L'esistenza umana vincolata rigidamente al determinismo è una concezione offensiva nei confronti della versatilità non solo di homo sapiens ma anche di tutti i primati superiori. È ovvio che ogni nostra azione è causata da forze meccaniche, insorgenze ambientali, motivazioni interne, a sua volta innescate da precedenti forze meccaniche, precedenti insorgenze ambientali e precedenti motivazioni interne.
Ma l'uomo è in grado di farsi delle domande "riflessive" su di sè, sul senso del mondo, sul senso della giustizia e del vivere insieme agli altri, a cui ha dato, nel corso dei secoli, risposte di tutti i tipi. Se si trattasse di determinismo ci dovremmo rassegnare a definirlo "determinismo Arlecchino".
In realtà il determinismo rigido e il fatalismo dovuto ad una causalità non preventivabile sono due facce della stessa medaglia, che esentano l'uomo da ogni responsabilità rispetto al proprio operato.
Esistono precondizioni rigide che vanno tenute presente nell'agire dell'uomo, la cui libertà non è mai assoluta (ad esempio non posso decidere di volare o di diventare presidente dell'Eni). Esistono, inoltre, "contingenze" ambientali "casuali" che limitano ulteriormente la nostra autonomia, come le ricombinazioni genetiche o le catastrofi geofisiche o geopolitiche, fino al vaso di fiori che cade per un colpo di vento sulla testa di un passante.
Ma all'interno di questa cornice la libertà dell'uomo è massima e solo in questo modo è tra l'altro possibile riconoscere la "responsabilità" dell'uomo sul suo operato.
Che la nostra libertà sia effettivamente tale è definita in modo sublime, ad esempio, da Musil: "la natura umana è altrettanto idonea all'antropofagia quanto alla critica della ragione pura".
Ma l'uomo è in grado di farsi delle domande "riflessive" su di sè, sul senso del mondo, sul senso della giustizia e del vivere insieme agli altri, a cui ha dato, nel corso dei secoli, risposte di tutti i tipi. Se si trattasse di determinismo ci dovremmo rassegnare a definirlo "determinismo Arlecchino".
In realtà il determinismo rigido e il fatalismo dovuto ad una causalità non preventivabile sono due facce della stessa medaglia, che esentano l'uomo da ogni responsabilità rispetto al proprio operato.
Esistono precondizioni rigide che vanno tenute presente nell'agire dell'uomo, la cui libertà non è mai assoluta (ad esempio non posso decidere di volare o di diventare presidente dell'Eni). Esistono, inoltre, "contingenze" ambientali "casuali" che limitano ulteriormente la nostra autonomia, come le ricombinazioni genetiche o le catastrofi geofisiche o geopolitiche, fino al vaso di fiori che cade per un colpo di vento sulla testa di un passante.
Ma all'interno di questa cornice la libertà dell'uomo è massima e solo in questo modo è tra l'altro possibile riconoscere la "responsabilità" dell'uomo sul suo operato.
Che la nostra libertà sia effettivamente tale è definita in modo sublime, ad esempio, da Musil: "la natura umana è altrettanto idonea all'antropofagia quanto alla critica della ragione pura".

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