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Messaggi - donquixote

#196
Attualità / Re:Eutanasia e D.A.T.
28 Febbraio 2017, 10:54:59 AM
Come al solito (e come sottolinea giustamente Duc) si tira in ballo la Chiesa per giustificare uno stato e un Parlamento che che non vogliono decidere. La Chiesa conta pochissimo di questi tempi (ed è peraltro presente anche in tutti i paesi europei che hanno leggi di questo genere) e il pontificato di Francesco va inoltre nella direzione di una sempre più decisa "laicizzazione" della dottrina sociale. Condivido quindi la visione di Duc secondo la quale se non subito al massimo fra qualche anno una legge del genere ci sarà anche in Italia, e personalmente trovo molto triste che la Chiesa Cattolica, che un tempo era molto più seria di quella di oggi, si sia ridotta a combattere battaglie di retroguardia e già perse in partenza come quelle sulle unioni civili o questa sul "fine vita" che oltre ad essere oggettivamente antistoriche non hanno più alcuna connessione con i principi dottrinali che dovrebbe custodire e tramandare ma che invece ha progressivamente svuotato di senso.
Ma a parte questo sarebbe interessante conoscere i "principi" laici secondo i quali è giusto che uno stato conceda ai cittadini il diritto di praticare il suicidio assistito. Se questo principio, come pare, è la libertà del cittadino di disporre della propria vita e quindi di decidere quando ritiene che questa non sia più degna di essere vissuta e quindi lo stato deve intervenire a garantire il "libero diritto alla morte" allora se lo si fa non si deve porre alcun limite a questo diritto. Se la decisione spetta al cittadino allora chi meglio di qualcuno nel pieno possesso delle proprie facoltà fisiche e mentali e nella piena capacità di intendere e volere può decidere se continuare a vivere o meno se decide che per qualche ragione la sua vita non è più degna di essere vissuta? Perchè mai si dovrebbe limitare questo diritto solo a coloro che sono in condizioni più o meno disperate e sicuramente le loro facoltà di intendere e volere sono quantomeno alterate? Perchè far decidere i medici, o i giudici, o i parenti, o qualsiasi altra "autorità"? Qualche tempo fa si è suicidato un signore che aveva perso quasi duecentomila euro di obbligazioni di una di quelle banche tristemente famose di questi tempi: questo signore era sano, non moriva affatto di fame, aveva una pensione di oltre 2000 euro al mese, eppure quei duecentomila euro (che non gli servivano altrimenti non li avrebbe investiti) erano evidentemente la sua ragione di vita: se non avesse avuto il fegato di "fare da sé" lo stato avrebbe dovuto garantirgli un "aiutino"?  Si abbia almeno il coraggio di portare fino in fondo il discorso sulla libertà di autodeterminazione e non creare ulteriori gabbie che lo limitino, se questo è il principio da seguire per redigere le norme di legge. E non si capisce come mai, ad esempio, se la libertà di autodeterminazione dell'individuo deve essere considerato un diritto da garantire allora esistono leggi che impongono l'uso delle cinture di sicurezza in auto o del casco in moto. Se il rischio è solo mio perchè mai non posso assumermelo? Ed è abbastanza paradossale che quel personaggio di cui si parla in questo caso pare abbia preteso dai suoi amici e parenti, prima di morire, la promessa che avrebbero sempre allacciato le cinture di sicurezza; lui voleva avere la libertà di morire ma non concedeva ad altri quella di allacciarsi o meno le cinture: mirabile esempio di coerenza. Senza contare che personalmente trovo di una inaccettabile violenza il fatto che quando lo stato si deve occupare di "garantire" un diritto significa che lo deve fare usando i soldi di tutti i cittadini, anche di quelli fermamente contrari a pratiche come l'aborto, la fecondazione assistita o l'eutanasia. Un conto è concedere la possibilità legale di praticare l'aborto o l'eutanasia, altro è pagarlo con i soldi di tutti, anche di quelli che magari a causa di un "errore" mantengono a fatica dei figli solo perchè si sono assunti sino in fondo la responsabilità di quell'errore e delle sue conseguenze mentre altri che non lo fanno, come quel signore che è morto ieri e che è rimasto vittima di un incidente da lui stesso causato, vengono addirittura definiti "eroi".
#197
Citazione di: acquario69 il 26 Febbraio 2017, 22:17:08 PM
Citazione di: donquixote il 26 Febbraio 2017, 21:10:01 PM
Se è vero che si devono fare delle scelte bisognerebbe però avere come orizzonte l'equilibrio e l'armonia, e non affermare arbitrariamente gerarchie di valori che poi ognuno interpreterà secondo la propria convenienza.

In questo senso a me non può non venire il forte sospetto persino sul caso di quella ragazza citata da davintro,dove al di la del suo caso particolare e dietro la facciata pietista se ne sarebbe fatto uno sponsor di sicuro effetto a favore di giganteschi interessi e convenienze come potrebbero essere quelli delle lobby farmaceutiche

Puntare sull'emotività, l'empatia, la solidarietà e la compassione (come nel caso odierno di quel tizio che è andato in Svizzera per poter usufruire dell'eutanasia) è il metodo più subdolo, truffaldino e disgustoso che qualcuno possa  adottare per ottenere o meno provvedimenti legislativi che di "solidaristico" non hanno quasi mai niente, ma invece hanno quasi sempre molto di affaristico.
#198
Citazione di: davintro il 26 Febbraio 2017, 02:03:53 AMPer il resto penso che l'assunzione di una gerarchia etica sia qualcosa di imprescindibile, una sorta di trascendentale, per ogni scelta che compiamo nella vita. La vita è fatta di scelte e le scelte presuppongono sempre una discriminazione, una differenziazione di valore per cui ci sono conseguenze che favoriscono alcuni invece che altri, e presuppongono che i destinatari dei benefici abbiano per chi sceglie un valore superiore nella sua scala gerarchia morale personale rispetto a chi quelle scelte svantaggiano. E questo non solo tra specie diverse, ma tra individui diversi nella stessa specie. Il bene che facciamo ai nostri cari, parenti, amici, conoscenti, che a totali estranei non faremmo è espressione di questa gerarchia valoriale, per cui cose e persone occupano differenti livelli di considerazione, ed in virtù di tali differenze possiamo operare scelte che inevitabilmente favoriscono alcuni e sfavoriscono altri. Questo non vuol dire che ogni gerarchia implica violenza nei confronti di chi occupa livelli inferiori, perché poi questa inferiorità è solo relativa, poniamo qualcuno inferiore rispetto a chi poniamo ai livelli superiori, ma poi questo qualcuno è sempre superiore ad altri. Porre gli animali come inferiori nella gerarchia etica agli uomini non vuol dire odiarli e operare gratuitamente violenza su di loro, ad esempio posso dire che trovo lecito nutrirmi di animali (anche molto per golosità, spero di non esagerare...), ma che trovo immorali cose come maltrattamenti inutili o la caccia per sport., "moralizzarli" poi lo trovo assurdo, perché il moralizzare avrebbe senso nei confronti di chi una coscienza morale l'avrebbe quantomeno a livello potenziale, ma se così fosse dovremmo riservare agli animali lo stesso livello di spiritualità degli uomini, affiancandoli di fatto nella gerarchia, cosicché non ha senso porre la "moralizzazione" come implicazione delle differenze gerarchiche. La gerarchia agisce nel senso, ad esempio, di porre come lecita moralmente oltre che scientificamente necessaria, la sperimentazione animale per testare farmaci per malattie che colpiscono l'uomo, la sperimentazione ha legittimità nella misura in cui si ritiene che le cavie occupino un livello inferiore nella nostra scala di valori rispetto agli uomini, non c'entra nulla l'odio, si tratta di anteporre il bene di una specie a un'altra nel momento in cui sorge un conflitto, si tratta di un rapporto di subordinazione. Non a caso gli antispecisti che contestano l'idea della superiorità etica dell'uomo sugli animali sono contrari anche alla sperimentazione, vedi la serie di offese, insulti, minacce di qualche anno fa contro quella povera ragazza malata che rivendicava come necessaria la sperimentazione sugli animali per i farmaci che la tenevano in vita ma non per questo si può dire quella ragazza tutto fosse una nemica degli animali, anzi...

A me sembra che un discorso di questo genere sia alquanto pericoloso perchè essendo l'etica la dottrina che separa il bene dal male una qualunque gerarchia etica non potrà che essere una gerarchia fra buoni e meno buoni (o più cattivi), e se lo scopo dell'etica è quello di far trionfare il bene allora quelli che sono meno "buoni" o lo diventano oppure devono essere eliminati. Se dovessimo fare davvero un discorso "etico" bisognerebbe inoltre affermare che gli animali sono più "buoni" degli uomini in quanto non possiedono le caratteristiche che hanno costretto l'uomo a darsi delle regole in quanto naturalmente è "homini lupus" come diceva Hobbes. Eventualmente si può considerare una gerarchia di valori ma anche in questo caso la questione è molto "pelosa" poichè come dicevi qui sopra ognuno ne ha una propria  solitamente elaborata su base affettiva e quindi difficile da condividere per altri (la grande maggioranza delle persone che possiedono animali ammazzerebbero molto più volentieri un uomo invece del proprio animale). Se è vero che si devono fare delle scelte bisognerebbe però avere come orizzonte l'equilibrio e l'armonia, e non affermare arbitrariamente gerarchie di valori che poi ognuno interpreterà secondo la propria convenienza. Se gli animali venissero genericamente considerati "esseri inferiori" a disposizione dell'uomo non si capisce perchè mai si dovrebbe avere la possibilità di cibarsi di loro e non anche ucciderli per puro divertimento. Se il mondo si sviluppa attraverso i conflitti e quotidianamente si creano conflitti fra il bisogno dell'uomo di cibarsi e quello degli animali di vivere, e questo viene risolto a favore del primo, almeno lo si faccia con il dovuto rispetto per la vita che si è soppressa, e tale rispetto si esprime anche nel cibarsi di ogni parte commestibile dell'animale, non fare come oggi che se ne consuma solo una piccola percentuale e il resto viene utilizzato per alimentare altri animali o per aumentare il volume dei rifiuti. E allo stesso modo bisognerebbe agire con l'uso degli animali ai fini medico/scientifici: trovo comprensibile uccidere un animale se questo può sicuramente salvare in qualche modo la vita ad un uomo, ma trovo invece profondamente ignobile uccidere milioni di animali solo per alimentare "tentativi" di guarire malattie che fra l'altro non sono molto spesso nemmeno mortali, rischiando come frequentemente è capitato insuccessi che rendono totalmente inutili quelle mattanze. Le "gerarchie di valori" sono sempre molto pericolose, perchè dato che ciascuno comunque le fa individualmente, se le si formalizzano e le si ufficializzano non vi sarà nemmeno più il freno della cattiva coscienza a contenere comportamenti atroci, e siccome queste necessariamente vengono applicate anche all'interno della specie umana può capitare una cosa come è capitata in Messico due mesi fa ove la polizia ha fermato un camion sull'autostrada che conteneva oltre 50 cadaveri di bambini a cui erano stati prelevati gli organi, che sono stati venduti negli USA dai trafficanti di droga che hanno ritenuto conveniente "diversificare" il business. Diceva Feyerabend che il modo migliore per testare un'idea è quello di estremizzarla: prova ad estremizzare l'idea di una differenza "valoriale" fra la vita degli animali e quella degli uomini e ti troverai a pensare necessariamente che se fosse indispensabile uccidere tutti gli animali della terra per salvare la vita di un uomo bisognerebbe farlo: e poi?
#199
Percorsi ed Esperienze / Re:Mondi dell'utopia
25 Febbraio 2017, 14:24:34 PM
Citazione di: Sariputra il 24 Febbraio 2017, 18:53:01 PMSono sostanzialmente d'accordo con Apeiron e con il Don che l'unico vero e profondo cambiamento sociale può venire solo da un cambiamento interiore dell'uomo. Ma anche questa, purtroppo, è utopia.

Questa non è affatto utopia, se si considera il fatto che il cambiamento interiore non è assimilabile ad un "progetto educativo" finalizzato alla realizzazione di un qualche disegno di società da realizzare in tempi determinati, ma è semplicemente lo stimolo a manifestare le qualità che gli appartenenti a quella comunità già possiedono e che le istituzioni devono armonizzare.

Citazione di: Sariputra il 24 Febbraio 2017, 18:53:01 PMCome mi appare utopia il pensare che le società umane abbiano la capacità di autoregolarsi e ben lo stiamo vedendo ( e vivendo) in questi anni nello sfociare di tutte le contraddizioni e le violenze che questo modello sociale fondato sul possesso dei beni e sulla competizione sfrenata sta portando. E' anche difficile stabilire se sono stati più i morti provocati dalle "utopie" in un certo modo imposte alle popolazioni o quelli provocati dalla società capitalistica che ormai impera in ogni continente. Non mi sembra che il livello di conflittualità e di violenza sia diminuito se non che questa conflittualità viene sapientemente "dislocata" in territori altri dai nervi del potere e qui si risolve in una mattanza di persone inutili ai fini della produzione di beni e di ricchezza. L'utopia per me ha il valore di una meta verso cui tendere, una sorta di obiettivo, senza il quale l'uomo non solo rinuncia a cambiare, ma infine dispera di cambiare ( ed è il sentimento comune della maggior parte della popolazione mondiale...).

Una società non potrà mai autoregolarsi se i valori a cui si appoggia sono quelli moderni, basati sull'accaparramento di beni materiali, sulla "crescita" infinita e sulla competitività di tutti contro tutti. E per quanto concerne i morti certamente sono stati in numero maggiore quelli provocati dai tentativi di realizzare le utopie moderne (se consideriamo per calcolarli un periodo di tempo analogo), ma il capitalismo attuale non è altro che l'ennesima utopia che, diversamente dalle altre, non è sociale ma individuale. Il capitalismo insegna a idealizzare un proprio personale "paradiso terrestre" (il famigerato "american dream") e a fare di tutto per perseguirlo, e se per fare ciò sarà talvolta necessario qualche conflitto armato questo sarà solo una deviazione e un "danno collaterale", poichè il capitalismo per sopravvivere ha bisogno della vita, ha bisogno di sempre più "clienti consumatori" che inizino a consumare dai pannolini fino ai pannoloni, e quindi il capitalismo ha bisogno di uccidere l'anima delle persone, non certo il corpo. Il capitalismo è di fatto il "satana" che le dottrine descrivono da sempre e che in cambio dei beni materiali ti toglie ciò che caratterizza l'uomo come tale: la cultura, la spiritualità; e la loro mancanza rende l'uomo non un animale, che ha già un suo equilibrio e non ha bisogno di cultura e spiritualità, ma una bestia o un bruto.
#200
Sono d'accordo sul fatto che questo antispecismo così di moda (c'è un filosofo australiano che si chiama Peter Singer che ne ha fatto una ragione di vita) è una forma estremizzata di materialismo, poichè nega le peculiarità umane riducendo tutto alle esigenze biologiche (e tutt'al più emozionali) comuni sia all'uomo che agli animali, ma del resto e per la stessa ragione il medesimo ragionamento riduzionista viene proposto all'interno della stessa specie umana ritenendo nei fatti la cultura come un orpello trascurabile dato che, quando si parla ad esempio di integrazione degli stranieri, si dice solitamente che quando hanno una casa, un lavoro e "pagano le tasse" l'integrazione sarebbe compiuta, riducendo quindi la complessità dell'uomo alla soddisfazione delle sue mere esigenze materiali, e quindi limitandolo di fatto alla sua biologia.
Per il resto non mi trovo d'accordo con la tua tesi perchè se è vero che l'uomo può, a differenza degli animali, fare tutte le cose che elenchi, prima di tutto non è detto che gli animali non abbiano anch'essi una vita spirituale (dato che di loro non sappiamo praticamente nulla) e soprattutto trovo del tutto insensato stilare una "gerarchia" fra le specie. La morale, l'arte, la filosofia, la musica eccetera sono attività prettamente umane che possono essere valutate solo in quell'ambito. Se uno pensa di essere "migliore" degli animali perchè è in grado di concettualizzare ciò che vede, un'aquila potrebbe pensare di essere migliore di altre specie (e anche dell'uomo) perchè riesce a volare ad un'altezza stratosferica senza mezzi tecnici e ha una vista acutissima, e così via.  Ogni specie è a suo modo utile all'equilibrio complessivo e si comporta di conseguenza, ma se vogliamo guardare l'unica specie che non contribuisce all'equilibrio ambientale ma lo distrugge è proprio l'uomo (basta pensare che non si concede alla terra nemmeno dopo morto), e dunque ognuna di esse merita rispetto per quello che è. L'etica è una caratteristica peculiare dell'uomo, per cui non vedo come si possa, partendo da questa, fare una classifica coinvolgendo le altre specie che non la possiedono (o forse la possiedono in modo talmente profondo da comportarsi istintivamente in modo etico senza doversi porre il problema di "pensarci su"). L'unico modo morale, a mio avviso, per comportarsi con gli animali è rispettarli per quello che sono (la famosa "regola d'oro" è valida nei confronti di qualunque ente dell'universo), dunque trattarli da animali e non da uomini e cibarsi di loro esattamente come molte specie animali si cibano di altre specie animali, conseguentemente alla loro natura. Sempre perà salvaguardando l'equilibrio complessivo e non ad esempio eliminando milioni di animali della foresta spianandola per allevare qualche migliaio di vacche di cui una grande percentuale finirà nei cassonetti cittadini. Una gerarchia di importanza delle specie stilata sulla base di criteri morali è sempre molto pericolosa perchè dato che non è possibile "moralizzare" gli animali l'unico modo per moralizzare il mondo sarebbe dunque quello di eliminare le specie ritenute più immorali (e poi su su fino all'uomo), che non mi pare esattamente il modo corretto di rapportarsi con l'ambiente.
#201
Percorsi ed Esperienze / Re:Mondi dell'utopia
24 Febbraio 2017, 18:18:44 PM
L'utopia di Buddhadasa, nelle sue linee generali, non è molto diversa dalla cosiddetta "teologia della liberazione" in voga nell'america latina, ed è uno dei numerosi e maldestri tentativi di applicazione "politica" di una dottrina che idealizzando l'uomo di fatto lo disumanizza. Le dottrine utopiche che hanno avuto un tentativo di applicazione nella realtà sono clamorosamente fallite nel sangue, nell'infelicità e nella disperazione, perchè non esiste un ideale "paradiso" qui sulla terra e la "politica", da quando esiste come scienza e come tecnica di governo, ha continuamente peggiorato le condizioni dei popoli anzichè migliorarle (o se le ha migliorate questo miglioramento è stata una tragica illusione e si è verificato per brevissimi periodi che successivamente sono stati dolorosamente pagati da quelli che sono venuti dopo). Il socialismo in particolare (che lo si chiami "dhammico" o in qualunque altro modo), se è più o meno come descritto, è una delle ideologie più disumane che esistano perchè con la sua malintesa idea di un'uguaglianza in realtà inesistente (checchè ne pensasse Voltaire che non aveva capito un tubo) intende perseguirla appiattendo e uniformizzando (spesso ad ogni costo e con qualunque mezzo) tutte le persone al medesimo standard (che ovviamente deve essere quello di livello inferiore poichè dal "meno" non si può trarre il "più" ma solo viceversa) mortificando così gli spiriti migliori e costringendoli in una gabbia. Il problema essenziale di queste utopie è quello di non avere senso della realtà, di non riuscire a vedere gli uomini come sono ma solo come se li immagina chi se le inventa, e di non comprendere innanzitutto che ognuno di noi è diverso da qualunque altro e il dovere di una comunità che abbia senso e persegua l'equilibrio e l'armonia fra tutti è quello di mettere chiunque nelle condizioni di esprimersi al meglio per quello che è in grado di dare. Nonostante il periodo in cui Buddhadasa concepì quell'idea fosse quello in cui in Cina e poi in tutto il sud-est asiatico le idee socialiste (variamente interpretate, fra cui, più avanti nel tempo, quelle di Pol_Pot e dei Khmer rossi in Cambogia che ingaggiavano una guerriglia costante ai confini con la Thailandia) ebbero il successo maggiore ed è comprensibile come un giovane come lui (ai tempi) potesse essere attratto da esse, mi risulta che poi fosse rientrato nei "ranghi" del sangha, anche se rimase una specie di "mito" per tutti gli idealisti filovietnamiti e filocambogiani.
L'altro errore esiziale della politica e di coloro che ritengono di avere una "visione" della società (utopica o meno) e intendono perseguirla (cosa questa peraltro molto moderna) è quello di avere una mentalità meccanicistica che li conduce ad elaborare un progetto e poi tentare di realizzarlo, come fosse un grattacielo o un ponte; ma gli uomini non sono mattoni, non sono oggetti inanimati che dove li metti stanno, e se li obblighi con la forza delle leggi o della violenza nella migliore delle ipotesi costruirai una società di infelici e di frustrati. La comunità umana è un organismo vivo, ove ogni appartenente ad essa deve trovare da sé il proprio ruolo al suo interno e realizzarlo al massimo delle proprie potenzialità. Il compito di coloro che stanno al vertice della gerarchia dovrebbe essere quello di trasmettere i valori spirituali su cui si base tale comunità (ed è solo questo che avrebbe dovuto fare Buddhadasa per adempiere al suo ruolo) e amministrarla gestendo le istituzioni in modo da mantenere l'armonia e l'equilibrio fra le varie componenti sociali, considerando il fatto che come un organismo si sviluppa dall'interno verso l'esterno più che "progettare" un'utopia dovrebbe sviluppare la cultura e lo spirito del popolo in modo che questo si manifesti spontaneamente nelle azioni e sgorghi dall'interno di ogni persona. Questo comportamento è quello che è stato adottato dal sovrano di Thailandia morto qualche mese fa che, in collaborazione con il sangha, ha elaborato la "filosofia della sufficienza" convincendo i thai a vedersi come popolo e collaborare gli uni con gli altri per garantire la "sufficienza" di ognuno, e poi se per qualcuno particolarmente abile viene qualcosa di più è tutto grasso che cola, condannando peraltro l'avidità e la competizione come "motore dello sviluppo". Se anzichè quel sovrano illuminato i thai avessero avuto un altro monarca molto probabilmente adesso occuperebbero il posto del Giappone o della Corea del sud nello scacchiere economico internazionale, ma certo non si potrebbe definire la Thailandia "la terra del sorriso".
#202
Citazione di: Angelo Cannata il 23 Febbraio 2017, 21:06:05 PM
Citazione di: donquixote il 23 Febbraio 2017, 20:44:23 PMSembra che ci fosse un tempo, ma tanto tempo fa, in cui certe presupposte persone nel presumibile momento in cui sembrava che facessero certe immaginarie ipotesi forse arrivava un ipotetico "pellicano" a sirene spiegate e due supposti infermieri con l'apparente fisico di culturisti fantasticavano di legarle con apparenti camicie di forza e congetturavano di trasportarle in un presunto luogo con dubbie pareti imbottite in cui non potessero immaginare di danneggiare se stessi e gli altri. Ma sembra, eh...
sgiombo ce l'ha con me perché l'ho accusato di essere pronto a mandare gente al manicomio. Dopo le sue proteste alla mia affermazione, mi augurò di guarire, confermando ciò che avevo detto. Non è una novità che metafisici e tradizionalisti mostrino particolare simpatia per la prospettiva di mandare gente al manicomio.

Non si può sapere se un ipotetico sgiombo abbia una supposta opinione su qualcuno, perchè forse non esiste sgiombo, e probabilmente non esiste nemmeno qualcuno. Chissà... E pare che nessuno faccia congetture intorno al manicomio, perchè non si sa bene cosa questo possa essere, non v'è certezza alcuna, e nemmeno è sicuro che esista la congettura, dunque apparentemente non è possibile. È inoltre una mera ipotesi che vi siano novità, poichè il nuovo presuppone un divenire, ma sembra che questo non sia certo (o forse lo è... mah; o magari lo è a giorni alterni, forse). E potrebbe anche essere che metafisici provano simpatia, ma l'altra metà magari no, non si può sapere per certo, o forse i tradizionalisti potrebbero credere di essere in manicomio (se sapessero cos'è) in mezzo alla gente a giocare al gioco della prospettiva, che sembra che sia una specie di girotondo che forse si fa tenendosi per mano con un ipotetico scolapasta in testa (o forse era la testa sopra il colapasta? boh... è uguale, tanto tutto è relativo).
#203
Sembra che ci fosse un tempo, ma tanto tempo fa, in cui certe presupposte persone nel presumibile momento in cui sembrava che facessero certe immaginarie ipotesi  forse arrivava un ipotetico "pellicano" a sirene spiegate e due supposti infermieri con l'apparente fisico di culturisti fantasticavano di legarle con apparenti camicie di forza e congetturavano di trasportarle in un presunto luogo con dubbie pareti imbottite in cui non potessero immaginare di danneggiare se stessi e gli altri. Ma sembra, eh...
#204
Citazione di: InVerno il 21 Febbraio 2017, 20:35:19 PMA parte il fatto che io penso che la condanna della donna Eva\Pandora sia solo un elaborazione successiva di un filone mitologico nato in società matrilineari e matriarcali, dove la donna aveva il potere di fare questa decisione (a differenza dell'uomo, che successivamente non si è dato pace). La mitologia in se è abbastanza chiara, Eva coglie il frutto prima che il peccato originale la contamini, Pandora è curiosa ben prima che il vaso si apra. L'uomo era già "macchiato" prima di macchiarsi, altrimenti non avrebbe avuto alcun motivo per commettere il gesto in se. Poco soddisfacente pensare che "solo la donna" fosse impura, il femminino non è alienabile a piacimento, e che la curiosità sia femmina è una questione ridicola. Se poi andiamo a cercare la più plausibile spiegazione storica del mito Adamitico, un tempio a una quindicina di chilometri dalla supposta casa di Abramo, scopriamo infatti che la costruzione del tempio stesso costrinse i cacciatori\raccoglitori a fermarsi in loco per quasi cinque secoli e a "piegare la natura" per sopravvivere sedentariamente. E' nata prima la necessità del tempio nel cuore dell'uomo, o il peccato agricolo che poi verrà maledetto seppellendo il tempio stesso per vergogna? Questo non mi sembra un dilemma alla uovo\gallina, mi sembra chiaro in entrambi i casi. Queste mitologie vengono citate sempre ad evidenziare che "poteva andare diversamente". Ma poteva?

I miti sono stati inventati per spiegare, ovviamente, cose già accadute, e come le metafore non vanno forzati oltre il loro significato intrinseco ed essenziale analizzando ogni singolo vocabolo utilizzato nel racconto, altrimenti perdono qualsiasi significato (come non bisogna necessariamente trovare riferimenti storici precisi perchè se la storia racconta ciò che è accaduto una volta il mito racconta ciò che accade ogni giorno). Solo nella modernità si può supporre che le cose, nel mito, sarebbero potute andare diversamente, mentre al tempo in cui i miti erano di moda si sapeva bene che se le cose sono andate così è perchè "dovevano" andare così, e il mito è una semplice "presa d'atto" di come sono andate le cose, una "giustificazione", per quanto allegorica, dell'esistente. Poi il comportamento di Eva (e quindi la critica al "femminino") non è determinato solo dalla curiosità ma anche dalla vanità, dalla superbia, dal facile cedimento alle promesse e alle lusinghe, considerando ovviamente il discorso del serpente. E Pandora è stata "fabbricata" apposta dagli dei così com'era: Pandora significa infatti "colei che ricevette doni da tutti gli Dei", ma anche "colei che fu dono (agli uomini) da parte di tutti gli Dei" e ricevette in particolare, da Ermes, «un'anima di cagna e indole ingannatrice» come racconta Esiodo.
#205
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
21 Febbraio 2017, 19:09:52 PM
Citazione di: Apeiron il 20 Febbraio 2017, 15:32:18 PMMa chiedo io: Duc ritiene cristiano donquixote e donquixote ritiene cristiano Duc? Avete due prospettive completamente diverse.

Il Cristianesimo è una religione, con la sua Chiesa, le sue regole, i suoi riti, la sua morale eccetera; il cristiano è colui che aderisce a tale religione per cui ritengo che Duc sia certamente un cristiano. Ogni persona che invece si accosta ad una dottrina metafisica che sta alla base di una religione non si può dire propriamente appartenente a quella religione ma semplicemente uno studioso di metafisica o un "cercatore di verità". Se al termine della ricerca si rende conto che tutte le dottrine delle grandi tradizioni (quella cristiana, quella islamica, quella induista, quella buddhista, quella taoista eccetera) affermano essenzialmente la medesima cosa non può che prenderne atto, anche se ogni tradizione elabora ed esprime la medesima verità con dottrine diverse ponendo l'enfasi su alcuni aspetti invece che su altri. Diceva Ibn Arabi, uno dei più grandi maestri dell'Islam: "Il Mio cuore è divenuto capace di accogliere ogni forma, è pascolo per le gazzelle, un convento per i monaci cristiani, è un tempio per gli idoli, è la Ka'ba del pellegrino, é le tavole della Torah, è il libro sacro del Corano. Io seguo la religione dell'amore, quale mai sia la strada che prende la sua carovana: questo è mio credo e mia fede". Per quanto riguarda il "credere" ognuno che vuole partire alla ricerca di qualcosa deve credere: se io cerco le chiavi di casa devo prima "credere" di averle perse; gli scienziati che hanno speso anni e anni (e miliardi di euro) per cercare il "bosone di Higgs" hanno fermamente "creduto" che questo esistesse, altrimenti non avrebbero potuto nemmeno iniziare la ricerca. Gandhi disse un giorno: "Prima credevo che Dio fosse la verità, adesso so che la verità è Dio";  per andare alla ricerca di Dio devi crederci, altrimenti vai alla ricerca del nulla e ti fermi subito. Il dubbio è un ostacolo nel cammino della ricerca, non certo uno stimolo, perchè più il dubbio sarà intenso e più farà desistere dalla ricerca, mentre più la fede sarà salda più impegno si metterà nella ricerca. Poi molti si fermeranno alla prima affermazione di Gandhi ritenendosi soddisfatti (o non avendo la capacità, il talento e la costanza di iniziare e portare avanti una ricerca seria), ma chi invece, come Gandhi, percorre tutto il cammino allora arriva a dire "so", e quando hai la sapienza la fede non è più necessaria, come gli scienziati del CERN "sanno" che esiste il bosone di Higgs e non hanno più alcun bisogno di credere nella sua esistenza. Per quanto riguarda la questione dell'io prova ad andare a cercare in rete il sermone di Meister Eckhart intitolato "beati pauperes spiritu" e se riesci a comprenderlo vedrai che lì c'è tutta l'essenza del Cristianesimo e anche del buddhismo dato che sia pur espressa diversamente è la medesima. Se poi interessa approfondire c'è un interessante volume scritto da D.T. Suzuki (professore di filosofia buddhista a Kyoto e riconosciuto come il più autorevole rappresentante contemporaneo del buddhismo zen - morto 50 anni fa) intitolato "Misticismo cristiano e buddhista".
#206
Paul
per essere più precisi bisogna considerare che l'episodio del peccato originale evidenzia la proibizione della conoscenza "del bene e del male", ovvero la conoscenza divisiva, frammentaria, manichea; la conoscenza della materia, che essendo indefinitamente divisibile verrà (come del resto è stato fatto) polverizzata, atomizzata, e la sua conoscenza trasformata in fenomenologia, perdendo quindi di vista la connessione di ogni ente e di ogni fenomeno con ciò che  permette a tutti gli enti e i fenomeni di sussistere e di essere ciò che sono, e perdendo altresì di vista il loro posto nel disegno complessivo del "Sommo Geometra".
#207
Citazione di: InVerno il 20 Febbraio 2017, 18:50:01 PMIo sono d'accordo in via generale con il sentimento delle vostre opinioni (non riguardo all'urbanizzazione dei contadini, avvenuta molto prima della globalizzazione). 

Forse ti è sfuggito il fatto che per urbanizzazione dei contadini si intende, come ho scritto nel mio messaggio, quelli dei paesi "in via di sviluppo" che è avvenuta in massa proprio a seguito della globalizzazione (basta guardare Cina e India). Per il resto, a parte la grave contraddizione quando affermi:

Citazione di: InVerno il 20 Febbraio 2017, 18:50:01 PMsenza la globalizzazione quelle poche realtà agricole sarebbero morte in una maniera ancora più rapida a seguito dell'industrializzazione

poichè l'industrializzazione (stiamo sempre parlando dei paesi "in via di sviluppo") è avvenuta proprio a seguito della globalizzazione e quindi senza di questa l'industrializzazione non sarebbe esplosa, non è questione di esaltazione della purezza, non c'è niente di assolutamente puro nel mondo del divenire, ma è una questione di dinamiche e di equilibri. L'obiettivo di una cultura sensata dovrebbe tendere all'adeguamento alle dinamiche naturali e trovare (e mantenere) un proprio equilibrio interno, e una cultura basata sullo sfruttamento indiscriminato di risorse non rinnovabili nei medesimi tempi che si impiega a consumarle, sulla crescita economica progressiva e sulla competizione permanente sia una cultura totalmente squilibrata in cui prevalgono dinamiche distruttive.
#208
Citazione di: Eretiko il 18 Febbraio 2017, 11:09:10 AMLa separazione netta che tu fai tra "sapere metafisico deduttivo" e "sapere scientifico induttivo" è proprio quello che sto contestando dall'inizio di questa discussione; ancor più contesto l'affermazione che il sapere scientifico sia (esclusivamente) induttivo. Se lo scopo della discussione è fornire spunti di riflessione allora è bene, ancor prima di giungere alla tesi finale che ognuno, liberamente, potrà elaborare, partire da ipotesi iniziali condivise (invece anche su queste siamo, sembra, irrimediabilmente divisi). In particolare, come ho già affermato in altri post, ho l'impressione che ci sia in molte persone un approccio sbagliato nei confronti del metodo scientifico, che si continua ad identificare erroneamente in un puro e semplice metodo induttivo (che era quello della scienza antica) e che mai potrebbe produrre una "verità" perché non si può ovviamente "indurre" una legge universale dall'osservazione ingenua di un fenomeno contingente (come metaforicamente faceva notare Russel a proposito del "tacchino induttivista"). Per questo avevo invocato una maggior cultura scientifica, intesa come comprensione di fondo della metodologia base del metodo scientifico, proprio per sgombrare il campo definitivamente da questo infondato pre-giudizio negativo.

Tutti sanno perfettamente che chiunque (di qualunque cultura) utilizza entrambi i metodi (deduttivo e induttivo) per elaborare il proprio sapere, ma se uno vuol fare una sintesi schematica la fa sulla base della prevalenza (o meglio della gerarchia) di uno rispetto all'altro. Se guardi i messaggi che ho scritto questo l'ho evidenziato, anche se magari in modo indiretto. Ma visto che è così difficile capirsi proverò ad essere più chiaro: immagina un puzzle formato da 20 miliardi di pezzi tutti sparsi alla rinfusa davanti a un rappresentante della cultura deduttiva o metafisica (che per comodità chiamerò "tradizionale") e uno uguale sparso innanzi ad un rappresentante della cultura induttiva o scientifica (che per comodità chiamerò "moderna"); il primo sa, perché gliel'hanno insegnato i suoi avi i quali a loro volta l'hanno imparato dai loro e così via (anche se non è affatto escluso che ci possa arrivare anche da solo), che quella montagna di pezzi sono tutti parte di un unico disegno, anche se non sa di che disegno si tratti perché non l'ha fatto lui e nessuno glielo ha mostrato. Il secondo invece, negando l'insegnamento dei suoi genitori e dei suoi nonni e affidandosi solo ai suoi sensi, rifiuta a priori l'idea che vi sia un disegno complessivo e vuole guardarci dentro da solo, e osservando con i suoi occhi vede che ogni pezzo del puzzle ha un disegno, una figura, e crede che quello sia esattamente e solo quello che è (o meglio che lui ha deciso che sia), indipendente da tutti gli altri pezzi, come fosse una cosa a sé.
Mentre il rappresentante della cultura tradizionale sa, perché gliel'hanno insegnato, che anch'egli e ogni  suo simile è parte di quel disegno anche se gli risulterà difficile trovare i tasselli che lo riguardano e metterli nella giusta posizione all'interno del quadro complessivo, quello della cultura moderna non lo sa poiché pensa di essere un'altra cosa, separata, rispetto alla montagna di pezzi che ha davanti (da qui l'invenzione della "conoscenza oggettiva"); si ritiene anzi  il "dominus" di quei tasselli perché in fin dei conti è stato lui a conoscerli, a nominarli, come il personaggio del Piccolo Principe si credeva il padrone delle stelle perché era stato il primo a contarle.
La tradizione si rende conto della piccolezza dell'uomo dinnanzi all'immensità dell'universo, che rispetta e teme poiché sa che questa può schiacciarlo quando vuole, mentre alla modernità basta sottomettere qualche animale con l'allevamento oppure piantare ordinatamente qualche seme convincendosi di essere lui e non la natura a controllarne la crescita, per illudersi di poter controllare, col tempo, tutto ciò che vi è in cielo e sulla terra. La tradizione è convinta che siccome l'uomo è un prodotto dell'universo come tutti gli altri animali dovrà limitare (osservando appunto quel che fanno gli animali) la propria conoscenza induttiva e "funzionale" ai tasselli del mondo che gli serviranno a garantire la propria sopravvivenza (basta leggere seri trattati di antropologia per vedere come molti popoli possedessero una tassonomia solo per le piante che ritengono utili all'uomo in qualche modo, mentre tutte le altre le chiamano semplicemente "piante"), mentre la modernità classifica qualunque cosa vede, utile o non utile, illudendosi che la conoscenza di quanti più frammenti possibile lo possa condurre a scoprire il disegno completo del puzzle.
Da quando Cartesio, nel tentativo di ripensare da capo tutta la filosofia precedente, proclamò il famoso "cogito ergo sum" sottintendendo di fatto che ciò che non pensa nemmeno è, ha ribadito e definitivamente cristallizzato la superiorità dell'uomo su qualunque altro ente dell'universo, e se questi ultimi esistono è solamente perché l'uomo, col suo pensiero, gli fornisce la dignità dell'esistenza. Protagora diceva "L'uomo è misura di tutte le cose", ma questa è una semplice ovvietà perché se noi fossimo pesci avrebbe detto "il pesce è misura di tutte le cose" dato che ogni specie e ogni ente si rapporta con gli altri enti in modo differente e partendo dalle proprie caratteristiche, dai propri bisogni e dalle proprie esigenze. Se la tradizione, quindi la cultura deduttiva, pone come assoluto colui che ha "progettato" e ha dato vita al disegno rappresentato da tutti i pezzi del puzzle e cerca di trovare il suo posto all'interno di questo disegno rispettando nel contempo il posto di tutti gli altri enti e di tutte le altre specie, ed essendo, questo "geometra" (come diceva Platone), uno, assoluto, inconoscibile, inaccessibile, incommensurabile, ineffabile non può essere ridotto a "servitore" di qualcuno ma solo di se stesso (e tutti gli altri enti dell'universo sono, in qualche modo, al suo "servizio"), la modernità ha invece, come già avevo sottolineato nel mio primo messaggio, posto come assoluto l'uomo,  la specie umana, e quindi le sue esigenze, i suoi bisogni, i suoi desideri, le sue necessità. Il maggior errore della modernità è stato quello di idolatrare l'uomo, ovvero in altri termini quello di assolutizzare il relativo (poiché l'uomo è ovviamente un relativo e non un assoluto), di porre al di sopra della scala gerarchica universale ciò che ne è invece solo un piccolo, e in sé insignificante, frammento. Per questa ragione dicevo che l'uomo tradizionale guarda lontano e "vede" l'universo, mentre l'uomo moderno vede solo il suo ombelico.
Dunque la cultura tradizionale può utilizzare senza alcun problema un linguaggio mitico, allegorico, favolistico, immaginifico, fantasioso per raccontare il fuoco, o i fulmini, o le eclissi, o l'eruzione di un vulcano, o i comportamenti degli animali e delle piante fino agli aspetti psicologici e caratteriali degli uomini poiché la sua è una cultura deduttiva e quindi "giustificativa"; ogni fenomeno del mondo, piccolo o grande che sia, ha una sola giustificazione nel "volere" di Colui che sovrintende l'universo, lo ha "disegnato" così com'è e lo mantiene in vita (anche qui da noi si diceva una volta "non si muove foglia che Dio non voglia") e i racconti di fantasia che servono a spiegare ogni singolo fenomeno hanno la funzione di placare in modo coerente con la cultura di riferimento (utilizzando quindi i simboli e le allegorie riconoscibile da quella cultura) il desiderio umano di curiosità (e se del caso a consolare le sue ansie e le sue sofferenze) senza che vi sia il pericolo che tale conoscenza possa essere utilizzata per modificare alcuni aspetti delle dinamiche universali che dovevano comunque essere rispettate. Poi alcuni (anzi molti, poi dipende dalle culture) di questi racconti e di questi miti sono metafore elaborate  in modo che potessero avere anche una funzione e una dignità prettamente intellettuale, filosofica e metafisica e potessero tradursi nella forma letteraria e concettuale che siamo più abituati ad usare noi (basta guardare la Bibbia, oppure la Bhagavad Gita, oppure molti romanzi epici di ogni cultura e di ogni tempo), come del resto molte favole sono evocative di concetti morali che vengono espressi in forma non concettuale.
L'uomo moderno invece, ponendosi come assoluto, riconduce la conoscenza a sé, la modifica e la elabora per renderla funzionale alle proprie esigenze (di solito si "conosce" qualcosa non come effettivamente è, ma si esalta la conoscenza di quelle caratteristiche che possono essere di una qualche utilità o pericolosità per l'uomo), ritiene che il mondo e l'universo si siano formati per "caso" per cui tocca a lui, all'uomo, mettere "ordine" in questo caos incomprensibile. Per questa ragione tutta la sua conoscenza è indirizzata non a comprendere il mondo così com'è per adeguarvisi, ma a porlo sotto il proprio controllo, sotto il proprio "ordine", intervenendo con la tecnica e la tecnologia ove possibile e cercando di prevederne ogni comportamento ove l'intervento umano non è ancora possibile. Se la deduzione della cultura tradizionale parte da un punto centrale dell'universo e si irradia attraverso il movimento ordinato dei pianeti fino alla crescita del filo d'erba, e riconduce ad esso ogni conoscenza sensoriale e induttiva, quella della cultura moderna pone al centro l'uomo, e riconduce ad esso e alle sue esigenze ogni successiva induzione.
Il "progresso" della modernità non si è sviluppato solo nell'ambito della conoscenza del comportamento degli enti e della relazione fra loro, ma è parallelamente proseguito anche in termini "filosofici" prima affermando che alcuni "settori" della specie umana che a volte vengono chiamate "razze" e altre volte "etnie" erano superiori ad altri (per cui le loro esigenze potevano essere perseguite a discapito di quelle delle "razze" inferiori) e poi arrivando all'oggi in cui si afferma che ogni singolo uomo ha il diritto di "sfruttare" l'universo per soddisfare le sue proprie esigenze, i suoi propri desideri, i suoi propri capricci, per cui la conoscenza scientifica e funzionale dovrà essere progressivamente disponibile sotto forma di tecnica e tecnologia per qualunque uomo sulla faccia della terra ne faccia richiesta, poiché questo è considerato un suo "diritto" sacrosanto, e il progresso della "civiltà" consiste essenzialmente in questo. Mi pare quindi che questo quadro sintetizzi i quattro tratti caratteristici essenziali che ho elencato nel primo messaggio e che differenziano la cultura "deduttiva" o tradizionale da quella "induttiva" o moderna che può essere anche definita "funzionale" ad un relativo, l'uomo, che è stato arbitrariamente posto come assoluto, ed oltre a determinare l'atomizzazione culturale dei vari individui che vedranno l'universo intero ruotare intorno al proprio ombelico ha creato le condizioni di un conflitto permanente fra la specie umana e le dinamiche naturali.
#209
Citazione di: InVerno il 19 Febbraio 2017, 00:59:47 AMNon c'è bisogno di aspettare l'armageddon per farlo, io lo faccio, ma non sono un autarchico, sono uno stronzo. La tecnologia necessaria per questo tipo di progetto è interamente dovuta a quel malevolo e meschino ambiente di "movimenti finanziari". Suvvia, credete che solo il trattore? Pannelli fotovoltaici.. già, sotto le foglie d'autunno. Stalle.. già, crescono se bagnate il terreno. Ed i Mormoni sono fintamente autarchici nella stessa maniera. Ah, l'economia calcola con avidità anche l'orto. L'invito è quello di provare invece di bagnarvi di sogni notturni, i terreni e i fabbricati in zona rurale si svendono in questo momento, vi posso tranquillamente indicare una decina di terreni e fabbricati che potete portarvi a casa con una decina di mensilità.. Ma poi? Le teorie di Massimo Fini "vorrei essere un morto di fame del Sudan" e poi non trova mai il biglietto per partire..

Ognuno utilizza le armi dialettiche che ha a disposizione, e questa supponenza denota probabilmente una carenza di argomentazioni più convincenti. Quando con Paul si parlava di queste cose lo si faceva citando coloro che esaltano la globalizzazione affermando che questa ha "fatto uscire dalla povertà" milioni di persone nei cosiddetti paesi in via di sviluppo. Nei fatti però lungi dal fare questo la globalizzazione ha solamente "urbanizzato" milioni di contadini che campavano con l'economia di sussistenza inserendoli in una economia di mercato che si misura con il movimento di denaro e quindi fornisce solo l'apparenza di una maggiore ricchezza e di un maggiore "benessere" (e non può peraltro quantificare ciò che è andato perduto in termini di rapporti umani, distruzione dell'humus culturale, aumento della solitudine, incremento di stress e malattie psicosomatiche e così via) poichè li renderà dipendenti dal volere di altri uomini (siano essi datori di lavoro o clienti) che non potranno mai rendere più sicura e serena la vita di qualcuno poiché tenderanno sempre ad approfittarsi di loro e a sfruttarli per i loro scopi, e si sa che gli uomini non sono certo affidabili e sinceri come la natura. Una volta che è stato perso l'equilibrio precedente legato ai cicli della terra e delle stagioni si entra letteralmente in un altro mondo, nella spirale della crescita esponenziale dei bisogni, delle speranze e dei desideri da cui poi non si riesce ad uscire. Se in campagna più o meno tutti vivono allo stesso modo nelle metropoli si "tocca con mano" l'american dream (e le sue distorsioni), si vive fianco a fianco con uno che guadagna (e spende) in un mese quello che tu non riusciresti a guadagnare in una vita e inevitabilmente viene da pensare "ma se ce l'ha fatta lui che magari è anche un po' cretino perché mai non dovrei farcela io che sono anche più intelligente?". Così si rimane schiavi dell'idea che "prima o poi" verrà anche il tuo momento, e ogni sia pur piccolo progresso nel tenore di vita illude che ve ne siano sempre di più non essendo previsto un limite (che invece in natura esiste e lo si può verificare vivendoci). Si crea quindi una dipendenza pari a quella delle droghe da cui è molto difficile uscire: l'orto ti fornisce frutta e verdura e la stalla latte, formaggi e carne, e questi beni sono indispensabili per sopravvivere e deperiscono se non utilizzati; il lavoro invece fornisce un reddito, ovvero un bene non deperibile che può essere accumulato indefinitamente ed essere scambiato con beni non indispensabili alla sopravvivenza. Questo fatto ingenera l'idea del futuro, ovvero di un tempo lontano in cui con tutto il reddito accumulato oggi si potrà in seguito vivere bene senza lavorare, o si potrà trasferirlo ai figli per permettere a loro di non lavorare. Ma anche questa idea si sta perdendo perché il sistema si regge solo se continua a correre, come una bicicletta che se si ferma perde l'equilibrio, e quindi si è costretti a procrastinare "il futuro" sempre più in là fino ad annullarlo. Si vive dunque nell'illusione di un futuro sereno che non vi sarà mai mentre il presente viene sacrificato sull'altare di questa illusione. Solo pochissimi si rendono conto dell'assurdità di questa condizione che a detta dei loro sostenitori dovrebbe generare "benessere" per tutti (o per il maggior numero) e tenteranno quindi di perseguire un equilibrio e mantenerlo (che certo non si può fare all'interno di questo sistema in cui "chi si ferma è perduto") mentre la stragrande maggioranza si roderà il fegato tentendo di "vendersi" come schiavi a ogni sorta di padrone che si servirà di loro finché questo gli garberà e poi li eliminerà come scarpe vecchie. La stragrande maggioranza degli uomini occidentali (o occidentalizzati) e urbanizzati sono come animali che avendo perso ogni capacità di procurarsi il cibo da sé sono costretti ad elemosinare il cibo dalla "generosità" altrui (e, come dicono gli inglesi, "non esiste un pasto gratis") perdendo dunque la propria indipendenza, la propria libertà, il proprio onore, la propria dignità, la propria cultura e quindi, tutto sommato, la propria umanità.
#210
Se cortesemente riusciste a inserire questo interessante dibattito nel contesto più ampio del confronto fra modelli diversi di culture e magari evidenziare in quale senso la priorità assegnata all'economia contribuisca alla disgregazione dell'occidente oppure viceversa alla sua unità sarebbe certamente più in tema. Grazie per la collaborazione.