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Messaggi - maral

#196
Non vedo proprio alcuna terribile minaccia a priori in un partito islamico, a parte per l'accento confessionale che ne sconsiglierebbe l'opportunità, ma abbiamo pure avuto un partito demo-cristiano. A quanto ne so oggi in Italia è vietata solo la ricostituzione del partito fascista, dati i danni a suo tempo provocati nonostante fosse un prodotto DOC.
In merito al "vergognoso scandalo di onlus, scafisti, ONG", non so proprio di cosa si parli, al momento ci sono solo chiacchiere e il salvataggio in mare, praticato soprattutto da queste organizzazioni, resta un obbligo irrevocabile. Lo scandalo sta invece certamente nel coinvolgimento mafioso nella gestione dei campi di concentramento dei migranti, in particolar modo quello dell'Isola di Capo Rizzuto, fatto sulla pelle dei richiedenti asilo: un perfetto ed ennesimo esempio di come "funzionino" le cose in questo paese a opera degli usi e costumi dei nativi. Quanto al sentimento cristiano della nostra cultura è già morto da un pezzo, al massimo serve da etichetta quando serve a dare adito alle peggiori pulsioni e accaparrare voti sotto campanili silenziosi.
Quello che vedo è che si combatte una guerra dei ricchi contro i poveri facendo leva sui piccoli egoismi e la disintegrazione sociale prodotta da un modello di sviluppo quanto mai becero, una guerra che coinvolge tutti quanti e patita soprattutto dai più poveri. I migranti possono anche offrirci una possibilità per rifondare una migliore convivenza civile e un tipo di sviluppo diverso. Sarà comunque molto difficile, ma non vedo alternative.

PS Un referendum sui migranti sarebbe ridicolo quanto un referendum sui temporali. Dobbiamo trovare invece la strada per convivere. La manifestazione di Milano di ieri è stata fondamentale e ha tutta la mia approvazione, l'importante è che non finisca lì, che sia il primo passo per un cammino da fare insieme, dato che viviamo e ci muoviamo tutti sullo stesso pianeta.
#197
Tematiche Filosofiche / Re:L'elemosina di Hobbes
17 Maggio 2017, 19:41:12 PM
Evidentemente il gene non può essere né egoista né altruista, è già molto difficile definire cosa sia, Dawkins stesso nel suo libro ricorre a una tautologia per dirlo e Carlo Redi, biologo emerito all'università di Pavia e membro della accademia dei Lincei, ha detto che quando vuole bocciare qualcuno in biologia gli chiede cosa è un gene, sfida chiunque a dirglielo. Il DNA codificante resta comunque una minima parte del genoma e la parte non codificante pare svolga un ruolo fondamentale, anche se non è ben chiaro il suo ruolo. In realtà l'egoismo che Dawkins attribuisce metaforicamente a questa entità che prende in senso convenzionalmente primario, non è che la tendenza che si ravvisa in ogni significato elementare a permanere in se stesso per poterlo poi assumere come fondamento.
#198
Comunque, tramite il gruppo che ruota attorno a Sini che ha organizzato l'incontro con Carrera, gli ho fatto pervenire la stessa domanda che sta all'inizio di questa nostra conversazione. Vedremo se risponderà e cosa risponderà. Nell'eventualità che risponda ti terrò informato.  :)
#199
Citazione di: green demetr il 16 Maggio 2017, 02:20:44 AMNon capisco cosa intendi per Nietzche e filosofia gerarchica?
Riprendo la domanda di Green, tentando di inserire la risposta nel prosieguo.
Per filosofia gerarchica intendo una filosofia che mira a stabilire delle preminenze nel contesto che considera, delle centralità valoriali a mezzo di principi discriminanti. Questo principio per Nietzsche è la volontà di potenza che, pur essendo presente in tutti lo è in modo diverso applicandosi su soggetti diversi (e lo abbiamo visto precedentemente nell'attenta disamina di Garbino sui tre saggi di "Genealogia della morale") e quindi stabilendo tra essi una gerarchia: individui sani e malati (in senso corporeo e mentale), individui forti e deboli, individui nobili nella loro violenza rapinatrice e nella loro generosità leale e decadenti invidiosi che procedono per inganni con lo scopo di sostituirsi ad essi. Nei primi la volontà di potenza che incontra la natura umana (io direi la zoé che incontra il bios) si esprime pienamente, nei secondi continuamente abortisce se stessa. Esiste dunque una gerarchia "naturale" instaurata dalla capacità di esercitare potenza su di sé e sugli altri e questa gerarchia penso che sia del tutto evidente e primaria in Nietzsche ed è da qui che comincia a esercitare il suo pensare.
E' anche vero che il suo pensiero, proprio per seguire fino in fondo la volontà di potenza e non certo per contrastarla, giunge a un esito che può apparire paradossale date le premesse, ma che ne è invece, a mio avviso, la più coerente delle conseguenze, fino alla follia che perfettamente chiude il disegno tracciato, come ultimo atto di una composizione tragica da cui non può essere tenuta fuori.
L'aforisma n.617 qui ricapitolato da Garbino credo che sia estremamente interessante proprio in questa direzione.
#200
CitazioneSe io parto dal periferico mi devo trovare un controllo linguistico, che faccia attenzione a che non voglia far diventare centrale quel periferico.
Un controllo che mi ricordi ovvero che sono il soggetto parlante. che il racconto fatto sono io e NON DIO.
Un vero e proprio controllo grammaticale.
Sì, in questi termini sono d'accordo: il soggetto parlante deve tener presente di essere periferico e dunque le gerarchie che il suo parlare inevitabilmente stabilisce sono solo gerarchie di periferia, relative alla periferia da cui parla in cui si trova decentrata e solo mantenendosi decentrato può parlare.
Qui mi pare però che la considerazione di Carrera che dice che il centro è solo un particolare caso di periferia valga proprio in questo senso, tenendo presente che anche questa considerazione (proprio come le nostre) resta in periferia.
E' interessante comunque pensare che la grammatica possa istituire il controllo sulla tendenza alla centralità: la grammatica esprime la regola per costruire la coerenza interna del discorso (di un pensare che si apre a una condivisione), è la tecnica volta all'espressione corretta prima del significare, affinché si possa venire a significare rendendo comprensibile il discorso l'uno all'altro, nel dialogo tra le proprie periferie.

Tenterò comunque di rispondere alla tua domanda su Nietzsche nel 3d dedicato.
#201
Sono perfettamente d'accordo, Green, sul fatto che il neo realistico sia comunque un metafisico e direi pure che la sua metafisica sia estremamente gerarchica, come peraltro lo è pure la tecnica, anche se ci libera da quell'altra metafisica che gerarchizza per tematiche e per questo l'evento della tecnica può apparire ed è apparso salvifico. Restando d'accordo sul fatto che l'uomo è comunque costruttore di metafisiche (o almeno che nel costruire metafisiche ci riconosciamo esseri umani e quindi soggetti gli uni per gli altri), a fronte del tuo "contributo effettivo" pongo però la domanda: perché il gerarchico è da evitare? Sarebbe come dire, se seguo il mio ragionamento, che allora è da evitare il pensare, dato che pensare non può fare a meno di porre (e rovesciare) gerarchie, quanto meno nel modo che vede appropriato  pensare, se non nel tema attorno a cui pensa. Non per nulla Carrera ha detto che l'essenziale è il "come", il come stabilisce una gerarchia, c'è un come migliore (di alto livello) e un come peggiore (di basso livello). E lo stesso pensiero di Nietzsche non è forse estremamente gerarchico? Come si può immaginare un Nietzsche non gerarchico?
Nemmeno io amo le gerarchie (come si può amarle, soprattutto oggi, anche se ogni tanto tornano in forma di nostalgici rimpianti), non le amo perché non mi ci trovo e le sento solo opprimenti, le sento concluse nel loro intento di dare significato e senso al mondo, ma mi pare molto chiaro che non potrei dire questo se non da un punto di vista che a sua volta istituisce, sia pure in modo molto vago e inappropriato una diversa gerarchia che in qualche modo negandole le richiama, perché che io lo voglia o no è pur sempre il risultato di quelle vecchie gerarchie che non amo, è ciò che resta nella meravigliosa e sconfortante rovina del loro tramontare. Non posso appoggiarmi su un'altra metafisica, ma c'è sempre un resto metafisico da cui parto per vagheggiare un "nuovo ordine", non posso partire dal nulla immaginando di aver fatto piazza pulita. C'è comunque una rovina (un complesso di rovine) in cui sta il seme del nuovo.
Sono d'accordo che il linguaggio non è una metafisica, ma una relazione, ma tuttavia si può fare una metafisica della relazione. Lo fa Ronchi ad esempio e lo dichiara apertamente. Ora, l'idea di una metafisica radicata sulla relazione in termini di pura praxis (senza alcuna finalità) potrebbe anche sembrare assolutamente non gerarchica, salvo però per chi la presenta, perché chi la enuncia sta evidentemente (magari anche se non lo vorrebbe) sopra e fuori da questo paesaggio tutto orizzontale, è in cima a una verticale lui con le sue parole piene di senso che non  ritiene di sicuro una sorta di rumore di fondo equivalente a un indistinto balbettio, o allo scatto di un termostato. Qui c'è addirittura una gerarchia che più assoluta non può essere: l'unica verticale su una sconfinata orizzontalità (e c'è solo da sperare che non siano in troppi a volerci salire sopra a una pertica così sottile).

Aggiungo solo una piccola nota in merito a Carrera. Nel video parla della superstizione dell'evento, in rapporto a quello che Severino dice in merito e della cui "Essenza del nichilismo" è traduttore (e credo che occorra essere davvero traduttori di alto livello per tradurre Severino in inglese!). Mi sembra però che vi accenni in un modo più illustrativo che non con una dichiarazione di posizione. Non credo peraltro che Carrera abbia elaborato una posizione speculativa sull'evento, solo qui fa presente la superstizione di chi sostiene che tutto è evento.
Nell'incontro a cui ho partecipato ha comunque dichiarato che la sua posizione verso Severino è critica, ed è appunto particolarmente critica sull'ente (in tutta conformità con la posizione siniana ... la superstizione dell'ente) e che considera gli sviluppi degli ultimi vent'anni di Severino (dalla "Gloria" in poi) come una sorta di approdo mistico che si rivela anche nei termini utilizzati. Ci ha pure scritto un libro in cui lo tratta, guarda caso, con Heidegger e Nietzsche: https://www.amazon.it/consistenza-passato-Heidegger-N%C3%AFetzsche-Severino/dp/8876981195/ref=sr_1_2?ie=UTF8&qid=1494882370&sr=8-2&keywords=alessandro+carrera su cui però ha detto che Severino non gli ha risposto. Se vogliamo più che contro l'evento o contro l'ente mi pare che in generale sia in ogni caso contro la superstizione, ossia il modo superstizioso di dire l'evento o l'ente o qualsiasi altra cosa, di dirli cioè come assoluti.
Mi pare comunque molto stimolante l'idea del centro come caso particolare della periferia, lui la ha collegata con l'esperienza delle periferie urbane in cui è vissuto. Non so, è un'idea che mi piacerebbe approfondire ad aver tempo.
#202
Tematiche Filosofiche / Re:Che è l'uomo?
14 Maggio 2017, 23:43:37 PM
Citazione di: green demetr il 14 Maggio 2017, 22:04:58 PM
Pensa anche solo a Severino, ti ricordi i  nostri discorsi che partivano da alcune considerazioni di Berto? Ti ricordi come Berto era d'accordo a considerare la metafisica di Severino corretta a livello formale?

Non è infatti la correttezza formale, che rende la filosofia di Severino sulla realtà così Grande??
Temo che la correttezza formale non sia sufficiente (a parte che una correttezza formale assoluta si presenta sempre discutibile: quella che Severino chiama la follia dell'autocontraddizione da dove può saltar fuori se non dal principio di non contraddizione stesso che la contiene?)
Ma purtroppo c'è un punto che mi pare sempre più problematico da risolvere nel sistema di Severino che stabilisce su base formale tautologica e dunque incontrovertibile l'eternità dell'ente e il punto è: cos'è questo ente che eternamente è l'ente che è? Cos'è questa lampada accesa? Questo ciocco nel camino? Questo uomo seduto vicino al camino con la lampada accesa? Cos'è ogni ente che mentre lo dico già non è più quell'ente, perché un altro è già sopraggiunto al suo posto? E' qui che non mi ci raccapezzo più con Severino, a meno di non spostarsi dall'ente al significato dell'ente e in questo mi accosto a Sini, ma anche qui poi sorgono altre perplessità per cui trovo comunque estremamente difficile tenersi sul filo di un corretto pensare senza capitombolare e io per primo senza nemmeno accorgermene.

Per quanto riguarda le gerarchie, proprio oggi ho assistito a un incontro con Alessandro Carrera intitolato "Un pensiero non gerarchico" (ho pensato subito, qui dovrebbe esserci Green  :) ). Ora Carrera è un filosofo (di scuola siniana), attualmente direttore dell'istituto di italianistica all'università di Huston, davvero un personaggio poliedrico ad alto livello che si è occupato e si occupa di tutto (dalla psicosomatica, a Leopardi, alla musica, alla traduzione dei testi di Bob Dylan di cui è il curatore ufficiale), sempre guidato dal principio che non può esserci gerarchia tra le discipline e che quello che si considera il centro del pensiero è solo un caso particolare della periferia. Però occorre che ogni discorso sia condotto ad alto livello, capisci? Pone una discriminante tecnica! Sono d'accordissimo con lui in merito a una non gerarchia delle discipline, e sono d'accordissimo sulla sola discriminante tecnica che vale in ogni discorso (a perenne gloria della tecnica, sofistica compresa!), ma se la si adotta come si può parlare di un pensiero senza gerarchie? Certo, non saranno più gerarchie che vertono sui temi, ma è comunque una gerarchia che riguarda il modo di pensare, da cui ovviamente conseguono enormi problemi, tipo: come si fa a innalzare propriamente il livello dei discorsi? Come e chi valuta l'innalzamento del livello? Qual è il modello assunto?
E allora perché si parla di un pensiero senza gerarchie, quando semplicemente si stabilisce un altro tipo di gerarchia che si sente giustamente più appropriata?
Nel momento in cui tu proponi e dimostri dopo lungo e attento studio una diversa interpretazione di Nietzsche non hai già posto in essere una gerarchia nell'approccio a Nietzsche? Ed è ovvio che sia così, non può essere altrimenti.
Non vedo proprio come si possa uscire dalle gerarchie, è il pensare stesso che le implica, nel momento stesso in cui si attribuisce un qualsiasi senso al proprio pensare e quindi al proprio significare esistendo. Cosa possiamo mai dire di sensato che non abbia un senso gerarchico?
#203
Tematiche Filosofiche / Re:Che è l'uomo?
14 Maggio 2017, 10:44:51 AM
Citazionela nuova metafisica deve essere senza gerarchie!
Una metafisica senza gerarchie? E come la fai? non porrà forse il suo pensare al vertice assoluto della panoramica sull'esistente? Sinceramente non capisco.
Un metafisica senza gerarchie è un'illusione tra le tante che si sognano pensando.
(o chissà, forse proprio l'eterno ritorno è l'unico meccanismo senza gerarchie e quindi senza metafisica, ma di questo non vuoi più parlare e non insisto  :) )
#204
Tematiche Filosofiche / Re:L'elemosina di Hobbes
14 Maggio 2017, 10:23:38 AM
Citazione di: cvc il 12 Maggio 2017, 07:22:57 AM
Non so se a te capita di fare la spesa al supermercato e, uscendo, di trovare il mendicante che vorrebbe sollevarti dall'incombenza di riagganciare il carrello vuoto agli altri, per tenersi la monetina. In quel momento ciò che ho in mente è che se costui dovesse prendersi un euro per ogni persona che fa la spesa, guadagnerebbe in un giorno quello che guadagno io in un mese. Poi a volte, se magari sono di fretta, gli lascio immediatamente il carrello giusto perchè non ho tempo e voglio levarmelo di torno (ancor più cinico di Hobbes). Ma quella intima necessità di donare di cui parli, non è anch'essa un dare per avere qualcosa in cambio, se non altro la soddisfazione di aver donato? Quel "nulla" su cui spesso ci si accapiglia tanto in filosofia, siamo sicuri che in questo caso - donare per nulla in cambio - sia proprio nulla?
Non mi pare che qui ci sia dono di alcunché c'è invece un doppio calcolo, il calcolo di chi valuta il suo gesto di portare il carrello pari a una moneta e il nostro calcolo di quanto potremmo guadagnarci facendo noi al posto suo la stessa cosa. Dove sta il dono se c'è solo un calcolare? Se non c'è ormai altro modo di pensare che non sia un calcolo costo / benefici?
Sul dono si è detto molto, si è rilevato come, proprio per la sua incommensurabilità stia alla base di un debito inestinguibile che rende per sempre schiavo del donatore chi lo riceve (come disse il padre al figlio: ti ho donato la vita! e così il figlio e ogni figlio sarà per sempre soggetto al "nome del padre"). L'economia basata sul dono precede nella storia umana quella dello scambio che viene a rimediare e a liberare. Se si vuole ancora salvare il dono occorre che sia assolutamente anonimo.
Ma tutto questo è detto a posteriori, non nell'atto e tradisce il senso dell'atto di soccorrere l'altro nel suo bisogno. Cosa accade mentre soccorro l'altro? Sono davvero io che lo soccorro? O non è il senso di bisogno che avverto nell'altro che letteralmente mi costringe? Non c'è merito, non c'è nulla di cui possa compiacermi, non ci sono io in quell'atto, men che meno l'aspettarmi di sentirmi poi meglio. E', nel suo accadere, un puro automatismo senza attesa di ricompensa in cui poi si scopre che poi ci si sente meglio. C'è solo un atto che sento che non può non essere fatto e proprio per questo non si interessa né di ricompense né di soddisfazioni, non si interpreta, non valuta, non dice "hai fatto bene", gli è indifferente far bene e solo per questo fa bene, fa quello che non può non fare, senza resistenza.
Dice bene Green, l'altruista dovrebbe solo togliersi di mezzo, il problema è che se non è un ipocrita non può proprio togliersi di mezzo, è costretto dal bisogno dell'altro che gli appare davanti con l'assoluto del suo volto nudo esposto all'offesa e non gli basta volgere lo sguardo, perché quel volto con il suo nudo esporsi ritorna. E' costretto senza avere nulla in mente e senza meritare niente. Poi contabili molto razionali specialisti in partita doppia gli diranno che l'ha fatto solo per avere un ritorno, perché solo questo spiega bene tutto e così tutto torna senza resti, mentre in realtà non spiega assolutamente nulla, a parte l'esigenza di una contabilità.
#205
Tematiche Filosofiche / Re:Che è l'uomo?
11 Maggio 2017, 23:09:59 PM
Dimmi Green allora che genere di metafisica gerarchia proponi e quanto speri che duri prima che si riveli la solita catastrofica panzana. Oppure credi che sarà eterna?
Quanto al superuomo di Nietzsche è la soluzione? Non sappiamo nemmeno cosa sia questo superuomo, non sappiamo nemmeno se va bene chiamarlo superuomo alla nazista o oltreuomo alla Vattimo. Se è roba di destra o di sinistra (ché ognuno lo tira sempre dalla sua parte, si può star certi, tutti ci sentiamo dalla parte dei superuomini) o è oltre ogni destra e sinistra.
Lo ripeto sottolineandolo, Nietzsche ha detto che ogni via diritta mente e questa è l'intuizione migliore di tutto il suo pensare e non per nulla la via che sempre si ritorce su se stessa è il concetto chiave dell'eterno ritorno dell'identico, il culmine e l'abisso del suo pensiero, dopo di ché si è detto tutto e di meglio resta solo la follia e il silenzio.
#206
Tematiche Filosofiche / Re:L'elemosina di Hobbes
11 Maggio 2017, 22:33:42 PM
La differenza sta nel che cosa si ha in mente quando si dona. E forse la cosa migliore sarebbe non avere in mente proprio nulla, donare perché non se ne può fare a meno, senza progettare alcunché, né per sé né per altri.
#207
Tematiche Filosofiche / Re:Che è l'uomo?
11 Maggio 2017, 13:54:16 PM
Non è una posizione, ma una constatazione alla cui base c'è la necessità dialettica che ripresenta sempre tutta la sua problematicità.
Poi, se questo rasserena, ci si può sempre illudere di sbrogliare a piacimento la relazione soggetto-oggetto, io-altri, per procedere spediti verso un radioso avvenire, di chiare intenzioni realizzate. Di utopie se ne sono sempre fatte tante e troppe, con tutte le loro gerarchie metafisiche sempre franate e le loro tragedie, giacché ogni gerarchia ha in se stessa il germe che poi la ribalta.
Non si può non camminare, comunque si cammina, fosse anche per tentare di restare dove si è (come di solito accade), ma lo si fa a tentoni e quindi occorre imparare a muoversi bene in questo modo, senza pretese di voli per direttissima, razionalmente o meno inspirati.
Poi lo diceva anche Nietzsche che ogni via diritta mente e in questo non aveva proprio torto.
#208
Tematiche Filosofiche / Re:Che è l'uomo?
10 Maggio 2017, 11:05:13 AM
Citazione di: sgiomboSecondo me la razionalità può (e per quanto mi riguarda deve) cercare di trovare il migliore equilibrio possibile fra i diversi impulsi irrazionali (desideri, aspirazioni, ecc.) onde valutare nella maniera migliore (più vera possibile) quali cercare di soddisfare a scapito di quali altri (e in che misura), potendo essere (e di fatto non di rado essendo) gli impulsi irrazionali stessi incompatibili reciprocamente fra loro e/o con la realtà di fatto in cui si agisce per soddisfarli (= per essere più felici ovvero meno infelici possibile); nonché cercare di valutare mediante quali mezzi si possano conseguire nelle condizioni di fatto date i fini che si preferiscono ad altri con essi ritenuti incompatibili.
Certo, razionalmente si fa il calcolo stabilendo il bilancio (oggettivo) dei pro e dei contro in base al quale ritenere di poter fare con giudizio la miglior scelta tra direzioni che ci si mostrano incompatibili. Ma questo non è mai stato sufficiente, come se il calcolo che misura con la massima esattezza possibile il pro e il contro, fosse sempre affetto in una certa misura da un errore di base. Forse l'errore è proprio quell'incompatibilità escludente. Di sicuro per muovere un passo occorre rivolgersi in una direzione o nell'altra, ma ogni direzione presa poi, entrando nel mondo, non procede mai convenientemente diritta, è come se mantenesse in sé quello che per prenderla era stato escluso.
#209
Tematiche Filosofiche / Re:Che è l'uomo?
10 Maggio 2017, 10:45:40 AM
Citazione di: paul11E' questa difficoltà a mio parere ad essere  incolmabile: è il limite umano, perchè non basta più solo la logica.
Ma l'umano non sta nella sola logica, anche se la logica fa certamente parte dell'umano.
Scrive Sini in un suo appunto:
"La formazione dell'umano non si esaurisce con il contributo della ragione; essa esige anche una composizione dinamica ed euforica" e allora ci potremmo chiedere in che cosa consiste questa compensazione dinamica ed euforica, propriamente festiva, dove e come si possa oggi trovarla.
Occorre forse "battere i propri saperi come gli sciamani siberiani erano soliti battere i propri tamburi" per trovare nella musica battente il ritmo con cui danzare? Cosa significa battere i saperi per farli risuonare?
Schneider ci dice che gli sciamani tenevano i loro tamburi sollevati in aria, con la pelle rivolta alla terra e la parte cava in alto, rivolta al cielo, poi cominciavano a battere sul tamburo, in modo che tutti gli spiriti della terra (gli spiriti dei morti, le loro voci) entrassero nel cavo del tamburo risuonando. Più battevano e più il tamburo diventava pesante finché era così carico che non lo si poteva più reggere e lo sciamano cadeva a terra e così si faceva sapiente.
Mentre lo si batte ogni sapere, anche quello più razionale, non fa che pregare i morti cosicché la vita possa continuare.
#210
Citazione di: green demetr il 09 Maggio 2017, 13:29:28 PM
Ed è lì che la battaglia intellettuale diviene aspra a mio vedere.
Per esempio non capisco perchè Maral debba escludere il nostro modo di sentire.
E' invece proprio il modo di sentire che decide ampiamente della qualità della comprensione.
In quanto ogni nostro sentire è legato alla formazione di quello che noi chiamiamo Io, ossia il soggetto.
L'esautorazione dell'Io, del soggetto, con le sue emozioni, con le sue relazioni, a cosa porterebbe?
Lo hanno descritto ampiamente (fra gli altri) Focault e Agamben, che parlano chiaramente di bio-potere.
Non mi pare di avere mai escluso il nostro modo di sentire, solo che il soggetto partecipa originariamente di una dimensione relazionale collettiva, da cui va poi differenziandosi assumendo una propria identità singola e dunque un proprio modo di sentire in cui conosce la propria differenza.
Citazione di: myfriend il 09 Maggio 2017, 18:25:37 PM

Ma si sa che i "relativisti" non possono criticare nemmeno uno che dice che la Terra è piatta. Se infatti non esiste nesuna conoscenza oggettiva, in base a che cosa si può criticare il pensiero di qualocuno?  :D

A me sta storia del "relativismo" fa sorridere.
E' un po' come il bambino piccolo che fa i capricci e dice alla mamma "mamma tu non hai ragione perchè lo dico io".  :D
E perché mai si dovrebbe criticarlo, anziché comprenderlo sia pure in modo critico?
Sarà questione di punti di vista, ma a me pare proprio che il bambino piccolo sia quello che crede di vedere indiscutibili verità oggettive assolute, mentre si tratta solo dei suoi fantasmi.
E' che noi vediamo sempre solo i significati e non le cose, anche se vorremmo tanto prendere i significati per cose e li usiamo come fossero cose in sé.