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Messaggi - sgiombo

#1981
X Green Demetr
 
(Rispondo anche se non direttamente interpellato perché l' argomento mi interessa).
 
Mi pare che i colori (da Locke in poi), non essendo direttamente misurabili quantitativamente (ma solo indirettamente come frequenze, ampiezze, ecc. di onde elettromagnetiche), siano considerati parte delle qualità secondarie; mentre invece quelle quantitativamente misurabili (al di là delle immediate impressioni soggettive che possono provocare), come la velocità (zero in caso di quiete, diversa da zero in caso di moto), la temperatura (l' essere più o meno caldi o freddi dei corpi) e la massa (l' essere più o meno pesanti o leggeri) siano considerate qualità primarie.
 
Le osservazioni empiriche operate nell' ambito della scienza e le scale di riferimento cui si riferiscono, come ad esempio il meridiano terrestre nel caso del metro, (postulate come vere alcune tesi indimostrabili; fatto che mettoe insuperabilmente in dubbio la conoscenza scientifica stessa, ad essere razionalisti conseguenti fino in fondo) sono intersoggettive e non affatto del tutto avulse dal nostro percepire (intersoggettivo).
Dunque le verità scientifiche (nell' ipotesi che siano vere alcune tesi indimostrabili) non sono interpretazioni arbitrarie della realtà (materiale naturale; che non esaurisce la realtà in toto), ma descrizioni veritiere di qualcosa di reale e intersoggettivo (per quanto non in sé ma fenomenico); e la realtà (materiale naturale; che non é la realtà in toto), unica, é quella che tutti intersoggettivamente constatiamo (purché la osserviamo nei modi appropriati).
 
Per me (non credo per Epicuro cui rivolgi la domanda, da quello che ne leggo) la conoscenza é così importante (anche; oltre che per le possibili, spesso utilissime, talora dannosissime, applicazioni pratiche) perché ho il desiderio fortissimo di acquisirla (nella maggior misura possibile): la sua ricerca é (anche) fine a se stessa.
#1982
X Epicurus

Correggo un banale errore nell' ultima risposta:

[La questione é] quella del credere che la forza di gravità (e in generale le leggi scientifiche) sia teoricamente indubitabile o meno. E non é razionale fino in fondo credere che la sia (e non: che non la sia).

*************************************

Credo di aver capito la tua ultima argomentazione espressa in maniera formale astratta.
Non si riferisce alla certezza dell giudizio sintetico a priori circa sensazioni presentemente in atto in quanto tali (apparenze fenomeniche non interpretate), ma alla dubitabilità di ogni giudizio sintetico a posteriori eccetto tale caso (quasi "il contrario")!

L' errore sta nel confondere i giudizi analitici a priori, che nella teoria dello "scetticismo sgiombiano" sono certi (ma sterili circa la conoscenza -di come é-accade o meno la realtà, precisazione pleonastica) con i giudizi sintetici a posteriori; che, se veri, costituiscono conoscenza (di come é-accade o meno la realtà):
il dubbio scettico é razionalmente insuperabile circa questi, e non circa quelli (il dubbio insuperabile razionalmente concerne i giudizi sintetici a posteriori -salvo la solita del tutto effimera eccezione- e dunque non é inferibile da esso che sia insuperabilmente dubbio il giudizio analitico a priori, che nulla dice di come la realtà é-diviene o meno, "i giudizi sintetici a posteriori sono insuperabilmente dubbi").

*************************************

Mi sembra che tu continui a confondere il piano della teoria più o meno razionale con quello della pratica più o meno ragionevole.

Comunque non riuscendo, malgrado sforzi inauditi, a farti comprendere i limiti della razionalità umana (che significa essere più conseguentemente razionalisti che ignorarli coltivando in proposito pie illusioni) e in particolare la insuperabile dubitabilità scettica della conoscenza scientifica e non avendo d' altra parte la vocazione del missionario del razionalismo conseguente fino in fondo, mi accontento di essere io stesso, per quanto mi riguarda, razionalista del tutto conseguente: continua pure a coltivare in santa pace le tue beate illusioni di certezza teorica.
#1983
Presentazione nuovi iscritti / Re:Ciao a tutti
14 Aprile 2018, 08:10:18 AM
Citazione di: viator il 13 Aprile 2018, 12:49:46 PM
Salve Essere Immortale. Credo di aver capito. E' quel tizio che nello specchio vedi dietro di te e non sai se stia per poggiarti una mano sulla spalla oppure stia per mettertelo didietro.
CitazioneTroppo forte!
#1984
Tematiche Filosofiche / Re:Fisica e Tempo
14 Aprile 2018, 08:07:28 AM
Citazione di: Apeiron il 13 Aprile 2018, 13:08:10 PM

In sostanza il punto dell'oggettività non è quello di postulare una realtà metafisica ma avere l'indipendenza dall'individuo (questa è la differenza tra "relativismo" e "inter-soggettivismo"...)

Ergo, tutti i concetti utilizzati nell'analisi "pre-quantistica"  e "pre-relativistica" sono stati presi come fondamento dell'interpretazione dei risultati perchè su di essi tutti erano d'accordo (grazie agli esperimenti! - quindi non sono arbitrari). ****

Nota che l'intersoggettività non implica il "realismo". E nemmeno la località.

Per la questione dell'emergenza, sì concordo che il determinismo è emergente (eccetto per il libero arbitrio degli esseri umani e probabilmente di alcuni animali (se non tutti...)), così come molto altro, compresa la località. Secondo me le nostre due definizioni di "concetto classico" sono molto simili, nel senso che per me derivano dall'esperienza immediata. Per te sono emergenti. Tuttavia l'esperienza immediata è "emergente".
CitazioneCerco di seguire la discussione fra Il Dubbio ed Apeiron, che trovo interessante anche se parte da presupposti da me non condivisi.

Ho il dubbio che qui Apeiron faccia un lapsus fra "relatvismo" e "oggettivismo" (spero me lo conformi perché altrimenti vorrebbe dire che non sto capendo proprio nulla di questa discussione (e naturalmente lo troverei frustrante).

Secondo me oggettivismo == indipendenza dal soggetto (l' individuo = ciascun singolare soggetto?), E implica inevitabilmente una realtà metafisica, in sé, indipendente dalle sensazioni fenomeniche dei soggetti), mentre relativismo == dipendenza dal soggetto (da ciascun singolare soggetto indipendentemente da ciascun altro e soprattutto dall' oggetto –in sé- se anche mai quest' ultimo esistesse).

Comprendo che l' intersoggettività (del mondo materiale naturale indagato della scienze intese in senso stretto o "naturali") non implica necessariamente la località, non invece che non comprenda necessariamente il realismo: come può un' esperienza essere intersoggettiva se non é esperienza (sia pure fenomenica) di qualcosa di reale (sia pure in sé, metafisicamente), ma soltanto di ideale o comunque fenomenicamente cosciente, la cui realtà ontologica é limitata all' esperienza cosciente (o addirittura al solo pensiero) di chi la vive e non di altri (come é il caso del mondo mentale, non possibile oggetto, infatti, di conoscenza scientifica, per lo meno in senso stretto)?

Secondo me il determinismo é sinonimo di regolarità e inoltre, come anche l' esperienza immediata, non é emergente (da che cosa -dell' esperienza immediata- a cui possa essere messo in relazione di emergenza o "ricondotto" -e non: ridotto, ovviamente-?), se é realmente (e se non é realmente per lo meno in una qualche forma "debole", per esempio probabilistica - statistica, allora non può darsi conoscenza scientifica, direi per definizione; e dunque non c' é realmente alcun libero arbitrio se c' é possibilità di conoscenza scientifica).



Riguardo al tempo... Per la fisica "pre-relativistica" il tempo non è necessariamente interpretabile come una dimensione.
CitazioneNon é necessariamente un dimensione spaziale o non é necessariamente una dimensione (qualcosa di misurabile) tout court?
#1985
Citazione di: epicurus il 13 Aprile 2018, 16:21:01 PM
CitazioneAffermazione =/= interpretazione.

Una foto é una "cosa".
L' affermazione "c' é questa foto" una seconda cosa diversa dalla prima.
L' interpretazione "questa foto rappresenta una montagna" una terza ulteriormente diversa cosa.
Quando uso il linguaggio per descrivere qualcosa, allora io interpreto. Nel dire "Qui a me ora sembra di vedere una foto" potrei sbagliarmi, mi pareva un'altra cosa, ma ho usato le parole sbagliate. A me pare non se ne esca: possiamo sbagliarci in ogni caso. E, se devo scegliere, mi fido di più di "quella è una lince" se mi adopero per tutte le verifiche del caso, piuttosto di un "qui e ora mi sembra di vedere una foto" pronunciato in circostanze epistemiche problematiche.
CitazioneInvece io mi fido di "qui e ora mi sembra di vedere una foto" (potrebbe anche essere un dipinto o un paesaggio reale, che l' affermazione sarebbe comunque vera) e non di "quella é una lince" (che se invece fosse un gatto sarebbe sbagliata).

Il fatto banale che "errare humnanum est" non c' entra.
Se, ovviamente, non compio un banalmente sempre possibile errore nell' uso delle parole (nel tal caso che sbaglio sarebbe una banalissima tautologia), allora l' affermazione "qui e ora mi sembra di vedere una foto" é vero se inoltre qui e ora (accade realmente che) mi sembra di vedere una foto.

CitazioneAvere opinioni sbagliate é certamente lecito (in democrazia).
Ma avere imparato a parlare e sapere riconoscere e descrivere linguisticamente i fatti non garantisce certo (genericamente) l' infallibilità nei giudizi circa i fatti.
Ma su questo siamo concordi no? E' dall'inizio che affermo che l'uomo è fallibile. Il punto se mai è che tu per dire "io so" e "io sono certo" presupponi l'infallibilità del soggetto per tale affermazione. Ma a me ciò pare arbitrario e problematico (per quanto sto dicendo in questi post).
CitazioneNon per dire "io so", ma per dire "io sono certo"; e non presuppongo l' infallibilità, ma solo l' impossibilità che quanto affermato sia falso. ("infallibilità limitata a una singola affermazione" semplicemente non ha senso: "infallibile" in italiano significa " che non sbaglia mai" e non affatto "che non sbaglia una volta sola").

E questa impossibilità non può darsi di alcun giudizio sintetico a priori salvo il caso effimero della immediata constatazione di sensazioni presentemente in atto nella loro apparenza (tipo "qui e ora mi sembra di vedere una foto".



CitazioneSe una volta mi lancio e l' altra no sono coerente con la mia credenza razionalistica fino in fondo che la forza di gravità potrebbe mutare di segno da un momento all' altro.
No, perché anche se ti butti e ti pare che la forza di gravità abbia cambiato segno, non hai aumentato di una virgola la tua conoscenza: potresti interpretare male quello che sta accadendo, potresti essere ingannato in qualche modo, ecc... Ripeto: dal tuo punto di vista, ogni possibilità logica è sullo stesso piano, e niente può modificare questo fatto. Come dicevo, è proprio il fatto che questa tua superrazionalità non discrimini (o ordini) le opzioni, e cioè che giri a vuoto, che mi fa rifiutare tale concetto come inerente alla razionalità. Idem per la conoscenza: è una conoscenza fissa, non incrementabile e assolutamente inutile (sia praticamente che teoricamente). Una superrazionalità che implica, per tua stessa ammissione, l'infermità mentale...
CitazioneMa come sto cercando disperatamente di farti capire il generico e banale "errare humanum est" é tutt' altra cosa che l' insuperabile dubitabilità dell' induzione e della conoscenza scientifica.
Il problema non é che potrei ovviamente sbagliare (anche) nel constatare il cambio di segno della gravità, ma il fatto che il cambio di segno della gravità é  sempre teoricamente possibile.

La mia razionalità conseguente gira benissimo e non a vuoto e discrimina benissimo la certezza teorica dall' incertezza (di ciò che eventualmente potrebbe essere ragionevolmente credibile in pratica) contrariamente alla tua razionalità carente.

Non pretendo affatto che la conoscenza di come é o meno la realtà sia "fissa, non incrementabile e assolutamente inutile (sia praticamente che teoricamente)" ma sono solo consapevole che é incerta, dubitabile (salvo in maniera effimera vedi sopra).
E non ho mai confuso razionalità conseguente fino in fondo con infermità mentale, avendo anzi affermato che anche chi sia razionalista conseguente fino in fondo come me si comporta da persona sana di mente (quale é).
Per favore vedi di criticare quanto affermo e non di attribuirmi indebitamente sciocchezze da me mai sostenute (é troppo facile ma di nessuna utilità né pratica né teorica per nessuno polemizzare in siffattto modo).

CitazioneNO.
Una cosa é il fatto che ci possiamo sempre sbagliare, per esempio nell' applicare una conoscenza scientifica a un' azione pratica.
Un' altra ben diversa cosa é il fatto che che la conoscenza scientifica potrebbe essere illusoria e falsa perché, contrariamente a quanto finora sembrato, non é vero che il  divenire naturale é sempre ed ovunque (e non: che é stato, o meglio é sembrato, finora) ordinato secondo leggi universali e costanti.

Ognuno può ritenere fondamentale il punto che più gli piace, ad libitum.
Ma che noi possiamo sempre sbagliarci l' ho sempre saputo e sostenuto ovviamente anch' io.
Che però in più, da razionalista conseguente fino in fondo so anche che, oltre a ciò, il divenire naturale potrebbe anche non essere in realtà ordinato secondo leggi universali e costanti (e dunque la conoscenza scientifica potrebbe essere falsa); anche se ovviamente in pratica mi comporto, da persona sana di mente, come se invece fossi certo dell' ordine del divenire naturale (e dunque della verità della conoscenza scientifica).
Dipende da cosa si intende per legge naturale. Per me è una costatazione di una regolarità. E una regolarità deve considerare tutto: se domani la gravità inizia a funzionare in modo diverso, la regolarità che riguarda la gravità verrà modificata tenendo conto sia come le cose funzionavano e sia come ora funzionano. L'uomo esplora il mondo e facendolo scopre regolarità, e tali regolarità continuando ad essere aggiuntate con l'aumento dell'esplorazione.
CitazioneProprio non ci siamo!

Anche per me ovviamente una legge di natura é una regolarità (costanza e universalità nel divenire naturale).

Se domani la gravità cambia, allora o si trova una più generale regolarità universale e costante del divenire naturale includente (e tale da consentire di calcolare e prevedere per il futuro) il mutare della gravità stesso, oppure non può darsi conoscenza scientifica (almeno dei fenomeni gravitazionali).
L' uomo esplora il mondo e postula delle regolarità universali e costanti che non può né dimostrare logicamente né verificare empiricamente.
La semplice constatazione di una regolarità non estendibile universalmente e costantemente al passato, al futuro ed ovunque nello spazio, di una regolarità limitata a una serie spazialmente e temporalmente finita di eventi e non estesa a prima e dopo il lasso di tempo in cui si sono verificati tali eventi e oltre lo spazio finito che li ha contenuti consente solo di rilevare una serie di circostanze fortuite non é una legge fisica.

1000 persone si buttano giù dal 100esimo piano e muoiono? Se fossi stato al posto di uno qualsiasi delle 1000 persone precedenti sarei morto. Naturalmente è logicamente possibile che da oggi invece si possa sopravvivere, per esempio, ma è razionale crederlo senza delle prove? No. Perché? Perché nel modello di mondo che per ora ho costruito se mi butto allora muoio. Le cose in futuro cambieranno? Allora io modificherò il mio modello e allora magari diventerà razionale buttarsi dal 100esimo piano. Ma ora non è razionale. Come dicevo sopra, una razionalità che implica la pazzia non sono disposto a chiamarla razionalità.
CitazioneMa di che vai disquisendo?

Dove averi mai considerato l' ipotesi che cadendo dal 100° piano si potrebbe sopravvivere (se non con una probabilità infima e con ..."moltissimo culo", cosa che preciso solo ora perché mai in questa discussione mi sono posto il problema) ? ! ? ! ? !
Ancora una volta: vedi di criticare ciò che affermo e non attribuirmi sciocchezze di comodo!

La mia razionalità é semplicemente conseguente fino in fondo e non affatto demenziale o pazzesca!

Citazione di: sgiombo
Citazione di: epicurusNon concordo. Il razioscetticismo sgiombiano, come spiegavo più sopra, vuole anche riformare il significato di alcuni concetti come: razionalità, sicurezza e conoscenza.
Non concordo a mia volta, poiché mi sembra evidente che non li cambia affatto.
In ogni modello di razionalità (che non sia il tuo o dei filosofi a te affini su questo punto) è razionale credere che saltare giù dal 100esimo piano di un palazzo possa seriamente danneggiare un essere umano (se non si hanno degli accorgimenti speciali da prendere). E in ogni modello di conoscenza (che non sia il tuo o dei filosofi a te affini su questo punto) è corretto dire che gli esseri umano conoscono tutta una serie di fatti e che tale conoscenza continui ad aumentare con l'esperienza. I modelli di razionalità e conoscenza non richiedono l'infallibilità per poter ascrivere conoscenza e razionalità negli agenti... e non implicano la pazzia. Da qui la mia conclusione che la tua concezione di conoscenza e razionalità sia diversa dalla norma.
CitazioneNO!

La questione é un' altra, ben diversa da quella della ragionevolezza o meno del gettarsi dal 100° piano pensando di non farsi male (sulla quale tutti ovviamente e banalmente concordano che ci si fa male).
E' quella del credere che la forza di gravità (e in generale le leggi scientifiche)  sia teoricamente indubitabile o meno. E non é razionale fino in fondo credere che non la sia.

Citazione di: sgiombo
Citazione di: epicurusIl razioscetticismo sgiombiano, inoltre, è una tesi complessa fatta di varie argomentazioni [...] Ecco, questa sarebbe la versione completa del razioscetticismo sgiombiano... e questa tesi è esposta all'errore. In più punti ci potrebbero essere errori, variabili non considerate, ecc... Non solo, la tesi per essere compresa da un essere umano presuppone un'estensione temporale... quindi mentre la leggiamo e cerchiamo di capirla i nostri ricordi su di essa possono cambiare e trarci in inganno.
Come da me sempre sostenuto a chiare lettere (sia che genericamente "errare humanum est, sia che la memoria é fallibile).

Citazione di: epicurus
Detto questo, il razioscetticismo sgiombiano implica che esso stesso è una teoria come le altre, sullo stesso piano di infinite altre teorie gnoseologiche tutte logicamente possibili.
Mai preteso che fosse vangelo...

Ma se la tua tesi è al pari di tutte le altre, perché qui la stai difendendo? Non dovresti sospendere il giudizio su di essa?
CitazioneDifendere una tesi ritenuta vera e/o esatta =/= dal pretendere che sia vangelo.
E non pretendere che sia vangelo =/= credere che sia come tutte le altre ad essa alternative (che é relativismo).

Non sospendo il giudizio perché é una predicazione analitica a priori.

Citazione di: sgiombo il 12 Aprile 2018, 16:53:45 PM
Citazione di: epicurus
Da quanto detto nel punto precedente, tale metodo argomentativo può essere iterato infinite volte. Non è propriamente una autoconfutazione, ma diciamo che potremmo considerarlo un'autoconfusione (termine da me ora inventato per dire che non implica una contraddizione come un'autoconfutazione, ma implica un nonsense).
Argomentare, please (come dicono gli anglofili)!


Denotiamo la tua tesi con RSS0. Nel punto precedente abbiamo inferito da RSS0:

RSS1: dobbiamo sospendere il giudizio su RSS0 (RSS0 è una teoria gnoseologica legittima come infinite altre teorie gnoseologici autoconsistenti)

Da RSS1 inferiamo poi:

RSS2: dobbiamo sospendere il giudizio su RSS1 (RSS1 è una teoria gnoseologica legittima come infinite altre teorie gnoseologici autoconsistenti)

Da RSS2 inferiamo poi:

RSS3: dobbiamo sospendere il giudizio su RSS2 (RSS2 è una teoria gnoseologica legittima come infinite altre teorie gnoseologici autoconsistenti)

E così via, all'infinito... lasciandoci in una situazione gnoseologica a dir poco comica. ;D
CitazioneSe non mi traduci in linguaggio corrente non posso capire.

Comunque l' argomentazione che dovresti confutare é questa (in linguaggio corrente, per quanto rigoroso e non ambiguo):

Definzione: conoscenza (vera) = accadere realmente di determinati eventi e della predicazione che realmente accadono tali determinati eventi; o non accadere realmente di determinati eventi e accadere della predicazione che realmente non accadono tali determinati eventi.

Premessa: accadono presentemente determinate percezioni fenomeniche; e inoltre accade la predicazione dell' accadere di tali percezioni fenomeniche (non il predicare che siano sogni, eventi intersoggettivamente constatabili o altro; non il predicare che si tratti di percezioni visive rosse o gialle o di percezioni tattili calde o freddo o di percezioni acustiche acute o gravi, di linci o di gatti o altro).

Conclusione: accade conoscenza vera di tali determinate percezioni fenomeniche presenti.
#1986
Citazione di: davintro il 13 Aprile 2018, 00:51:14 AM


il punto che mi lascia maggiormente perplesso è quello che mi porta a notare il rischio di un'eccessiva sovrapposizione tra l'idea di oggettività e quello di intersoggettività, come se il superamento della condizione di limitatezza e imperfezione della conoscenza della realtà fosse via via attuabile a partire da conferme dei contenuti di esperienza condivisi con altre coscienze. La distinzione soggetto-oggetto è una distinzione qualitativa, e dunque è solo da un punto di vista qualitativo, che un soggetto può razionalmente parlando avvicinarsi alla verità sull'oggetto, tramite un processo autocritico di sospensione dei pregiudizi interni che filtrano la datità evidente fenomenica dell'Oggetto. In un certo senso si può dire che il soggetto dovrebbe negarsi in quanto tale aprendo la sua coscienza al disvelarsi della cosa oggettiva nella sua autenticità. L'intersoggettività sarebbe un'estensione quantitativa dell'idea di soggetto inteso come singolarità, e in quanto tale, estensione insufficiente a garantire razionalmente la corrispondenza fra fenomeno coscienziale soggettivo e "cosa stessa" oggettiva, corrispondenza garantibile solo dal punto di vista qualitativo, cioè nell'adeguatezza (qualità) degli strumenti gnoseologici nel rappresentare la realtà. Non sufficiente ma nemmeno non necessario: posso formulare un giudizio di verità in solitario sulla realtà, in contrasto con le opinioni intersoggettive degli altri che invece sbagliano. Questo del resto è sempre stato il caso di ogni svolta o progresso scientifico, nel quale le scoperte di singoli o di minoranze si sono via via rivelate più vere rispetto alle tesi che inizialmente dominavano dal punto di vista dell'intersoggettività della comunità scientifica nelle varie epoche. Il che non implica che l'intersoggettività non debba avere alcun significato o incidenza nella ricerca della verità: la corrispondenza fra la mia personale visione delle cose e quella di altre coscienze, che si rivolgono ad un mondo di oggetti comune, offre delle conferme che aumentano le possibilità di validità della visione in questione. Infatti è ipotizzabile che quanto sia più ampia la condivisione intersoggettiva dei fenomeni, tanto più diminuiscono le possibilità dell'errore, in quanto la visione del singolo trova conferma nelle visioni altrui, mentre diviene sempre più improbabile la frequenza degli errori negli strumenti di giudizio delle varie coscienze. Però al massimo possiamo pensare a una sorta di "prova indiziale" con cui l'intersoggettività contribuirebbe alla legittimazione della verità, ma non si arriva mai ad una certezza, ad un'autentica fondazione razionale della pretesa di verità, esigenza che può essere assolta solo qualitativamente, cioè nel riconoscimento dell'efficienza degli strumenti di conoscenza nel saper rispecchiare le cose in se stesse

CitazionePer intersoggettività delle percezioni materiali (nell' ambito fenomenico delle varie esperienze coscienti) intendo non il concordare di opinioni o credenze relative ad esse (che certamente non garantisce della verità di tali credenze; e concordo in proposito che posso formulare un giudizio di verità in solitario sulla realtà, in contrasto con le opinioni intersoggettive [rectius: universalmente condivise] degli altri che invece sbagliano); ma invece il concordare delle percezioni stesse, il fatto (indimostrabile né tantomeno mostrabile; credibile e di fatto da me creduto solo per fede) che chiunque, poiché compia le opportune osservazioni nelle opportune condizioni ne ha (di sensazioni fenomeniche materiali) tali che descrivendole e parlandone con chiunque altro finisce per concordare nelle descrizioni stesse (é come se tutti vedessero e sentissero le stesse cose materiali -fenomeniche: "esse est percipi", Berkeley!- o cose identiche; anche se non ha senso parlare di identità o meno fra contenuti fenomenici di diverse coscienze, dal momento che non si può "sbirciare nelle coscienze altrui" per confrontarne i contenuti con quelli della propria onde verificare se siano uguali o diversi; come invece si può fare con i vari contenuti della propria coscienza).
Cioè i contenuti fenomenici materiali delle diverse esperienze fenomeniche coscienti si corrispondono biunivocamente (o meglio poliunivocamente) fra loro, e questo –transitivamente- per il fatto che ciascuno di essi corrisponde biunivocamente con un' unica (per tutti) realtà in sé o noumeno; al contrario dei contenuti fenomenici mentali, che corrispondono invece biunivocamente ciascuno a un suo proprio oggetto-soggetto riflessivamente in sé, diverso da quello di ciascun altro: i miei pensieri, sentimenti, ecc., (la mia res cogitans) é la manifestazione fenomenica a me -oggetto- di me -soggetto-, i tuoi di te a te; e io sono diverso, altra cosa, da te; invece un albero che possiamo vedere sia io che tu é la manifestazione fenomenica a me -soggetto- ed a te -soggetto- dello stesso, unico, identico oggetto in sé).
Per questo e per il fatto di essere costituito da sensazioni misurabili numericamente (per lo meno limitatamente alle "qualità primarie" direttamente; solo indirettamente per le "secondarie") il mondo materiale é conoscibile scientificamente (per o meno in senso stretto, quello delle scienze naturali), contrariamente al mondo mentale.



Per quanto il discorso sulla polarità tra "essere" e "nulla" , intendevo l'idea secondo cui ente può appartenere in misura maggiore o minore al piano dell' "essere" o del "nulla", dal punto di vista per cui la qualifica di "essere" implica la sua intelligibilità: cioè se il presupposto per poter conoscere (cioè giudicare) qualcosa presuppone il riconoscere ad esso quantomeno una certa determinatezza, seppur generica (perché attribuire un predicato a un soggetto presuppone che il soggetto abbia un suo senso, cioè sia un "qualcosa", un non-nulla), vale a dire un certo "essere", allora quanto più qualcosa è intelligibile, pensabile, tanto più partecipa dell' "essere" e si distacca dal "nulla", cioè dal non-senso di un concetto che si definisce  come negazione della "conditio sine qua non " dell'affermabilità delle cose, cioè l'idea di Essere (il Nulla si definisce come non-essere). Ecco perché il cerchio quadrato sembra avere più a che fare col Nulla che con l'Essere: è un concetto assurdo, senza senso, ingiudicabile, eppure in qualche modo riusciamo a pensarlo, a formalizzarlo linguisticamente, anche solo per dire che è qualcosa di assurdo... Ecco perché lo vedo come un concetto "border-line", ambiguo, sulla soglia tra Essere e Nulla, in qualche modo pensabile e dicibile e per altro aspetto assurdo e inconcepibile. Ed è proprio un caso come questo che mostra come Essere e Nulla debbano essere visti non tanto come ambiti nitidamente separati, ma come "polarità", tendenze, fattori in opposizione che però convivono in ogni cosa, in misura diversa sulla base del grado di intelligibilità e sensatezza della cosa. Comunque capisco che, a complicare il tutto, ci si mette la sintassi grammaticale della lingua italiana per la quale non ha alcun senso dire che qualcosa "è più Essere di qualcos'altro". Diciamo che potremmo trovarci in uno di quei casi in cui la radicalità del pensare filosofico si trova a dovere fare violenza sulle regole grammaticali, cioè il linguaggio mostra la sua inadeguatezza rispetto al pensiero.
CitazioneQui credo di dissentire solo, almeno in parte, sugli pseudoconcetti assurdi, senza senso, come quello di "cerchio quadrato", che secondo me non esistono proprio in quanto tali (non sono concetti, ma mere sequenze insignificanti di vocalizzi o caratteri tipografici).
Per il restio ho la netta impressione che diciamo le stesse cose con parole diverse.
#1987
Citazione di: epicurus il 13 Aprile 2018, 10:55:37 AM
Epicurus:
Se parliamo di credenza (o di conoscenza) stiamo parlando sempre di un contenuto interpetato. Una foto ovviamente è non interpretata, senza contenuto, ma se noi diciamo cosa la foto rappresenta, allora la stiamo intepretando. Quindi se vogliamo parlare di percezione non intereptata, allora ci fermiamo lì, senza poter parlare di credenze su di essa, e, in realtà, senza neppure poter dire cosa rappresenti tale percezione. Quindi le alternative sono 2: o ci fermiamo ad una percezione non interpretata che è irrilevante per la gnoseologia (e quindi per il discorso che stiamo qui facendo), oppure consideriamo la percezione interpretata che è qui rilevante ma che non è infallibile.
CitazioneSgiombo:

Affermazione =/= interpretazione.

Una foto é una "cosa".
L' affermazione "c' é questa foto" una seconda cosa diversa dalla prima.
L' interpretazione "questa foto rappresenta una montagna" una terza ulteriormente diversa cosa.



Epicurus:
Ti rimando al mio commento sopra. Ma il vero contenuto del mio punto (2) è un altro. Quando impariamo a parlare ci vengono insegnate tutta una serie di pratiche per riconoscere i fatti e per descriverli, e anche per fare verifiche su eventuali dubbi e errori. Finite tale pratiche siamo legittimati a dire che sappiamo, che non abbiamo dubbi e che siamo sicuri.
CitazioneSgiombo:
Avere opinioni sbagliate é certamente lecito (in democrazia).
Ma avere imparato a parlare e sapere riconoscere e descrivere linguisticamente i fatti non garantisce certo (genericamente) l' infallibilità nei giudizi circa i fatti.
Né tantomeno garantisce della verità dei giudizi sintetici a posteriori (salvo l' immediata constatazione non interpretata di sensazioni presentemente in atto, che subito trapassa nel passato, divenendo oggetto di memoria, la quale é fallible.
In particolare non garantisce la certezza delle inferenze induttive e dunque della conoscenza scientifica (anche se la scienza si avvale di molto altro oltre che dell' induzione).



Epicurus:
Già come hai formulato qui il tuo pensiero spiega quello che dicevo io: il tuo concetto di razionalità non discrimina. Inoltre, sotto un certo punto di vista, ciò che scrivi è falso anche entro il tuo modo di intendere le cose. Infatti anche se una volta eviti di lanciarti e un'altra volta ti lanci, non avresti aumentato di un infinitesimo la tua conoscenza (nel senso tuo di "conoscenza"). Sempre dal tuo tuo punto di vista di "superrazionalità", niente prova niente, perché il logicamente possibile non si scalfisce con nulla... Non c'è alcun modo di incrementare la nostra superconoscenza e non c'è alcun modo di superdiscriminare tra le infinite alternative. Tutto questo, come già dicevo, mi porta a dire che la tua superrazionalità non ha molto a che fare con la razionalità genuina, o comunque io non saprei disposto a chiamare tale concetto "razionalità" (e un discorso analogo vale per il tuo concetto di superconoscenza).
CitazioneSgiombo:
Se una volta mi lancio e l' altra no sono coerente con la mia credenza razionalistica fino in fondo che la forza di gravità potrebbe mutare di segno da un momento all' altro.
Se invece non mi butto mai (come per fortuna mi accade ...almeno finora) mi comporto in maniera non conseguentemente razionalistica: o credo (fideisticamente, ergo irrazionalmente, non essendo ciò provabile logicamente né constatabile empiricamente) che il divenire naturale é sempre ed ovunque (e non: che é stato -o meglio é sembrato essere- finora) ordinato secondo leggi universali e costanti, o per lo meno agisco come se lo credessi.




Citazione di: sgiombo il 12 Aprile 2018, 16:53:45 PM
Citazione di: epicurus
4. Come dicevo, per me sono fondamentali delle ragioni specifiche per il dubbio, come anche per la conoscenza. Se io dico "Quella è una lince", io posso e devo portare ragioni a favore di quello che dico se qualcuno me lo chiedesse. Così è anche per il dubbio. Se si mette in dubbio che quella non è una lince, allora bisogna specificare ragioni specifiche: "è completamente immobile da ore, potrebbe essere un poster", al ché io produco un gran rumore e la lince si sposta; oppure "è una lince giocattolo perché xyz", ecc....... Ci sono vari modi per cui possiamo sbagliarci ad identificare una lince, e possiamo verificarli... ma dopo un po' abbiamo raggiunto una soglia sufficiente per essere sicuri che quella è veramente una lince. E non basta un generico "alcune volte l'uomo sbaglia, quindi potresti sbagliarti che quella sia una lince, quindi io dubito che lo sia e tu non puoi dire di essere sicuro che lo sia".
La ragione specifica é quella genialmente evidenziata da David Hume: non é contraddittoria l' ipotesi che (ovvero é pensabile; ovvero é possibile che accada che) da un momento all' altro il mondo naturale materiale "riveli" di non seguire (come erroneamente si era pensato) un divenire ordinato secondo modalità universali e costanti; né che lo segua é in alcun modo constatabile empiricamente a posteriori (casomai lo é che finora lo ha sempre seguito; il che non garantisce minimamente per il futuro).

Ma questo rientra sempre nella questione generica che noi possiamo sempre sbagliarci, ma io sostengo che ciò non ci deve spingere a credere che sia illegittimo in questini ordinarie parlare di conoscenza e certezza. E' questo il punto fondamentale.
CitazioneNO.
Una cosa é il fatto che ci possiamo sempre sbagliare, per esempio nell' applicare una conoscenza scientifica a un' azione pratica.
Un' altra ben diversa cosa é il fatto che che la conoscenza scientifica potrebbe essere illusoria e falsa perché, contrariamente a quanto finora sembrato, non é vero che il  divenire naturale é sempre ed ovunque (e non: che é stato, o meglio é sembrato, finora) ordinato secondo leggi universali e costanti.

Ognuno può ritenere fondamentale il punto che più gli piace, ad libitum.
Ma che noi possiamo sempre sbagliarci l' ho sempre saputo e sostenuto ovviamente anch' io.
Che però in più, da razionalista conseguente fino in fondo so anche che, oltre a ciò, il divenire naturale potrebbe anche non essere in realtà ordinato secondo leggi universali e costanti (e dunque la conoscenza scientifica potrebbe essere falsa); anche se ovviamente in pratica mi comporto, da persona sana di mente, come se invece fossi certo dell' ordine del divenire naturale (e dunque della verità della conoscenza scientifica).

La liceità o meno delle credenze é un' altra questione che riguarda gli assetti politici e istituzionali degli stai.


Non concordo. Il razioscetticismo sgiombiano, come spiegavo più sopra, vuole anche riformare il significato di alcuni concetti come: razionalità, sicurezza e conoscenza.
CitazioneNon concordo a mia volta, poiché mi sembra evidente che non li cambia affatto.

Il razioscetticismo sgiombiano, inoltre, è una tesi complessa fatta di varie argomentazioni... probabilmente se volessi veramente essere rigoroso dovresti scrivere un paper abbastanza dettagliato, dove argomenti bene bene tutti i punti della tua tesi e magari argomenti contro le obiezioni fatte da altri.
CitazioneGià fatto abbondantemente in questo forum.

Ecco, questa sarebbe la versione completa del razioscetticismo sgiombiano... e questa tesi è esposta all'errore. In più punti ci potrebbero essere errori, variabili non considerate, ecc... Non solo, la tesi per essere compresa da un essere umano presuppone un'estensione temporale... quindi mentre la leggiamo e cerchiamo di capirla i nostri ricordi su di essa possono cambiare e trarci in inganno.
CitazioneCome da me sempre sostenuto a chiare lettere (sia che genericamente "errare humanum est, sia che la memoria é fallibile).

Detto questo, il razioscetticismo sgiombiano implica che esso stesso è una teoria come le altre, sullo stesso piano di infinite altre teorie gnoseologiche tutte logicamente possibili.
CitazioneMai preteso che fosse vangelo...

Citazione di: sgiombo il 12 Aprile 2018, 16:53:45 PM
Citazione di: epicurus
6. Ma (5) può essere ulteriormente rafforzato. Chiamiamo la mia tesi esposta in (5) tesi B. Ora possiamo dubitare anche di B. E possiamo iterare questo dubbio, infinite volte, dubitando di poter dubitare di poter dubitare di poter dubitare.... di poter dubitare sul razioscetticismo sgiombiano. Tutto questo mi pare troppo.  ;D
Secondo lo "scetticismo sgiombiano" sui giudizi analitici a priori non v' é dubbio alcuno (se correttamente formulati, ovviamente: errare humanum est!).

Mentre sui giudizi sintetici a posteriori (sulla conoscenza di come é diviene o meno la realtà) non v' é certezza (teorica) alcuna, si deve (in teoria, non nel comportamento pratico) dubitare sempre e comunque, non si dubita mai abbastanza (salvo il caso effimero dei punti 1 e 2).

Da quanto detto nel punto precedente, tale metodo argomentativo può essere iterato infinite volte. Non è propriamente una autoconfutazione, ma diciamo che potremmo considerarlo un'autoconfusione (termine da me ora inventato per dire che non implica una contraddizione come un'autoconfutazione, ma implica un nonsense).
CitazioneArgomentare, please (come dicono gli anglofili)!
#1988
X Eutidemo

Parole sante (purtroppo)!

Beh, discutere accanitamente non mi dispiace, ma tantomeno qualche volta concordare in pieno.
#1989
No, anzi ti ringrazio a mia volta.

Il significato di "categoria" é effettivamente quello che ero più propenso a credere, ma non fidandomi della mia memoria di quanto studiato da ragazzo ed essendo troppo pigro per andare a documentarmi,  non l' ho usato.
Non credo, anche dopo questi tuo ulteriore chiarimento, che ciò impedisca la reciproca comprensione, 
#1990
Citazione di: epicurus il 12 Aprile 2018, 14:46:52 PM
Citazione(Purtroppo mi sembra necessario, per essere sufficientemente chiaro, tornare a obiettare punto per punto)

@Sgiombo, seguo anch'io la tua "semplificazione" e riparto con un post pulito, senza citazioni.

Provo a ricapitolare un po' i punti che reputo fondamentali per me:

1. Secondo me la percezione ha sempre un qualche grado di non-interpretazione. Quindi anche se parlo di cosa io penso di vedere qui e ora, posso sbagliarmi. In ultima analisi, posso sbagliarmi a scegliere le parole giuste per descrivere la situazione.
CitazioneAd implicare inevitabilmente sempre una qualche interpretazione (che può essere errata) non é la percezione né la mera asserzione di essa, ma sono una (eventuale, ulteriore) descrizione di una percezione, delle considerazioni circa una percezione.
Se mi limito ad affermare che accade la percezione dello schermo del computer (senza precisare se si tratti di percezione intersoggettivamente constatabile oppure di sogno o allucinazione, senza dire se realmente é grande o piccolo, rettangolare o quadrato, ecc. ma solo che appare -sembra- tale) e inoltre accade la percezione dello schermo del computer, per definizione ciò che accade é "conoscenza vera" (per la cronaca, ma non é importante: qui non sto dicendo -meramente*- che sto vedendo -cioè avendo la mera percezione delle apparenze sensibili de*- lo schermo o meno, non sto predicando sinteticamente a posteriori circa la realtà -veracemente o meno- ma sto solo facendo delle ipotesi e delle deduzioni da esse, giudicando analiticamente a posteriori).


2. La nostra stessa pratica linguistica, diciamo lo stesso significato delle parole, presuppone tutta una serie di controlli per verificare uno stato di cose. E tale serie è una serie finita. Dopo tali controlli posso giustamente dire "io so...", "io sono sicuro..." e "non ci sono dubbi...". Ripeto, ovviamente, l'errore può sempre essere dietro l'angolo, ma sono comunque legittimato a parlare in quel modo.
CitazioneDunque, se ben intendo, a parte il generalissimo e ovvio "errare humanum est", mi posso sbagliare nel raccontare, nel descrivere ("commentare", "interpretare") le percezioni, non nel pensare che le percezioni accadono in quanto tali, nel loro mero apparire (qualora accadano, come si é ipotizzato).

3. Tu dici che in sede teorica la razionalità non è mai troppa, mentre in sede pratica ci sono dei compromessi. Io invece sostengo che si possa usare pur tutta la razionalità che si può in ogni contesto (1). Per me non è questo il punto. L'utilizzo dell'intelletto deve orientare alla scelta, alla discriminazione tra alternative, e una razionalità che non discrimina fatico a chiamarla razionalità: infatti, una "superrazionalità" come intesa da te non discrimina, semplicemente si limita a porre tutte le possibilità logiche sullo stesso piano (2).
Citazione1 A usare tutta la razionalità che si può, bisognerebbe, alternativamente, una volta evitare di lanciarsi dal 100° piano per non sfracellarsi a terra, e un' altra volta lanciarsi per evitare di sfracellarsi contro il soffitto.

2 Infatti sono convinto che lo scetticismo non sia razionalmente superabile: sospendo il giudizio (in sede teorica) su ciò che si presta a più possibilità logiche (come ho sostenuto nell' ultima obiezione a Eutidemo -#41- non si possono quantificare "probabilità" fra le due alternative del divenire naturale ordinato o meno, ma solo fideisticamente abbracciare la più "ragionevole").

4. Come dicevo, per me sono fondamentali delle ragioni specifiche per il dubbio, come anche per la conoscenza. Se io dico "Quella è una lince", io posso e devo portare ragioni a favore di quello che dico se qualcuno me lo chiedesse. Così è anche per il dubbio. Se si mette in dubbio che quella non è una lince, allora bisogna specificare ragioni specifiche: "è completamente immobile da ore, potrebbe essere un poster", al ché io produco un gran rumore e la lince si sposta; oppure "è una lince giocattolo perché xyz", ecc....... Ci sono vari modi per cui possiamo sbagliarci ad identificare una lince, e possiamo verificarli... ma dopo un po' abbiamo raggiunto una soglia sufficiente per essere sicuri che quella è veramente una lince. E non basta un generico "alcune volte l'uomo sbaglia, quindi potresti sbagliarti che quella sia una lince, quindi io dubito che lo sia e tu non puoi dire di essere sicuro che lo sia".
CitazioneLa ragione specifica é quella genialmente evidenziata da David Hume: non é contraddittoria l' ipotesi che (ovvero é pensabile; ovvero é possibile che accada che) da un momento all' altro il mondo naturale materiale "riveli" di non seguire (come erroneamente si era pensato) un divenire ordinato secondo modalità universali e costanti; né che lo segua é in alcun modo constatabile empiricamente a posteriori (casomai lo é che finora lo ha sempre seguito; il che non garantisce minimamente per il futuro).

5. Chiamiamo, per comodità, la tua tesi "razioscetticismo sgiombiano". Perché non applicare tale scetticismo anche al razioscetticismo sgiombiano? Quindi ora dovremmo dubitare della validità di tale tesi e metterla allo stesso livello di infinite altre tesi tra loro mutualmente esclusive ma tutte logicamente possibili.
CitazioneIl "razioscetticismo sgiombiano" (uau!) si riferisce alla conoscenza (sintetica a posteriori) di come é-accade o meno la realtà.

Ma le considerazioni humeiane cui appena sopra succintamente accennavo sono giudizi analitici a priori (non dicono nulla sui come sia o meno la realtà):

1) pensare che la realtà naturale materiale non diviene ordinatamente é non meno logicamente coerente, non contraddittorio, che pensare che diviene ordinatamente (= che la realtà non divenga ordinatamente é altrettanto logicamente possibile che divenga ordinatamente);

2) nessun numero, per quanto grande sia, di osservazioni empiriche a posteriori umanamente conseguibili (numero necessariamente finito) confermanti che la realtà naturale materiale finora é divenuta e diviene ordinatamente (almeno in apparenza) equivarrà mai alla constatazione empirica a posteriori che anche alla prossima osservazione (sempre, quante che se ne siano già fatte) continuerà a divenire ordinatamente (che ciò accada realmente).

6. Ma (5) può essere ulteriormente rafforzato. Chiamiamo la mia tesi esposta in (5) tesi B. Ora possiamo dubitare anche di B. E possiamo iterare questo dubbio, infinite volte, dubitando di poter dubitare di poter dubitare di poter dubitare.... di poter dubitare sul razioscetticismo sgiombiano. Tutto questo mi pare troppo.  ;D
CitazioneSecondo lo "scetticismo sgiombiano" sui giudizi analitici a priori non v' é dubbio alcuno (se correttamente formulati, ovviamente: errare humanum est!).

Mentre sui giudizi sintetici a posteriori (sulla conoscenza di come é diviene o meno la realtà) non v' é certezza (teorica) alcuna, si deve (in teoria, non nel comportamento pratico) dubitare sempre e comunque, non si dubita mai abbastanza (salvo il caso effimero dei punti 1 e 2).
#1991
Citazione di: viator il 12 Aprile 2018, 13:09:06 PM
Salve Sgiombo. Certamente c'è filosofo e filosofo. Secondo te si possono chiamare filosofi quelli che rifiutano la logica?. Esistono le categorie. Qual è la categoria che include tutte le altre? Quella dell'esistente. Quante sono le categorie che includono tutte le altre? 1. E cosa include l'unica categoria che include tutte le altre? Tutto.

L'"1" del filosofo è quel concetto che, secondo un minimo di logica razionale, s'identifica con il tutto secondo la semplice constatazione che di TUTTO ce ne sta solamente uno. Che poi il TUTTO inteso come SINGOLARITA' TOTALIZZANTE sia sinonimo di ASSOLUTO..........vedi un poco tu.

CitazioneCredo esistano anche filosofi (o pretendentisi tali, più o meno legittimamente; il che é discutibile) irrazionalisti che violano (deliberatamente o meno) la logica nelle loro pretese argomentazioni (per esempio a Tertulliano si attribuisce l' affermazione "credo quia absurdum").

Che (secondo logica) di "tutto" ve ne possa essere (esistere realmente, e pure essere pensato in maniera logicamente corretta, non contraddittoria) solo uno (ovvero che non sia possibile più di una totalità: sarebbe autocontraddittorio il pretenderlo) sono perfettamente d' accordo.

E così pure che il concetto di "tutto" possa essere inteso, oltre che relativamente (per esempio "tutto ciò che mi piace", "tutto ciò che é esistito fra il 200 a C. e il 1700 d. C.", "tutto ciò che é materiale", tutto ciò che appare fenomenicamente", ecc.), anche assolutamente ("tutto ciò che -realmente o meno- può in ogni e qualsiasi modo, 'a qualunque titolo', essere preso in considerazione"; e non "tutto ciò che -realmente- esiste" che invece é un' accezione relativa di "totalità", come preciserò poco oltre).

Ma non puoi pretendere che, senza queste tue ultime spiegazioni (precisazioni), in questo modo (con cui concordo) possano essere intese (almeno da parte mia) le tue affermazioni sull' "1" matematico e l' "1" filosofico nel precedente intervento cui obiettavo.
Puoi invece pretenderlo ora, dopo le ultime spiegazioni.

Non concordo invece che il concetto di "(realmente) esistente" includa ogni altro concetto (il concetto di "categoria" mi risulta di significato alquanto oscuro; cioè non so bene che cosa significhi, che é diverso dal dire che non significa nulla ovvero che non ha un significato, precisazione forse pleonastica ma che espongo a scanso di eventuali equivoci).
Infatti il concetto di "(eventualmente esistente-accadente solo in quanto) pensato" (ad esempio veracemente riferibile, per intenderci, a un ippogrifo, a quanto mi risulta, e salvo dimostrazione o constatazione empirica in contrario) non é incluso come sua parte in quello di "(realmente) esistente", poiché fra le cose (realmente) esistenti-accadenti (gli enti o eventi realmente esistenti o realmente accadenti), a quanto mi risulta, e salvo eventuale dimostrazione o constatazione empirica in contrario, non v' é alcun ippogrifo (contrariamente al concetto di ippogrifo).
Credo piuttosto che il concetto di "(realmente; o meno) concepibile (considerabile)" o "(realmente; o meno) pensabile" includa oltre a quello di "(realmente) esistente", anche quello di "non (realmente) esistente", poichè si può (realmente o meno) concepire, pensare anche ciò che é (realmente) inesistente (come per l' appunto, un ippogrifo, a quanto mi risulta, e salvo eventuale dimostrazione o constatazione empirica in contrario).
E questo malgrado il fatto che possa darsi tanto che si pensi qualcosa che (realmente) non esiste-non accade (come il solito ippogrifo; oltre a ciò che -realmente- esiste-accade), quanto che (realmente) esista-accada qualcosa che (realmente) non é pensato, non si pensa, non si prenda in considerazione.
#1992
Citazione di: Eutidemo il 12 Aprile 2018, 08:13:13 AM
Ciao Sgiombo.
E' tutto vero quello che hai scritto, ma un "giudizio sintetico a posteriori" per quanto generico e universale possa essere, non sarà mai "assoluto".
Ed infatti:
- che un "corpo" sia "esteso", è una proposizione che vale a priori; ed infatti, senza doverne fare alcuna esperienza, io posseggo tutte le condizioni del mio giudizio già nel concetto, dal quale posso trarre il predicato in virtù del principio di non contraddizione.
- diversamente, nel concetto di "corpo" in generale io non includo il predicato della "pesantezza":  quest'ultima, invero, è oggetto dell'esperienza, la quale, però, manca del requisito della necessità, in quanto da domattina la legge di gravità potrebbe smettere di funzionare.


CitazioneConcordo ma non vedo in che senso, a che proposito, si tratterebbe di un' obiezione a quanto da me scritto (se invece é un' esemplificazione non capisco l' uso della congiunzione "ma").

Ho infatti scritto che qualsiasi concetto si definisce mettendo in determinate relazioni altri concetti; dunque inevitabilmente é relativo.

Se nel definire un "corpo" non stabiliamo (intendiamo) che é soggetto-oggetto della forza di gravità ma invece lo constatiamo empiricamente, allora "i corpi pesano" é un giudizio sintetico a posteriori, e per esso vale la critica humeiana della causalità.
E se invece nel definire "corpo" stabiliamo (intendiamo) che ha un' estensione, allora ce l' ha per definizione (e l' affermarlo rientra nel "regno dell' analitico a priori"; come farebbe anche se fosse dedotto da una diversa definizione di "corpo"), cioé della correttezza logica del discorso (o meno) e non invece nel "regno della conoscenza della realtà (o meno)", cioé non nel "regno del sintetico a posteriori".
        ***
Premesso questo, però, secondo me occorre distinguere DUE gradi di "certezza relativa" che può fornirci l'esperienza; uno più elevato, molto prossimo alla certezza assoluta, ed uno molto meno elevato.
Ed infatti:
a) L'esame del DNA, se correttamente eseguito, fornisce risultati "probabili" alla stramiliardesima potenza; però, da domattina le leggi della genetica potrebbero "teoricamente" smettere di funzionare, per cui potremmo ritrovarci tutti di colpo con la stessa sequenza cromosomica.
b) L'esame del DNA, tuttavia, può anche essere eseguito in modo scorretto; per cui, considerando la "probabilità" che ciò possa in concreto verificarsi,  la probabilità che un innocente possa essere condannato in base a tale prova risulta molto superiore a quella di cui al punto a) (sebbene, comunque, ESTREMAMENTE SCARSA).
Spesso, però, i due distinti livelli di "certezza" (rectius, di "probabilità") di determinate risultanze scientifiche vengono concettualmente confusi; il che è un errore!


CitazioneAnche qui non capisco il "però" dal momento che pure queste non mi sembrano in alcun modo obiezioni a quanto da me affermato, ma casomai esemplificazioni.

Però (e qui lo metto io, credo correttamente) non concordo con il tuo uso del concetto di "probabilità" (inteso in senso "stretto" o "tecnico", logico-matematico-scientifico-filosofico; probabilmente i vocabolari della lingua italiana comprendono anche il significato da te attribuitogli, assegnandolo però a usi "naif" o "correntemente colloquiali", per così dire, non rigorosi, alquanto imprecisi o per lo meno metaforici).

Infatti quello di "probabilità" rigorosamente inteso é un concetto quantitativo (almeno in linea teorica o di principio può essere espresso in forma di rapporto o frazione matematica oppure, come più correntemente accade, di percentuale).
E mentre nel caso dell' errore di laboratorio, almeno in linea di principio, é possibile stabilire (per lo meno a posteriori, e diversamente a seconda dei diversi casi) qual' é la percentuale di probabile errore di una determinata analisi, invece nel caso dell' incertezza (teorica, in linea di principio) del divenire naturale ordinato secondo leggi universali e costanti (e dunque della conoscenza scientifica) non si tratta di qualcosa di quantificabile nemmeno in linea teorica o di principio: non esiste una determinata probabilità (non ha senso -letterale; ma casomai solo metaforico- parlarne) che da un momento all' altro la forza di gravità  cambi o venga meno, che domani non sorga il sole, o che il DNA di due persone che non siano gemelli monoovulari sia perfettamente identico.
Semplicemente é ragionevolissimo crederlo, esserne certi (fideisticamente), tutti i comunemente ritenuti sani di mente per lo meno si comportano come  se lo credessero, ma (in linea teorica di principio) é incerto, dubbio (in assoluto, non quantificabilmente).

         ***
Ad esempio, anni fa, un "Tizio" si rivolse  all'ospedale di Sant'Anna di Como per avere  la certezza della paternità di un neonato; gli esami di laboratorio gliela diedero al 9999999999999,99999999999%. Per cui per ben tre anni l'uomo si comportò da vero papà. Però, nel 2003 - per quale ragione non si sa - chiese di ripetere il test del Dna; è il risultato fu che .... no, non era affatto lui il genitore biologico. L'ospedale Sant'Anna dovette riconoscere l'errore, e risarcirlo.

Ora, in effetti, se l'esame fosse stato eseguito correttamente, la probabilità che ci azzeccasse sarebbe stata veramente  del 9999999999999,99999999999% (salvo un improvviso "imbizzarrimento" delle leggi della genetica); ma le probabilità di un errore umano, ovviamente, sono ben diverse, come è ovvio.
"Errare humanum est", appunto! ;D

CitazioneDunque dopo l noti casi del "cornuto e contento"  e del "cornuto e mazziato", abbiamo anche il "cornuto e (ulteriormente) sfigato", per quanto pure "cornuto e risarcito (non delle corna, che per un politicamente scorrettissimo come me sono assolutamente irrisarcibili, ma almeno dell' ulteriore sfiga)"!

P.S.: Non sarebbe per lo meno ipotizzabile una dolosa falsificazione delle prima analisi (...se il vero padre fosse stato l' analista del laboratorio o un suo caro amico, o un corruttore dello stesso)?


#1993
Citazione di: viator il 11 Aprile 2018, 22:45:19 PM
Salve. Certo che 1+1 = ....?? è un grosso problema. Quello del dover affrontare il tema della singolarità armati solo - ed al minimo - della duplicità.
La duplicità non ulteriormente risolvibile è quella del rapporto soggetto-oggetto, osservatore-osservato, mente-problema, e via dicendo.
La singolarità espressa dall'"1" come sinonimo dell'assoluto e del tutto ci è estranea ed irraggiungibile. Quindi l"1" del filosofo non può conoscere alcun rapporto con il 2 o con qualsiasi altra molteplicità. "1tutto" + "1tutto" = .......... ??.
Il problema infatti è quello della commistione tra l'assolutezza dell'unicità filosofica ed il significato aritmetico dell' "1" inteso come base della molteplicità di qualcosa di relativo (cioè dei singoli componenti-base di una CLASSE di elementi), che rende confusionaria e fuorviante qualsiasi trattazione che non tenga conto dell'esistenza "non di 1 1 ma di 2 1" (chiedo scusa dell'apparente pasticcio volutamente ironico) ma finga che "di 1 ce n'è uno solo!!".
Di 1 invece ce ne sono 2......quello filosofico ed extraumano e quello dei matematici !!

CitazioneMa perché mai l' "1 del filosofo" (-?- Ed "extraumano" ???) dovrebbe essere sinonimo dell' assoluto e del tutto?

C' é filosofo e filosofo (e filosofia e filosofia).

E per un filosofo razionalista (quale mi ritengo personalmente) non esiste alcun "1 filosofico sinonimo dell' assoluto e del tutto", ma quando si parla dell' "1"  (salvo eventuali diversi modi di intenderlo che andrebbero precisati e sui quali si dovrebbe convenire fra parlanti) si parla di un ben preciso concetto atematico (che fra l' altro sommato con se stesso oppure moltiplicato per 2 da 2).



Circa poi il fatto che 1+1 possa fare 3 o qualsiasi altra quantità a nostro piacere, nessun problema: esistono i parti gemellari, caso in cui 1 genitore + 1 genitore = 3 pargoli o, se si preferisce, 2 genitori + 1 copula = famiglia di 3, 4, 5....... componenti.
CitazioneNei parti gemellari 1 figlio + 1 figlio = 2 figli; oppure 2 membri dell' umanità + un membro dell' umanità = 3 membri dell' umanità (i 2 figli + la madre; mentre i genitori sono inevitabilmente 2 membri dell' umanità che sommati a quelli costituiti dai 2 figli danno 4 membri del' umanità).
E analoga obiezione vale per il caso dei genitori e la copula (credo si possano sommare sensatamente, con risultato "3", solo in qualità di "enti o eventi qualsiasi"): a meno che si considerino i numeri del tutto astrattamente o in maniera assolutamente indeterminata, se si considerano numeri di "cose" più o meno determinate, allora bisogna sempre precisare che genere di "cose" si sommano, altrimenti si cade in una confusione assurda, e si dicono assurdità (secondo il significato correntemente assegnato alle parole; e teoricamente cambiabile, ma attraverso precise convenzioni condivise) come "1 + 1 = 3 o qualsiasi altra quantità a nostro piacere".
#1994
Citazione di: epicurus il 10 Aprile 2018, 12:26:07 PMCorrezione delle ore 21, 15 circa.

Ho cancellato quasi per intero un lunghissimo ulteriore botta-e-risposta che a mio parere stava rendendo stucchevole la discussione fra me ed Epicurus (a stomaco pieno ci si rende meglio conto di certe cose).

Ho lasciato solo poche battute indicative delle mie convinzioni in dissenso dalle sue.

(Se qualcuno fosse così masochista da voler leggere il mio lungo batti-e-ribatti che ho cancellato, mi scivesse privatamente che privatamente glielo manderei; l' ho "salvato" per questa improbabile eventualità...).
Citazione
CitazioneErrare humanum est (e su questo siamo tutti d' accordo).

Citazione di: sgiombo il 10 Aprile 2018, 11:34:32 AM
CitazioneChe non vi sia nulla esente da errore é tutto da dimostrare.
Per parte mia, scetticamente sospendo il giudizio.
Citazione di: sgiombo il 10 Aprile 2018, 11:34:32 AM
Scetticismo == dubbio su qualsiasi tesi, sospensione dl giudizio su tutto.
Citazione
Ovvero é la sospensione del giudizio su ogni e qualsiasi conoscenza (di come é/diviene o non é/non diviene la realtà, precisazione pleonastica), ovvero -nella mia personale accezione "imperfetta"- su ogni e qualsiasi giudizio sintetico a posteriori diverso dalla (tranne quelli affermanti la) mera constatazione immediata e non interpretata di sensazioni presentemente in atto (in quanto tali) allorchè (se e quando) tali sensazioni sono presentemente in atto*; non essendo, come mi pare convenga anche tu, i giudizi analitici a priori conoscenze (circa come é o non é la realtà).
Citazione di: sgiombo il 10 Aprile 2018, 11:34:32 AM
Citazione
Citazione di: sgiombo il 09 Aprile 2018, 17:49:26 PMLa consapevolezza dell' insuperabilità razionale dello scetticismo (salvo il caso limitatissimo ed effimero di cui sopra), per esempio dell' indimostrabilità del fatto che da un momento all' altro la gravità non possa mutare di segno e che conseguentemente se in tal caso non si gettassero dalla finestra si sfracellerebbero contro il soffitto, e analogamente per nutrizione e possibili ferimenti da arma da fuoco, non é da tutti (é da filosofi razionalisti conseguenti "fino in fondo").

Citazione di: sgiombo il 10 Aprile 2018, 11:34:32 AM
CitazioneEpicurus:
Non mi pare di ignorare i limiti della razionalità. Dicevo solo, con un pizzico di malizia  ;), che una forma di razionalità insaziabile non è utilizzabile per conoscere il mondo.  
CitazioneSgiombo:
Secondo me la razionalità non é mai troppa, per lo meno in sede teorica pura.
In sede pratica può esserlo, come ho sempre sostenuto, essendo preferibile una razionalità limitata o "ragionevolezza".

Epicurus:
p.s. Mi fai sempre sgobbare quanto ti devo rispondere... per formattare il post ci metto sempre il triplo del tempo speso sul contenuto.  ;D
CitazioneSgiombo:
Consolati, che sgobbo anch' io!


_______________
* E questo non é un giudizio sintetico a posteriori ma analitico a priori: se conoscenza vera é (come é per definizione) affermazione che é reale ciò che é reale o che non é reale ciò che non é reale, allora i giudizi sintetici a posteriori affermanti la (mera) constatazione immediata e non interpretata di sensazioni presentemente in atto (in quanto tali) allorchè (se e quando) tali sensazioni realmente sono presentemente in atto é conoscenza vera.
#1995
Citazione di: epicurus il 10 Aprile 2018, 11:24:58 AM
Ciao Ivo, propongo una umile e piccola aggiunta al forum: un pulsante che permette di inserire i nostri commenti in mezzo ad una citazione quando si è in modalità grafica.

Mi spiego meglio. Quando si cita un post, questo ci viene presentato nel form dove dobbiamo scrivere il nostro intervento. Ma spesso si è nella necessità di inserire più commenti sparsi alla citazione, e non solo scrivere in fondo ad essa. Da qui la necessità di avere un pulsante che chiuda la citazione in uno specifico punto, lasci lo spazio per scrivere il proprio intervento e che poi faccia riprendere la citazione.

Questo, ovviamente, è fattibile quando si è in modalità solo testo. Ma credo sia molto utile averlo anche in modalità grafica, visto che penso molti usino solo quella.

Ivo, è fattibile come funzionalità?
CitazionePersonalmente trovo molto semplice inserire i miei commenti o precisazioni fra parentesi quadre, inoltre usando un carattere leggermente diverso, come il "non inclinato" che impiego in generale per quello che é "farina del mio sacco", mentre solitlmente uso l' "inclinato" nelle citazioni altrui, e inoltre aggiungendo la precisazione "N.d.R".


Ottima anche secondo me la possibilità di esporsi o meno alle valutazioni degli altri utenti (personalmente mi esporrei perché credo che non avrei niente da perdere conoscendo le impressioni fatte agli altri che ovviamente per me non sono né "vangelo" né "schifezza").