Citazione di: Carlo Pierini il 18 Agosto 2017, 15:48:32 PMTi do i miei "due centesimi" (prima che escano dal conio!): a prima vista, ho il sospetto che la comparazione per somiglianze (poiché, al di là della retorica "differenza=risorsa" e al netto dell'"apofenia" latente, le differenze non possono che essere un virus per il confronto che mira alla radice comune) sia un tentativo di ripercorrere controcorrente, a ritroso, ciò che nella storia si è gradualmente intessuto in contesti e latitudini differenti, ma ciò che troverà alla fine (o all'inizio) potrebbe anche non avere nulla di trascendentale/divino...
Per dimostrare che esiste una fonte unica di ispirazione di tutti i simbolismi sacri del Pianeta è necessaria una grande mole di indizi convergenti
La ricerca di un codice transculturale ed omniesplicativo, di un senso universale originario, di una traccia del divino scevra da elaborazioni metaforiche, secondo me, dopo lungo e travagliato viaggio, potrebbe riportare come un boomerang a quello che è da sempre il punto di partenza (e di arrivo) di ogni velleità interpretativa, l'unico "fil rouge" comune che non è mai stato smarrito nella storia dell'uomo... ovvero l'uomo stesso! E quanto più generalizziamo e approssimiamo per amor di comparazione e sincretismo, tanto più ciò che tratteggiamo è semplicemente l'indole umana: l'uomo è attaccato alla vita e teme la morte; l'uomo è attratto dalla luce e ha paura del buio; l'uomo ha bisogno di un habitat in cui orientarsi perché sente il bisogno di rassicuranti punti di riferimento; l'uomo ha orrore del vuoto, per cui tende a riempirlo (in qualunque modo); l'uomo ragiona in modo dicotomico, o "binario" diremmo oggi (io/tu, si/no, bene/male, buono/cattivo, questo/quello, etc.) e così via...
Tutte le simbologie, le religioni-filosofie, le narrazioni mitologiche, etc. non vertono forse sempre (seppur allegoricamente) su questi punti fissi? A cos'altro può portare una comparazione sommaria fra tutte le culture umane, se non alla profilazione dell'uomo "di base", nella sua nuda, istintiva, generica "attitudine mentale"?
Che possa portare ad un "deus absconditus" che ci ha lasciato indizi babelici come sua traccia? Improbabile (sempre secondo me): più individuiamo archetipi generali e condivisi, più sono generiche le informazioni di cui disponiamo (qualche numero ricorrente e qualche topos da racconto epico), e più sono vaghe tali informazioni, più è difficile stringere il campo per focalizzare un risultato preciso e "fruibile" (ad esempio, più "gemelliamo" religioni differenti, come islam e buddismo, più dio diventa indefinito e misterioso, privato dell'identità peculiare che ogni religione gli ascrive... in fondo, sappiamo già che il denominatore comune di tutte le religioni è la presenza del divino, ma tale denominatore non significa molto se non lo coniughiamo con caratteristiche più "funzionali", e gli stessi archetipi religiosi, nella loro vaghezza, non rivelano nulla di chiaro della divinità).
Ciò che andiamo connotando in tali ricerche è piuttosto l'uomo nelle sue caratteristiche comportamentali e psicologiche. Possiamo dare alle suddette attitudini dell'uomo molti significati e declinazioni di senso (come è di fatto successo nella storia del genere umano), ma restano caratteristiche vere, almeno da quando l'uomo è sedentario (neolitico?), e non mi sembrano troppo cambiate (mutatis mutandis) nemmeno ora che siamo nell'epoca del web, della fisica quantistica e del mercato globale.
P.s.
Non so se ho (involontariamente) banalizzato troppo, ma la comparazione fra culture e approcci estremamente divergenti mi pare un dotto ed intrigante divertissement, il cui fine è in se stesso, piuttosto che nel risultato che può raggiungere (al di là della redazione del suddetto "inventario ragionato").