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Messaggi - Apeiron

#196
Sgiombo,

Il discorso che volevo fare è questo. Secondo Kant, a differenza di Hume e Berkeley, la nostra mente non è una tabula rasa ma "ordina" l'esperienza attraverso le intuizioni a priori, come ad esempio la causalità. Tale "ordine" rende l'esperienza comprensibile e ne rende possibile una analisi con la ragione.

Ora, l'esperienza più immediata che abbiamo sono le "sensazioni". Tuttavia, se la nostra esperienza è ordinata con la causalità, ciò implica che le sensazioni sono causate dagli oggetti esterni (alla nostra esperienza cosciente) . Per Kant questi "oggetti esterni" erano però parte del mondo fenomenico anche se non erano percepiti (Kant riteneva che l'esistenza dei fenomeni non richiedeva la percezione, a differenza di Berkeley). Quindi abbiamo una antonomia: da un lato la causalità è un modo con cui la mente "organizza" l'esperienza. Dall'altro invece gli oggetti esterni pur essendo "esterni" sono parte del mondo fenomenico e quindi sono necessari per l'"organizzazione" dell'esperienza cosciente stessa.

Dunque per Kant la nostra esperienza cosciente è "ordinata" dalla causalità e per questo motivo implica la presenza di oggetti esterni. Tuttavia, tale "esperienza" è "nostra", ovvero di un particolare "punto di vista". Ma siccome la struttura dell'esperienza implica la presenza degli oggetti esterni ad essa, ciò significa che sensazioni e loro cause sono "oggetti per un soggetto". In altre parole, se la causalità è un modo con cui la mente organizza l'esperienza e se gli oggetti esterni sono cause delle sensazioni, ne segue che devi pensare tali oggetti come oggetti in relazione ad un soggetto (da qui l'analogia con i valori delle velocità misurati in relazione a un sistema di riferimento...). Nota che questa non è una posizione ontologica (gli oggetti esterni esistono in dipendenza dal soggetto) ma epistemologica (sono pensabili in relazione ad un soggetto). Nota che per "oggetti esterni" intendo cause delle sensazioni e quindi cose come atomi,elettroni ecc, cose non "visibili". Assumendo dunque che l'esperienza ha una struttura causale si deve assumere l'esistenza di oggetti esterni (nota che il realismo diretto direbbe che la causalità è una proprietà delle "cose esterne indipendenti dalla mente". La filosofia di Kant su di ciò rimane agnostico ma dice che se si accetta il solo fatto che la nostra esperienza è caratterizzata dalla causalità si devono accettare gli oggetti esterni (e anche rapporti causali tra di loro)...). Il fatto che gli oggetti siano esterni ma non pensabili se non in relazione al soggetto costituisce una antinomia :)

È più chiaro adesso?  :) sul resto torno domani...
#197
Ciao Sari,

Argomento molto originale ed interessante! :)



Citazione-Qual'è la 'posizione' nella quale si possono rendere consapevoli di essere solo karma? In quale delle tre scacchiere? A, B o C ?


Sono indeciso tra "B" e "C". In "A" una tale realizzazione non è possibile perché gli "istinti" dominano completamente. "C" lo identifico con il piano dei valori. In tale piano si è consapevoli di concetti come "giusto" e "sbagliato" ecc. Però, secondo me, si capisce che si è solo karma dal piano in cui sono "visibili" sia "A" che "C". In "A" la spiritualità viene completamente ignorata. In "C" è la "materialità" che, invece, viene dimenticata. In "B" forse si capisce la natura "dinamica" del nostro "essere"/"pezzo" ...


Ma è anche vero che è in C che il pezzo è più portato a fare "auto-analisi", ad esaminare le proprie azioni e così via. Quindi se in C c'è più introspezione magari è in C che il pezzo comprende la sua "natura".


(ovviamente "ottenuta" questa consapevolezza si può poi "trasferirsi" anche negli altri piani)

CitazioneUna cosa interessante, visualizzando l'esistenza in siffatta maniera, è che i pezzi/creature/aggregati kammici si possono 'incontrare' solo quando condividono lo stesso piano: la virtù s'incontra con la virtù, la passione con la passione e l'ignoranza con l'ignoranza.

Direi che è una cosa che vale in prima approssimazione... in fin dei conti, le frequentazioni si riescono a coltivare meglio quando c'è comunanza di interessi, abitudini...

Una cosa interessante però, secondo me, si può capire come i tre piani per questi "pezzi" non sono separati ed è molto difficile (se non impossibile) riuscire a rimanere in uno dei piani... ovvero che "rifugiarsi" in uno cercando di evitare la realtà degli altri può essere pericoloso...(cosa che può essere più evidente dall'opera di Escher citata da @Lou...). In pratica si "conosce sé stessi" solo quando si capisce che i tre livelli non sono veramente separati e quindi nessuno di essi può essere utilizzato come "rifugio" dagli altri due.  

CitazioneQuesta teoria bislacca l'ho chiamata "Teoria dei Tre Mondi"...d'accordo rimanda a qualcos'altro...ma non fateci caso. E' sostanzialmente un gioco...magari come spunto di partenza. Come vedete non ci sono riferimenti filosofici, psicologici o spirituali, se non in senso generico. Naturalmente si prtesta subito all'obiezione: e perché non cinque mondi? O sei? O uno solo? Il primo motivo è perché non sono riuscito a trovare una immagine di scacchiera simile ...ma più seriamente perchè 3 sono le dimensioni dello spazio; tre sono le persone della Trinità divina; tre sono gli dei della Trimurti hindu; tutta la realtà è trinitaria (Dio-uomo-mondo) secondo Panikkar (perichoresis cosmoteandrica); tre erano gli appesi alle croci; tre è il primo numero dispari, poiché l'uno non è considerato un numero, il 3 è profondamente attivo e possiede una grande forza energetica. È il simbolo della conciliazione per il suo valore unificante. Infatti tanto il Due separa quanto il Tre riunisce. La sua espressione geometrica è il Triangolo, simbolo esemplare del ritorno del multiplo all'unità: due punti separati nello spazio, si assemblano e si riuniscono in un terzo punto situato più in alto. Inoltre il rapporto della triade con l'unità può essere espresso da un triangolo equilatero, ovvero dall'identità del 3. Qui, in ognuno dei tre angoli diversamente indicati è data ogni volta la triade intera. È il primo numero di armonia, di soluzione del conflitto dualistico, ed è per questo considerato un numero perfetto. Per queste e molte altre ragioni (di tipo esoterico... ) ho preferito scegliere il tre .


E che dire dei tre rifugi buddhisti, del Trikaya del buddhismo Mahayana...  ;D oppure il modello "tesi-antitesi-sintesi" dell'idealismo tedesco...


P.S. nello spazio-tempo di Einstein, il tempo non è una dimensione spaziale.
#198
Sgiombo,


CitazioneSgiombo:
 
Il "caos" della fisica si identifica con i fenomeni "caotici" e quindi "deterministici" (= in linea teorica di principio "perfettamente" prevedibili-postvedibili e calcolabili purché se ne conoscano con adeguata completezza e precisione le condizioni particolari concrete a un dato istante e leggi generali astratte del loro divenire; cosa di fattoimpossibile), come i lanci dei dati?
Spero proprio che mi risponderai affermativamente, poiché altrimenti vorrebbe dire che non ho capito nulla di quanto qui scrivi).

Hai capito bene  :)



CitazioneI fenomeni materiali non continuano affatto ad esistere anche in assenza di coscienze* dal momento che non sono nient' altro che "contenuti" o "costituenti di coscienze (esperienze fenomeniche coscienti)*, venendo meno le quali essi stessi inevitabilmente vengono meno: quando un uomo (o altro animale cosciente) dorme senza sognare non esistono i fenomeni materiali (e anche mentali) propri de- (ovvero: costituenti la e costituiti da) -la "sua propria" esperienza cosciente**, ma continuano ad esistere i fenomeni materiali facenti parte delle esperienze coscienti* di chi osserva tale uomo o altro animale (e il rispettivo cervello in particolare): ma se non esistessero (queste ultime) coscienze*, ovvero "in assenza di (queste) coscienze*", allora i fenomeni materiali (costituenti tale uomo o animale) non esisterebbero (se queste coscienze* venissero meno, allora tali fenomeni materiali non continuerebbero affatto ad esistere).




Capisco... penso che qui ci sia una differenza di vedute  ( di fatto è ciò che mi rendeva perplesso di quanto avevo scritto un po' di tempo fa... :-[

Per me l'idealismo trascendentale ci dice mondo fenomenico è "la realtà vista da noi". In fisica, la nozione che più ci assomiglia, secondo me è la nozione di "sistema di riferimento". Già nella fisica classica, per esempio, i corpi, come proprietà intrinseca, la "velocità". In realtà, la velocità, contrariamente a quello che ci suggerirebbe la nostra intuizione non è una proprietà intrinseca degli oggetti ma una proprietà degli oggetti in relazione ad un altro "oggetto". Dunque, frasi come "l'automobile va ai 100km/h" sono incomplete perché manca la qualificazione del sistema di riferimento. Per esempio, è, invece, corretto dire: "l'automobile va ai 100km/h nel riferimento in quiete dell'autovelox". [Carlo Rovelli ha esteso questo tipo di ragionamento a tutte le quantità fisiche (!). Questo tipo di ragionamento, ovvero di concepire la realtà in modo "relazionalistico" (non "relativistico" nel senso della filosofia post-moderna!!!) secondo me ha avuto molto successo! E, personalmente, ci vedo analogie con la filosofia di Kant, Schopenhauer ecc anche se nel caso di Rovelli la coscienza non ha un ruolo privilegiato... ]

Allo stesso modo, secondo me, l'idealismo trascendentale ci dice che io non vedo "il mondo" ma vedo il "mondo visto da me". Dunque, così si capisce perché Schopenhauer può dire che "l'oggetto senza soggetto non è pensabile", ovvero non possiamo pensare al mondo "al di fuori" della nostra prospettiva. In pratica, il mondo fenomenico non si riduce alle sole "sensazioni" bensì è la "realtà vista da noi". Per questo motivo usare le categorie dell'intelletto, come la causalità, diventa problematico nel caso della "realtà in sé". Non a caso, Kant, a differenza di Hume riteneva che potevamo, limitandoci al mondo fenomenico, usare la causalità senza problemi. Dunque, secondo me, il mondo fenomenico non si riduce alle sole sensazioni ma anche alle loro cause (ovviamente, io sto assumendo come "vera" la causalità anche se Hume ha ragione nel dire che non possiamo saperlo dalla sola induzione...): in fin dei conti, la conoscenza che abbiamo di esse è sempre associata al nostro "punto di vista", per così dire. Se i fenomeni materiali si riducono alle semplici sensazioni, "oggetti non osservabili" dal nostro apparato percettivo come elettroni, quarks ecc non esistono nel "mondo materiale".  

Spero di essermi spiegato (anche se ammetto che non sono stato chiaro...consiglio di pensare ai sistemi di riferimento per capire meglio). 





CitazioneSono assolutamente certo che sia vero che i fenomeni materiali (del tutto al pari di quelli mentali) non si identificano affatto col noumeno.
Ciò di cui non posso avere certezza che sia vero é invece che il noumeno (il congetturabile reale in sé) anziché essere costituito da nulla (non esistere affatto realmente; o anziché essere costituito da altro ancora) sia qualcosa in divenire in corrispondenza biunivoca con i fenomeni.


Nota: qui cerco di usare il tuo gergo e di essere consistente col tuo sistema...


"Corrispondenza biunivoca" significa che esiste una "funzione" F, tale che ad ogni elemento di un insieme X si associa uno e un solo elemento di un insieme Y (e viceversa).

Nel tuo caso: X='mondo fenomenico', Y='noumeno'. 
Però, X={'fenomeni mentali','fenomeni materiali'} (ovvero X, il mondo fenomenico, è formato da fenomeni mentali e materiali)
Y = F(X) e di conseguenza per biunivocità: Y = F('fenomeni mentali','fenomeni materiali')

Ergo, di conseguenza è possibile scrivere Y come: Y = (F('fenomeni mentali'),F('fenomeni materiali'))

Dunque: F('fenomeni mentali') e F('fenomeni materiali') corrispondono a, rispettivamente, 'fenomeni mentali' e 'fenomeni materiali'. La funzione inversa di F, di fatto, è la rappresentazione che darebbe la coscienza del noumeno (sto sempre ). 

Se 'fenomeni mentali' e 'fenomeni materiali' sono indipendenti anche F('fenomeni mentali') e F('fenomeni materiali') sono tra di loro indipendenti e, quindi, nel noumeno non si può trovare alcuna ragione per evitare il problema...


CitazioneContrariamente a Spinoza (ma penso concordemente con quanto empiricamente osservabile direttamente e ricavabile dai resoconti introspettivi indirettamente) non credo che a "ogni preciso aspetto" della Sostanza Divina -per dirlo col grande olandese: per me del noumeno o cosa in sé- corrisponda sempre e comunque un preciso aspetto di ogni suo attributo -per me manifestazione fenomenica- ma invece che nelle varie esperienze fenomeniche coscienti solo una parte del noumeno abbia corrispondenze biunivoche materiali e una parte (ancora minore) ne abbia di materiali (ma questa "asimmetria" non mi sembra inficiare minimamente la teoria e piuttosto essere più adeguata a quanto empiricamente rilevabile); inoltre contrariamente al grande Spinoza mi limito a credere che esistano solo i due tipi di fenomeni (materiali e mentali) di fatto rilevabili e rilevati senza postularne infiniti altri non osservabili.


Tuttavia anche in questo caso, devi ammettere che alcuni dei "precisi aspetti" della "Sostanza Divina" siano la causa della mente. Infatti, ammettendo che ci siano altri aspetti non "rappresentati" otteniamo (ma in questo caso la corrispondenza non è più biunivoca...):

Y = {F('fenomeni materiali'),F('fenomeni mentali'),...}
dove "..." sono gli altri aspetti. Ora, se ammettiamo che, in qualche modo, la mente è insorta, dobbiamo dire che la ragione di tale insorgenza deve essere in questi "...". Ma questo, di fatto, equivale a dire che la ragione dell'insorgenza della mente è completamente ignota. In pratica, l'insorgenza della mente (e quindi anche dell'esperienza cosciente) sono completamente intelligibili. 

CitazioneSgiombo:
 
Solitamente in neurologia si ritiene che il sonno più profondo (R.E.M.) sia quelle in cui si sogna.
 
Ma "sonno senza sogni" =/= "assenza di coscienza".
 

Chiedo per semplice curiosità  :)
Ma il "sonno profondo" non è la fase NON-R.E.M. dove le attività cerebrali e metaboliche sono al minimo?  ::) E lo stato R.E.M non è, di fatto, quello più simile alla veglia dal punto di vista della attività?


Sgiombo:
 
La regolarità del divenire deve essere presente anche nel noumeno perché si possano spiegare con le corrispondenze biunivoche i rapporti fra cervello e coscienza e l' intersoggettività dei fenomeni materiali: tutte cose che (si assume indimostrabilmente) divengono regolarmente
 
Infatti per me quello della "matematica che funziona" non é assolutamente per niente affatto un problema ma qualcosa di del tutto ovvio.
Ma non per la corrispondenza biunivoca fra fenomeni e noumeno (che secondo me non c' entra per nulla), ma semplicemente perché la matematica pura é fatta di deduzioni logiche da astrazioni assiomatizzate di osservazioni concrete fisiche materiali (fenomeni materiali, quantitativamente misurabili).




In realtà, non è problematico se assumi che tali regolarità siano così "bene" rappresentabili da concetti matematici astratti come numeri immaginari, spazi di Hilbert ecc  :)
#199
@ipazia,


Citazione@ apeiron

Anche in campo artistico, la scoperta delle regole della prospettiva e l'approfondimento delle relazioni numeriche tra i suoni nell'armonia musicale (il padre di Galileo, Vincenzo, era un insigne teorico musicale), riconfermavano l'idea platonica del carattere universale normativo della matematica.


Vero anche questo! Ed è anche vero, tra l'altro, che a quei tempi non c'era una "iperspecializzazione" come adesso, ovvero c'era molto più "dialogo" tra le varie discipline (questo, in pratica, significa che allora c'era più "scambio di idee" ...)  :)

Tra l'altro la mia "fascinazione" alla visione platonica/neo-platonica deriva proprio dal fatto che "trovo" la matematica praticamente ovunque, sia nella natura che anche nell'operato umano (anche nei campi dove, spesso, una conoscenza della matematica è abbastanza ignorata...). 

@sgiombo,


CitazioneCon tutto quanto rispondi a Viator concordo pienamente, salvo il ritenere problematico il fatto che  che certe "innovazioni" nel campo della matematica che sono nate senza alcuna intenzione applicativa, alla fine diventano addirittura quasi insostituibili nella pratica scientifica, che in me non provoca nessuno stupore: che astrazioni matematiche possano essere state elaborate prima e successivamente si rilevino applicabili a (ovvero teoricamente ricavabili da; N.B.: applicabili eventualmente, e non necessariamente da applicare come pretenderebbero pitagorismo, platonismo, neoplatonismo, idealismi vari, ecc.) fenomeni fisici, posto che i fenomeni fisici sono misurabili e inoltre assunti (indimostrabilmente) come succedentisi secondo regolarità universali e costanti, mi sembra quanto di più ovvio e non problematico possa darsi.

Non mi sarei mai aspettato di concordare su questo  ;D  secondo me è uno dei casi in cui qualcosa può "colpire profondamente" una persona e lasciare indifferente un'altra.  Secondo me è una cosa strabiliante che tali "innovazioni" diventano così "utili". Ti fa quasi pensare che probabilmente una parte estremamente rilevante (  :o ) di ciò che è "scoperto" nello studio della matematica pura ha applicazioni pratiche. In questo io vedo qualcosa di molto "strano". Tu no. Personalmente, questo suggerisce che fenomeni mentali e materiali "funzionano" in modo analogo...

Nel Teeteto si dice che la meraviglia è alla base della filosofia e quindi io potrei dirti che il mio approccio è "più filosofico" del tuo sulla questione. Tu, invece, puoi dirmi che non è razionale vedere "troppo" in tali cose e che, di conseguenza, io sbaglio a essere "meravigliato" della cosa.
Penso che qui il dissenso è impossibile da "risolvere"...


CitazioneHo dei dubbi sulla tua affermazione che la casualità é facilmente esprimibile matematicamente.
Forse intendevi dire che sono facilmente esprimibili e trattabili, calcolabili matematicamente gli aspetti relativamente (non assolutamente) deterministici della casualità relativa (ovvero determinismo relativo) di tipo probabilistico statistico, assumendo che (salvo che per l' interpretazione conformistica della M Q) la realtà così descrivibile e calcolabile sia oggettivamente-ontologicamente deterministica e solo soggettivamente-gnoseologicamente (ma solo in parte; e non integralmente-assolutamente nemmeno per quanto riguarda questa parte) casuale o indeterministica (nel caso della M Q, se hanno ragione i "danesi" e i loro largamente ma non unanimemente preponderanti seguaci, si tratterebbe di un indeterminismo ovvero casualismo oggettivo-ontologico, ma comunque pur sempre limitato, relativo, parziale -id est di un determinismo oggettivo-ontologico limitato, relativo, parziale- dal momento che solo un caos "autentico", letterale, senza alcunché di determinato, universalmente e costantemente fisso e immutabile -nemmeno le proporzioni fra diversi possibili casi in numeri elevati di osservazioni- costituirebbe un indeterminismo integrale, assoluto).

Altrimenti non saprei come si potrebbe considerare esprimibile matematicamente questo caos "puro", integrale, assoluto. 

Intendevo più o meno quello che dici tu. Possiamo fare eccellenti modellizzazioni matematiche dei risultati dei lanci dei dadi ("dimenticandoci" che, in realtà, i lanci sono fenomeni "caotici" e quindi "determinisitici"), assumendo che sono completamente "randomici". La teoria della probabilità d'altronde è una branca della matematica e, di conseguenza, è possibile fare predizioni e modelli matematici di fenomeni causali (in questo senso). Concordo sul fatto che il "caos totale" (da non confondersi con il "caos" nella fisica) è inesprimibile matematicamente (e direi totalmente incomprensibile). Il "puro probabilismo" è una regolarità e direi anche piuttosto "comprensibile" (è ciò che tale "regolarità" implica che, probabilmente, può risultare molto "strano"...)





CitazioneQueste tue parole esprimono benissimo le mie convinzioni "parallelistiche" (salvo forse -mi scuso, ma sono pignolo di natura- il fatto che ritengo casualità in senso proprio o stretto -cioé esprimibile mediante equazioni matematiche- e dunque calcolabile, almeno in teoria, nei singoli casi concreti quella intercorrente fra i fenomeni materiali; in senso non del tutto proprio o largo quella fra i fenomeni menali, non esprimibile mediante equazioni matematiche e dunque non calcolabile: previsioni "verosimili" o "degne di credito" ma non "matematicamente certe").



Ok! (Io uso un significato un po' più ampio del termine "causalità" ma capisco il tuo punto di vista) Grazie per la tua interessante delucidazione del tuo punto di vista. Faccio alcuni commenti di seguito.





CitazioneCiò evidentemente implica -cosa che potrebbe apparire alquanto problematica ma che non ritengo tale da inficiare l' ipotesi teorica, l' ontologia- una certa asimmetria fra res extensa fenomenica e res ecogitans altrettanto fenomenica, con la prima che esisterebbe anche in assenza della seconda (quando sulla terra non esistevano animali coscienti qualche "visitatore extraterrestre" dotato di coscienza avrebbe potuto rilevarci la materia in assenza di altre esperienze coscienti oltre quella di tale fantomatico osservatore; i cervelli continuano ad esistere anche allorché i rispettivi "titolari" stanno dormendo senza sogni o magari sono in coma).
Ma cercare di superare queste perplessità (che ripeto di non ritenere comunque invalidanti la teoria) richiederebbe un' "esplorazione" alquanto fantasiosa e "malferma", fantastica e del tutto debbia e incerta nel "periglioso pelago" del pampsichismo.




 Se i fenomeni materiali continuano ad esistere anche in assenza di coscienze o comunque "non esistono in relazione ad esse" (=teleologia - es. principio antropico - oppure la posizione di Schopenhauer per cui senza coscienze la realtà materiale non è nemmeno "pensabile"*)  che differenza c'è tra essi e il noumeno? In pratica, mi sembra che tu identifichi - a meno di una corrispondenza biunivoca - i fenomeni materiali col noumeno ammettendo anche che, in realtà, non puoi avere "certezza" che ciò sia vero. 



Sul panpsichismo, la ritengo una teoria "interessante", eliminerebbe il problema dell'asimmetria di cui parli però concordo che è un "periglioso pelago". Una forma un po' più debole pare essere il "pan-esperienzialismo" di Whitehead, proposto nell'ambito della sua "filosofia del processo" (non ho ben capito la sua teoria anche perché non ho mai letto i suoi lavori, ma sembra abbastanza interessante). Bene o male, per evitare questa asimmetria Spinoza aveva assunto che ad ogni "corpo" corrispondeva una "mente", ovvero appoggiava una qualche forma di panpsichismo (anche se il termine non lo trovi mai nei suoi scritti).



(Probabilmente per il coma non è vero, ma ritengo che nel sonno profondo sia ancora una coscienza e quindi non ci sia un "vuoto" in questo caso...)



*[sto ancora provando a vedere se, senza ricorrere al "noumeno" come viene concepito da te è possibile rendere conto dell'inter-soggettività dei fenomeni (ci sono vari motivi per questo mio tentativo come quello dell'applicabilità delle categorie e così via..)... ho trovato alcuni argomenti a favore altri contrari (per questo motivo dicevo quando ho iniziato la discussione sulla matematica che non ero molto sicuro di quello che ho detto...)]






CitazioneIn realtà il motivo principale che mi ha indotto a postulare l' esistenza del noumeno, in alternativa a una sorta di Leibniziana "armonia prestabilita" fra le diverse esperienze coscienti, per spiegare intersoggettività dei fenomeni materiali e i rapporti cervello/coscienza (fra l' altro in maniera meno "ipoteticamente dispendiosa" ovvero "più ockamisticamente corretta"), é proprio il fatto che quest' altra ipotesi non spiegherebbe secondo me l' esistenza di "enormi vuoti di coscienza spaziotemporali nella storia" e nella "geografia"dell' universo.





Capisco il tuo punto di vista e l'ipotesi sembra abbastanza sensata.



 Però il problema è che se la tua teoria è vera, come spieghi l'insorgenza della coscienza? Sicuramente la spiegazione è "nel noumeno". Ma contrariamente alla tua "corrispondenza biunivoca" tra fenomeno e noumeno sembra che il noumeno sia in grado, per così dire, di "generare" la coscienza, cosa che il fenomeno non è in grado di fare. D'altro canto, il problema rimane anche se i fenomeni mentali hanno una corrispondenza biunivoca col noumeno (cerco di usare il tuo "gergo" per evitare fraintendimenti). Infatti, se c'è una corrispondenza biunivoca tra fenomeni e noumeni ci deve essere necessariamente una corrispondenza biunivoca tra fenomeni e noumeno che riguarda il "parallelismo" tra fenomeni mentali e materiali. Ergo, mi sembra che nel tuo modello il problema si sposti al noumeno... 








Citazione
CitazioneSe non sono stato chiaro cercherò di svolgere meglio il ragionamento.
Il "nocciolo della questione é la dubbia sensatezza di una corrispondenza fra fenomeni nella discontinuità attuale di fatto (continuità meramente potenziale: "se qualcuno -che di fatto  realmente non c'é- osservasse") della "storia e geografia dell' universo materiale" attraverso quei grandi lassi di tempo e spazio nei quali fenomeni materiali intersoggettivi possono darsi per l' appunto solo potenzialmente, senza che alcunché di realmente in atto accada (a meno che, per l' appunto realmente in atto, effettivamente reale continui ad essere il divenire del noumeno, sia pure non tale da fare esistere soggetti di esperienza fenomenica cosciente, anche attraverso tali enormi "intervalli vuoti di fenomeni""




Sei stato chiarissimo. Però, non mi hai convinto pienamente  :)





(Rimane poi la questione di come capire perché la regolarità è presente anche nel noumeno [e, ovviamente, rimane anche il problema del "perché la matematica funziona?" che per me sembra un "problema" e per te no  :)  d'altronde visto che per te fenomeno e noumeno devono avere una corrispondenza biunivoca ne segue che, per forza di cose, anche la regolarità nel noumeno è ben "approssimabile" dalla matematica. ]...ma ovviamente, su ciò si può anche rimanere scettici e non formulare ipotesi...)
#200
Citazione di: viator il 24 Ottobre 2018, 17:21:29 PM
Salve Apeiron. Ma le convenzioni sono utili, non infallibili. La realtà fenomenica non può essere assolutamente prevedibile, neppure la più banale, semplice, consuetudinaria.

Salve Viator,

"a priori" sì. Concordo. 

Se prendiamo sul serio il cosiddetto problema dell'induzione (espresso da Russell nel celebre esempio del "tacchino induttivista"), allora non possiamo nemmeno dire che l'esperienza ci "mostra" che ci sono regolarità. 
Ovviamente, se anche accettiamo l'esistenza di regolarità, se non le conosciamo perfettamente ne consegue che a priori non possiamo essere certi di nessuna predizione. 

CitazioneIl fatto che tutti i giorni il sole sia sorto per lungo tempo ha costituito una semplice constatazione della regolarità di ciò che nessuno spiegava.
La spiegazione razionale di ciò ci ha solo rassicurati circa il fatto che ciò dovrebbe verificarsi ancora lungamente in futuro.
Nessuna scienza può però garantirci che domani il fenomeno si ripeta.

"A priori" si può andare anche oltre, dicendo che tale "constatazione" potrebbe essere errata: nulla ci garantisce a priori che l'osservazione di fenomeni che appaiono regolari implichi che ci siano regolarità nei fenomeni come ben espressamente detto da Hume oltre che da Russell. Oppure considera quanto dice (il "primo") Wittgenstein, che ha estremizzato questo scetticismo:
"
6.3 L'esplorazione della logica significa l'esplorazione d'ogni conformità a una legge. E fuori della logica tutto è accidente.
...
6.363  Il procedimento dell'induzione consiste nell'assumere la legge più semplice che possa esser accordata con le nostre esperienze.
6.3631 Questo procedimento tuttavia ha una fondazione non logica, ma solo psicologica.
È chiaro che non esiste ragione di credere che davvero avverrà il caso più semplice.
6.36311    Che il sole domani sorgerà è un'ipotesi; e ciò vuol dire: noi non sappiamo se esso sorgerà.
" (Tractatus Logico-Philosophicus - corsivo nel testo)
in pratica, Wittgenstein nega che l'esperienza ci possa dare alcuna vera conoscenza. Secondo lui, le uniche certezze possibili erano quelle matematiche e logiche. Ma solo ipotesi...

ovviamente, ci suggerisce fortemente che ci sono regolarità...

CitazioneConsuetudine prima e scienza poi sono solo gli elementi che ci incentivano a scegliere di credere in ciò.

Qui dici la stessa cosa di Hume. Anche per lui, le credenze si basano prima di tutto sull'abitudine...

CitazionePerciò convenzioni, linguaggi, aritmetiche e costruzioni scientifiche non hanno alcun potere nel generare o nell'influire sui fenomeni e quindi non possono prevedere alcunchè.

Appunto. Questo è il punto che volevo fare. Se la matematica è meramente convenzionale, (1) perché a volte funziona così bene? (2) perché succede che certe "innovazioni" nel campo della matematica che sono nate senza alcuna intenzione applicativa, alla fine diventano addirittura quasi insostituibili nella pratica scientifica? A priori, non sappiamo nemmeno se ci sono regolarità o no (faccio notare, che la casualità stessa è una regolarità...lo si capisce dal fatto che è facilmente esprimibile matematicamente). Anche ammettendo che ci siano regolarità nei fenomeni materiali, rimane il problema di giustificare il fatto che, a priori, tale regolarità potrebbe essere a noi incomprensibile.

Citazione Generano la fiducia nelle nostre capacità di "previsione" che potrà rivelarsi vincente solo A POSTERIORI, lasciandoci soddisfatti ed inducendoci ad insistere in quello che è solo UN AZZARDO CON PIU' CHE RAGIONEVOLI PROBABILITA' DI VINCITA.
E poichè vivere significa fare delle scelte, meglio basarle sulle regolarità che abbiamo già sperimentato. Per questo molti hanno già dei programmi per le prossime giornate. Saluti.

Vero. Però, se si fa la ragionevole assunzione che le "regolarità della natura" sono parzialmente comprensibili da noi e che quindi la scienza è più che un semplice azzardo, rimane da discutere la natura del rapporto tra matematica e regolarità naturali  :)

Buona serata!

X @sgiombo,

volevo chiederti una curiosità sul parallelismo. Per quanto capisco io, il parallelismo tratta come indipendenti la materia e la mente. Perciò, mente e materia non interagiscono tra di loro. Dunque, ciò significa che i fenomeni materiali sono causati da altri fenomeni materiali (rispettando l'assunzione della chiusura causale) e che fenomeni mentali sono causati da fenomeni mentali. Se ciò è vero, però, come spieghi l'insorgenza dei fenomeni mentali quando si "attiva" la coscienza in un essere senziente (assumo che, per te, la coscienza di un essere ha un inizio)?

X @sgiombo e @Ipazia,

secondo me Galilei era vicino ad una qualche forma di neoplatonismo. Il testo ovviamente è metaforico nel senso che l'universo non è un libro. Ma, secondo me, testo sembra assumere che le regolarità della natura siano matematiche. Faccio notare che questa ipotesi è rafforzata dal fatto che in quel periodo tra gli studiosi della natura c'è stato un "revival" nell'interesse nelle filosofie di stampo (neo-)platonico, vedi per esempio Keplero (che aveva un rapporto epistolare con Galilei). Galilei, inoltre, era convintissimo del fatto che la scienza naturale dovesse essere espressa matematicamente. Questa forte assunzione che le leggi naturali fossero esprimibili in forma matematica ha chiaramente forti somiglianze con la visione platonica/neo-platonica (e pitagorica). E visto, che in quel periodo c'era un forte "revival" di tali metafisiche, mi sembra ragionevole pensare che il pensiero di Galilei fosse stato influenzato da tali filosofie e che, di conseguenza, la sua "visione delle cose" non fosse poi così diversa da quella neo-platonica (in fin dei conti, visto che Galilei era credente non è poi così assurdo pensare che credesse che Dio avesse "modellato" l'universo secondo le "idee" matematiche...). 

(mi affascina la metafisica di stampo platonico e quindi la mia valutazione potrebbe avere un "bias". Però, contestualizzando il pensiero di Galileo, penso di aver fatto il possibile per restare quanto più "oggettivo"  :) )
#201
CitazioneAPEIRON
CitazioneSu Anassimandro, avevo sentito l'interpretazione di Semeraro in terza superiore. Pur non essendo d'accordo ammetto che è interessante. 

CitazioneCARLO
CitazioneNemmeno io sono d'accordo con la sua sola interpretazione unilaterale apeiron=terra separatadall'interpretazione opposta complementare apeiron=infinito. Solo insieme esse esprimono la natura paradossale del Principio (specificando i diversi rispetti dell'una e dell'altra).

Ciao Carlo, 

Ah ok, forse ho capito adesso... Non stai dicendo per Anassimandro aveva entrambi i significati ma della tua concezione di apeiron come Principio di Complementarità (mi pareva di capire che la parola apeiron aveva entrambi i significati, cosa che mi sembrava strano). Scusami se ti ho travisato (in caso contrario ribadisco il mio dissenso)
#202
@viator,


CitazioneSalve Apeiron. Funziona perché riesce a prevedere il futuro. Usando un linguaggio che definisca in modo convenzionale le cause (12+7(= ?)) chi comunica è certo che l'effetto deve essere (19). Ma se la convenzione viene condivisa da tutti, chi ha comunicato ciò sarà anche sicuro che l'effetto da lui previsto verrà previsto, approvato e condiviso da tutti gli aderenti alla convenzione. Il comunicante sarà quindi riuscito a prevedere - prima di averne conferma ed anche nel silenzio di ogni altro - che per tutti si è verificato l'effetto di veder risultare "19".

In mancanza di informazioni quantificabili, o in situazioni al cui interno si possono introdurre - dall'esterno - dati imprevisti, ciò non è possibile.

Lo stendere una espressione matematica significa costruire un sistema di cause note (il valore delle singole quantità) il cui interagire è predeterminato dalla stessa struttura (non importa se convenzionale) di ciò che si sta scrivendo, la quale risulta non influenzabile da altri fattori imprevedibili esterni alla stessa.


Capisco quello che vuoi dire... ma onestamente non userei il linguaggio di causalità ma implicazione logica (a meno che tu non vedi la causalità fisica come una sorta di implicazione logica). In particolare, se come sostieni la matematica è puramente formale staresti parlando di causalità per descrivere relazioni formali tra segni. Cosa che trovo molto strana.  

Citazione[font="Segoe UI", "Helvetica Neue", "Liberation Sans", "Nimbus Sans L", Arial, sans-serif]Perciò potremo contare su di un sistema "chiuso" di cause (dati) certe perché conosciute (quantificate) le quali non potranno che produrre effetti (risultati) certi e conoscibili.

In meteorologia la matematica viene sempre più estesamente utilizzata. Se tutte le variabili atmosferiche risultassero quantificate simultaneamente, le previsioni meteorologiche diventerebbero scienza esatta.

Naturalmente ciò non è possibile e non lo sarà mai per via del principio di indeterminazione, poiché i dati atmosferici sono talmente numerosi e dinamici da non poter venir raccolti tutti simultaneamente.

Spero di non essere risultato oscuro (come qualcuno ogni tanto mi fa notare) e neppure troppo metafisico (come qualcun altro mi ha trovato.....con ciò deliziandomi). Salutoni.[/font]


Ma il punto è che - se accettiamo il convenzionalismo - mentre è perfettamente comprensibile il motivo per cui le regole decise "ad hoc" producono determinati risultati non è a priori comprensibile il motivo per cui possiamo usare tali regole (che sto assumendo essere) convenzionali si possano utilizzare per descrivere il comportamento di fenomeni (i quali non sono "convenzioni", in teoria). In pratica, perché tali regole formali dovrebbero funzionare per descrivere i fenomeni materiali?
#203
Citazione di: sgiombo il 22 Ottobre 2018, 11:53:13 AM
Citazione di: sgiombo il 22 Ottobre 2018, 08:38:12 AM
Citazione di: Apeiron il 21 Ottobre 2018, 22:17:35 PM
Sgiombo,

CitazioneUna (Kantiana! Proprio così: rilevata dal grande konigsberghese da te tanto vituperato e insultato!)

Non ricordo di aver mai fatto una cosa simile (tra l'altro avevo preso spunto da lui). Se ho fatto una cosa simile mi spiace molto. Forse l'ho interpretato male e sicuramente su certe cose dissento. Ma non mi pare di averlo insultato e vituperato. L'ho pure difeso ;D


(sulle altre questioni tornerò fra qualche giorno)


Si é trattato di un banale equivoco di cui mi scuso:

Ti avevo momentaneamente confuso con CarloPierini cui obiettavi (spero non ti offenda: era una confusione del tutto involontaria).

Scrivo questo a correzione della mio intervento -errato- #389).

Nessun problema @sgiombo  :) grazie per i chiarimenti.
#204
@Carlo,

va bene, provo a risponderti.  E, a dirti tutto, mi sembra che a volte non ci intendiamo con le parole. Avevo deciso di abbandonare la discussione perché, in realtà, credo che possiamo andare all'infinito senza trovare un accordo. Rispondo all'intervento #356.

CitazioneCARLO
Perché ti sembra "eccessivo"? Forse perché hai stabilito a-priori che non debba esistere alcun principio universale super-disciplinare? ...E che dunque qualsiasi concetto che si presenti come tale, deve essere considerato illusorio?
Io, invece seguo la logica opposta. Se osservo:

1 - che la scienza è una complementarità di opposti di grande valore epistemico tra metafisica e fisica (filosofia e mondo, logica/matematica e fenomeni fisici);
2 - che in psicologia Jung ha scritto venti volumi per mostrare gli innumerevoli aspetti nei quali le dinamiche dell'anima umana si configurano come complementarità di opposti;
3 - che in neurobiologia il problema mente-cervello risulta molto più coerente con l'osservazione se lo si concepisce come una complementarità di opposti;
4 - che la simbologia si fonda sul principio di analogia che è una conseguenza diretta del Principio di complementarità;
5 - che persino la virtù e la giurisprudenza son essenzialmente delle complementarità di qualità/entità opposte;
6 - che l'archetipo della complementarità è in assolto il più diffuso nella storia del pensiero umano (taoismo, alchimia, dialettica, mitologia, ritualità, ecc.);
7 - ....ecc., ecc... (ci sono molte altre osservazioni che supportano la fondatezza del Principio);

...allora l'ipotesi che la Complementarità sia un Principio universale non è più una possibilità astratta, ma un'ipotesi molto più ragionevole e più fondata della tua "regressione infinita" e dei tuoi "dubbi senza fine", i quali sono determinanti solo se applicati a elucubrazioni astratte, ma perdono ogni valore di fronte ad osservazioni di fatti oggettivi che supportano l'ipotesi.

sul punto "2":  ti devo semplicemente "dare ragione", visto che conosco gran poco Jung e tu mi sembri abbastanza esperto (lo dico sinceramente!  :) ).

sul punto "3": mente e cervello sono certamente una "dualità" ma non vedo, onestamente, perché sono "opposti". Direi che sono opposti "soggetto conoscente" ed "oggetto conosciuto" ma mente e cervello non riesco a vederli come una coppia in opposizione. In pratica, a me sembra che ogni "dualità" per te sia una coppia di opposti complementari (può darsi che erroneamente qualche giorno fa ho detto che sono una coppia di opposti, non mi ricordo onestamente...).

sul punto "1": perché "filosofia e mondo" sono due opposti complementari? posso capire da un punto di vista platonico, invece che "logica/matematica" e "fenomeni" siano opposti complementari visto che i primi sembrerebbero immutabili, i secondo in divenire ecc.

sul punto "4": ok quindi se ti capisco bene tra "simbolo" e "oggetto". Ma anche qui perché una relazione segnica sarebbe "opposizione complementare". Questa tua posizione veramente non mi è chiara.

sul punto "5": per esempio mi pare importante "evitare l'eccesso", "evitare gli estremi" e così via. Ma qui non ci vedo una complementarit.  La complementarità mi pare più presente quando si parla a volte paradosaalnente della condizione interiore (vedi la questione dell'umiltà come "innalzamento" ecc).

sul punto "6": su questo forse hai ragione, effettivamente è diffuso in molte culture. Ma, anche qui: la dualità non mi sembra sempre complementarità di opposti. Un conto è l'opposizione tra "soggetto" ed "oggetto", "forza" e "debolezza". Un altro è quello tra "filosofia" e "mondo" oppure tra "mente" e "cervello". In questo senso secondo me "ci vedi troppo" nel Principio di Complementarità.

sul punto "7": non ne dubito.

Ma ammettendo che la complementarità sia davvero pervasiva nella misura in cui tu la credi tale...il Principio dovrebbe essere l'archetipo di tutte queste complementarità e quindi la Complementarità stessa. Ma se è così, allora la Complementarità è il "principio" di tutto e dovresti trovarla ovunque (magari non sapendo come. Ma dovrebbe essere una caratteristica di "tutto". In questo senso dicevo che "spiega tutto", non che ti da l'onniscienza). E se la Complementarità fosse un aspetto? E se anzi, ci fosse un Principio ancora più "basico"? Platone parlava della Forma del Bene, la quale era semplicemente "l'Essere". Da essa si generava tutto perché in tutto partecipava l'Essere. Ma nel caso della Complementarità, per essere così universale come credi, dovrebbe essere una caratteristica che trovi in tutte le cose. E, onestamente, non mi convince.

Tengo a precisare che non escludo a "priori" che ci possa essere un Principio e che magari tale Principio sia la complementarità. Mi sembra che manchino però le "prove" anche come ho cercato di dirti la tua prospettiva la rispetto.

CitazioneDei principi della fisica, per esempio, non si ha esperienza diretta, poiché non sono fenomeni, ma trascendono i fenomeni. Tuttavia è possibile risalire ad essi attraverso l'osservazione comparata dei fenomeni e attraverso l'astrazione intellettuale. Ecco, per il Principio di complementarità vale lo stesso discorso.
Insomma, tu continui a scambiare un'ipotesi fondata sull'osservazione con una possibilità filosofica pura che, come tale, avrebbe lo stesso valore (fideistico) della sua negazione (la "regressione infinita").

Ok, non abbiamo esperienza diretta delle leggi della fisica. Ma... parti dall'esperienza per trovarli, no? E poi per testarli arrivi sempre all'esperienza, no? Quindi, usando questo discorso, il Principio di Complementarità degli opposti sarebbe un'ipotesi. Ma a volte tu ne parli come se fosse "una verità evidente", specialmente quando altri non ne sono convinti. Questo crea confusione anche a me.


CitazioneAPEIRON
3)  le stesse "spiegazioni" del "perché esiste qualcosa?" che partono da un Principio non sono comunque, secondo me, totalmente convincenti.

CARLO
La spiegazione, per esempio, del principio di conservazione della materia-energia (proprio come quella del Principio di complementarità) non sono le stesse del "perché esiste qualcosa?", ma si fondano sull'osservazione delle innumerevoli modalità reali secondo cui l'energia si conserva trasformandosi.

Qui non capisco cosa vuoi dire... secondo me il Principio ha proprio la funzione di spiegare "perché esiste qualcosa?".

CitazioneCARLO
Come avviene che il principio di conservazione della materia-energia partecipi ad ogni trasformazione energetica? Non lo sappiamo, ma ciò non toglie nulla alla sua esistenza e alla sua piena validità.

Platonicamente, il "principio di conservazione" partecipa in tutte le istanze in cui notiamo la conservazione.  Ergo, se il Principio di Complementarità è un Principio universale, allora si dovrebbe trovare ovunque. Ripeto: in questo senso "spiega tutto" - non c'è niente che non sia legato a tale principio. O questo, almeno, capisco da quanto dici tu. Mi posso sbagliare e in tal caso, mi spiace.


CitazioneCARLO
Ritengo che si possa dimostrare nello stesso modo (mutatis mutandis) in cui si dimostra la validità del principio di conservazione: mostrando la sua conformità con i fatti osservati, con l'esperienza. L'esperienza "straordinaria" che ho avuto è solo indicativa, non dimostrativa.

Qui invece dissento. Non avresti una dimostrazione della sua "universalità". Per "conoscerlo davvero" dovresti "vederlo", per così dire :) perché? perché mentre la validità del principio di conservazione la noti applicando la ragione a dei fatti empirici, il supposto Principio Universale dovresti "comprenderlo" vedendo "l'essenza" dei fenomeni. Non nel loro comportamento (che è ciò che "vediamo"), ma proprio nel loro "essere", per così dire.

CitazioneAPEIRON
Su Anassimandro, avevo sentito l'interpretazione di Semeraro in terza superiore. Pur non essendo d'accordo ammetto che è interessante.

CARLO
Nemmeno io sono d'accordo con la sua sola interpretazione unilaterale apeiron=terra separatadall'interpretazione opposta complementare apeiron=infinito. Solo insieme esse esprimono la natura paradossale del Principio (specificando i diversi rispetti dell'una e dell'altra).

Non ho idea di come apeiron = terra e apeiron = infinito possano essere visti come opposti complementari. Anzi qui secondo me è proprio l'esempio di una "lettura" troppo tirata per far "tornare" le cose secondo me.

CitazioneCARLO
Se avessi letto tutti i miei interventi, avresti capito che il Principio non si fonda né sull'esperienza "straordinaria" personale, nella sulla ragione pura, ma sulla ragione applicata all'osservazione dei fatti.

Questa parte mi aveva deluso...ma secondo te non ho letto i tuoi interventi? Mah...


In pratica la metodologia che proponi non mi convince molto. Tu dici che dovremmo verificare nei "fatti" la validità del Principio. Io dico, invece, che se c'è un vero "Principio", per "conoscerlo" non bisognerebbe guardare ai "fatti" (che sono "meri" avvenimenti) ma proprio all'intima "essenza" delle cose e quindi dei "fatti" (e di noi stessi). Ma non sarebbe più, secondo me, una conoscenza "empirica" coadiuvata dalla ragione come è la conoscenza scientifica... Semmai la "ragione" arriva in un secondo momento a "descrivere" le caratteristiche di quanto è stato "trovato".


Detto ciò, il semplice rifiuto a continuare la discussione non significa che uno vuole fare solo sterili discussioni.
#205
Citazione di: Ipazia il 21 Ottobre 2018, 21:31:12 PM
@ apeiron

Mi duole darti una fatale notizia, ma secondo questo signore

http://www.quilibri.eu/apeiron-un-equivoco-millenario-gli-studi-del-filologo-giovanni-semerano/

apeiron non è alfa privativo peras (limite), ma terra. Quindi si ricasca nei 4 elementi. Poi si dice che sulla scia dell'atomismo ci può rientrare dalla finestra l'infinito dopo essere uscito dalla porta, ma tant'è. Comunque Anassimandro è grande lo stesso perchè inventò il sistema, poi sfruttato da Eratostene, per verificare e misurare la sfericità della Terra.

Ipazia,


viene citato un frammento di Senofane per supportare la tesi. Il frammento 28, però da poco supporto a questo tipo di tesi, visto che usa "apeiron" con il significato di illimitatezza: "Della terra, ebbene, questo limite in alto ai piedi si vede, all'aria attiguo, quello in basso invece all'infinito va". Puoi trovarli qui http://www.filosofiablog.it/filosofia-antica/frammenti-filosofici-di-senofane-2/.


Citazione di: Carlo Pierini il 21 Ottobre 2018, 22:48:30 PM
Citazione di: Apeiron il 21 Ottobre 2018, 18:12:05 PMbeh credo che sia meglio, a questo punto accordarsi sul dissenso. Secondo me ci sono anche alcuni equivoci. Detto ciò, la discussione mi è piaciuta ed è stata molto interessante. (Non prendertela per questa "interruzione improvvisa"! semplicemente adesso non mi prendo l'impegno di discutere in modo da trovare gli eventuali equivoci. Se come penso, ci sono equivoci, la nostra discussione è destinata ad andare all'infinito se questi non vengono "svelati"...) :)
CARLO No, non ci sono equivoci di nessun tipo. Il motivo del tuo abbandono l'hai illustrato tu stesso in un post precedente: <<...vedo il mio approccio alla filosofia, alla religione/spiritualità, alla scienza, all'arte ecc. (anche) come un tentativo di contemplare e di "aprirmi/abbandonarmi" all'infinito, all'ignoto, all'indeterminato (e quindi anche un anelito alla Libertà...) ecc :) (non escludo che in tutto ciò ci sia, effettivamente, un po' di megalomania...)>> Cioè, a te piace dialogare finché puoi scorrazzare liberamente di pensiero in pensiero confidando nel fatto che nessuno possa opporre dei limiti perché nessuno "ha la verità in tasca". Ma quando è il mondo dell'esperienza a porti dei limiti e a suggerirti che la verità non è quasi mai una libera opinione, allora il gioco non ti interessa più perché non è esattamente la verità o la comprensione del mondo il fine delle tue prolusioni filosofiche. E noto che in questo NG non sei il solo ad amare la disquisizione pura (fine a se stessa) e a detestare cordialmente il confronto con la realtà, ma è un atteggiamento pressoché generale. E' il mal inteso concetto moderno di "filosofia".

Carlo,

ovviamente sei libero di pensarla come ti pare!   :)  mi spiace vedere che sei giunto a questa conclusione. E, purtroppo, non credo che riuscirò a farti cambiare idea. Ci provo.


ma ho anche detto che la filosofia è come una "scala", quindi non è "disquisizione pura (fine a se stessa)". Semplicemente, nei miei tanti tentativi di "inquadrare intellettualmente tutto" in un sistema, ho sempre trovato falle e/o qualcosa che non mi convinceva. Non ho mai trovato un sistema totalmente convincente. Quindi sono molto scettico che si possa "capire tutto". Ciò non significa che penso che la filosofia sia futile. Anzi.


Se pensi che dopo qualche discussione in un "NG" filosofico, i tuoi interlocutori la pensino esattamente come te... credo che non succederà molto spesso...a volte è anche bello, secondo me, confrontarsi e ascoltare punti di vista differenti.
Questo non perché credo che "la verità non c'è e ci sono solo interpretazioni" - non sono un "relativista" ( lo dico perché mi sento mal interpretato) - ma perché ritengo che, riconoscendomi "fallibile", sentire punti di vista differenti può essermi utile sia ad imparare cose nuove sia a capire meglio le cose che già so.


"Ma quando è il mondo dell'esperienza a porti dei limiti e a suggerirti che la verità non è quasi mai una libera opinione..."

Nego anche questo  :)


Come dicevo, mi spiace che sei giunto a questa conclusione. Spero che cambierai idea. Ma, visto il tono di questo messaggio, purtroppo ritengo che rimarrai fermo nelle tue convinzioni.


adesso, è veramente giunto il momento di interrompere il dialogo. Sono abbastanza deluso.
Lo possiamo riprendere in futuro. Peccato, perché per quanto mi riguarda trovavo spunto interessanti nelle nostre discussioni.
#206
Sgiombo, 

CitazioneUna (Kantiana! Proprio così: rilevata dal grande konigsberghese da te tanto vituperato e insultato!)

Non ricordo di aver mai fatto una cosa simile (tra l'altro avevo preso spunto da lui). Se ho fatto una cosa simile mi spiace molto. Forse l'ho interpretato male e sicuramente su certe cose dissento. Ma non mi pare di averlo insultato e vituperato. L'ho pure difeso ;D


(sulle altre questioni tornerò fra qualche giorno)
#207
Ciao @Carlo,

beh credo che sia meglio, a questo punto accordarsi sul dissenso. Secondo me ci sono anche alcuni equivoci.
Detto ciò, la discussione mi è piaciuta ed è stata molto interessante. (Non prendertela per questa "interruzione improvvisa"! semplicemente adesso non mi prendo l'impegno di discutere in modo da trovare gli eventuali equivoci. Se come penso, ci sono equivoci, la nostra discussione è destinata ad andare all'infinito se questi non vengono "svelati"...)  :) 

Ciao @Viator,

Citazione
Quando stabiliamo che 12+7=19 noi stiamo ragionando di cause ed effetti. Attribuendo un valore alla prima parte dell'eguaglianza lo definiamo come causa. Quale è l'effetto di tale causa (che potremmo anche chiamare situazione) ? Poiché intendiamo usare un linguaggio convenzionale ed omogeneo, stabiliremo che l'effetto verrà a chiamarsi 19. D'ora in avanti 12+7 farà sempre 19 per chiunque poiché abbiamo anche fissato un insieme di regole (l'aritmetica) che, da noi memorizzate, ci diranno ogni volta quale effetto verrà prodotto dall'accostamento di certi simboli (1-9...lo 0 poi con un suo ruolo ausiliario e particolare !). Ecco fatto ! Ora ci basterà quantificare il quantificabile e tutti gli effetti risulteranno prevedibili sulla base delle loro cause "matematiche".
Perciò l'immenso pregio ed in insieme l'inesorabile limite della matematica e della scienza che la utilizzi è il suo potersi riferire all'enumerabile-quantificabile.
Fuori di questo (che rappresenta la CERTEZZA CONVENZIONALE) la scienza può solo fornire probabilità non importa quanto affidabili, alle quali noi possiamo - e spesso decidiamo - di affidarci.

L'alba di domani rappresenta una certezza convenzionale comodissima, di significato positivo e perdipiù finora mai smentita : perché mai non dovremmo basarci su di essa nel regolare le nostre vite ?.

Onestamente, non riesco a capire il nesso con quanto stavo dicendo io  :)
Il punto è... se, come sostieni, la matematica è puramente convenzionale (come dicono rispettabilissimi scienziati, filosofi ecc) perché funziona così bene? (secondo me c'è un equivoco di fondo. - leggi anche la prima parte della risposta ad Ipazia, qui sotto)

Citazione
Citazione
CitazioneHo il sospetto che, essendo la matematica non una scienza bensì in linguaggio utilizzabile sia dalla comunicazione che dalla scienza, la matematica quantistica finisca solo per essere un sottolinguaggio (dialetto ?) o gergo creato ad uso della fisica delle particelle.
Essa credo sia stata creata per superare i limiti posti dal principio di indeterminazione.
Tale principio afferma implicitamente, tra le numerose sue conseguenze, che -pur essendo tutto in sé numerabile- non tutto potrà da noi venir quantificato.
La matematica quantistica tutto sommato è quindi una specie di convenzione al quadrato.



Nuovamente, vale quanto detto sopra. in pratica, nel tuo intervento non riesco a capire dove trovo la risposta alla domanda "perché la matematica funziona così bene?".

Ciao @Ipazia,

anzitutto mi scuso se il mio linguaggio è stato troppo polemico. Effettivamente, sono stato un po' "superficiale" e un po' incoerente.

CitazioneGuarda che i conti tornavano anche quando si contava in stadi e stai. Alla fine si è imposto il sistema decimale per la sua praticità. Se la matematica era così "trascendentale" il sistema decimale si sarebbe imposto subito e non avremmo dovuto aspettare gli arabi che ci trasmisero lo zero prendendolo dagli indiani. Il che è una bella sconfessione della concezione pitagorico-platonica della matematica: guardando le stelle metafisiche sono caduti nella buca dello zero. Che alcuni calcoli fisici si servano dei numeri complessi non significa nulla più del fatto che una funzione che pareva avere solo un significato matematico alla fine è tornata utile anche in calcoli di fisica. Oggi è una guerra per matematizzare la teoria del Tutto: stringhe e matematiche non euclidee a gogò. Peccato che dietro non ci stia alcuna matematica trascendente che riveli la verità, detta anche noumeno, ai nostri poveri fisici.  

Dunque, vorrei fare un paio di distinzioni. Primo, un conto è la forma della matematica e un altro paio di maniche è il "contenuto", per così dire. Il sistema decimale si è imposto per la sua praticità, così come oggi c'è quello binario nell'informatica. Ciò non toglie che siano equivalenti nel loro "contenuto". Detto ciò, puoi costruire una relazione tra i due sistemi. Secondo: se la matematica si riducesse ad una sorta di linguaggio, allora sarebbe veramente convenzionale. Ma, proprio per quanto appena detto sembra che essa possa essere "scritta" in linguaggi diversi.
Supponiamo ora che un popolo alieno faccia la "sua" matematica. Ritengo che, se, al di là della notazione ecc, si riesce a stabilire una relazione precisa tra le due "matematiche" (ovvero a "tradurre" un linguaggio nell'altro, di fatto), a questo punto dobbiamo sostenere che c'è una matematica e non due.

CitazioneLa cosmogonia è il problema della scienza, la sua archè. L'alternativa sono i numi, che nessun "scienziato", neppure all'epoca di Anassimandro, poteva accettare. Oggi abbiamo il big-bang. La grandezza di Anassimandro, al pari dell'atomismo di Democrito, è di essersi sganciato dal paradigma dell'epoca: acqua-aria-terra-fuoco.

Perdona la mia incomprensione. Ma con "numi" intendi "dei in generale"?

CitazioneDice niente che oltre il 90% degli scienziati sia ateo ? Che, al di fuori dei sofismi, si sposa perfettamente col materialismo

No. Non tutti gli atei sono materialisti. Il teismo è una ben precisa "classe" di filosofie, religioni, credenze ecc: coloro che credono in divinità personali che intervengono nella storia.

Già il "deismo", per esempio, è ben diverso. Dawkins ha perfino detto una volta che è ragionevole accettare: "deistic god, a sort of god of the physicist, a god of somebody like Paul Davies, who devised the laws of physics, god the mathematician, god who put together the cosmos in the first place and then sat back ..." [un dio deista, un tipo di dio del fisico, un dio di qualcuno come Paul Davies, che ha stabilito le leggi della fisica, dio il matematico, dio che ha messo assieme il cosmo all'inizio e poi si è messo da parte...].
Schopenhauer era certamente ateo ma non materialista ecc ecc.

E non tutti i teisti credono nello stesso "teismo"...

Inoltre, la percentuale è errata. Come ha riportato il Sari...

CitazioneRiparto da qui, dopo che sari mi ha arpionata al volo. Bene la sintesi, ma non la faciloneria.

Innanzitutto un teista non fornisce più prove di un materialista sulla sua fede. Dimostrazione è parola grossa e va meditata accuratamente. Ma il vantaggio del materialista sul credente è di non dover ricorrere ad una doppia verità, trovandosi per tutta la settimana a lavorare su una verità possibile e variamente dimostrabile (bigbang, evoluzionismo, etologia) per prostrarsi la domenica di fronte ad una verità impossibile narrata da un tizio che mi racconta di Genesi, Adamo ed Eva, arca di Noe, ecc.
Io penso che al massimo uno scienziato, per non incorrere in questa debacle schizofrenica della "verità", che definirei come collassamento della funzione cognitiva, dovrebbe fermarsi a Spinoza (deus sive natura) e prendere il largo da tutte le religioni rivelate che giustamente vedono il loro liquidatore Spinoza come il fumo negli occhi.

Semmai più coerente, per un teista, è ritenere la scienza una verità "apparente" da subordinare alla verità divina (e ai suoi rappresentanti in terra, ovviamente). Che è quello che Bellarmino contestava a Galileo. Ma è davvero deprimente per uno scienziato rassegnarsi a tale ruolo.

In ciò io vedo la convergenza tra ricerca scientifica e materialismo ateo, che non esclude una sua umanistica e umanissima trascendenza, nè un blando, ipotetico, spiritualismo di stampo spinoziano.

Mi scuso per la superficialità criticata qui. Hai ragione, dovevo essere più completo. Ad ogni modo, dissento.

Un teista spesso non fornisce più prove di un ateo. E ci sono certi teisti che credono che il mondo sia stato creato letteralmente in sette giorni. Il problema è che, in realtà, fai di tutta l'erba un fascio, come si suol dire.
Primo: non tutti i teisti credono in una religione abramitica.
Secondo: non tutti coloro che credono nelle religioni abramitiche credono nell'interpretazione letterale dei testi. Non è l'unica interpretazione che si può dare ad essi. Non è l'interpretazione che viene data dalla Chiesa cattolica, per esempio (es: http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/pcb_documents/rc_con_cfaith_doc_19930415_interpretazione_it.html). Pertanto, criticare gli scienziati credenti così: "trovandosi per tutta la settimana a lavorare su una verità possibile e variamente dimostrabile (bigbang, evoluzionismo, etologia) per prostrarsi la domenica di fronte ad una verità impossibile narrata da un tizio che mi racconta di Genesi...", significa creare un "argomento fantoccio" (straw-man argument). Puoi sostenere tu che l'interpretazione letterale è l'unica possibile (e quindi incompatibile con la nostra conoscenza scientifica...) ma terrei presente che non è l'unica interpretazione possibile (o che, comunque, è stata data ai testi religiosi). E non è una "novità", in realtà. Per esempio, pochi giorni fa leggevo l'articolo sulla "Internet Encyclopedia of Philosophy" (https://www.iep.utm.edu/gregoryn/#H3) su San Gregorio il Nisseno. C'è scritto: "Gregory does not take literally the temporal sequence depicted therein; rather, he envisions creation as having taken place all at once"
Traduco: "Gregorio non intende letteralmente la sequenza temporale descritta lì [ovvero nel Capitolo 1 di Genesi n.d.t]; piuttosto, immagina  che la creazione è avvenuta tutta in un istante.". Ergo, eviterei di criticare gli scienziati credenti per questo motivo. Puoi certamente dire che anche loro non possono provare le loro credenze. E qui concordo. Puoi dire che certi credenti semplicemente detestano la scienza e credono ancora che la Creazione è avvenuta letteralmente in 6 giorni. Ma prima di creare di tutta l'erba un fascio in questo modo farei attenzione. Così come non ha senso dire che per il teista l'unica strada è quella del cardinale Bellarmino quando molti credenti sono dalla parte di Galileo (che, tra l'altro era credente...).

Chiaramente, sono caduto nello stesso errore anche io, in un certo senso e mi scuso di ciò. Anche i materialisti possono vedere la propria metafisica come una "ipotesi di lavoro" e non esserne certi. Però, sto notando come molto spesso i materialisti semplicemente credono che la loro metafisica è l'unica compatibile con la scienza. Il che, onestamente, mi lascia perplesso.

Non ci può essere "trascendenza umanistica", secondo me, per il semplice fatto che "trascendenza" significa che si ammette l'esistenza di qualcosa "oltre" la realtà ordinaria. E ci sono un sacco di "trascendenze": piani di esistenza non accessibili alla nostra ordinaria esperienza , divinità trascendenti, "realtà" fuori dal spazio e dal tempo ecc (difficilmente tali "trascendenze" posso capirle in una filosofia materialistica...)

A meno che tu non intendi con "trascendenza umanistica" una apertura al "mistero", la contemplazione dell'ignoto. In questo caso, sono d'accordo che un materialismo può essere compatibile con quel tipo di "religiosità" (anche se è rara anche tra i materialisti, per quanto posso vedere io). Però, farei un attimo attenzione a richiamarmi a Spinoza, per il quale tutte le cose derivavano da un Principio Ontologico. E, inoltre, tra i vari attributi di tale Principio c'era anche "l'intelletto". Inoltre, era anche un panpsichista (credeva in una forma di "parallelismo psico-fisico" molto "forte", diciamo). Difficilmente posso capire come un materialista può accettare la metafisica di Spinoza. Tra l'altro, Einstein, un "fan" di Spinoza era molto aperto alla filosofia e, anzi, riteneva che scienza e filosofia dovrebbero collaborare.

Ciao @sgiombo,

CitazioneSi scoprono non la matematica pura ma le applicazioni della matematica alla fisica.

Possiamo ragionare "conformemente" alla realtà materiale e se la conosciamo veracemente, allora nelle nostre conoscenze (le nostre descrizioni) di essa devono per forza esserci "regolarità affini "al suo modo di divenire



Eppure le regolarità materiali e la matematica hanno una qualche analogia, altrimenti non funzionerebbe. Ergo, secondo me, la "matematica" è per così dire legata alle "regolarità" mentali e materiali. Ergo, potrà essere stata in parte inventata ma fortemente dubito che è nata "dal nulla" per così dire. So che dissentirai...

Citazione
CitazioneMa mentre  se si ipotizza una causa prima incausata si contravviene alla (si contraddice la)  universale concatenazione causale, invece se si ipotizza che non c'è un inizio, e dunque si deve accettare che la catena causale non ha un inizio nel tempo. Ma se non vi è stato inizio, deve essere passata un'infinità di tempo prima di arrivare ad oggi" non vedo alcunché di problematico. Vuol dire semplicemente che allontanandoci dal presente nel passato la concatenazione causale non ha fine (e non che non potrebbe essere giunta al presente per il fatto di essere infinita, che sarebbe un preteso paradosso simile a quelli di Zenone sul movimento).


Ciononostante, mi sembra pur sempre un paradosso, no? e un po' diverso da quello di Zenone.

Basta considerare l'opposto... ha senso, secondo te, chiedersi cosa succederà fra un'infinità di tempo?    ::)

Curiosamente, quasi tutte le varietà delle religioni indiane che conosco, ritengono che il tempo non ha avuto inizio.
Resto dell'idea che sia una antinomia della ragione (e che non può essere risolta...).

Ma quindi, sgiombo, tu credi che non c'è stato un inizio?  :) (te lo chiedo per semplice curiosità)
#208
Correzione: "tutte le osservabili - anche in meccanica quantistica - sono numeri reali, non complessi. Nelle osservazioni non comparirà mai un numero complesso" NO. Volevo dire che "tutti i risultati delle misure - anche in meccanica quantistica - sono numeri reali, non complessi. elle osservazioni non comparirà mai un numero complesso"". Per "osservabile" in fisica si intende la "grandezza fisica" (le quali in meccanica quantistica sono operatori).
#209
Citazione di: sgiombo il 20 Ottobre 2018, 15:44:58 PM
Citazione di: Apeiron il 20 Ottobre 2018, 12:46:21 PM


Ciao Viator,

ci sono un po' di problemi qui. Ne cito due.

Primo: anche se fosse vero il "convenzionalismo" (la visione per la quale la matematica è una mera convenzione umana), rimane da dimostrare perché tali convenzioni si applicano così bene in certi casi.
Per esempio, anche se, ammettiamo che nel caso della riproduzione cellulare "1:1 = 2", ciò non toglie che, per esempio la Precessione del perielio dell'orbita di Mercurio era uno degli indizi per cui la gravità Newtoniana era una teoria incompleta, per un errore estremamente piccolo. E, invece, la teoria di Einstein ha dato una predizione a tutti gli effetti "perfetta". Quindi, anche se in biologia non valesse, la matematica dei numeri reali dà ottime predizioni in fisica. Ergo, si deve ammettere che la materia sia sufficientemente "regolare" in modo da permetterci di fare così bene un'analisi quantitativa. A priori, questo è strano  :) E non solo per le ragioni citate da @sgiombo, ma più che altro perché - ammettendo di ragionevolmente accettare l'esistenza di queste regolarità - è piuttosto strano che se la matematica nasce da una semplice convenzione umana riusciamo a descrivere così bene l'evoluzione dei fenomeni. Quindi, la domanda rimane: qual è la ragione (=l'ipotesi più ragionevole) con cui possiamo spiegare la "irragionevole efficacia della matematica nelle scienze naturali" (cito Wigner)?

Secondo: a volte "innovazioni" matematiche che sembrano non avere alcuna utilità pratica, vengono poi usate nella fisica (e nella scienza in generale). Un esempio sono i numeri complessi. Furono introdotti senza alcuno scopo pratico (se non quello di "scoprire la matematica" che, secondo me, non è uno scopo pratico). Adesso sono usati in continuazione. E la meccanica quantistica non funziona senza i numeri complessi. Ed è la teoria che ci fornisce, per ora, i risultati migliori. Dunque: perché strumenti matematici ideati senza alcuna ragione pratica finiscono addirittura per essere importantissimi nella fisica?


Ciao Ipazia,

anche se così fosse resterebbero i problemi di cui sopra (vedi la risposta a Viator). Anzi, sarebbe anche "peggio"! In fin dei conti, se anche la matematica fosse stata "ideata" per tali motivi pratici, ciò non toglie che rimane da spiegare perché una "mera convenzione umana" fa eccellenti predizioni sulla "realtà materiale", la quale, si suppone, essere indipendente dalle nostre menti (o da eventuali altre menti - sto, infatti, supponendo qui ai fini della discussione che il materialismo sia vero e che, di conseguenza, le nostre menti e quindi anche le loro convenzioni siano dipendenti dalla materia, la quale è, invece, indipendente da esse. Il materialismo (quello "solito", per lo meno), inoltre, esclude a priori la possibilità che per esempio le "verità matematiche" o "le leggi della fisica" siano "realtà"...). Dunque, anche se Pitagora e Platone fossero in errore nel dire qual è stata l'origine della matematica, rimane da spiegare perché, in fin dei conti funziona così bene tanto che in realtà non solo gli strumenti matematici sono utilissimi a fare predizioni accurate ma anche che concetti matematici astratti, come i numeri complessi, alla fine diventano essenziali alle teorie della fisica. Secondo me, Anassimandro avrebbe avuto dubbi.

Il punto, Ipazia, è che secondo me il materialismo usa la scienza come "prova" della sua validità ma non dà alcun argomento convincente sul perché la scienza, che è nata dal ragionamento (non solo "matematico")  possa essere così efficace. Un teista o un deista, per esempio, direbbe semplicemente che la materia è stata "creata ed ordinata" da Dio. Un platonico direbbe che le regolarità che osserviamo "rimandano" alle Forme/Idee. Il materialismo, invece, pur non potendo usare la scienza per rifiutare spiegazioni "non materialistiche" delle regolarità materiali non ne fornisce alcuna e, inoltre, spesso si basa sull'idea che la scienza elimina ogni altra prospettiva (ben diverso, sarebbe, una sorta di agnosticismo o scetticismo. In questo caso,  si direbbe che è una questione irrisolvibile. Ma lo scetticismo non è materialismo. Il materialismo è una ben precisa tesi).

Ciao, Apeiron.

Concordo pienamente con quasi tutto ciò che obietti ai tre interlocutori in questo intervento (anche a CarloPierini; ho tagliato la tua risposta a quest' ultimo perché non ho proprio nulla da obiettarvi).

L' unica osservazione che mi sento di rivolgerti é che per parte mia non ho mai trovato nulla si problematico o di "strano" nell' applicabilità della matematica al modo fisico; anche nei casi di teorizzazioni matematiche elaborate prima di "trovare" aspetti del divenire naturale a i quali dopo si possono applicare.
Se il divenire naturale é "ordinato" e non caotico, cioé se é mutamento parziale - relativo ovvero fissità parziale - relativa (una sorta di "sintesi dialettica" fra mutamento assoluto - integrale (ovvero caotico) -tesi- e fissità assoluta - integrale (parmenidea - severiniana) -antitesi- e se la realtà materiale - naturale é misurabile rilevando rapporti esprimibili mediante numeri fra i suoi "oggetti" (enti ed eventi concreti o loro caratteristiche astratte; e questo é indubbio, immediatamente constatabile empiricamente, mentre l' ordine del suo divenire, come anche la sua intersoggettività, non é né mostrabile empiricamente né dimostrabile logicamente), allora che le astrazioni matematiche, oltre ad esserne di fatto state ricavate (ma non "di diritto" dimostrate empiricamente ovvero sinteticamente a posteriori bensì logicamente ovvero analiticamente a priori), vi si possano applicare (cioè riconoscere il fatto che, seppure preventivamente elaborate ipoteticamente "a ruota libera" per così dire, sono in linea teorica, di principio da essa astraibili) mi sembra quanto di più ovvio e meno stupefacente possa darsi.

E divenire ordinato, intersoggettività e misurabilità sono aspetti che si possono considerare reali di fatto (anche se non tutti dimostrabili; alcuni meramente per fede) del mondo fenomenico materiale (della natura materiale - naturale).
E come ben dici (soprattutto rispondendo a CarloPieirni) non avrebbe senso chiedersene il "perché"; anche perché -ma che schifo di gioco di parole!- ne deriverebbe inevitabilmente un regresso all' infinito: per parafrasare Pirandello, "così é se vi pare", e anche se non vi pare.


Ciao sgiombo,

bene o male concordo con quanto dici. 

Con un po' precisazioni però. 


  • Secondo me il materialismo non riesce a dare una spiegazione delle regolarità. Inversamente, ad esempio, un platonico potrebbe dare la risposta della partecipazione dell Forme che, seppur problematica per certi versi, è un tentativo, un'ipotesi. E, spesso, mi pare che chi fa questo tipo di ipotesi si rende conto che sono ipotesi. Quello che mi sembra di vedere a volte, è che tra i materialisti non ci si rende conto che anche il materialismo è una ipotesi e inoltre spesso si sente dire che le "altre ipotesi" sono falsificate dalla scienza (cosa che è impossibile...). Ma su questo concordi  ;) 
  •  La straordinaria precisione della matematica - aldilà dei vari scetticismi filosofici che ci fanno capire la limitatezza della nostra ragione - ci induce a fare la ragionevolissima ipotesi che riusciamo a conoscere molto bene la realtà materiale. Ora, se ci sono regolarità e la matematica le "approssima" così bene, questo significa che, secondo me, in un certo senso la matematica si scopre. Magari non nel modo ipotizzato da Platone, ma, ad ogni modo, significa che sia il nostro ragionamento che la realtà materiale hanno regolarità affini, altrimenti non potremmo capirle.
  • Il problema dei numeri complessi è che... tutte le osservabili - anche in meccanica quantistica - sono numeri reali, non complessi. Nelle osservazioni non comparirà mai un numero complesso. Quindi empiricamente non c'è una vera ragione per introdurli. Eppure, la meccanica quantistica li richiede (o per lo meno, non sono a conoscenza di formulazioni che non li richiedono). Se non si usano i numeri complessi, la meccanica quantistica non si può fare (i numeri complessi compaiono anche nelle trasformate di Fourier utilizzate in elettronica classica e nella teoria delle onde classiche... la differenza è che in questi casi, è semplice questione di formalismo. Non sono necessari). I numeri complessi, perciò non possiamo "scoprire" i numeri complessi con le osservazioni. 
  • Ad essere sincero (su quanto dici alla fine), sono ben aperto a domandarsi il "perché" ed anche a tentare di formulare una risposta (o accettarne una). Quello che volevo dire è che, in pratica, la ragione da sola non può decidere. Così come non può decidere il solo studio dei testi, della scienza ecc. Con la ragione semmai, si arriva allo scetticismo. Non è futile cercare di andare oltre. Però, secondo me, se si vuole andare oltre si deve almeno in parte procedere per fede o per quelle "esperienze straordinarie" di cui parlavo (ed eventualmente le loro interpretazioni). [Personalmente, credo che queste "esperienze" si somigliano veramente, ovvero che ci sia veramente "qualcosa di analogo". Ma ammetto che lo dico perché lo "credo"/"ipotizzo", non perché lo "so"...]

Per fare un esempio l'antinomia della causalità temporale (che è una sottospecie di "causalità"): 

  • Se si ha un inizio nella catena causale temporale, tale inizio richiede un salto logico (ad es: una causa non causata (Causa Prima)...).
  • Se non c'è un inizio, allora si deve accettare che la catena causale non ha un inizio nel tempo. Ma se non vi è stato inizio, deve essere passata un'infinità di tempo prima di arrivare ad oggi. 
Come vedi, la logica qui arriva all'antinomia. E la scelta si fa per "fede", o magari perché una delle ipotesi risulta più "ragionevole"  :)
#210
Per Carlo, 

Ci sono anche altri problemi volendo. Le "applicazioni" della complementarità sono tante. Ma questo non significa che esse siano uguali o che una di esse non sia vera. Inoltre, la somiglianza nelle descrizioni non implica che siano veramente simili (pensa al sale e allo zucchero. Sono bianchi, hanno una forma simile ma se li assaggi sono duversi ;D).

Quello che voglio dire, è che secondo me il tuo sistema è molto interessante. Non concordo però che sia così "evidente"... (e non ho capito se per te è dimostrabile con la sola ragione oppure con ragione ed analisi dell'esperienza "ordinaria"  :))