
Tematiche Spirituali / E' una questione di percezione.
02 Gennaio 2021, 14:16:48 PM
 citaz.Freedom
E ne approfitto per introdurre un elemento di riflessione: il sistema percettivo dell'uomo moderno non è sempre stato così. E' di tutta evidenza che in passato l'umanità percepiva la realtà in modo diverso da come la percepiamo oggi.


E' vero, ma apparteneva anche ai nostri nonni, bisnonni, quando il rapporto natura/uomo nel mondo contadino non era ancora industrializzato, razionalizzato, scientificizzato. Non che questi ultimi non ci abbiano data elementi importanti di progresso materiale, come togliere dalla miseria, ma abbiamo perso qualcosa per strada.


In filosofia Nietzsche preferisce i pre-socratici e mi sembra che anche Heidegger tenda allo stesso tempo storico. La fenomenologia di Husserl potrebbe essere una buona base per capire l'aspetto psicologico, qualcuno potrebbe dire animistico, fino allo spirituale nel rapporto fra uomo-natura.-mondo.
Questo sistema percettivo umano, sarebbe bene chiarire cosa si intende.
Noi non vediamo con gli occhi, ma con il cervello. Gli occhi, come per gli altri sensi, sono organi
specializzati a ricevere dal sistema ambiente informazioni che cellule specializzate passano ai nervi sensitivi e questi a loro volta trasmettono in aree specifiche del cervello. Noi, non vediamo il processo, quello che percepiamo è il prodotto finito già la mediazione elaborata dal cervello fra ciò che è già depositato nelle memorie del cervello ,che costituiscono il sistema esperto, le nostre miriadi di sensazioni provate prima di una nuova sensazione. Quindi ciò che il mondo informa il cervello, attraverso la trasmissione di impulsi elettromagnetici, si confronta con il "vecchio" deposito del cervello. Il nostro problema, se così si può dire, è che non siamo coscienti del processo di trasmissione, ma solo della sensazione ormai arrivate la cervello , ma ripeto, sono già mediate.
Il cervello ha le sensazioni e la mente elabora fra ciò che già sapevamo del mondo e lo confronta con ogni nuova sensazione. Questo rende sfumato il cosiddetto processo di soggettivazione e quello di oggettivazione, è impossibile la distinzione. Sono gli strumenti tecnici, il microscopio, il telescopio,
analizzatori della massa, analizzatori dello spettro elettromagnetico, che ci hanno indicato che i nostri sensi essendo adattivi al pianeta Terra, come per ogni essere vivente, hanno solo "pezzi" dell'intero spettro elettromagnetico, e ciò induce a dirci che siamo "limitati" sensorialmente.


Ma non è affatto questa la differenza che è fisica che distingue il modo "culturale", "spirituale" di costruire la relazione uomo-mondo. Prima del razionalismo e delle ulteriori divisioni dicotomiche
(che hanno aiutato a semplificare le analisi, ma creato complessità nelle sintesi) non c'era affatto questa separazione uomo-mondo, soggetto-oggetto.
E' il modo culturale che condiziona la visione del mondo, e questo lo capì nella modernità già Hegel , quando critica il soggettivismo di Kant dicendo che se ci aveva aiutato a capire come organizziamo la conoscenza, non ci aveva assolutamente indicato il mondo concreto come cose-in-sè.Hegel tende ad esaltare la visione del mondo, il come noi stessi ci percepiamo e il come noi stessi implichiamo, storia, cultura, mondo concreto, astratto, questo aprirebbe "un mondo di possibilità"
.....basta crederci. E tutti, nessuno escluso, credono in qualcosa.
#203
Tematiche Filosofiche / Esiste il bene/male concreto?
29 Dicembre 2020, 12:10:36 PM
Citazione di: Kobayashi il 28 Dicembre 2020, 11:38:31 AM

Paul,
se il Bene è trascendente significa che di fatto le regole non si danno, non sono conoscibili in partenza, ma vanno cercate. Ecco perché il pensiero di Platone è dinamico e la forma scelta è il dialogo. Ed ecco perché si fa filosofia, e non soltanto scienza, basata su definizioni e sul sistema.
Ci sarà pure una struttura metafisica eterna alla radice della vita e del mondo, ma la nostra condizione, che è ciò che più conta, è quella di una debolezza conoscitiva determinata appunto dai conflitti interni alla soggettività.
Quindi la posizione che hai descritto, l'atteggiamento di piena accettazione di regole e cicli eterni, della posizione dell'uomo etc., per quanto affascinante (sopratutto nell'immagine cara a Platone del custode) non si realizza mai di fatto perché va sempre continuamente ricercata.
La trascendenza radicale iniziale di questa visione (il Bene non è semplicemente un'idea) impedisce che la navigazione abbia fine.




Mi sembra ovvio che tutto debba  essere cercato. La posizione di Platone sul Bene è deduttiva.
La sua posizione è ritrovabile in parecchie tradizioni culturali, non solo greca.


Il problema della soggettività umana è una verità opinabile che ha dinamiche circolari, perché
è difficile dare a numerosi concetti esplicati come coscienza, IO, psiche, intenzione, ragione, anima, ecc. una definizione una volta per tutte che metta d'accordo una comunità. E la storia dimostra che più che sintesi, per poter definire una volta per tutte cosa sia l'uomo e cosa sia la sua soggettività, vi è stato un florilegio di analisi in tutte le discipline, senza mai venirne a capo.
Allora se noi siamo "indefinibili", capisco meno come possa essere la soggettività umana fonte di verità e di giustificazioni. Infatti si è perso il concetto ontologico dell'IO, per approfondire quello gnoseologico, come dire che ciò che conosciamo ci dice cosa siamo? L'effetto, il conoscere, può dirci chi siamo davvero: la causa, l'agente conoscitivo  l'uomo ontologico? Per questo oggi si tende ad indagare la relazione soggetto – oggetto, per arrivare a dire che se noi siamo una confusione indefinibile, lo è altrettanto la realtà.
Il punto è proprio il rapporto fra IO e la Realtà. Platone deduce prima la Realtà identificandola come Bene originario e fondamento di essa. A questa Realtà è successivamente giustificata o meno la relazione con essa attraverso il comportamento umano.
Senza la realtà l'uomo crea un sistema autoreferenziale e autogiustificativo di ogni azione; se togliessimo le legislazioni, tutto è permesso ,tutto è fattibile e senza un giudizio ,in quanto non esiste bene o male oggettivo.
Quindi , sinteticamente avviene che:
1) posizione di Platone e delle tradizioni: c'è un Bene che coincide con un' idea di Realtà fattuale
2) Le religioni, ponendo un Dio, costruiscono una legislazione divina, ispirata all'uomo da Dio
3) L'uomo rifiuta un Bene oggettivo dato dalla interpretazione della Realtà, rifiuta Dio e con esso la legislazione divina, quindi  si autocrea una propria legislazione autoreferenziata, ad una cultura e tempo relativo: quindi relativizza il Bene e Male.
La posizione 3) è attuale e questo significa che non è possible relazionare uno stesso condiviso concetto di Bene. Perchè in Italia la legislazione potrebbe dire una cosa e in altri Stati ben altro.
Ma non solo, significa che ogni singolo individuo componente una società ,uno Stato, nei comportamenti quotidiani ha una sua personale idea di Bene/Male. La coscienza intesa moralmente ,non esiste più nella cultura attuale.



Torniamo all'esempio del violentatore, come l'avvocato intraprende oggi una linea difensiva: per via psichica.
Dirà che la donna violentata  ha "provocato" l'imputato , e la scienza dirà che ci sono ormoni ad hoc, e lo psicologo che il "freno inibitorio" SOLO in quel momento era purtroppo "allentato".
Oggi nei tribunali vi sono consessi di consulenze di scienziati e psicologi che discutono il Bene e il Male, che mettono in crisi le stesse legislazioni e quest'ultime vengono modificate in funzioni di movimenti civili che spingono i legislatori a cambiare gli indirizzi legislativi.
Significa che le legislazioni, anch'esse come tutto, sono divenute semplici rapporti di forza di vari movimenti , gruppi, poteri che coagulano .
Quindi oltre alla coscienza morale, anche il Bene e il Male concreto(ma perchè non c'è neppure la teoria) non esistono per l'attuale cultura dominante.
#204
Tematiche Filosofiche / Esiste il bene/male concreto?
28 Dicembre 2020, 10:55:38 AM
 Per fortuna ,ci sono sfumature nel pensiero di Davintro di cui non sono d'accordo, perché il suo pensiero è spesso collimante con il mio.
Un 'oggettività di Bene esisteva culturalmente, ma lo hanno spazzato via.
Come fa Platone a sostenere che il Bene sia un "archè", un principio originario, impersonale, tant'è che il Demiurgo, il personale, arriva in subspecie, come dipendente dal bene, non come origine.
E' come se il cristianesimo, invece di porre Dio in origine, avesse posto il Bene: questa è la sostanziale differenza fra la teologia cristiana e il platonismo.
Per porre un origine di Bene, oggettivante e impersonale, significa dover interpretare ,e questo parrà alquanto strano peri forumisti convinti dell'opposto, che vi sia un "realismo" metafisico. Perchè solo da un un ordine e regola interna agli universali ,nell'essenze, è possibile costruire il giudizio morale, non può essere assunto come soggettivo, tanto meno dalla modernità ad oggi.
La misura quindi del Bene soggettivato non può che essere una legislazione costruita dallo stesso uomo, che sia divina, di una comunità, o di uno Stato.
L'interpretazione platonica, che condivido sta nel fatto che l'universo dei corpi celesti, la stessa natura, hanno dinamiche interne che sono Bene. Quindi la valutazione è che come funzionano, come si mostrano le cose, indipendentemente dalla mano umano, siano giuste.
Se sono giuste e quindi Bene, è l'uomo che deve adeguarsi a queste, in quanto il suo comportamento deve essere allineato  agli, diciamo così, equilibri degli enti, delle cose animate o inanimate. In sintesi il giudizio morale è costruito nella relazione fra Realtà giusta da una parte e l'uomo dall'altra, con le sue facoltà, la sua volontà.
Quindi se è vero che corpi inorganici e organici, fisica  e natura, sono neutri, non sono bene o male, è altrettanto vero che le dinamiche che governano i cieli e la terra, la natura, sono forme corrette.
Il male allora potrebbe essere interpretato come un temporaneo squilibrio delle forze che governano
l'universo, ma in subspecie, sottomessi all'equilibrio dinamico conservativo che è sempre regolatrice ed equilibratrice.
Il leone caccia e divora l'antilope. Ma non è certo l'antilope  in  piena salute, perderebbe energia il leone a cacciarla inutilmente. Gli animali cacciati, gli erbivori ,rispetto ai carnivori, tendono al riequilibrio prolificando di più dei carnivori e questo per tutti gli esseri viventi. Allora significa che le particolarità e le sue dinamiche sono dentro la regola generale ordinativa che tende a preservare, a conservare gli equilibri affinché vi sia una continuità che per la natura è vita.
L'uomo è diverso, ha facoltà non di accettare supinamente e passivamente ciò che cielo e terra dispensano. Ha volontà, ha coscienza, ha intelligenza , psiche e direi anima ,e tutto ciò che ne consegue. Può quindi scegliere di violare o assecondare le regole diciamo universali.
Il giudizio morale quindi era la relazione concreta dei comportamenti umani rispetto agli universali.
Oggi in una confusa descrizione di che cosa sia l'uomo "in sé", si tende addirittura al giustificazionalismo di qualunque atrocità l'uomo compia. La morale è sparita ,poichè indefinibile, e l'etica , il comportamento pratico concreto, è assoggettato alle legislazioni umane che non tengono conto del "realismo" antico, bensì di equilibri di potere interni fra umani.
Insomma la legge umana è interna allo stesso umano e quindi contraddittoria.
Il bene oggi è seguire un comportamento corretto in base alla legge umana, che muta al mutare dei venti culturali e dell'umore umano,......e del giudice.
#205
Tematiche Filosofiche / Was ist Mitgefuhl
28 Dicembre 2020, 00:50:18 AM
Ciao Davintro,
Adatto che ,se non ricordo male, hai compiuto studi filosofici, dovresti sapere che cosa è l'Organon di Aristotele e penso che lo avrai studiato.  Ci  sono le basi del ragionamento razionale: categorie, analisi con sillogismo, logica predicativa, ecc.
Quando la filosofia greca razionalizza il linguaggio , il ragionare, il pensiero, impara a costruire la forma ,le regole. Aristotele insieme a Godel ,sono ritenuti i più grandi logici della storia.
Le regole impongono l'anestetizzazione dei sentimenti .Lo stesso Frege il moderno prosecutore della logica proposizionale, la scuola viennese neo-positivista di Cantor, tolgono la psiche, perché inficia il ragionamento.
Galileo non fa altro che collegare lo schema logico razionale applicato ai fenomeni della natura.
Da qui diventa eclatante  la potenza della tecnica , con l'invenzione e la scoperta, in quanto la tecnica espande la conoscenza del pensiero dentro il linguaggio formale sull'energia e la materia, e come il pensiero plasma e trasforma la materia. Il rapporto, la relazione segnica, gli enunciati, i postulati,  sono le fondamenta logiche irriducibili di una disciplina e questo  lo compì già Euclide nella geometria.
E' questo che caratterizza la tradizione occidentale e fa compiere il salto del progresso tecnico , l'applicazione compiuta della forma logica nella procedura sperimentale , per cui i fenomeni fisici vengono traslati in simboli, segni dentro una forma logica-matematica e di nuovo , a loro volta,  i pensieri , il linguaggio tecnico, vengono trasformati in applicazioni pratiche: questo era l'intento di Cartesio. Ma stiamo parlando di un pensiero calcolante quantitativo e non delle altre qualità. Infatti già da Cartesio sparisce la morale, inizierà a chiamarsi etica che è la pratica comportamentale, e non essendo fondativa per via logico matematica, se ne studiano gli effetti ,di "come un individuo, o un popolo, agisce o reagisce in base a determinati fattori, cioè è analizzato come una cavia sperimentale ,un fenomeno  naturale di cui non potranno sapere la "cosa in sé".
Le altre qualità sono perse, attutite. Dalla modernità la definizione di un uomo è l'esaltazione della qualità razionale a scapito delle altre. La razionalità è logica e la logica, ribadisco, è il piatto freddo, infatti l'evoluzione dell'uomo razionale porta il computer ,il robot,....calcoli, algoritmi, privi di ridondanze definite il contrari odi razionale: irrazionale. Chi lo ha attaccato a suo modo il sistema tecnico furono Nietzsche, Sprengler, Heidegger e poi altri.
Furono antimodernisti, irrazionalisti, così si dice, tendenti al periodo presocratico, quando ancora la natura non era stata ancora "posseduta" dall'uomo. Non stò qui a perdermi su questi autori, ci vorrebbe un libro, non un post su un forum . Ma capirono il tramonto dell'occidente e la decadenza umana. Nietzsche, brevemente ,in verità non attacca, come invece lo ha svolto Heidegger, la tecnica, ma attacca il pensiero razionale, per questo esalta l'uomo naturale.
La tecnica è manipolazione della natura, parecchi filosofi anche positivisti e neo-positivisti soprattutto  erano coscienti che la grande battaglia era l'uomo che non vuole sottostare alla legge di natura, la morte , il destino.  Non si è mai sentito che per una logica superiore è bene sacrificare vite umane?
E quale è questa logica superiore alla vita? La tecnica, questo è il punto, è dispensatrice di immanenti doni materiali , di floridità, fertilità ,ricchezza,  e non ultimo potenza "infinita", perché non si sa fin dove potrà spingere l'umanità . Lo strumento tecnico, la razionalità, divenuto un  formale, processo, protocollo, iter, procedura, è asettico dove la presenza umana è semmai il possibile errore, si è impadronito dell'uomo. L'esaltazione quindi egoistica non può che esserne una conseguenza, perché ribadisco, non c'è nulla di più pratico dell'applicazione del pensiero e linguaggio umano sulla modellazione della realtà naturale per fruttificare matericità , trasformando materia ed energia in "doni" per l'umanità. Il sentimento, la psiche, quindi ne sono completamente attutiti, succubi. La morale è completamente mancante, in quanto infondata secondo la razionalità tecnica. Siamo numeri, direi un anonimia, una statistica, codici. Dentro questa cultura è impossible modificarla. Nietzsche è della tesi che va bene accettare la natura per quel che è, priva di razionalismi che rendono l'uomo mediocre e priva di morale. Personalmente l'errore suo ritengo lo abbia compiuta sulla morale. L'uomo avrebbe avuto bisogno della morale affinché questa tecnica razionale fosse limitata proprio dalla centralità umana, affinché rimanesse strumento e non esaltazione asettica razionale che tende all'esaltazione materica del qui e adesso, fino a diventare fideistica, una sorta di salvezza umana ,di destino delegato alla tecnica.
L'economia che si serve delle scienze naturali per innovare e trasformare è "impersonale" come la tecnica, la politica è "anonimia" è la decostruzione della politica piegata a i bilanci economici e ben poco sa ormai di diritto, per nulla di morale, non è nemmeno in grado di riformare, figuriamoci di fare pensieri alti; è il palcoscenico della sceneggiata. I politici se sono in grado, gestiscono effetti, mai cause, perché la catena causale metterebbe in gioco la cultura stessa della politica, la filosofia morale e del diritto. Essendo ormai scaduta in "scienze politiche" si insegna il metodo scientifico naturale  applicato alle scienze umanistiche, ovvero calcolo, numeri, niente qualità umana.
#206
 Benarrivato Bonizza.


Potrebbe esistere un Bene supremo, originario, il Bene di Platone.


Qualora sia riconducibile ad una person umana l'atto del giudizio se compie azioni malvagie o benevoli, è già la coscienza di chi lo compie il primo giudizio. Solo lui sa quanto , quale, come , sia la colpa o l'innocenza. Il giudizio sociale, di una comunità, Stato, non può che compiersi sull'atto, sul compimento della malvagità, quindi è costituito da  dati oggettivi . La comunità non fa altro che difendersi , difendere i suoi componenti, le persone a cui è sottoposta la giurisdizione e lo fa con con la legge. Quindi il violare la  legge è un atto di "malvagità" nella convenzione sociale.


Le  "cose" non hanno coscienza, quindi seguono  SOLO regole deterministiche, sono soggette a regole di causa ed effetto fisiche, naturali. Una violenza, lo dice la parola è violare qualcosa e lo si fa verso persone o cose, proprietà , possesso ,di persone.


La chiave di lettura è la "coscienza" umana, in subordine la legge di una comunità.
#207
Tematiche Filosofiche / Was ist Mitgefuhl
26 Dicembre 2020, 17:34:18 PM
 Ciao Bobmax,
la razionalità è importantissima, ma in sé e per sé è un piatto freddo ,logico, necessita di pratiche, di applicazione e l'Occidente ha scelto la Tecnica.
La spiritualità è necessaria nel momento in cui si voglia porla nella pratica della vita, nell'uomo.
L'umanesimo voleva porre l'uomo al centro dell'universo, ma vi ha posto la tecnica.
Non sempre l'intento porta al congruo risultato. Il gigantismo del pensiero tecnico viene proprio
dall'originaria razionalità umana così bene analizzata e sintetizzata che diede frutti nelle pratiche, senza capire che la controindicazione sarebbe stato nell'abuso . Non c'è stata una corretta posologia. La passione è ciò che scalda il piatto freddo della razionalità e per questo ci vorrebbe equilibrio, la giusta temperatura della passione.


Una ricetta è la "desistenza": lasciare  accelerare la tecnica affinché collassi su se stessa....ma non so che fine farà l'uomo. Non so quindi se sia una ricetta "giusta", perché porta con sé una disfatta umana, vite umane. Mi sembra più che una "cura" ,la mancanza di una consapevolezza nell'uomo di come la tecnica abbia ridotto l'uomo da una parte, e dall'altra la mancanza tutt'ora di una teoresi alternativa che sappia arrivare ai fondamenti della cultura occidentale.


La verità è una constatazione: la tecnica ha macinato e sorpassato qualunque ideologia, facendo decadere persino la democrazia, la libertà, le comunità. Niente ha resistito, poiché culturalemnte interno alla tecnica e quindi contraddittorio .Tutte le correnti filosfiche, politiche in fondo recitavano le preghiere a favore della tecnica, perché dà potenza. Capivano gli effetti devastanti dell'uomo "ingranaggio", si è persino abusato sulle analisi  effetti: la società liquida, di plastica, ma nessun pensiero, o veramente pochissimi e solo filosofi, sono stati capaci di capire che il problema è proprio nei fondamenti millenari storici della civiltà occidentale.


Il primo problema quindi è capire SE la tecnica è davvero la tematica essenziale ed esiziale.
Il secondo è rianalizzare l'intera storia del pensiero occidentale. E a mio parere ad es, Nietzsche da una parte ed Heidegger dall'altra compiono errori di analisi gravi  sulla tradizione filosofica greca.
Perchè c'è stata una frattura all'origine della modernità, e forse vi erano accenni anche prima, nel Medio Evo. C'è stato il nichilismo della tradizione, in cui i filosofi moderni hanno dimenticato, cancellato l'intera filosofia originaria, ma non lo hanno affatto superata, perché per superare bisogna capire, comprenderla e vederne i limiti e chi lo ha fatto ha sbagliato già dalle analisi.
#208
Tematiche Filosofiche / Oltre Cartesio
26 Dicembre 2020, 00:50:18 AM
Visto che si prende una porzione di proposizione per fare Cicero pro domo mea; allora citiamo interamente Cartesio dall'opera "Discorso sul metodo.
Prendo l'incipit e proseguiamo diligentemente cosa argomenta Cartesio .


.....da tutto ciò conobbi che ero una sostanza la cui essenza o natura sta solo nel
pensare e che per esistere non ha bisogno di alcun luogo né dipende da qualcosa di materiale. Di modo che questo io, e cioè la mente per cui sono quel che sono, è interamente distinta dal corpo, del quale è anche più facile a conoscersi; e non cesserebbe di essere tutto quello che è anche se il corpo non esistesse.
Dopo di ciò, considerai in generale quel che si richiede ad una proposizione perché sia vera e certa; infatti, poiché ne avevo appena trovata una che sapevo essere tale,
pensai che dovevo anche sapere in che cosa consiste questa certezza. E avendo notato che non c'è niente altro in questo io penso, dunque sono, che mi assicuri di dire
la verità, se non il fatto di vedere molto chiaramente che, per pensare, bisogna essere, giudicai che potevo prendere come regola generale che le cose che concepiamo
molto chiaramente e molto distintamente sono tutte vere; e che c'è solo qualche difficoltà a vedere bene quali sono quelle che concepiamo distintamente.
In seguito a ciò, riflettendo sul fatto che dubitavo, e che di conseguenza il mio essere non era del tutto perfetto, giacché vedevo chiaramente che conoscere è una perfezione maggiore di dubitare, mi misi a cercare donde avessi appreso a pensare qualcosa di più perfetto di quel che ero; e conobbi in maniera evidente che doveva essere da una natura che fosse di fatto più perfetta. Per quel che riguarda i pensieri che avevo di molte altre cose fuori di me, come il cielo, la terra, la luce, il calore, e
mille altre, non mi davo molta pena di cercare donde mi venissero, giacché non notavo in essi nulla che li rendesse superiori a me, e perciò potevo credere che, se
erano veri, dipendevano dalla mia natura in quanto dotata di qualche perfezione; e se non lo erano, mi venivano dal nulla, cioè erano in me per una mia imperfezione.
Ma non potevo dire lo stesso dell'idea di un essere più perfetto del mio: perché, che mi venisse dal nulla, era chiaramente impossibile; e poiché far seguire o dipendere
il più perfetto dal meno perfetto è altrettanto contraddittorio quanto far procedere qualcosa dal nulla, non poteva neppure venire da me stesso. Di modo che restava
che fosse stata messa in me da una natura realmente più perfetta della mia, e che avesse anche in sé tutte le perfezioni di cui potevo avere qualche idea, e cioè, per
spiegarmi con una sola parola, che fosse Dio. A questo aggiunsi che, poiché conoscevo qualche perfezione di cui mancavo del tutto, non ero il solo essere esistente (userò qui liberamente, se non vi spiace, alcuni termini della Scuola), ma occorreva necessariamente che ce ne fosse qualche altro più perfetto, dal quale dipendevo e dal quale avevo ottenuto tutto quel che avevo. Giacché se ne fossi stato solo e indipendente da ogni altro e avessi così avuto da me stesso tutto quel poco che partecipavo dell'essere perfetto, avrei potuto avere da me, per la stessa ragione, tutto il di più che sapevo mancarmi, ed essere per tanto io stesso infinito, eterno, immutabile, onnisciente, onnipotente, avere insomma tutte le perfezioni che potevo vedere in Dio
#209
Tematiche Filosofiche / Was ist Mitgefuhl
25 Dicembre 2020, 23:16:37 PM
citaz. Bobmax
Ancora prima.La tecnica è da sempre manifestazione della nostra razionalità.Demonizzarla equivale a rigettare lo stesso pensiero determinato.Pensiero razionale che deve invece essere utilizzato al meglio, anche attraverso i risultati tecnici che può raggiungere.Cercando però di capire di cosa si tratta.Ovvero che è uno strumento, indispensabile, ma solo uno strumento. Che ha dei limiti.E allora scrutare il limite, per percepirne il mistero.

Il problema è il fine di una razionalità, lo scopo. La ragione razionale per cosa viene usata? Essere razionali non significa in sè che sia moralmente un bene.

Daccapo, cosa significa una "correttezza razionale"? Significa solo che linguisticamente le proposizioni sono corrette.
Cosa intendiamo per strumento? Un utensile, un comfort? La tecnica è quel pensiero fideistico secondo cui la salvezza è determinata dal progresso tecnico scientifico , con i suoi tempi, ritmi che scandiscono l'adattamento culturale a cui l'uomo DEVE sottomettersi .Sono i tempi economico finanziari, sono i tempi produttivi della fabbrica, sono i tempi politici, ecc.
Le relazioni affettive, le relazioni famigliari, le relazioni naturali, rischiano di essere un'anomalia al sistema tecnico.
E' impossible limitare il tempo e ritmo dell'innovazione e trasformazione, è l'uomo che deve orami adattarsi al sistema.
La tecnica è diventato destino.

Ipazia
La responsabilità di un sistema culturale tecnico che non è più a misura d'uomo, perchè è sfuggito il senso e l'uomo è smarrito, non permette che l'uomo lo limiti o gli ponga responsabilità. La tecnica è quella che si potrebbe definire "estrema complessità" che non permette nè al presidente USA o cinese o chicchessia di poterlo cambiare. La politica ragiona in termini "tecnici", sono indicatori, parametri, protocolli, processi, razionali che non permettono intralci umani perchè non c'è niente di umano; siamo numeri.

Viator
Non c' è troppo tempo per avere compassione, è rubato dallo scandire dei ritmi tecnici che stressano ciò che è ancora umana. Semmai bisogna dire che la tecnica ha sicuramente dispensato e profuso ,per la parte di mondo, occidentale, potenza, così da permettere anche un progresso in termini di ricchezza, anche se a scapito di altre parti di mondo.
Ha profuso l'idilliaca speranza di ricchi premi e cotillon che tutt'ora convince africani a perdere la propria vita pur di arrivarci all'eden tecnico. E' così potente nella pratica che l'uomo mondano non è ancora emancipato da poterlo quanto meno comprendere, perchè è impalpabile come cappa culturale, ma fragoroso nelle pratiche.
La natura umana non ritengo che sia mutata negli ultimi millenni. Il rapporto sociale, diciamo antico, era diretto e più chiaro anche nella crudeltà. Non sono le quantità numeriche che fanno la qualità della vita. La tecnica si nutre di numeri umani . Non sono possibili marce indietro e sarebbe comunque anacronistico
#210
Tematiche Filosofiche / Was ist Mitgefuhl
24 Dicembre 2020, 17:12:18 PM
Citazione di: Ipazia il 24 Dicembre 2020, 16:21:35 PM
Siamo nel tempo della tecnica fin dall'invenzione della ruota, della metallurgia e ceramica, dell'agricoltura. Basta con questa mitologia di una physis salvifica. Physis è omnium contra omnes. E' cannibalismo. Solo grazie a techne ci siamo salvati dall'estinzione. Che sia una lama affilata da entrambe le parti è scoprire l'acqua calda, ma visto che senza techne non possiamo vivere, l'unica cosa ragionevole è cavalcarla, lasciando alle loro infinite contraddizioni chi si limita a demonizzarla.


solita superficialità........e come mai dalla strutturazione filosofica, le altre civiltà pur avendo ruote, metallurgie e quant'altro hanno una relazione fra phisys, natura, e tecnica diversa, prima di essere globalizzati e conglomerati occidentali?