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Messaggi - 0xdeadbeef

#196
Tematiche Filosofiche / Re:L'Io e l'Altro
31 Marzo 2019, 18:26:58 PM
Citazione di: sgiombo il 31 Marzo 2019, 11:06:41 AM
Se si "parte" dal fondamento cartesiano per cui l'idea è il solo oggetto immediato della conoscenza
(come del resto è in Hume, il quale parla della conoscenza come di una "connessione di idee", concetto
poi ripreso da Kant), allora non si può non notare il rapporto "problematico" dell'idea con la "realtà"
e il "fatto"; perchè dal mio punto di vista se si dice "in realtà" si dovrebbe disporre di un
CRITERIO di connessione fra questa e l'idea di questa.
Citazione
CitazioneNulla di problematico: il "criterio sicuro indubitabile di realtà" é la constatazione (= l' accadere) dei fatti empirici (sensazioni, percezioni, fenomeni che dir si voglia).
Il cui "esse est percipi".

Di qualsiasi altro eventuale ente o evento forse reale (compreso ciò che eventualmente lo fosse mentre le sensazioni costituenti Ebla non le erano; e in generale eventuali soggetti ed oggetti delle sensazioni fenomeniche stesse persistenti anche mentre esse non persistono: cose in sé o noumeno) non può aversi nessuna certezza.



Ciao Sgiombo
Non puoi "arrivare" alla realtà con l'"esse est percipi" di Barkeley semplicemente perchè per
quel concetto non esistono oggetti materiali, ma soltanto idee e relazioni fra le idee.
Sarebbe allora logico che tu la pensassi come Nietzsche ("non esistono fatti, ma solo
interpretazioni").
Come fai a riconoscere un fatto da una opinione? Su cosa ti basi? Qual'è il criterio, dicevo,
per riconoscerli e distinguerli se non si distingue, in radice, il soggetto dall'oggetto?
Dici: "criterio sicuro indubitabile di realtà" é la constatazione". Bene: la constatazione da
parte di chi? Cos'è che dà "validità" alla constatazione? L'autorità di chi constata? La
maggioranza dei constatanti? Che altro?
Sai meglio di me che Berkeley non arriva allo scetticismo radicale di Hume perchè pone, al
medesimo modo di Adam Smith in economia, una "mano invisibile" (che è ovviamente quella di Dio)
a garanzia che la pluralità delle constatazioni corrisponda alla "realtà".
saluti
#197
Tematiche Filosofiche / Re:L'Io e l'Altro
31 Marzo 2019, 13:31:32 PM
Ciao Paul
Certo, focalizzerei sul fenomeno IN QUANTO anche il noumeno lo è.
Ma qual'è, allora, la vera natura del noumeno, visto che anch'esso è un fenomeno? A parer
mio per rispondere a questa domanda bisogna, dicevo, ri-andare al concetto di "intuizione", di radice
stoica; un concetto che Kant a me sembra cerchi di riportare alla luce distinguendo, nella
sua definizione di "conoscenza", la parte, diciamo, "pensata" secondo l'ordine delle categorie
e la parte "intuibile" secondo questa definizione che del termine "intuizione" dà lo stesso
Kant: "l'intuizione è la rappresentazione quale sarebbe per la sua dipendenza dall'immediata
presenza dell'oggetto" (in termini meno desueti parleremmo di "evidenza", o "esperienza").
E in ogni caso questa è la definizione che Kant dà di "conoscenza": ""la conoscenza comprende
due punti: in primo luogo un concetto per cui in generale un oggetto è pensato secondo le
categorie, e in secondo luogo l'intuizione con cui esso è dato".
Ora, dov'è quella che chiami "zona d'ombra"?
Se accettiamo (come io penso vada accettata) l'idea che il "cogito" cartesiano rappresenti uno
spartiacque; un punto di non ritorno IN QUANTO disvelamento definitivo ed irrevocabile; allora
quell'idea di "intuizione" presenta una problematicità irrisolvibile.
Kant, dici bene, ne è consapevole, e cerca in ogni modo una soluzione (ne accennavamo: la
distinzione fra intuizione sensibile ed intellettuale, e di quest'ultima la distinzione fra
attiva e passiva), ma francamente ciò che ne esce fuori è un quadro non certo limpidissimo.
Ma in tutta questa "torbidezza" a me sembra che almeno una cosa ne esca chiaramente definita:
l'idea di noumeno, o cosa in sé.
Certo, parliamo di un'idea, quindi di un fenomeno. E in quanto idea essa è il prodotto di un
"io" che però persino nell'Idealismo di Fichte rimane distinto dal "non io" (e fino a quella
che per me è l'indistinzione operata da Hegel). Tanto che, e lo vediamo nel celebre: "non esistono
fatti ma solo interpretazioni" di Nietzsche, chi nega la "cosa in sé" è costretto a negare lo
stesso "fatto", la stessa "realtà".
Ovviamente ci sarebbero da dire altre e importanti cose sull'argomento.
saluti
#198
Tematiche Filosofiche / Re:L'Io e l'Altro
31 Marzo 2019, 11:30:08 AM
Citazione di: Lou il 31 Marzo 2019, 00:30:02 AM
Quel che non "funziona" è che Ebla "non ancora conosciuta"  non è equivalente a noumeno, l'Ebla inconoscibilile. Da abitanti e posteri e archeologi. Noumeno non significa "non ancora conoscibile", ma "inconoscibile". C'è uno scarto epistemico, proprio di abitanti e non abitanti.

Ciao Lou
E' esattamente come dici. Fenomeno e noumeno sono CONCETTI riferiti al medesimo oggetto;
sono idee; ed in quanto tali sono necessariamente degli interpretati (come giustamente
afferma l'aforisma di Gentile da me più volte riportato).
Questa considerazione, naturalmente, apre all'interrogativo circa la natura del noumeno,
che in quanto interpretato è esso stesso fenomeno. Ma questo fa parte di un altro discorso
(da me già affrontato).
saluti
#199
Tematiche Filosofiche / Re:L'Io e l'Altro
31 Marzo 2019, 00:18:56 AM
Citazione di: tersite il 30 Marzo 2019, 19:27:43 PM
La programmazione ad oggetti prevede di raggruppare in una zona circoscritta del codice sorgente* (chiamata classe**), la dichiarazione delle strutture dati e delle procedure*** che operano su di esse.
Le classi, quindi, costituiscono dei modelli astratti, che a tempo di esecuzione vengono invocate per istanziare o creare oggetti software relativi alla classe invocata. Questi ultimi sono dotati di attributi (dati) e metodi (procedure) secondo quanto definito/dichiarato dalle rispettive classi.

Sarebbe possibile convertire questa "wikipediata" (che ho usato per brevità se no scrivevo un romanzo) nella terminologia filosofica ?

*codice sorgente ==linguaggio
** classe == categoria
***procedure == meccanismi logici

Vi sembra coerente ?

Ciao Tersite
Kant definisce così la conoscenza: ""la conoscenza comprende
due punti: in primo luogo un concetto per cui in generale un oggetto è pensato secondo le
categorie, e in secondo luogo l'intuizione con cui esso è dato".
Vedi tu se ci sono delle analogie interessanti...
saluti
#200
Tematiche Filosofiche / Re:L'Io e l'Altro
31 Marzo 2019, 00:02:52 AM
Ciao Sgiombo
Si tratta di mettersi d'accordo sulla "lingua" che vogliamo usare per parlare, perchè definire
"noumeno" l'oggetto: "reale in sé indipendentemente dall'accadere che sia sensibilmente percepito"
(o almeno questo mi sembra di capire che tu intenda) rende il nostro discorso come quello fra un
arabo e un cinese che parlano solo i rispettivi idiomi...
Ma poi che vuol dire: "reale in sé" o: "Ebla come "in verità" (rectius: "in realtà", poiché non era
un predicato che può essere vero o falso ma un fatto che può essere reale o meno)?
Se si "parte" dal fondamento cartesiano per cui l'idea è il solo oggetto immediato della conoscenza
(come del resto è in Hume, il quale parla della conoscenza come di una "connessione di idee", concetto
poi ripreso da Kant), allora non si può non notare il rapporto "problematico" dell'idea con la "realtà"
e il "fatto"; perchè dal mio punto di vista se si dice "in realtà" si dovrebbe disporre di un
CRITERIO di connessione fra questa e l'idea di questa.
Ora, francamente non vedo traccia di questo criterio nei tuoi argomenti. Quindi come "arrivi" alla realtà?
Non puoi certamente dire con l'"esse est percipi" berkeleyano, che anzi estremizza il concetto cartesiano
che prima dicevo.
A parer mio (ma il discorso è lungo e complesso) hai una sola strada, che poi è quella di cui ti chiedevo
nella risposta #126, e cioè attraverso quel concetto di "intuizione immediata" che dallo Stoicismo
passa alla filosofia anglosassone attraverso Duns Scoto e G.d'Ockham. Ma è una strada che ti porta molto
lontano da Hume e Berkeley, e precisamente nella direzione di Kant (che infatti riprende il concetto allo
scopo - non pienamente raggiunto - di dare oggettività alla sua teoria della conoscenza  -  "la conoscenza comprende
due punti: in primo luogo un concetto per cui in generale un oggetto è pensato secondo le
categorie, e in secondo luogo l'intuizione con cui esso è dato", dice Kant-.).
saluti
#201
Tematiche Filosofiche / Re:L'Io e l'Altro
30 Marzo 2019, 21:19:30 PM
Citazione di: tersite il 30 Marzo 2019, 18:52:21 PM

e quindi gli abitanti di ebla avrebbero dovuto vedere manifestarsi la ebla noumenica...c'è qualcosa che non funziona nell'analogia.


Ciao Tersite
Mi sembra difficilino (che avrebbero dovuto vedere manifestarsi la loro città noumenica), visto
che il concetto di "noumeno" sorge contemporaneamente a quello di "fenomeno" nei diversi contesti
che vengono presi in consoderazione...
In soldono questo vuol dire che il concetto di una Ebla noumenica, cioè di un'Ebla com'era
in verità, sorge ad esempio fra gli archeologi del nostro tempo che disquisiscono se il commercio
possa o meno essere ritenuto all'origine della floridezza della città.
saluti
#202
Tematiche Filosofiche / Re:L'Io e l'Altro
30 Marzo 2019, 18:18:56 PM
Citazione di: sgiombo il 30 Marzo 2019, 13:29:43 PMCioè l' esistenza reale (oggettiva, di un oggetto di pensiero, predicazione, eventuale conoscenza, ecc.) può (non: deve) benissimo essere tale anche senza alcuna interpretazione (da parte di un soggetto di pensiero, predicazione, eventuale conoscenza, ecc.).


Ciao Sgiombo
Ma certo che ci può essere esistenza di un oggetto senza che vi sia alcuna interpretazione di esso.
L'antica città di Ebla, in Siria, è stata scoperta solo negli anni 50 (se ricordo bene), eppure
esisteva indubitabilmente anche se erano passati millenni dall'ultima sua "interpretazione".
Nel momento in cui Ebla è stata scoperta, essa è diventata oggetto di interpretazione (nello
specifico di diatribe fra gli archeologi). E "insieme alla" interpretazione è sorto il
concetto (perchè è di un concetto che stiamo parlando) di una Ebla noumenica, cioè di una Ebla
come "in verità" era al netto dei diversi pareri degli archeologi.
E' insomma, chiarissimo che "fenomeno" e "noumeno" sono due concetti che si riferiscono al
medesimo oggetto (pur se c'è da citare la posizione di U.Eco, che ne: "La Soglia e l'Infinito"
sostiene - non del tutt assurdamente - l'esistenza di DUE oggetti).
In altre parole, non è che il noumeno SIA l'oggetto e il fenomeno sia la sua interpretazione: è
che ambedue i termini sono concetti che si riferiscono al medesimo oggetto.
saluti
#203
Tematiche Filosofiche / Re:L'Io e l'Altro
30 Marzo 2019, 13:44:19 PM
Citazione di: paul11 il 29 Marzo 2019, 22:57:13 PM
ciao Mauro(Oxdeadbeef)
ti sbagli ed è deducibile da quanto avevo scritto.
Kant segue la filosofia empirista soprattutto di Hume, ma vuole compiere un passo successivo dopo l'analitica, con la deduzione trascendentale.
ma ribadisco, bisogna focalizzare dove il filosofo sposta il suo asse argomentativo di dimostrazione di una verità
Nel caso di Kant la dimostrazione è ancora nel mondo fattuale e  non nel mondo delle idee.


Ciao Paul
Questa volta non sono per nulla d'accordo con le tue argomentazioni (oltre che non
comprenderne del tutto il nesso con il mio discorso).
In primo luogo ho tirato in ballo Kant perchè la sua idea circa il "noumeno" mi sembra
ricalcare quella di Levinas dell'"altro": così come questo è "totalmente", o "assolutamente"
altro dall'io (e perciò, dice Levinas, è "mistero"), così il noumeno kantiano è inconoscibile
al soggetto, che può conoscerlo solo come fenomeno.
In secondo luogo, a me il noumeno, così come l'"altro", sembrano concetti perfettamente
rispondenti ad una logica. E sia per quel che riguarda la mera esistenza (la medesima logica per cui,
in semiotica, non può esservi interpretazione senza qualcosa da interpretare - o segno senza l'oggetto
che quel segno indica), sia per quel che riguarda l'inconoscibilità (ammesso sia vero, come
io ritengo vero, che: "l'oggetto, in quanto pensato, non può essere una realtà indipendente dal
soggetto che lo pensa" - G.Gentile).
Non capisco, quindi, l'accostamento che fai del noumeno ad un'idea irreale quale quella dell'ippogrifo.
Sembra che tu attribuisca al noumeno un carattere metafisico ("Il limite del noumeno è quindi non nel
procedimento fra analisi e sintesi deduttivo , ma quando il pensiero deduttivo trascende se stesso 
per andare nel dominio metafisico") nel momento in cui l'"asse argomentativo di dimostrazione di
una verità è, nel caso di Kant, nel mondo fattuale" (argomento che senz'altro condivido - ma non
condivido affatto l'affermazione di "metafisicità" del noumeno...)
Non capisco nemmeno il perchè di questa critica "ad ampio raggio" all'intera filosofia di Kant (posto
anche che su alcuni aspetti la condivido, come ad esempio sulla problematicità di fondare un paradigma
oggettivo per la morale ed il giudizio - di fatto impossibile, dopo il "non sapere" decretato dalla
Ragion Pura). Ma, diciamo, ci può stare.
saluti
#204
Tematiche Filosofiche / Re:L'Io e l'Altro
29 Marzo 2019, 22:39:30 PM
Citazione di: sgiombo il 29 Marzo 2019, 22:20:01 PM
Per me (ma mi pare anche per Kant) fenomeno é ciò che appare alla coscienza, ciò che é sentito; e non ciò che é interpretato, pensato, ecc. (come invece mi pare lo intenda tu). Può anche essere pensato, ma allora alla coscienza appare (anche) il fenomeno "pensiero che pensa (considera, predica, ecc.) altri fenomeni coscienti (ulteriori rispetto ad esso)".

E noumeno é ciò che é reale in sé, non sentito, non apparente alla coscienza (che può esserci oppure no, che può anche essere costituito da nulla: non é dimostrabile né che nient' altro che i fenomeni esista né che esista qualcos' altro); e non invece (come invece mi pare lo intenda tu) ciò che é (qualsiasi cosa sia, anche fenomeni) senza essere fatto oggetto di (fenomeni costituenti) pensieri, considerazioni teoriche, perdicazioni, ecc.

Ciao Sgiombo
Non mi è facile capire cosa intendi...
Personalmente la penso come C.S.Peirce: "già il pensare è inserire il pensato in una catena
segnica", che tradotto in termini kantiani vuol dire: "già il pensarla vuol dire far
diventare la cosa in sé fenomeno".
Dicevo precedentemente che Kant così definisce la conoscenza: "la conoscenza comprende
due punti: in primo luogo un concetto per cui in generale un oggetto è pensato secondo le
categorie, e in secondo luogo l'intuizione con cui esso è dato".
Riconosci in questa definizione la tua distinzione fra ciò che appare alla coscienza
(intuito) e ciò che è interpretato (pensato)?
saluti
#205
Tematiche Filosofiche / Re:L'Io e l'Altro
29 Marzo 2019, 22:15:53 PM
Citazione di: paul11 il 29 Marzo 2019, 18:55:01 PM
Il limite del noumeno è quindi non nel procedimento fra analisi e sintesi deduttivo ,ma quando il pensiero deduttivo trascende se stesso  per andare nel dominio metafisico.

Ciao Paul
A proposito dei modi cui, in Kant ma direi fin dallo Stoicismo (da cui queste tesi derivano),
l'oggetto è "dato" all'intuizione, dicevo in una precedente risposta all'amica Lou: "E proprio
in quanto l'oggetto "in sé" è dato passivamente al soggetto interpretante che esso rappresenta
un concetto-limite; che circoscrive le pretese della sensibilità (della conoscenza); ma che
le circoscrive in senso negativo IN QUANTO il senso positivo (l'intuizione intellettuale) non
è di pertinenza dell'essere umano.
In altre parole, Kant intende la "cosa in sé" come intuizione intellettuale "passiva"; "negativa".
Questo perchè Kant (sempre nella Analitica dei Principi) afferma: "lo stesso noumeno è l'oggetto
di una intuizione non sensibile", quindi verrebbe da dire necessariamente intellettuale, ma
ammessa in negativo, in quanto in positivo non potrebbe essere propria dell'essere umano.
Ora, a parer mio questi "ingarbugliamenti" sono dati dal fatto che Kant "intuiva" (in senso
moderno, per carità...) la relatività, ma naturalmente non ne aveva chiarezza.
Oggi è secondo me molto più facile capire il concetto che sottostà al noumeno, o oggetto in sé,
e lo si può facilmente intendere se pensiamo, ad esempio, all'oggetto "primo" della semiotica.
Vorrei un tuo parere su queste cose e un chiarimento sulla frase da me riportata in citazione.
saluti
#206
Tematiche Filosofiche / Re:L'Io e l'Altro
29 Marzo 2019, 21:30:27 PM
Citazione di: sgiombo il 29 Marzo 2019, 08:14:32 AM
Premetto ancora una volta che su Kant, dati i miei limiti culturali, potrei sbagliarmi.

Ma indipendentemente da qualsiasi pretesa di fedeltà al konigsbegese (ragiono "a ruota libera", sulla questione, non allo scopo di capire Kant ma di cercare di capire la realtà in cui vivo), mi sembra chiaramente sensato e intelligibile intendere il noumeno o cosa in sé come non apparente sensibilmente alla coscienza (non-fenomeno, letteralmente) ma pensabile, immaginabile: ciò (qualcosa di in qualche inevitabilmente oscuro modo o senso reale) che continuerebbe ad esistere anche in assenza di percezione fenomenica dei fenomeni coscienti (che potrebbe includere il soggetto e gli oggetti di essi; ma essendo per definizione non osservabile potrebbe essere "di tutto e di più", ivi compreso eventualmente "il nulla", dal momento che é -per me; senza pretendere di fare una  corretta esegesi di Kant- indimostrabile, oltre che ovviamente non empiricamente constatabile, -ma solo ipotizzabile: potrebbe anche non esserci realmente).

Ciao Sgiombo
Condivido tutto fuorchè le ultime righe: perchè mai potrebbe non esserci?
Voglio dire: secondo logica come fa ad esserci l'interpretazione ma non l'interpretato?
saluti
#207
Tematiche Filosofiche / Re:L'Io e l'Altro
29 Marzo 2019, 19:03:20 PM
Citazione di: tersite il 29 Marzo 2019, 15:50:45 PM
@ tutti


Volesse una persona  concettualizzare il termine "noumeno" come "tutto quello che non cade all' interno della finestra percettiva" quanto sarebbe lontana dal vero?


Ciao Tersite
Mi perdonerai se provo a spostare un attimo il discorso da Kant alla semiotica (uno spostamento
poi non certo grandissimo), ma la terminologia kantiana, essendo quella che è (cioè per noi di
200 anni e passa successivi a lui desueta), rischia di complicare inutilmente il discorso.
Allora, anni fa parlando con un "cultore" della semiotica gli sentii dire: "l'oggetto primo, quello
da cui si origina la catena delle interpretazioni, non esiste".
Io gli replicai: "ma come fa a non esistere, se è l'oggetto cui il "segno" si riferisce? Qualcuno
può dire, ad esempio, che un segnale stadale preannuncia un qualcosa che non esiste?".
Lui mi replicò che l'"esistenza" è tale solo a seguito di una interpretazione (che è la posizione
di Carlo Sini, allora suo "maestro").
Beh, diversa è la posizione di altri eminenti semiologi, come ad esempio U.Eco, che si riferiscono
all'"oggetto primo" in termini negativi: come ciò non che "è", ma come ciò che non potrebbe sicuramente
essere (e qui ci starebbe più che bene il paragone con l'"intuizione intellettuale negativa" di Kant,
ma non complichiamo senza motivo).
Quindi ecco, volendo definire il "noumeno", o "cosa in sé" in una riga io direi: "l'oggetto puro, cioè al netto delle interpretazioni".
saluti
#208
Tematiche Filosofiche / Re:L'Io e l'Altro
29 Marzo 2019, 18:38:51 PM
Citazione di: Menandro il 29 Marzo 2019, 11:37:18 AM
L'affermazione di Gentile "l'oggetto, in quanto pensato, non può essere una realtà indipendente dal soggetto che lo pensa" che sia vera o meno non è contraddittoria. E' contraddittorio, una volta che ci siamo posti da un punto di vista idealistico, continuare a parlare di cosa in sé. Per Gentile la cosa in sé non esiste, perché tutto appare all'interno del pensiero. Quindi, se Gentile ha ragione, Levinas ha torto, perché non c'è più niente che non sia riducibile al soggetto pensante. Quello che non ho capito è chi dei due secondo te ha ragione.
Chiedo scusa se mi esprimo sbrigativamente, non è un tono polemico, ma sto facendo due cose alla volta... mi rendo conto che per le mie capacità è un azzardo :)

Ciao Menandro
No, mi hai capito male o mi sono espresso male io: non è l'affermazione di Gentile ad essere
contraddittoria (anzi, io penso che essa descriva una "grande verità", per usare la terminologia
di Levinas), ma l'affermazione della "cosa in sè", che in quanto pensata non può essere tale,
ma fenomeno.
Quindi la mia risposta ai tuoi rilievi va riletta alla luce di questa precisazione.
saluti
#209
Tematiche Filosofiche / Re:L'Io e l'Altro
29 Marzo 2019, 15:31:19 PM
Citazione di: Lou il 29 Marzo 2019, 09:37:48 AM

A me pare che si possa parlare correttamente di noumeno solo nel senso di non oggetto di intuizione sensibile.


Ciao Lou
Certamente non si può parlare della cosa in sè come oggetto di "conoscenza", questo è ovvio.
Se ne può però parlare in termini di "intuizione" (perchè questa, ritengo, è la domanda)?
Andiamo a vedere cosa Kant intende per "conoscenza": ("la conoscenza comprende
due punti: in primo luogo un concetto per cui in generale un oggetto è pensato secondo le
categorie, e in secondo luogo l'intuizione con cui esso è dato").
Quanto all'"intuizione" Kant distingue fra l'intuizione sensibile e quella intellettuale,
con solo la prima di pertinenza dell'essere umano, cui l'oggetto è "dato" (quindi che gli è
dato "passivamente", cioè in senso negativo).
E proprio in quanto l'oggetto "in sé" è dato passivamente al soggetto interpretante che esso
rappresenta un concetto-limite; che circoscrive le pretese della sensibilità (della conoscenza);
ma che le circoscrive in senso negativo IN QUANTO il senso positivo (l'intuizione intellettuale)
non è di pertinenza dell'essere umano.
In altre parole, Kant intende la "cosa in sé" come intuizione intellettuale "passiva"; "negativa"
(e sarebbe molto interessante confrontare le conclusioni di Kant con la "conoscenza negativa",
che dicevo, di U.Eco).
Ora, io credo che prenderemmo un grave abbaglio se restassimo ancorati alla tesi kantiana "in sé".
La cosa più importante che Kant ci dice è che l'oggetto "esiste" a prescindere dal soggetto che
lo interpreta, e che è conoscibile solo molto "problematicamente", come la teoria della relatività
(che Cassirer indicò come comprovante la teoresi kantiana), dopo molti decenni, confermerà.
Ma più importante ancora ritengo sia che Kant mantiene salda quella distinzione fra soggetto e oggetto,
fra "io" e "altro", che è alla base di questa discussione sulla filosofia di Levinas (e che a
parer mio non è mantenuta dalla Fenomenologia in quanto essa "prende" il fenomeno kantiano e lo
trasforma "idealisticamente" in essenza).
saluti
#210
Tematiche Filosofiche / Re:L'Io e l'Altro
29 Marzo 2019, 10:00:46 AM
Citazione di: Menandro il 28 Marzo 2019, 22:02:01 PM
Salve 0xdeadbeef,
hai citato Gentile e Severino: in questo caso alla tua domanda Severino risponderebbe che il concetto di cosa in sé è contraddittorio, cioè secondo logica se l'intelletto la può afferrare, la cosa non è più "in sé", ma aperta al conoscere. Se anche solo la sua esistenza è manifesta, l'inconoscibilità non sussiste.


Ciao Menandro
Ti "ri-cito" Gentile: "l'oggetto, in quanto pensato, non può essere una realtà indipendente
dal soggetto che lo pensa". Questo vuol chiaramente dire che la "cosa in sé", in quanto
pensata, è un fenomeno...
Certo, è così, e per comprendere questa (apparente) contraddizione è necessario tornare al
concetto di "intuizione immediata", concetto di radice stoica poi ripreso soprattutto dalla
filosofia anglosassone (come illustro sinteticamente in altri dei miei ultimi interventi).
Visto che quel che è in discussione è l'intero "sguardo sul mondo" occidentale (perchè è
questo che Levinas dice), è necessario tornare almeno un attimo alla radice "assoluta" (che,
come dice Levinas, è la "fusione" platonica di soggetto e oggetto - sono costretto a rimandarti
ai precedenti interventi).
Questa "fusione" (evidentissima in S.Agostino, che dice: "ogni conoscenza deriva insieme dal
conoscente e dal conosciuto"), nello Stoicismo, non avviene. Nello Stoicismo soggetto e oggetto
(conoscente e conosciuto) rimangono nettamente distinti, e l'oggetto, percepito in maniera
"evidente ed immediata", rimane appunto "altro" dal soggetto che ne viene a conoscenza.
Ora, chiaramente di acqua sotto i ponti ne passa parecchia prima di arrivare ai nostri giorni.
Diciamo che questi due "filoni" di pensiero sopravvivono appunto fino all'Idealismo, che sotto
certi aspetti fa piazza pulita perfino dell'empirismo anglosassone classicamente inteso (che
ancora distingueva il soggetto dall'oggetto). Un Idealismo che, si badi bene, anche per Levinas
non dice certo sciocchezze (quella di Gentile non è certo una sciocchezza), ma porta a conclusione
(appunto nella "ontologia dell'io" contemporanea) quella "fusione" che per Levinas parte già con
Parmenide.
Ora, il discorso è, ovviamente, molto complesso me ne rendo conto). Ma per capirlo occorre a mio
parere andare "là" dove l'oggetto "scompare" NEL soggetto. e questo luogo è "fra" Kant e Fichte.
saluti