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Messaggi - sgiombo

#1966
Tematiche Filosofiche / Re:Esistenza dell'eternità
17 Aprile 2018, 13:11:25 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 16 Aprile 2018, 21:40:02 PM
Citazione di: viator il 14 Aprile 2018, 16:19:06 PM
Salve. Esiste l'eternità secondo voi ?
Che l'Esistente sia eterno io lo dò per scontato.
Il ragionamento è semplice.
Se l'Esistente non fosse eterno, vorrebbe dire che ha avuto un inizio.
Se ha avuto un inizio, vuol dire che prima dell'inizio dell'Esistente, non c'era nulla.
Ma se non c'era nulla, non c'era nemmeno alcuna Causa Iniziale che potesse trarre alcunché da quel Nulla.
Dunque, l'inizio dell'Esistente a partire da un precedente Nulla è palesemente assurdo.
Pertanto, è da rigettare l'ipotesi iniziale che l'Esistente abbia avuto un inizio; e se l'Esistente non ha avuto un inizio, per una sorta di simmetria non potrà avere nemmeno una fine, altrimenti dovremmo assumere la sussistenza di una Causa Finale che, nell'atto di cancellare la manifestazione, cancella anche se stessa.
CitazioneIl ragionamento non fila per due motivi.
Il primo é l' errore costituito dall' affermazione da me evidenziata con grassetto:
Necessariamente ("vuol dire che") prima non c' era nulla se hanno avuto inizio tutti gli esistenti (tutto ciò che esiste); e non se ha avuto inizio un esistente (il che non implica il non esserci prima di tale inizio alcun altro esistente).
Questo vale solo se per "Esistente" intendi "un esistente", una parte di ciò che esiste (un ente esistente, fra altri enti esistenti).

Se invece per "Esistente" intendi "l' esistente", tutto ciò che esiste, allora é comunque erronea la frase successiva, da me evidenziata con sottolineatura:
Perché mai affinché tutto ciò che esiste, onde iniziare ad esistere, deve per forza avere una causa iniziale che lo faccia esistere?
Non é contraddittoria l' ipotesi (impossibile il fatto) che qualcosa inizi ad esistere (e finisca di esistere) non esistendo nulla prima che lo abbia causato (né dopo).
E questo sia che non si dia concatenazione causale di eventi (ovvero divenire ordinato, relativo, parziale, secondo modalità generali astraibili dal pensiero universali e costanti); sia perfino nel caso si dia concatenazione causale di eventi (ovvero divenire ordinato; dall' inizio del' esistenza di qualcosa, ovvero di tutto ciò che esiste divenendo deterministicamente, almeno in un senso "debole" o probabilistico-statistico di divenire).

Inoltre non credo che la simmetria sia un argomento cogente per qualsiasi affermazione circa la realtà: perché mai le cose reali dovrebbero per forza essere necessariamente  simmetriche e non potrebbero invece anche essere asimmetriche?
"Chi l' ha detto"?
#1967
Citazione di: epicurus il 16 Aprile 2018, 11:15:00 AM


Citazione di: green demetr il 14 Aprile 2018, 09:31:22 AMSe io ti chiedo hai freddo? uno mi dice no, l'altro sì.
Perché il sentire freddo o meno riguarda, appunto, una sensazione. E visto che le persone hanno sensazioni differenti, è corretto che una persona risponda in modo diversa dall'altra. Se la persona descriverà correttamente la propria sensazione, allora dirà il vero, altrimenti il falso.
CitazioneMi sembra che discutendo con me negassi la mia affermazione che se una persona descrive correttamente la propria sensazione (ma anche solo afferma che accade una propria sensazione in quanto tale -mera apparenza sensibile o fenomenica- dandosi il caso che tale sensazione accada), allora certamente dirà il vero. (e non che sia certo che una qualche persona predica l' accadere di una qualche sua affermazione o meno).
A quanto pare (qui) invece concordi con me.



Citazione di: green demetr il 14 Aprile 2018, 09:31:22 AMIo parlo di avanzamento delle conoscenze quando vi è una utilità, che però va tarata rispetto a chi tale utilità la usa e la riconosce, per se, e non per altri, effettivamente utile.
Io invece parlo di avanzamento della conoscenza quando aumentiamo le verità che noi abbiamo scoperto. E per verità intendo l'accertamento di come stanno i fatti. Ma qui stiamo andando offtopic: la questione discussa qui non è ontologica, bensì gnoseologica.
CitazioneAnche se la conoscenza dei fatti non é ragionevolmente applicabile alla pratica?

Mi era sembrato il contrario...

Cioé che negassi autentica razionalità a credenze che applicate alla pratica non fossero ragionevoli (applicabili in pratica -e non credibili teoricamente- solo da pazzi).


#1968
@ Epicurus

vorrei far notare in conclusione che

Il giudizio analitico a priori "i giudizi analitici a priori sono certi (certamente veri; ovviamente se condotti correttamente: errare humanum est)" é un' affermazione "positiva", che dunque non ha alcuna analogia formale col paradosso del mentitore "io mento"; ha una struttura formale piuttosto simile all' affermazione contraria, "io dico il vero", la quale non ha nulla di paradossale.

Mentre invece dei giudizi analitici a priori "i giudizi sintetici a posteriori sono insuperabilmente dubbi (la loro verità é dubbia)", "tranne il caso effimero della (eventuale; ed eventualmente indenne da errori di memoria nel suo svolgersi) predicazione immediata di apparenze fenomeniche (sensibili) presentemente in atto in quanto meramente tali (non interpretate in a alcun modo)", il primo esprime un concetto "negativo" (la non-certezza dei giudizi sintetici a posteriori, della conoscenza della realtà (mentre il secondo rileva una eccezione al primo), e però contrariamente al paradosso del mentitore, non é riflessivo o autoreferenziale: é un giudizio analitico a priori che non predica negativamente circa se stesso ma circa i giudizi sintetici a posteriori: in un certo senso é espresso in un metalinguaggio (analitico a priori) circa un diverso linguaggio (sintetico a posteriori)".
Non é una pretesa affermazione autoconfutantesi.

Noto questo perché in una delle sue obiezioni (all' incertezza dei giudizi sintetici a posteriori) mi sembra di "intravedere" una (errata, se così fosse) sottintesa allusione al paradosso del mentitore.
#1969
Citazione di: epicurus il 16 Aprile 2018, 11:03:46 AM
1. Io ritengo che anche quando dico "Qui e ora mi sembra di vedere un gatto" possa sbagliarmi. E intendo proprio dire che sbaglio alla lettera, su ciò che mi sembra (e non su ciò che è). Cioè proprio nel momento che sto esperendo sbaglio a descrivere quello che mi pare di aver visto. Ma, ammesso e non concesso, che su questo punto tu abbia ragione, come tu dici, sarebbe una questione effimera, poco interessante, nell'economia generale di questa discussione. Quindi, se per te non è un problema, (almeno per il momento) accantonerei la questione.
CitazionePersonalmente la trovo una questione interessantissima (riguarda i limiti della razionalità umana, che é un argomento che mi interessa moltissimo).

Per definizione se (mi) accade l' esperienza di "sembrarmi di vedere un gatto" (anche se in realtà vi fossero due gatti, oppure a sembrarmi un gatto fosse una lince; e anche se si trattasse di un sogno o un' allucinazione) e inoltre accade che penso o dico: "(mi) sembra di vedere un gatto", allora certamente accade (ho) una conoscenza (vera).

N.B.: questa é una deduzione corretta (se realmente la é; essendo sempre banalmente vero che "errare humanum est") da premesse, un giudizio analitico a priori logicamente corretto, che inevitabilmente "paga" la sua certezza con la sua sterilità conoscitiva (mentre i giudizi sintetici a posteriori inevitabilmente "pagano" la loro -possibile- fecondità conoscitiva con la loro incertezza): non sto dicendo nulla su (non ho alcuna conoscenza di) come é-diviene o meno la realtà (potrebbe anche accadere che, poiché la deduzione si svolge in un lasso di tempo finito, la memoria mi inganni e di fatto non stia deducendo in realtà tale deduzione da tali premesse: che ciò accada realmente o meno é un' altra questione), ma sto solamente parlando di un (ipotetico) giudizio analitico a priori o deduzione logica: se effettivamente la si fa (dunque, fra l' altro, se nel caso di essa la memoria non ci inganna), allora la verità della conclusione é certa.

E non trattandosi di un giudizio sintetico a posteriori, ovvero non trattandosi di conoscenza (della realtà), la sua certezza non inficia e non supera lo scetticismo, il quale é dubbio (sospensione del giudizio) circa la (eventuale) conoscenza di come é-diviene o meno la realtà (e non circa la certezza delle conclusioni logiche correttamente tratte da premesse ipotetiche).

2. Nei linguaggi naturali i parlanti usano l'espressione "io sono certo" per esprimere il fatto che sono stati garantiti degli standard epistemici più alti del normale. Quindi non usano "io sono certo" per intendere, come fai tu, "impossibilità logica di essere in errore". Questo è un punto importante, ma appena riconosciuto il problema è bello che risolto: puoi proporre un termine tecnico, tipo "supercerto", che significa proprio quello che vuoi tu.
[Detto tra parentesi, ha senso limitare il dominio di "infallibile", infatti posso dire che io sono infallibile a riconoscere i mentitori, ma fallibilissimo in tutti gli altri campi della conoscenza. Tra l'altro mi riferivo proprio ad una tesi gnoseologica famosa: https://en.wikipedia.org/wiki/Infallibilism]
CitazioneLasciando da parte le questioni meramente terminologiche, cioé i casi nei quali affermiamo le stesse cose con parole diverse (usando il limgiaggio corrente oppure un linguaggio rigorosamente stabilito), vengo al "sodo".

Ha sì senso il concetto di infallibilità (dei giudizi) circa il profferire certi determinati argomenti e non altri, ma non relativamente al profferire un unico giudizio: questo può essere vero o falso, esatto o sbagliato, certo o incerto, mentre "infallibile" significa "che non sbaglia mai (sia pure eventualmente circa argomenti limitati o "circoscritti")", e non "che non ha sbagliato una volta sola".

Infallible =/= certo.

3. Tu dici <<il generico e banale "errare humanum est" é tutt' altra cosa che l' insuperabile dubitabilità dell' induzione e della conoscenza scientifica>>. Ok, sono questioni differenti, ma dal tuo punto di vista devi tener presente anche l'errore sistematico e generalizzato. E qui subentrano i problemi: il gettarti giù non modifica di una virgola le tue certezze, corretto?
CitazioneCerto che ne tengo conto.
E certo che il gettarmi o meno non modifica di una virgola le mie incertezze.
Ma ce c' entra?


4. Naturalmente non ho mai pensato che tu sia malato di mente, anzi, tutt'altro. Quello che io ho detto è che la tua superrazionalità implica l'infermità mentale, e lo hai detto pure tu... che per vivere la vita di tutti i giorni si deve essere fideisti, cioè non essere razionali. Un superrazionalista puro sarebbe infermo mentalmente, anzi, sarebbe morto in pochissimo tempo. Ecco è in questo che io vedo una riduzione all'assurdo della tua concezione della razionalità: non vedo come possa essere chiamata "razionalità" ciò che ha tali conseguenze.
CitazioneQui si ratta di differenze meramente terminologiche; e mi sembra che siamo riusciti a "tradurcele" reciprocamente in maniera abbastanza soddisfacente.

5. Tu dici che sei in grado di distinguere opzioni epistemicamente buone da quelle meno buone, e su questo ne sono ben convinto. Ma solo perché non segui fino in fondo la tua concezione di razionalità. E qui c'è il paradosso: tu ti comporti in modo razionale (cioè nel modo che tutti direbbero razionale) in quanto ti comporti fideisticamente. A me tutto ciò pare assurdo. Non solo la tua concezione di razionalità non discrimina bene le opzioni (sono tutte sullo stesso piano se queste sono logicamente consistenti), ma non ti aiuta neppure a capire quando usare la tua superazionalità e quando invece serve una razionalità più pratica...
CitazioneQui continui a confondere conoscenza teorica pura (razionale) della non razionalmente superabile dubitabilità o incertezza dell' induzione e della conoscenza scientifica da una parte e ragionevolezza (dei comportamenti pratici; che implica credenze fideistiche indimostrabili, teoricamente dubbie) dall' altra.

Probabilmente la questione (filosofica) non é per te di alcun interesse, mentre per me é importantissima in quanto é quella della consapevolezza o meno dei limiti della razionalità (umana; e conseguentemente della conoscenza scientifica), ignorando i quali secondo me non si é conseguentemente razionalisti fino in fondo: per me il fatto di saperlo (evitando di coltivare beate illusioni) é della massima importanza e soddisfazione (per te invece mi pare del tutto irrilevante).

La ragionevolezza pratica serve per l' appunto nella pratica, il razionalismo conseguente nella teoria (per chi intenda essere razionalista conseguente come me, ovviamente).

6. Tu scrivi: "Dove averi mai considerato l' ipotesi che cadendo dal 100° piano si potrebbe sopravvivere (se non con una probabilità infima e con ..."moltissimo culo", cosa che preciso solo ora perché mai in questa discussione mi sono posto il problema) ? ! ? ! ? !". Lo deduco dalla tua teoria, e se mi sono sbagliato mi scuso. Ma mi pare che, seguendo la tua teoria, non puoi dire di essere sicuro che cadendo dal 100° piano tu muoia, non solo, bisogna sospendere il giudizio a riguardo perché è logicamente possibile che si sopravviva. Dico male?
E, dal punto della tua superazionalità, non puoi neppure parlare di probabilità, perché (come tu hai già detto) non si può parlare di probabilità sul cambiamento delle leggi fisiche, oppure la nostra memoria potrebbe ingannarci, oppure potrebbe essere un sogno, ecc.... Quindi dobbiamo limitarci a sospendere il giudizio ad essere rigoroso (cioè superazionalisti) su praticamente tutto.
CitazioneNo, secondo "la mia teoria" non solo é dubbio in teoria che cadendo dal 100° piano si ha un' elevata probabilità di farsi molto male, ma anche che gettandosi dalla finestra del 100° piano si precipiti a terra anziché schizzare verso il cielo (in pratica mi guardo bene dal farlo perché credo infondatamente, fideisticamente -e me ne rendo razionalisticamente conto! Fatto per me, da filosofo, importantissimo!- che precipiterei al suolo e avrei elevatissime probabilità d farmi molto male).

Esatto: dobbiamo limitarci a sospendere il giudizio ad essere rigorosi (cioè conseguentemente razionalisti) su praticamente tutto ciò che riguarda la conoscenza della realtà (non, analiticamente a priori, sulle deduzioni logiche).

(In pratica nessuno che sia comunemente considerato sano di mente si comporta per lo meno come se non fosse rigoroso e se credesse nella verità del' induzione; ma questa é un' altra questione).
7. Riguardo alla tua tesi, il razioscetticismo sgiombiano, dici "Non sospendo il giudizio perché é una predicazione analitica a priori". Ma come ti ho detto, l'argomentare la tua tesi comporta molte parole, e non si può essere (super-)certi che non si sia commesso un qualche errore da qualche parte, no? Inoltre, come ho già scritto, la tua tesi richiede del tempo per svilupparsi, e in tale tempo la tua memoria potrebbe ingannarti. Non sei quindi d'accordo che la tua tesi potrebbe essere sbagliata? E se è così, non essendo possibile escludere in modo (super-)certo che sia falsa, non dovremmo sospendere il giudizio su di essa? (Oltre al fatto che, per la tua stessa tesi, non puoi escludere che, per esempio, tutte le altre persone siano in realtà onniscienti e quindi infallibili... e perciò la tua teoria non sarebbe una teoria generale, ma funzionerebbe solo su di te.)
CitazioneNon si può essere certi che si sia effettivamente fatta una deduzione corretta o meno, anche (non solo) per la fallibilità della memoria (giudizio sintetico a posteriori circa come é-diviene o meno la realtà).
Ma si può essere certissimi che se la si fa, allora la conclusione dalle premesse é certa (certamente vera).

Il giudizio lo dobbiamo sospendere sulla circostanza di fatto reale o meno che la deduzione sia stata effettivamente fatta, e fatta correttamente.
Non sulla sua verità nel caso (ipotetico) sia fatta (in qualsiasi tempo).

Il fatto di non sapere (con certezza; di dubitare, sospendere il giudizio in proposito) se esistono o meno delle altre persone e se -nel caso- siano tutte o in parte onniscienti (ipotesi decisamente cervellotica, di scarsissimo interesse per me) rientra nell' insuperabilità razionale dello scetticismo. 
#1970
Citazione di: baylham il 16 Aprile 2018, 09:52:10 AM
Gesù non ha accettato la sofferenza e la morte, non aveva alternativa, come un condannato a morte.
Tutti gli uomini sono mortali, perché affrettarsi, perché non giocarsi la vita?
CitazioneNOn é personalmente il mio caso, ma se si crede ai vangeli e alla religione cristiana, Gesù accettò la condanna a morte pur potendo:

a) evitare di "incarnarsi";

b) evitare di essere catturato e di essere condannato (dichiarando esplicitamente a Pilato e prima ancora ai sacerdoti ebrei che non era il re di alcun regno e che si sottometteva alla legge dell' "antico testamento".


#1971
Fatto sta che Gesù Cristo (per quel che ne raccontano i vangeli) non ha temuto la morte ed ha accettato la sofferenza (più o meno serenamente), contrariamente alla tua affermazione che secondo questo criterio (il non temere la morte e l' accettare la siofferenza) già Gesù stesso viene a risultare un credente per niente autentico.
#1972
Citazione di: Angelo Cannata il 15 Aprile 2018, 09:34:40 AM
Altro che serenamente, era terrorizzato. I vangeli non lasciano dubbi in proposito. Al Getsemani, pregando nell'imminenza della sua morte, dice ai discepoli "La mia anima è triste fino alla morte". Era talmente spaventato da chiedere a Dio Padre "Se possibile passi da me questo calice". Talmente colpito dall'emozione che Luca dice che era "in preda all'angoscia" e che il suo sudore cadeva a terra come se fossero gocce di sangue, dando luogo all'ipotesi che, a quanto sembra, ciò possa effettivamente avvenire in casi di estrema emozione, per rottura di capillari.
CitazioneCosa pretendi da uno che accetta incolpevole, potendolo evitare, un supplizio orribile e mortale?

Che si metta anche a raccontare barzellette mentre sale lungo lungo il Calvario?
#1973
Citazione di: Angelo Cannata il 15 Aprile 2018, 08:01:08 AM
Citazione di: sileno il 15 Aprile 2018, 07:57:12 AMSolo la religione predica la felicità ultraterrena, svalutando la vita sulla terra.
Quindi gli autentici credenti dovrebbero essere felici, non temere la morte, accogliere la sofferenza come merito per salire iin cielo, ma spesso non è così.
Secondo questo criterio già Gesù stesso viene a risultare un credente per niente autentico.
CitazionePerché?

Gesù Cristo (a parte il fatto che per la religione cristiana non era semplicemente un uomo: non era soltanto un "autentico credente" cristiano) non avrebbe (secondo i vangeli) accettato serenamente la sofferenza e la morte?
#1974
Tematiche Filosofiche / Re:Fisica e Tempo
15 Aprile 2018, 09:10:46 AM
Mi sembra che non solo il determinismo, ma anche il realismo sia del tutto compatibile con la M Q (anche se non nell' interpretazione conformistica); che solo il localismo (il realismo locale in quanto locale e non in quanto realismo) non lo sia.
#1975
Tematiche Filosofiche / Re:Il populismo filosofico
15 Aprile 2018, 08:59:16 AM
Da marxista credo che in ogni epoca le idee dominanti tendano ad essere le idee delle classi dominanti.

E dunque in questa epoca di reazione e decadenza, di strapotere della borghesia capitalistica monopolistica transnazionale oggettivamente di gran lunga  superato dallo sviluppo delle forze produttive sociali (di "capitalismo in avanzato stato di putrefazione") é ovvio che dominino le peggiori banalità pseudoculturali (questa é la mia spiegazione dei fatti; che ovviamente non pretendo sia condivisa da altri nel forum).

Questo spiega fra l' altro a mio avviso come tutta l' informazione ufficiale possa non vergognarsi e non sentirsi a disagio nel ripetere per la centocinquantesima volta (almeno), con assoluta nochalance, la solita balla mal raccontata e abbondantissimamente plurisputtanata delle tragicomiche "stragi di civili compiute con armi vietate dal neoHitler di turno" onde giustificare di fronte all' opinione pubblica occidentale l' ennesima autentica strage terroristica* condotta nel più totale disprezzo della legalità internazionale e delle convenzioni internazionali sulla guerra e l' uso delle armi.
Se così non fosse per lo meno i giornalisti -sotto dettatura dei governi, more solito- avrebbero cercato qualche nuovo pretesto meno abbondantemente plurisputtanato, almeno per un minimo di rispetto verso l' intelligenza dei loro lettori o ascoltatori.

Perchè il corso della storia muti (in meglio; a meno che nel frattempo il capitalismo non abbia già condotto all' "estinzione prematura e di sua propria mano dell' umanità" - Sebastiano Timpanato) secondo me occorre che si compiano processi estremamente lunghi e complessi (necessitanti fra l' altro - a renderli ancor più lunghi e complessi- dell' attivo intervento di soggetti umani coscienti).

Non ci resta a mio parere che coltivare minuscole oasi o aiuole di cultura filosofica in uno sterminato deserto, come quest forum.

_______________________
* Per fortuna non é stata di fatto tale nel l' ultima -per ora- proterva e ignominiosa violazione della legalità internazionale contro la Siria solo perchè in tal caso la Russia avrebbe risposto affondando una qualche porterei americana nel Mediterraneo (R D di Corea docet), e si trattava solo, per i governi imperialisti,  di salvare la faccia di fronte alle loro opinioni pubbliche dopo le loro fanafronesche minacce)
#1976
Tematiche Filosofiche / Re:Esistenza dell'eternità
15 Aprile 2018, 08:42:07 AM
Citazione di: viator il 14 Aprile 2018, 23:23:02 PM
Salve. Chiedo scusa. Ho appena modificato il quesito iniziale perché risultava indebitamente confuso.

L'eternità sarebbe lo scorrere del tempo privo di un inizio e di un termine.

Il tempo sarebbe il flusso degli eventi.

Gli eventi consistono nella concatenazione (continua) delle cause e degli effetti.

Quindi il quesito diventerebbe : cause ed effetti sono sempre esistiti in passato ed esisteranno sempre in futuro ?

La provocazione sta nel fatto che si danno due ipotesi:

A) Non esiste una causa prima e (quindi) non esiste un effetto-scopo ultimo. Perciò l'eternità esiste ma non esiste Dio (che per i teologi sarebbe la Causa Prima).

B) Esiste una causa prima (con o senza maiuscole) e (quindi) un effetto-scopo ultimo. Perciò Dio potrebbe esistere ma non esisterebbe l'eternità (la cui esistenza però è data per certa da credenti e teologi).

Come la mettiamo ?
CitazioneSecondo me si tratta di un' aporia insolubile, come pensava Kant (se non ricordo male dai tempi del lceo...).
Non é possibile né logicamente né empiricamente decidere fra le due ipotesi (per me sensatissime, contrariamente a quanto sostiene AngeloCannata).

Rilevo comunque che se la conoscenza scientifica (vera) é possibile, allora é necessario (é una conditio sine qua non) che Il tempo, il flusso degli eventi, concatenazione (continua) delle cause e degli effetti, segua un divenire ordinato secondo leggi universali e  costanti (= mutamento relativo o parziale = fissità relativa o parziale).

Perché possa darsi (possibilità di) conoscenza scientifica vera (e secondo me anche di responsabilità etica) questa é una premessa necessaria.
E se lo si vuol credere, secondo il fondamenta criterio razionalistico del rasoio di Ockam, é preferibile (più razionalistico) ammettere l' eternità dell' universo (unica affermazione indimostrata e indimostrabile "la natura (esiste e) diviene ordinatamente secondo leggi universali e costanti", che in assenza di ulteriori precisazioni significa "sempre ed ovunque", contro almeno due: 1 - "dall' inizio alla fine dell' universo "la natura (esiste e) diviene ordinatamente secondo leggi universali e costanti" e -2- "prima e dopo di allora la natura (non esiste e) non diviene ordinatamente secondo leggi universali e costanti".

Per questo da razionalista credente alla possibilità e  verità (relativa, limitata, ovviamete) della conoscenza scientifica (e alla responsabilità morale delle persone umane) non posso che arbitrariamente, infondatamente, a mio insindacabile arbitrio scegliere l' ipotesi dell' eternità.
#1977
Che un buongustaio ma non esperto professionale possa non distinguere, a occhi bendati, un bianco da un rosso (ma non un bianco secco tipo Prosecco o Frascati da un bianco liquoroso tipo passito di Pantelleria o Zibibbo, per intenderci, o da un rosso corposo tipo Chianti o Barolo o Nero d' Avola; io stesso sono un buongustaio non esperto professionale), che possa confondere fra loro i vini di ciascun tipo menzionato, lo posso anche credere; ma mi risulta sinceramente incredibile che si possano confondere delle patate con dei rapanelli o con del radicchio (dovrei provare per credere...).

...A meno che si tratti di barbari Americani del tutto privi di gusto estetico (quelli che confondono il Colosseo con la basilica di San Pietro o il Mosé con la Pietà di Michelangelo, o magari con l' Ultima cena di Leonardo; e coerentemente mangiano abitualmente ai Mc Donald e bevono Coca Cola): dove é stato fatto l' esperimento?
#1978
Tematiche Filosofiche / Re:Esistenza dell'eternità
14 Aprile 2018, 21:42:17 PM
Citazione di: iano il 14 Aprile 2018, 17:15:21 PM
Se vale ammettere che il tempo possa avere interruzioni e riprese , allora esiste l'eternita'.
CitazioneMa come potrebbe il tempo avere interruzioni e riprese?
IL tempo é una misura del mutamento, una relazione (di durata) fra eventi, non qualcosa di assoluto; e dunque come si fa a dare un senso alla locuzione "interruzione (e ripresa) del tempo", se non come interruzione (e ripresa) del divenire di qualche concreto evento come durata (tempo!) nella quale tali concreti eventi sono fermi ma inevitabilmente altri divengono?
Infatti non ha senso parlare di interruzione del tempo (del divenire di cui il tempo é un' aspetto) che non abbia una durata finita, misurabile rapportandola ad altre durate di altri eventi (un' interruzione infinitamente lunga é l' inesistenza tout court del divenire e dunque del tempo, mentre un' interruzione infinitamente breve non é che il continuare ininterrotto del divenire dunque del tempo, e non un loro interrompersi o fermarsi).
#1979
Tematiche Filosofiche / Re:Fisica e Tempo
14 Aprile 2018, 21:29:53 PM
Citazione di: Apeiron il 14 Aprile 2018, 16:26:38 PM
Citazione
CitazioneDel "tempo" misuriamo solo le "durate", gli "intervalli temporali". Ma gli intervalli temporali, alla fine, non sono altro che relazioni tra eventi. Per esempio "24 ore" è "quanto ci mette" a fare un giro la lancetta delle ore di un orologio (funzionante). Posso sempre ragionare in questo modo, ovvero correlare i vari eventi senza introdurre il concetto di tempo. Nota che "tempo" e "mutamento" sono due concetti diversi: il mutamento è semplicemente il fatto empirico che ci sono i cambiamenti. Il tempo è uno sfondo  che poniamo noi per organizzare al meglio le nostre informazioni. Se invece di fare riferimento ad una fantomatica "entità" che chiami tempo, cominci a ragionare pensando alla correlazione di eventi (la punta della lancetta arriva in corrispondenza del "numero 7" -> si attiva la sveglia. Come vedi c''è una successione di eventi che non necessariamente avviene su uno "sfondo"). Spero di aver fatto capire ciò che intendo   :) 
CitazioneConcordo con Iano che hai il dono della chiarezza.

E tiro un "relativo (!?) sospiro di sollievo" (va beh, metaforicamente relativo...) perché non ho frainteso completamente quel passo del tuo precedente intervento.

Direi che le relazioni temporali sono relazioni fra gli eventi: le loro durate, che non possono essere intese come assolute ma come rapporti fra diversi eventi (gli enti essendo aspetti relativamente costanti degli eventi stessi; lo so, sono pignolo, e a volte anche fastidiosamente).
Ma anche le misure spaziali (lunghezze, aree e volumi; nonché masse, ecc.) non sono "cose a sé stanti" a prescindere dagli enti/eventi ma relazioni fra enti/eventi.
E secondo me dicendo che 24 ore" è "quanto ci mette" a fare un giro la lancetta delle ore di un orologio (funzionante), pur non nominandolo esplicitamente, si parla di tempo: già il concetto di "evento" o anche solo di "mutamento" inevitabilmente lo implica, contrariamente a quello di "ente" che può prescinderne in quanto tale (in quanto concetto), anche se in realtà non c' é ente che non abbia una durata temporale, finita almeno se si dà mutamento (non per esempio per Parmenide o Severino; almeno credo, per quel che di questi filosofi mi sembra di capire).

Quello di "tempo" come "sfondo" degli eventi e del divenire (da essi indipendente) mi sembra il tempo assoluto di Newton; che personalmente ritengo una sorta di "forzatura teorica" poiché per parte mia (si parva licet...) il tempo é una misura (relazione quantitativa) fra eventi, così come lo sono la lunghezza, l' area, il volume, la massa, ecc.: indipendente dal divenire, dal succedersi degli eventi non esiste, e nemmeno può essere inteso sensatamente, come anche quelle indipendentemente dall' esistenza degli enti
Ma mi pare, se non ti fraintendo, che lo sia anche per te.
Direi che tempo e spazio (e massa, e tanti altri concetti) sono relazioni (quantitative) fra enti/eventi (misure di essi).
#1980
Citazione di: green demetr il 14 Aprile 2018, 10:06:21 AM
La critica è rivolta in particola modo alla neuroscienza.
Che sostanzialmente riduce il soggetto ad un errore cognitivo del cervello.
L'unico soggetto accettato dalle neuroscienze è il cervello stesso.
Ora dire che il cervello ha uno stato di coscienza, detto da loro, non capisco bene cosa significhi.
Mi sembra che facciano una gran confusione.
CitazioneDi fatto quasi tutti i neuroscienziati, quando parlano di filosofia, compiono questo errore (ma non solo loro, anche molti filosofi più o meno positivisti o scientisti).

Ma questa secondo me non é propriamente neuroscienza, ma piuttosto (errata) interpretazione filosofica delle neuroscienze.

Inoltre se invece che ad un riduzionismo, uno, come me, si riferisce a che invece il soggetto è la conseguenza di un paradigma molto più ampio e che coinvolge DIO-ANIMA-SOGGETTO-OGGETTO-DESTINO, lo scontro non può che essere inevitabile.
CitazioneConcordo sull' inevitabilità dello scontro, non sui tuoi riferimenti teorici.

Per quanto riguarda gli errori percettivi, su cui tanto l'analitica americana insiste, e su cui ho dato un esame universitario, a me pare, che si un tentativo psicotico di rilegare il soggetto appunto alla scienza che lo sovrasta.
CitazionePer me é semplicemente un grave errore filosofico (non pazzia).


L'obiettivo dichiarato è ovviamente colpire le certezze dell'inidividuo e indagare fin dove le falle del sistema cognitivo-comportamentale possano portare.

Ora se però c'è un obiettivo, è difficile non pensare che vi è un artefice dietro.

Compito a cui appunto la filosofia del novecento ha già pagato dazio.
CitazionePer parte mia credo che almeno per molti l' obiettivo sia la ricerca sincera della verità (che non trovano).

Ora anche volendo fare a meno di questi contributi fondamentali, e filosoficamente non ha senso sia chiaro, possiamo anche chiederci se per caso nell'antichità, queste falle non fossero già state indagate, magari facendo a meno della neuroscienza.
CitazioneCredo di sì, perché pur ritenendo interessante ed utile la neuroscienza, e anche indispensabile per affrontarle adeguatamente, si tratta di questioni eminentemente filosofiche.


Il punto che manca alla neuroscienza contemporanea, non è tanto il fatto che essa si occupi di quello di cui si DEVE occupare, quanto il fatto, che nel confrontarsi con gli avi ancestrali e con i contributi del novecento, essa faccia spallucce: essi dicono sostanzialmente, che non è di loro competenza, e che la SCIENZA, non ha bisogno di dare spiegazioni, in quanto le spiegazioni sono già all'interno del suo CORPUS CHRISTI, della sua PRETESA (visto che per la filosofia della scienza stessa NON E' COSI'!) di VERITA'.
CitazioneFin che si limitano a fare scienza e non pretendono di fare filosofia secondo me il loro discorso fila.

...Ma molto spesso pretendono, penosamente, di fare filosofia