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Messaggi - bobmax

#1981
Tematiche Spirituali / Re:Natività
18 Dicembre 2020, 06:06:27 AM
Citazione di: Socrate78 il 17 Dicembre 2020, 20:52:01 PM
Anche tu, non capisco che cosa intendi con "CIFRE", mah...........Usi sempre questo termine, "cifre" per qualcos'altro, e non sei mai chiaro quando parli, con tutto il rispetto........

Caro Socrate, percepisco in te il bisogno di purezza.
Ma la purezza non può essere imposta. Non può derivare da un atto di forza.
La purezza è originaria.
Occorre perciò arrendersi alla purezza, non pretendere di stabilire cosa debba essere.

La chiarezza può nascere solo dentro di te.
Là fuori non puoi trovarla, perché Dio si nasconde.
Se non si nascondesse, tu non ci potresti essere...

Il mondo tuttavia non è che manifestazione di Dio.
Di modo che ogni cosa ti parla, ma solo come cifra.
In modo da lasciarti in vita.
Incontrare la Verità sarebbe per te la fine.

Infatti tu sei il figlio unigenito. E lo sei finché Dio si nasconde.
#1982
Tematiche Spirituali / Re:Natività
17 Dicembre 2020, 19:33:29 PM
Ogni storia, ogni evento di cui abbiamo notizia... e persino ogni fatto di cui siamo stati diretti testimoni, ha sempre differenti livelli di lettura.

Ma oltre alle diverse interpretazioni razionali, che si possono dare dello stesso scritto o fatto, sono convinto che vi si celi pure un messaggio più profondo.

Perché quell'evento è in se stesso segno, cifra che allude ad altro.

E questo altro non è qualcosa là "fuori" da comprendere, ma è messaggio che ci interroga direttamente. Siamo chiamati in causa in prima persona! È infatti messaggio metafisico.

Le sacre scritture, per esempio, sono sostanzialmente lettera morta. Se le leggiamo con gli occhi della logica razionale. Fiabe mediocri che sfidano la disponibilità a sospendere la nostra incredulità.

Ma se le accogliamo come cifra, come voce indistinta nel vento del deserto, allora un nuovo interesse può scaturire in noi.

Per esempio che Gesù sia figlio di Dio può essere una "verità" opinabile, difficile da accettare, se lasciata lì, sulla carta del Vangelo.
Ma questa stessa "verità" può essere dirompente se la portiamo alle sue estreme conseguenze: quindi anch'io sono figlio di Dio, figlio unigenito...
#1983
Società e politica sono talmente connesse, che una non è neppure pensabile senza l'altra.

Separarle è infatti una evidente contraddizione.

Ma Trump e soci non hanno alcuna remora nel contraddirsi.

Interessante sarebbe indagare il perché.
#1984
Non è la politica ad essere menzogna, ma è la menzogna a infettare la politica.

E fare di ogni erba un fascio non serve che a contribuire all'infezione.

Occorre invece distinguere.
E questo è faticoso, difficile, perché non vi è mai un netto bianco o nero.
Dobbiamo muoverci nel grigio.
Ma non è forse proprio il grigio la nostra intima peculiarità?

Se la società può ancora chiamarsi tale, è perché vi è ancora chi opera per il bene comune, pur nelle contraddizioni.

Trump non fa che rappresentare il degrado, facendosene alfiere,  vantandosene come fosse la norma. Ma non è così, non può esserlo: la società sarebbe già implosa.

Non comprendere questo è l'anticamera della devastazione.
#1985
Problemi utilizzo forum / Re:Ordinamento risposte
16 Dicembre 2020, 13:28:33 PM
Sì, ora è corretto.
Grazie e buona giornata.
#1986
Problemi utilizzo forum / Ordinamento risposte
16 Dicembre 2020, 10:20:04 AM
L'ordine delle risposte agli argomenti appare invertito.
#1987
Citazione di: viator il 13 Dicembre 2020, 19:14:38 PM
Salve Socrate78 e donalduck. Citando : "l'unico fondamento certo che rimane è il fatto che noi percepiamo le cose, indipendentemente dalla loro esistenza".

Piacevole ma irragionevole conclusione. Peccato che la percezione sia un meccanismo biologico-sensoriale ben solidamente esistente il quale non solo esiste, ma funge da tramite tra gli esistenti cause della percezione e gli esistenti effetti della percezione. Il tutto anche al di fuori della nostra craniopsicofilosofica capacità di concepire l'inesistente.

Infatti temo proprio proprio che, all'interno della citazione sopra richiamata, sia stata fatta confusione tra il percepire (attribuendogli un significato psichico del tutto inappropriato) ed il concepire. Saluti.

A mio parere, la percezione equivale alla presa di coscienza.
Sono cosciente di qualcosa = percepisco quel qualcosa.

Questo "qualcosa" è la forma intelligibile con cui viene interpretata la percezione. Ma è la percezione che compare nella coscienza, non quel qualcosa a cui si attribuisce la causa della percezione stessa.

Perciò la percezione è a prescindere da ogni possibile successiva considerazione.
Perché la percezione viene "prima" del qualcosa che pare originarla e quindi dell'attribuzione dell'ambito di esistenza di quello stesso qualcosa.
Cioè prescinde se quel qualcosa sia materiale, oppure mentale, o se sia un'allucinazione, un miraggio...
Non importa l'ambito di esistenza del qualcosa, e nemmeno cosa quel qualcosa sia. Perché ciò che esiste nella coscienza è la percezione di per sé.

Di modo che, pure le possibili "cause" del qualcosa che si percepisce, sono solo considerazioni successive, che non riguardano la percezione in sé, ma quel qualcosa che si ritiene ci sia "dietro" la percezione stessa.

La percezione non sottostà perciò alla legge di causa-effetto.
Questa legge scaturisce solo a valle della coscienza, e quindi delle sue percezioni. E nasce per dare un senso a ciò che si percepisce.
Che questa legge non sia originaria, lo possiamo verificare constatando come non vi sia alcuna "prova" definitiva della sua effettiva esistenza.

La legge di causa effetto potrebbe essere soltanto la manifestazione di un bisogno di senso. Un bisogno che agisce su ciò che si percepisce. E quindi a cascata sui qualcosa che dovrebbero stare "dietro" a quelle percezioni. Un bisogno di senso che agisce generando ciò che noi, convinti dell'esistenza dei qualcosa, riteniamo sia la realtà.

In un sogno, per esempio, non possiamo certo dire che vi sia una legge di causa-effetto che agisce dall'esterno sugli eventi... Eppure, se il sogno ha un minimo di senso, dovrebbe rispettarla.
#1988
Gira e rigira sempre con la Verità ci ritroviamo a confrontarci...

Perché la tolleranza ha sempre dei limiti, superati i quali da bene diventa inevitabilmente un male.

Se però si propende per l'intolleranza, come nel mio caso, allora non si fa che pretendere che sia senz'altro bene ciò di cui non si è davvero sicuri...

Vi è sempre una qual ipocrisia, seppur sovente inconsapevole, sia nel voler essere tolleranti ad ogni costo, sia nel non voler esserlo già al primo fastidio.

Ma la ricerca della Verità non costringe forse ad eliminare ogni ipocrisia?
#1989
Tematiche Filosofiche / Re:I postulanti dell'Assoluto
11 Dicembre 2020, 11:12:18 AM
Citazione di: Ipazia il 11 Dicembre 2020, 00:15:12 AM
Citazione di: bobmax il 10 Dicembre 2020, 22:30:34 PM
D'altronde dovremmo chiederci, senza più addurre scuse, cosa conta davvero in questa nostra vita.
Vivere. Esistere è un valore autogeno e autosufficiente. Col valore aggiunto della consapevolezza (qui sì il soggetto "pesa") di essere una singolarità evolutiva nell'infinito solitario silenzio dell'universo che ci circonda.

L'esistere, se lo si guarda senza infingimenti, cioè obiettivamente come la razionalità dovrebbe se fosse onesta con se stessa... è un puro nulla.

È sufficiente essere coerenti con la propria visione razionalista.
Una coerenza però difficile da attuare, per il terrore del nulla.

Ciò che conta infatti non è la vita in sé, ma ciò che sta oltre.

Per nostra fortuna vi è il male. Senza il male saremmo perduti nel nulla.

E allora, visto che c'è il male... cos'è che conta in questa vita?
#1990
Tematiche Filosofiche / Re:I postulanti dell'Assoluto
11 Dicembre 2020, 09:05:17 AM
Citazione di: Donalduck il 10 Dicembre 2020, 23:12:39 PM
A questo livello le parole valgono poco, si può contare solo sull'esperienza. Concordo sul fatto che per progredire su questo versante della conoscenza aprirsi è fondamentale, e aprirsi significa rinunciare a pregiudizi, paure, ego e "solide realtà". E quel che conta nella nostra vita non credo che possa essere espresso come una risposta a una domanda, ma solo essere rappresentato da un sentire (un "dato") solo vagamente esprimibile.

Sì, penso anch'io che non sia possibile dare una risposta.

Se non, forse, il nostro diventare quella risposta.
#1991
L'innamoramento è come la parabola di colui che trova un tesoro in un campo.
Ha trovato l'assoluto!
Questo è ciò che prova l'innamorato.

Anche se può sembrare che solo cercando di possa trovare... in realtà non si può cercare di innamorarsi.
Il tesoro compare, se compare, senza cercarlo.

Tuttavia bisogna saperlo riconoscere nel caso comparisse...
E riconoscendolo accettarlo come assoluto.

Questa accettazione ha poco a che vedere con l'intensità degli impulsi sessuali, ma con l'apertura all'altro.
Vi sono tantissimi amanti attivi sessualmente senza essere per davvero innamorati.

L'assoluto in qualsiasi momento può bussare alla tua porta. Ma tocca a te aprirla.
#1992
Tematiche Filosofiche / Re:I postulanti dell'Assoluto
10 Dicembre 2020, 22:30:34 PM
Citazione di: Donalduck il 10 Dicembre 2020, 20:46:51 PM
...al posto del "Nulla" (termine che trovo assai problematico, ambiguo e in definitiva arbitrario) e di "origine", parlerei di Insondabile Mistero da essi evocato, a indicare qualcosa che non può essere né conosciuto né definito, almeno razionalmente, ma solo, appunto, evocato.

Il tuo Nulla però mi ricorda certi concetti esoterici, non saprei come altro chiamarli, che cercano di descrivere in termini puramente astratti la genesi come un passaggio dallo zero al tre: zero=nulla, uno=esistenza potenziale, due=manifestazione, tre=esistenza piena (con l'aggiunta del terzo elemento, che io identifico con quello che Peirce, parlando del segno, chiamava "interpretante", il terzo elemento della triade semiotica). Almeno questa è la mia personale estrema sintesi di concetti che si trovano in varie fonti espressi in varie forme, ma sempre in maniera molto più oscura e complicata.
Trovo questo schema molto interessante, anche se confinato a un ambito puramente astratto e intraducibile in termini esperienziali.

Sì, potremmo chiamarlo Insondabile Mistero invece che Nulla.
Tuttavia il termine è sempre inadeguato. Con Nulla si cerca di ribadire che non è "qualcosa". Solo questo è lo scopo.
Comunque irraggiungibile, perché nulla richiama inevitabilmente alla mente il non esserci di... qualcosa.

Pur non trattandosi di qualcosa, ritengo che non si possa considerarlo proprio astrazione...
Perché sembra viceversa essere l'autentica concretezza! Rispetto alla quale la realtà del nostro esserci mondano impallidisce.

Una tale concretezza si può pure percepire aprendosi per davvero. Uno sguardo però molto difficile da sostenere.

D'altronde dovremmo chiederci, senza più addurre scuse, cosa conta davvero in questa nostra vita.
#1993
Tematiche Filosofiche / Re:I postulanti dell'Assoluto
10 Dicembre 2020, 15:52:49 PM
Citazione di: Alexander il 10 Dicembre 2020, 11:16:08 AM
Senza un soggetto percipiente l'universo, anche se esistesse in maniera indipendente dal soggetto stesso, sarebbe esattamente come se non esistesse. Il concetto stesso di esistenza ha necessità di un soggetto che percepisce qual-cosa. Ogni cosa è tale perché è posta di fronte ad un soggetto che la definisce come "cosa". Allo stesso tempo il soggetto si definisce in rapporto all'oggetto: "io non sono questo; sono Altro da ciò".

Sì, di modo che pure il soggetto esiste solo in quanto vi è un oggetto.

L'esistenza, intesa come esserci, consiste nella scissione originaria soggetto/oggetto.

Forte è la tentazione di propendere per uno dei due poli. Considerandolo così il fondamento, in modo che l'altro ne derivi soltanto.
Tuttavia questa tentazione non è forse espressione di un'allucinazione?
Cioè l'assurda pretesa di risolvere l'enigma pur rimanendo, evidentemente, nell'esistenza?

Che sia un'assurdità lo possiamo ben vedere considerando cosa significhino, per davvero, queste due contrapposte posizioni.

Svuotare cioè l'oggetto di ogni effettiva realtà, che rimane appannaggio del solo soggetto...
Oppure considerare l'oggetto a prescindere dal soggetto...

In entrambi i casi pure il polo che si vorrebbe "salvare" non può che svanire.

Ma in questa necessità di un reciproco legittimarsi, non vi è solo l'intrinseca debolezza di ognuno dei due.
Perché vi si può pure intravedere il Nulla che li origina.
#1994
Il silenzio, anche mentale, è lo sfondo indispensabile perché qualcosa vi appaia.

Al di là di tutte le cose, il Nulla è la condizione per l'esserci.

Finché non afferriamo questo... il nostro destino è la morte.
#1995
Viator, sei sempre stato capace di non pensare.

Magari ti rammenti solo i momenti a cui ti senti più affezionato...
Ma il non pensare è senz'altro lo stato in cui più spesso ci troviamo.

Solo che, lì non vi è l'io.
Perché appunto non c'è pensiero.

Quando poi si torna a pensare ci si immagina di averlo sempre fatto. Di esserci sempre stati, come "io".
Ma non è così.

L'io e quindi il pensiero ci sono, quando ci sono, solo per merito della coscienza.
È la coscienza, con il suo essere nulla, a permettere il pensiero.
Che può esserci come non esserci.

Il suono, per esempio, c'è solo perché c'è il silenzio.
È il silenzio che permette l'esserci del suono.
Non viceversa.