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Messaggi - Socrate78

#196
Attenzione Daniele, in realtà quando noi proviamo un'emozione perché abbiamo il ricordo di una cosa che in passato ci ha provocato piacere, gioia (o dolore), in effetti anche se non ce ne rendiamo conto operiamo una valutazione razionale, è come se dicessimo: "Siccome questa realtà in passato ci ha fatto stare bene, ALLORA è altamente probabile che ci dia ancora felicità!", dietro vi è un giudizio razionale sulla probabilità che quella realtà ci dia ancora piacere, ed è per questo che proviamo gioia!
Come vedi la ragione è presente a guidare l'emozione, si tratta di un giudizio sulla positività di quella realtà visto che in passato ci ha fatto stare bene.
#197
Le emozioni nascono dal giudizio semplicemente perché noi giudichiamo sempre e lo facciamo in ogni istante della nostra vita. Anche dal punto di vista cerebrale la corteccia dove ha sede la razionalità è connessa con il sistema limbico (emotivo), quindi è plausibile quello che dico quando dico che è il giudizio a comandare l'emozione e a scatenarla. Anche quando sembra che l'emozione sia istantanea, c'è sempre un giudizio immediato. Ad esempio nel momento in cui io faccio un incidente e vengo tamponato immediatamente GIUDICO il fatto come dannoso e negativo e quindi provo rabbia e mi scappa anche qualche imprecazione, ma è perché prima ho giudicato come negativa la cosa. Anche quando ci si innamora questo accade perché noi valutiamo che quella persona potrà darci in futuro molta gioia e felicità e staremo bene con lei, costruiremo uno splendido futuro insieme, e da quest'insieme di giudizi e aspettative nasce l'innamoramento, ma come si vede si tratta sempre di valutazioni che vengono fatte. 
#198
La risposta è questa a mio modesto parere: la mente viene dalla Coscienza universale, la Coscienza universale dà origine alla vita (bios) e le singole vite sono oggettivazione del principio della Coscienza cosmica: questa Coscienza universale (la si può chiamare anche Dio) si concretizza ed esprime nei diversi esseri viventi, con un livello evolutivo sicuramente differente, ma retto sempre dalle stesse leggi razionali. E' quindi la Coscienza universale che dà origine alla materia, e la materia riflette il pensiero della Coscienza cosmica.
#199
Un'alternativa al paradigma del riduzionismo materialista è quella che considera il cervello alla stregua di un televisore, che capta i segnali che provengono da quell'energia che è l'anima e li trasforma in sostanze chimiche (neurotrasmettitori) e segnali elettrici, allo stesso modo come un televisore trasforma in immagini e suoni i segnali provenienti dall'etere. L'anima secondo la mia visione sarebbe fatta di vibrazioni energetiche quantistiche (associate ad informazioni) che raggiungono il cervello, che è il mezzo con cui la vita dell'anima si manifesta. Di conseguenza il fatto che un individuo con un cervello danneggiato non abbia più coscienza o non riconosca i familiari non dimostra affatto che le funzioni psichiche superiori siano il PRODOTTO del cervello, ma semplicemente dimostra che è rotto il mezzo con cui l'anima/energia si rende manifesta: allo stesso modo come quando il televisore è rotto le immagini sono sfocate e non si vedono bene, ma è il mezzo che è rotto non è il programma, tanto che se tu accendi un televisore funzionante puoi benissimo vederlo! L'argomentazione dei materialisti che pretendono di dimostrare la derivazione delle funzioni psichiche dal cervello descrivendo ciò che accade quando il cervello non funziona è quindi a mio avviso fragile. Secondo il mio paradigma ogni sentimento o pensiero è associato ad una precisa vibrazione energetica dell'anima (misurabile in Hertz) e quindi l'amore, l'odio, l'indifferenza, la paura hanno determinate frequenze: quest'energia poi è captata dal cervello e il cervello come un televisore trasforma gli impulsi energetici in sostanze chimiche, in impulsi elettrici, per cui ad ogni configurazione della psiche (o anima) corrisponde una precisa configurazione chimica cerebrale.
Ma l'anima può esistere indipendentemente dal cervello, e questo si nota in racconti di persone che erano in coma profonda (giudicato a volte irreversibile) e hanno detto di poter sentire le conversazioni degli infermieri che erano attorno a loro mentre erano in coma (cosa impossibile secondo le attuali conoscenze), oppure persone in morte clinica con elettroencefalogramma piatto che hanno riferito di aver visto e sentito cose distanti dal luogo in cui il loro corpo si trovava e fuori dalla portata dei sensi, queste cose secondo me si possono spiegare solo con il seguente assunto: La psiche è una sostanza immateriale (energetica) connessa al corpo ma distinta da esso e può esistere anche indipendentemente dal soma (corpo)".
#200
Normalmente si ritiene che le emozioni siano una sfera separata dal giudizio della ragione, ma a mio avviso non è così, nel senso che io ritengo che le emozioni nascano da un giudizio e da una valutazione razionale. E' il giudizio che noi facciamo (anche istintivamente) su ciò che ci accade a generare l'emozione conseguente: se il giudizio è negativo l'emozione sarà negativa (rabbia, tristezza, angoscia, ecc.), se il giudizio è positivo si avrà un'emozione gratificante e positiva (gioia, euforia, soddisfazione). Ne consegue che è proprio la parte razionale da cui deriva il giudizio a comandare quella emotiva: se io ad esempio torno a casa e noto che i ladri hanno messo tutto a soqquadro ecco che immediatamente formulo un giudizio pessimo su ciò che è accaduto e l'emozione sarà negativa, così accadrà se perdo il lavoro o vinco al superenalotto. Ma attenzione: le emozioni secondo me non dipendono da ciò che ci accade, ma dal giudizio che noi formuliamo. Ad esempio di fronte ad un evento come prendere un voto basso ad un esame universitario, due persone possono benissimo avere emozioni diverse: uno studente che si aspettava una bocciatura sarà contento di aver passato l'esame anche con un diciotto, mentre uno studente che puntava al trenta probabilmente sarà scontento e rifiuterà il voto, come vedete non è l'evento in sé a scatenare l'emozione, ma il giudizio che ogni persona dà all'evento, e la valutazione può essere diversa da persona a persona, di fronte ad un'offesa io posso arrabbiarmi moltissimo mentre un altro potrebbe trovare la cosa non grave e non prendersela ed anzi farci sopra dell'ironia, gli esempi sono tanti.
#201
Normalmente il termine "depressione" viene usato secondo me molto a sproposito e come sinonimo generico di "tristezza", spesso si sente infatti alle persone dire: "Oggi sono depresso" come sinonimo di triste o deluso.
Invece a mio avviso la tristezza e la depressione sono due cose diverse, anche se dall'una può derivare l'altra, ma non è detto che sia così. La tristezza è una condizione di malinconia interiore, di abbattimento dovuto ad una causa ESTERNA, come un lutto, la perdita di un amore, del lavoro, un rovescio finanziario: il soggetto sperimenta un'amarezza interiore che è una reazione alla perdita di qualcosa di importante, tanto più il bene perso è ritenuto importante dal soggetto tanto più forte sarà la tristezza. Quando subentra invece la depressione? La depressione subentra quando la psiche del soggetto stabilisce che senza il bene perso (una persona cara, un lavoro, ecc.) niente sia più importante o quando si ritiene che il problema da cui ha origine l'abbattimento non possa mai essere risolto: ecco quindi comparire l'apatia di fronte alla realtà, l'esaurimento anche fisico per cui il depresso non riesce più a svolgere le normali attività quotidiane, questo accade perché la mente ha stabilito che la vita non è più degna di essere vissuta. La tristezza quindi è un sentimento reattivo, la depressione invece deriva da un giudizio di valore per cui si ritiene che senza quel determinato bene non vale più la pena di vivere. La depressione può anche infatti essere endogena, cioè derivare da cause interne al soggetto o inconsce, perché nella persona si è insinuato il pensiero che l'esistenza sia fatta di dolore, di fatica, e quindi non abbia senso lottare per risolvere i problemi dell'esistenza, perché è tutto inutile e vano. Ne consegue che mentre la tristezza testimonia l'amore per la vita e la realtà (si dà importanza a qualcosa, la si perde quindi si è tristi), la depressione invece al contrario è sostanzialmente l'incapacità di amare la vita. Siete d'accordo con quest'analisi?
#202
Se si fa tuttavia dipendere l'etica dal sentimento (come fa Hume quando pone alla basa dell'etica la "Simpatia") ecco che sorge un altro problema di non poco conto: essendo i sentimenti selettivi (si può infatti di volta in volta provare amore e odio a seconda delle persone che si incontrano), allora non si potrà mai essere virtuosi SEMPRE, ma a seconda delle persone con cui si avrà a che fare si potrà essere buoni, indifferenti o persino malvagi se si odia o si disprezza fortemente.  Quindi, se è vero che la pura conoscenza sembra non bastare per produrre la giustizia e la virtù, è anche vero che il sentimento non è in grado di dare all'azione etica quell'universalità che è necessaria affinché l'umanità, nel suo complesso, migliori e progredisca. Di conseguenza il dilemma sembra essere quasi insolubile o di difficilissima soluzione: dobbiamo fondare l'etica sulla ragione o su sentimenti che sono per definizioni selettivi e transitori?
#203
Secondo la filosofia etica di Socrate sostanzialmente il virtuoso e il giusto è colui che conosce il bene, mentre il malvagio è un ignorante che non conosce che cosa sia il vero bene e il concetto di giustizia.  Per Socrate insomma l'etica è una questione di sapere, di conoscenza: se si conosce veramente la nozione di bene in tutte le sue implicazioni, non si può non volere il bene, perché il bene è l'oggetto della volontà di ogni uomo (anche del malvagio), e quindi una condotta deviante dal giusto è semplicemente il frutto di un'ignoranza di che cosa sia il vero bene per la persona.
Ma è davvero così, cioè è sufficiente sapere che cosa sia il bene per volerlo? Io non credo, ad esempio io posso benissimo essere consapevole che per una persona sia bene avere amici, ma posso rifiutare la sua amicizia con disprezzo, posso benissimo sapere che per un povero sia bene avere cibo e denaro, eppure posso rifiutare la sua richiesta di beni di prima necessità, gli esempi sono innumerevoli. La conoscenza quindi non sembra bastare per l'azione virtuosa, ma sembra necessaria la presenza di un sentimento di benevolenza (o compassione) che orienta la volontà verso il bene, perché altrimenti la pura razionalità non è garanzia di virtù. Anche Kant secondo me riprende l'intellettualismo etico, perché l'imperativo categorico della coscienza nascerebbe dalla ragione ed orienterebbe automaticamente la volontà all'azione virtuosa, perché com'è noto in Kant l'aspetto emotivo/sentimentale dell'etica è escluso e considerato anzi un elemento che inquinerebbe la purezza dell'azione morale.
Secondo voi è sufficiente conoscere veramente che cosa sia il bene (il bene assoluto intendo) per volerlo? Oppure è necessario un elemento in più che non sia la pura conoscenza per orientare la volontà verso il bene?
#204
A me non importa nulla se rimango nei pensieri e nei ricordi di chi resta, se io non esisto più che cosa me ne deve importare? Assolutamente niente, perché non posso gioire di questa cosa non esistendo più. Se dopo la morte non c'è niente allora niente ha valore, non ha valore conoscere alcunché, perché il mio sapere dopo la morte è azzerato, non ha valore nemmeno amare, perché avrò soltanto generato attaccamento affettivo inutile in chi è amato e quindi esso sentirà la mia mancanza ed io non potrò più rivederlo, non ha valore nemmeno aver faticato per ottenere ricchezza, prestigio e potere in vita, perché con la morte tutto ciò è spazzato via. Se dopo la morte c'è il nulla, allora ha ragione il grande poeta pessimista Leopardi quando diceva che "la vita è male", poiché il disvalore finisce per invadere ogni aspetto della vita e renderlo una fatica vana, uno sforzo verso il nulla.
#205
Spinoza, com'è risaputo, concepisce Dio in maniera panteistica, secondo il detto "Deus sive natura", Dio in pratica E' TUTTO QUELLO CHE ESISTE, anche le pietre e le piante non sono altro se non modi con cui la sostanza Dio si manifesta.
Nella sua Etica Spinoza afferma che il più alto grado di conoscenza è l'amore intellettuale di Dio, che si realizza quando l'intelletto intuisce che ogni ente esistente fa parte della sostanza divina, è Dio esso stesso. Ma di fatto questa conoscenza a quali azioni conduce? Io credo (ma non so se interpreto bene....) che questo amore debba tradursi in una simbiosi della persona con tutta la natura, per cui la persona dovrebbe astenersi dal compiere ogni azione lesiva contro ogni essere vivente e riuscire ad armonizzare la ricerca del proprio utile con quello altrui senza danneggiare alcuno. L'amore intellettuale di Dio dovrebbe poi portare ad essere empatici e compassionevoli con chi soffre e a condividere ogni gioia delle persone che ci circondano, perché esse non sono altro se non una parte di noi e di Dio stesso.
E' corretta la mia deduzione oppure Spinoza intendeva qualcos'altro che mi sfugge?
#206
Nessuna vittoria della Russia ci sarà, ma solo annientamento della Russia da parte della tremenda potenza di fuoco della Nato, vedrete come andrà a finire, andrà a finire malissimo per la Russia, non rimarrà pietra su pietra a Mosca e dintorni, ed è giusto che così sia. La tracotanza di Mosca sarà punita per sempre.
#207
Attualità / Re: Il missile caduto in Polonia
17 Novembre 2022, 19:04:09 PM
In realtà a mio avviso si ha molta paura ad appurare la verità, poiché la verità potrebbe essere che si tratti di un attacco provocatorio deliberato russo ad un paese Nato per provocare una grave escalation, di conseguenza ci sarebbe da parte anche della Nato l'interesse ad insabbiare il tutto per evitare di prendere gravi provvedimenti contro la Russia che potrebbero portare allo scontro diretto e far scattare l'applicazione del famigerato articolo 4 dell'alleanza atlantica. Almeno, io la vedo così, c'è un forte interesse a nascondere la verità per paura delle conseguenze.
#208
Secondo me sbagliate a considerare il soggetto che compie il male come una persona con un'anima che debba per forza essere negativa. Io credo nella reincarnazione delle anime, le anime devono imparare diverse lezioni (il perdono, la compassione, la conoscenza, la pazienza, il coraggio, ecc.)  Secondo me è Dio stesso che stabilisce che quell'anima nella vita debba compiere azioni ingiuste, crudeli, cattive, per fare in modo che altre anime possono imparare e migliorare il senso del perdono, migliorare la capacità di farsi rispettare, migliorare il senso della pazienza, in fondo è Dio stesso che permette le pandemie, i terremoti, gli incidenti di ogni tipo, le guerre, sapendo tutta la sofferenza e i traumi che questi portano con sé. Quindi Dio sarebbe cattivo? Nient'affatto, Dio sa che il male come il bene sono solo mezzi per l'evoluzione delle anime e quindi li attua in modo indistinto nella vita umana. L'anima che è cattiva in una vita in un'esistenza precedente potrebbe anche essere stata un'ottima persona, semplicemente cambiano i ruoli con cui concorre al bene complessivo nelle diverse esistenze. La personalità è quindi solo la maschera che un'anima si cala in una determinata esistenza, siamo come attori che recitano in un palcoscenico, e solo dopo la morte sapremo davvero a che livello di evoluzione la nostra anima si trova.
#209
@Eutidemo: Da quello che vedo ti piace scavare e riflettere sui casi di cronaca nera individuandone i punti deboli, le mancanze, i possibili risvolti non visti dagli inquirenti, come hai fatto anche con i casi di Marco Vannini, Marlin Monroe, Luigi Tenco. Posso chiederti da che cosa deriva in particolare questa tua passione? Anch'io condivido in parte tale interesse, ma nel mio caso mi piace anche riflettere sulla psicologia del crimine ed indagare su quali sono i meccanismi mentali che possono portare una persona apparentemente normale a commettere delitti efferati che sembrerebbero quasi inspiegabili (come nel caso del massacro di Novi Ligure, se hai presente).
#210
@Bobmax: Parla come mangi, non si capisce niente di quello che dici, sembra che vuoi essere oscuro apposta per fare in modo che il tuo pensiero sia noto solo a pochi eletti.