Menu principale
Menu

Mostra messaggi

Questa sezione ti permette di visualizzare tutti i messaggi inviati da questo utente. Nota: puoi vedere solo i messaggi inviati nelle aree dove hai l'accesso.

Mostra messaggi Menu

Messaggi - Phil

#1996
Citazione di: epicurus il 03 Luglio 2017, 14:31:38 PM
Quello che voglio dire è che c'è il problema del PM. Tu dici che il problema si genera perché il PM va contro ad una regola semantica a cui non bisognerebbe mai andare contro, pena l'insensatezza. Poi ti mostro che la tua stessa proposta [...] viola la tua regola semantica
Eppure non mi hai ancora spiegato "dove" accade tale violazione... o forse non hai letto i miei ultimi post  ;)
Mi pare che la mia proposta non violi la distinzione fra i tre livelli (livello "base", livello veritativo, livello assiomatico); forse quando ti ho chiesto degli esempi e poi ho (di)mostrato che questi non portavano a (auto)contraddizione, non sono stato abbastanza convincente... ma non voglio insistere oltre, anzi, grazie per le risposte  :)
#1997
Riflessioni sull'Arte / Re:Arte moderna?
02 Luglio 2017, 15:28:07 PM
Credo si possa distinguere fra "il sublime", ovvero il bello (da adorare) che una divinità ha posto (o è) nel mondo come sua traccia "naturale", e "l'artistico", ovvero il bello artificiale (di cui godere) che l'uomo produce come traccia del suo sentire emotivo... "l'artistico" stesso può poi essere distinto fra arte come medium tra uomini e divinità (consacrazione del bello al servizio/adorazione di una divinità in un culto come apertura verso il divino) e arte come medium fra soli uomini (contemplazione del bello in quanto vissuto, esperienza che apre all'introspezione).
#1998
Riflessioni sull'Arte / Re:Arte moderna?
01 Luglio 2017, 18:08:39 PM
Concordo con @Sariputra quando nota come l'arte sia lo specchio della società attuale, incentrata sulla comunicazione mediatica (e le sue categorie: stupire, ammiccare, mutare, etc.) e d'altronde anche l'arte antica era lo specchio della sua società, dell'epoca in cui dominava magari la religione (raffigurazione di temi sacri) oppure un ideale del bello puramente raffigurativo (proporzioni, geometrie, etc) o emotivo (uso dei colori, della luce, etc.). Per cui, in fondo, che l'arte contemporanea usi stilemi ben differenti da quelli precedenti è inevitabile, vista la differenza dei contesti storico-culturali fra attualità e passato. 
Lo spaesamento probabilmente è dovuto, come accenna @Angelo Cannata, al fatto che si tratta di un linguaggio che non tutti padroneggiano; perché? Secondo me, perché l'arte che ci viene comunemente insegnata (formando in noi l'idea stereotipica di cosa è arte e cosa no), è quella di altre epoche, quindi quella che parla un altro linguaggio estetico rispetto all'arte contemporanea. Sappiamo che la patina di polvere storica rende il passato molto più affascinante della limpida nitidezza del presente... ma sappiamo anche che per demistificare il passato basta mettere fra parentesi proprio quell'alone di venerabilità che spetta a ciò che ha valicato secoli di storia.

Siamo davvero sicuri che l'arte "dei tempi andati" sia senza tempo(!), universale e magari parli persino a tutti? Probabilmente qualcuno, contadino o mecenate che fosse, poteva trovare a (sua) ragione insulsa e sbiadita la Gioconda perchè parlava una "lingua del bello" che egli non comprendeva (non è bello ciò che è bello...  ;) ), e anche oggi, "a pelle", è davvero così necessariamente bella, al netto di ciò che abbiamo letto sui libri di storia dell'arte, al netto della sua indiscussa fama di capolavoro? E se il re (o la regina in questo caso) fosse nuda? Il che non toglie che, spogliata dalla sua reverenziale veste, non possa poi essere davvero una bella nudità...

La cornice e l'incorniciamento di cui parla @Maral non giocano, secondo me, mai un ruolo marginale; vale tanto per il presente quanto anche per l'arte del passato: qualcosa viene incorniciato come capolavoro d'arte, la sua reputazione cresce nei secoli irrobustendo la sua cornice, al punto che oggi tale cornice è sacra e inscalfibile, anche se ciò che contiene parla una "lingua morta". Certamente i capolavori del passato parlano ancora, hanno ancora senso, ma sono comunque un'altra lingua (e non sempre "chiara" per tutti, come ci ricorda l'ipotesi del suddetto "dissidente della Gioconda"...). Talvolta il valore storico (diacronico), si confonde con quello estetico (sincronico).
Ad esempio. se cresciamo (o veniamo cresciuti) con la convinzione che la lingua dantesca sia un capolavoro da emulare, bolleremo come bieca eresia l'attuale linguaggio, fatto di inglesismi, neologismi e licenze poetico-grammaticali... eppure il nostro linguaggio, quello che rappresenta la nostra società, è questo, non quello vetusto di Dante. Se Dante si reincarnasse oggi, userebbe le sue rime per comporre testi rap  ;D  e non lo prenderemmo troppo sul serio, proprio perché i contesti cambiano in parallelo alle forme e alle dinamiche sociali dell'arte (e viceversa!).

Intendo dire che il linguaggio estetico si aggiorna con il mutare del contesto storico-antropologico, per cui "il giudizio universale" di Michelangelo, senza voler peccare di lesa maestà, è arte inattuale (per me non è un ossimoro): infatti se venisse riproposto qualcosa con quello stile sarebbe probabilmente considerato meno sublime, perché sarebbe "fuori tempo", una "citazione" in un linguaggio antico che mantiene il suo fascino soprattutto in quanto antico. Se aveste un'immagine della cappella sistina appesa in salotto, la trovereste davvero bella in sé, ovvero al di là dell'essere la rappresentazione di un noto capolavoro? Non preferireste forse avere un forma di bellezza più adeguata al sentire contemporaneo, ad un bello meno lontano nel tempo, ad un'estetica che parla la vostra lingua corrente? 
Detto in altri termini, quanto sono rilevanti la reputazione, la distanza temporale e la consacrazione storica quando parliamo di arte?

Se fare arte significa organizzare materiali, suoni, colori e parole per suscitare volutamente emozioni (senza però illudersi che siano "per tutti"), allora anche disporre briciole, anche una poesia di sole 17 sillabe, anche un'immagine astratta, possono essere vissute come forme d'arte... oppure è davvero solo una questione di essere messi dentro o fuori da una cornice?

@Jean
Impressionante quel ragazzo, se ha progettato quello strumento potrebbe ben essere un novello Leonardo!
#1999
Citazione di: epicurus il 29 Giugno 2017, 16:40:40 PM
se possiamo parlare al di fuori del linguaggio di Phil (ma non dovrebbe allora essere un linguaggio in qualche modo di livello superiore al linguaggio di Phil? Un linguaggio che ha cmq tutti i termini del tuo linguaggio. o delle regole di traduzione. e non sarebbe altro che un ulteriore livello del linguaggi di Phil?
Non è un livello superiore, è solo un altro sistema linguistico... per fare un esempio (passando dalla logica alla glottologia): possiamo parlare della lingua inglese usando l'italiano (spiegarne la grammatica, etc.), ma non per questo possiamo concludere che l'italiano è una lingua che comprenda quella inglese come sotto-lingua... e ovviamente i ruoli possono invertirsi: un inglese può spiegare la lingua italiana usando l'inglese (un sistema può essere oggetto del discorso di un altro sistema senza per questo esserne compreso come "sotto-specie"  ;) ).

Citazione di: epicurus il 29 Giugno 2017, 16:40:40 PM
allora possiamo parlare del PM al di fuori del linguaggio di Phil ed il problema è tornato.
Certo, così come possiamo parlare della spinosa questione dell'immortalità dell'anima solo da credenti, ma per un ateo (ovvero un altro sistema di credenze) il problema non si pone ed è insensato  ;D

Citazione di: epicurus il 29 Giugno 2017, 16:40:40 PM
E poi tu proprio ora parli del linguaggio di Phil e di altri linguaggi fuori e di come si relazionano tra loro, quindi tu stai parlando fuori da qualsiasi linguaggio? Ciò sarebbe assurdo, non trovi?
Chiaramente io parlo di altri linguaggi dall'interno del mio linguaggio, non è assurdo (semmai è inevitabile  ;) ): è come parlare di altre macchine dall'interno della mia auto, dicendo "quella macchina va forte, quell'altra sta frenando, quell'altra ha il vetro sporco, quell'altra va in contromano, etc." (e ovviamente posso anche parlare della mia dal suo interno...).
#2000
Citazione di: epicurus il 29 Giugno 2017, 16:02:47 PM
Intendo dire che tu stesso hai ammesso che non puoi parlare del tuo stesso linguaggio,
Ho scritto che se ne può parlare addirittura sia dell'esterno che dall'interno:
"si può parlare dei sistemi assiomatici [linguistici] dall'interno o dall'esterno, con la cruciale differenza che dall'interno gli assiomi devono essere sempre veri (altrimenti non sarebbero tali!), mentre dall'esterno (da un altro sistema assiomatico) possono anche non essere veri (come credo dimostrino le geometrie non euclidee se confrontate con quelle euclidee...)"(autocit.)

Citazione di: epicurus il 29 Giugno 2017, 16:02:47 PM
perché dovresti parlarne ad un livello superiore al terzo. Ma un quarto livello non esiste.
esatto, secondo me, non c'è un quarto livello, ma solo sistemi differenti, ognuno fondato dal suo terzo livello di assiomi, quindi non c'è necessità di un ulteriore livello superiore (non è che mi confondi ancora con Tarski e i suoi livelli a matrioska;) ).

Citazione di: epicurus il 29 Giugno 2017, 16:02:47 PM
In generale, una proposizione come "Il linguaggio di Phil è xyz" non si può fare, perché solo fuori da tutti i livelli sarebbe possibile una tale affermazione, da qui l'assurdo.
Un'affermazione del genere si può fare, sarebbe semplicemente un'affermazione esterna al "linguaggio di Phil", ovvero che ha "il linguaggio di Phil" come oggetto (e quindi potrebbe essere di primo o secondo livello di un altro sistema linguistico). Oppure potrebbe essere interna (e di terzo livello) al "linguaggio di Phil", se fosse ad esempio allusiva ai suoi assiomi (del tipo "il linguaggio di Phil riconosce solo tre livelli").
Spero di aver chiarito  :)

#2001
Citazione di: epicurus il 29 Giugno 2017, 11:35:50 AM
Phil, il problema è che tu stesso, in questa discussione, non usi il linguaggio che tu proponi. E non lo fai perché non puoi farlo
Potresti essere (se puoi) più chiaro, magari con esempi? Perché a me sembrava onestamente di usarlo, più che proporlo  ;) 
#2002
Citazione di: epicurus il 28 Giugno 2017, 10:58:49 AM
Un conto è parlare di un sistema assiomatico arbitrario
Eppure, in fondo, quale sistema assiomatico non è arbitrario? ;)
Citazione di: epicurus il 28 Giugno 2017, 10:58:49 AM
un altro conto è voler proporre un sistema linguistico che dovrebbe essere come minimo comprensivo di tutto il nostro linguaggio naturale, cioè di cosa possiamo dire
non ho mai avuto tale ambizione, mica sono Wittgenstein!  ;D

Citazione di: epicurus il 28 Giugno 2017, 10:58:49 AM
La tua proposta è di considerare il linguaggio naturale come una struttura gerarchica a tre livelli semantici. E entro a questo framework definiamo e limitiamo ciò che è sensato o meno. Ma allora non si vanifica tutto il progetto se si ammette che ci sia un ulteriore universo linguistico al di fuori di tale linguaggio?
Si è già sempre dentro un sistema assiomatico-linguistico, per cui è inevitabile che ci sia (o ci possa essere) un "fuori"... parlare dell'"intero linguaggio"(cit.) sarebbe così generico (comprendendo tutte le lingue, le differenti stutture sintattiche e semantiche, e persino le forme di comunicazione non-verbale, se intendiamo il linguaggio in senso "esteso") che sarebbe piuttosto sterile, se non impraticabile... sarebbe come voler utilizzare la geometria nella sua genericità: in pratica non esiste tale geometria omnicomprensiva, ma esistono funzionalmente le sue differenti declinazioni (euclidea, non-euclidea, etc.).

Parimenti, è all'interno del linguaggio naturale che si pone l'insensatezza del PM; magari in un linguaggio alieno o in lingua elfica non è un paradosso e addirittura è una frase molto significativa... è tutta una questione, appunto, di sistemi di rifermento (e di assiomi). Pensa ad esempio come cambiano le frasi se le caliamo in un contesto semantico differente: "ti amo e non ti amo" viola palesemente il principio di non contraddizione della logica, ma è una frase molto sensata e persino "vera" se compresa in una poesia (con buona pace delle tavole di verità  ;D ).
La domanda chiave, secondo me, è quindi: noi dentro quale sistema linguistico (logico, semantico, etc.) siamo, di volta in volta?

Citazione di: epicurus il 28 Giugno 2017, 10:58:49 AM
la coppia <Alice: "Bob dice il falso"; Bob: "Alice dice il vero"> è paradossale [...]
E non è vero che [...] sono entrambe false
Se li presupponiamo come giudizi assoluti (dire sempre il vero o il falso), non ho ben capito perché non possano esserlo... se lo fossero, non ne conseguirebbe alcun paradosso  ;)

Citazione di: epicurus il 28 Giugno 2017, 10:58:49 AM
Se vuoi una versione più realistica c'è quella proposta dal logico Kripke. La cito in inglese per pigrizia:
Citazione di: kipkeConsider the ordinary statement, made by Jones:

(1) Most (i.e., a majority) of Nixon's assertions about Watergate are false.

Clearly, nothing is intrinsically wrong with (1), nor is it ill-formed. Ordinarily the truth value of (1) will be ascertainable through an enumeration of Nixon's Watergate-related assertions, and an assessment of each for truth or falsity. Suppose, however, that Nixon's assertions about Watergate are evenly balanced between the true and the false, except for one problematic case,

(2) Everything Jones says about Watergate is true.

Suppose, in addition, that (1) is Jones's sole assertion about Watergate.... Then it requires little expertise to show that (1) and (2) are both paradoxical: they are true if and only if they are false.

The example of (1) points up an important lesson: it would be fruitless to looks for an intrinsic criterion that will enable us to sieve out—as meaningless, or ill-formed—those sentences which lead to paradox.
Il trucco è che la seconda frase non è un'asserzione di Nixon sul Watergate, ma un'asserzione di Nixon su Jones (ovvero "Jones dice la verità" non importa poi su cosa perché è Jones il soggetto, non il Watergate!), per cui non rientra nell'insieme a cui si riferisce la prima... la prima che inoltre non è un'affermazione sul Watergate, bensì su "Nixon che parla del Watergate" per cui sostenere che sia l'unica frase di Jones sul Watergate è falso (o meglio, "ill-formed" per dirla all'inglese) ;D .

P.s.
Non voglio dire che non si possano architettare paradossi "concreti" sull'autoreferenza, ma credo che molti di loro siano risolvibili usando la stessa malizia con cui vengono progettati (anche nel "paradosso del bibliotecario" basta distinguere "libro" da "catalogo" per risolvere la questione...).
#2003
Citazione di: epicurus il 26 Giugno 2017, 11:17:01 AM
Come dicevo, anche se dico "E' morto?" mi aspetto che mi chiedano "Chi o cosa è morto?", ma ciò non dimostra la gerarchicità del linguaggio. Per quanto appare, il linguaggio è completamente anarchico a riguardo e permette di parlare di se stesso liberamente.
Lascia che provi a spiegarmi meglio: il fatto che gran parte dei parlanti ponga la stessa contro-domanda ("Chi?") a fronte della domanda "E' morto?", non è forse sintomo di un'esigenza linguistica condivisa, di un'istanza semantica comune? Possiamo pure non chiamarla "esigenza gerarchica", o "istanza di livello", ma se il linguaggio fosse davvero "anarchico"(cit.), non riceveremmo sempre la stessa contro-risposta, ma risposte differenti e persino divergenti  ;)

Citazione di: epicurus il 26 Giugno 2017, 11:17:01 AM
Quindi si cade nel problema che ha anche Tarski. Tu non puoi dire che le proposizioni del terzo livello sono vere. E non possiamo dire neppure "La teoria del linguaggio di Phil è vera" o altri ragionamenti su di essa. Non basta dire che gli assiomi e la tua teoria in generale devono essere veri perché sono assiomi... infatti in ogni teoria si può e si deve parlare dei propri assiomi. E poi noi ora cosa staremmo facendo se non parlare della verità e della falsità e delle implicazioni della tua teoria? Stiamo dicendo cose insensate?
Parlare delle implicazioni è differente del parlare degli assiomi; la differenza fra i primi due livelli e il terzo è tutta qui: il terzo livello è fondante, gli altri due sono fondati... ovviamente si può parlare dei sistemi assiomatici dall'interno o dall'esterno, con la cruciale differenza che dall'interno gli assiomi devono essere sempre veri (altrimenti non sarebbero tali!), mentre dall'esterno (da un altro sistema assiomatico) possono anche non essere veri (come credo dimostrino le geometrie non euclidee se confrontate con quelle euclidee...).

Citazione di: epicurus il 26 Giugno 2017, 11:17:01 AM
Qui non ti ho capito. Perché la coppia <Alice: "Tutto ciò che dice Bob è vero"; Bob: "Tutto ciò che dice Alice è vero"> non è affatto problematica e legittima, mentre la coppia <Alice: "Tutto ciò che dice Bob è vero"; Bob: "Tutto ciò che dice Alice è falso"> sarebbe illegittimo nel tuo modello (e paradossale nel linguaggio ordinario)?
Non "illegittima"(?), ma semplicemente sono due frasi false (non potendo essere entrambe vere, nè una vera e una falsa).
E anche la coppia <Alice: "Tutto ciò che dice Bob è vero"; Bob: "Tutto ciò che dice Alice è vero"> non è detto che sia una coppia di frasi entrambe vere solo perché apparentemente non sono contraddittorie: restano da compilare con gli adeguati valori di verità (e l'assolutismo meta-temporale di quel "tutto ciò che dice" crea molti problemi di verifica, per questo mi è sembrato più verosimile la riformulazione delle frasi con "qualche volta").

Citazione di: epicurus il 26 Giugno 2017, 11:17:01 AM
La domanda non è priva di senso, come hai notato tu una risposta possibile all'enigma è "tre". (E complimenti per la risposta corretta all'enigma.  ;D )
Non confonderei "risposta possibile" con "risposta vera": "tre" è una risposta vera, ma anche "non lo so" potrebbe esserlo (se è vero che non lo so realmente: risposta vera vs risposta giusta  ;) ); così come è vera "secondo me 11"... o anche "solo ora che ho risposto posso contarli e ti dico che sono 49"... si chiede di contare i caratteri di qualcosa che non è stato ancora scritto, per questo, al di là del sofisma, è logicamente insensata (e credo che anche @sgiombo alluda a ciò...).

Citazione di: epicurus il 26 Giugno 2017, 11:17:01 AM
Non tradurre l'AND logico con la congiunzione "e" italiana. Considera tale connettivo logico solo attraverso la sua defizione attraverso la tabella di verità e scoprirai che la questione rimane legittima. 
Se uso "and" solo come operatore in senso stretto, allora la questione rimane certamente legittima, ma semanticamente inapplicabile al linguaggio usato, perché produrrebbe frasi semanticamente distorte e a dir poco interlocutorie come la già citata "Roma è la capitale dell'Italia e io ho un pantalone" (come accennavo, se la logica gioca narcisisticamente con se stessa, senza "aprirsi" ad un'applicazione concretamente umana, spesso non avrà adeguata funzionalità pragmatica, ma resterà comunque uno sfizioso rebus ;D ).
#2004
Citazione di: epicurus il 22 Giugno 2017, 10:31:24 AM
il fatto è che qui tu stai proponendo una riforma dell'italiano. Cioè l'italiano non ha livelli semantici, tali livelli non sono presenti nei testi di grammatica italiana. Ma non solo non sono presenti, ma i parlanti non utilizzano tali regole
Siamo sicuri che tali "regole" non siamo implicitamente già in uso? Magari non si ricorre alla metafora dei "livelli", ma, facendo un esperimento sociale, se chiedessi a mille persone "è vero?", quante di loro mi risponderebbero "è vero cosa?!". La maggioranza, direi... certo, possiamo parlare di "primo livello mancante", di "referente assente", di "verità senza oggetto" o altro, ma il meccanismo di domanda (al di là di come lo battezziamo) mi sembra ben radicato nell'uso del linguaggio, senza bisogno di "riforme" (salvo tu abbia un'opinione differente circa l'esito dell'ipotetico esperimento sociale  :) ).

Citazione di: epicurus il 21 Giugno 2017, 11:55:56 AM
Dimmi se sbaglio:
Primo livello: 2+2=4
Secondo livello: "2+2=4" è vera
Terzo livello: Si può predicare l'essere vero solo al secondo livello.

Sono corretti questi esempi di proposizione e il livello ad essi attribuiti?
Si, dopo la correzione ( ;) ) gli esempi sono impeccabili!

Citazione di: epicurus il 21 Giugno 2017, 11:55:56 AM
Ma quindi non si può parlare di verità o falsità delle proposizioni del terzo livello?
Nel terzo livello si può parlare di verità: gli assiomi sono da ritenere veri altrimenti la struttura logica crolla... ma, a differenza del secondo livello, qui la verità non ha per oggetto un elemento "parziale" ed extra-linguistico (fatto, evento, ente, etc.).

Citazione di: epicurus il 21 Giugno 2017, 11:55:56 AM
E si può parlare di verità o falsità delle proposizioni del secondo?
Volendo, si; tuttavia secondo me, come accennavo, è ridondante e vizioso affermare che "è vero che è vero che 2+2=4". C'è "2+2=4" e c'è la predicazione della sua verità o meno, aggiungere un ulteriore livello è una complicazione inutile: dire "è vero che è vero che 2+2=4" equivale al secondo livello "è vero che 2+2=4", così come affermare che "è falso che è vero che 2+2=4" equivale a "è falso che 2+2=4", etc. si può fare un secondo livello "a matrioska", inserendo proposizioni come scatole cinesi, ma in fondo, pragmaticamente, si tratta pur sempre di stabilire se "2+2=4" è vero o falso...

Citazione di: epicurus il 21 Giugno 2017, 11:55:56 AM
Ma se questo scenario non è problematico, perché se Bob invece dicesse "Ogni cosa che Alice dice è falsa" si genererebbe un paradosso?
Questo paradosso è in realtà un mero sofisma; se non possono essere entrambe vere, possono plausibilmente essere entrambe false: dunque qualche volta Bob dice la verità e qualche volta Alice dice la verità  ;)

Citazione di: epicurus il 21 Giugno 2017, 11:55:56 AM
La questione centrale è che sembra che tu voglia semplicemente negare l'autoriferimento, è corretto? Frasi come "Il peso di una matita M è pari a 1 grammo più metà del peso di M" come le vedi?
Questa è una frase di primo livello: si descrive uno stato di cose, nella fattispecie il peso di M (e resta da verificare se sia un'affermazione vera o falsa, ma ciò spetta al secondo livello...).

Citazione di: epicurus il 21 Giugno 2017, 11:55:56 AM
Oppure se uno domandasse "Quanti caratteri ha la risposta a questa stessa domanda?" cosa diresti?
Questa mi sembra una domanda priva di senso (è come chiedere "qual'è la risposta a questa domanda?", manca il primo livello e quindi il senso): onestamente, non risponderei (comunque, la prima risposta vera che mi viene in mente è "tre", le altre sono false, ma è quasi come chiedere "scegli un numero" ;D ).

Citazione di: epicurus il 21 Giugno 2017, 11:55:56 AM
Riformulo per togliere l'ambiguità: "Adesso Trapani è capitale d'Italia e questa intera frase è falsa". La frase è semplicemente falsa, perché Trapani non è capitale d'Italia. Non ci sono problemi a riguardo.
Esatto, equivale a dire ""Trapani è la capitale d'Italia" = F", affermazione di secondo livello.

Citazione di: epicurus il 21 Giugno 2017, 11:55:56 AM
E richiedere una connessione tra due proposizioni in AND non è richiesto da nessuna logica e da nessun linguaggio
Non esplicitamente, ma se il linguaggio dobbiamo anche usarlo (e non solo formalizzarlo) con una qualunque finalità semantica (non solo logica), usare il connettivo "e" richiede un contesto di senso appropriato: se in una conversazione ti dicessi "Roma è la capitale dell'Italia e io ho un pantalone", tu mi risponderesti serenamente "bravo, questa frase è vera" oppure ti chiederesti cosa intendo semanticamente (non logicamente!) con quel "e" (oltre a domandarmi se il caldo mi stia giocando brutti scherzi  ;D ).

Citazione di: epicurus il 21 Giugno 2017, 11:55:56 AM
Come si potrebbe specificare formalmente la natura della connessione richiesta? Ma soprattutto, che forza avrebbe una tua proposta normativa per vietare frasi perfettamente sensate come "P(x) AND T(y)"?
Lungi da me il "vietare" o il fare "proposte normative" (ci mancherebbe!), ma osserverei che frasi come "P(x) AND T(y)" non sono sempre perfettamente sensate assieme (vedi sopra), anche se hanno certamente un valore di verità complessivo. Si tratta solo di non confondere la logica con la semantica, la compilazione dei valori di verità con la comunicazione...
#2005
Citazione di: epicurus il 21 Giugno 2017, 11:55:56 AM
Nel linguaggio naturale, noi diciamo sensatamente "nel linguaggio si usano nomi e verbi" proprio perché il linguaggio naturale non utilizza la gerarchia di livelli semantici (o metalinguaggi) che proponi tu
Secondo me tale gerarchizzazione viene usata piuttosto diffusamente (anche se magari non tutti usano la metafora dei livelli): nel momento in cui elaboro un'affermazione che ha per oggetto una lingua in particolare (quella che usa "nomi e verbi"), o anche solo un'altra frase ("è vero che oggi è mercoledì"), il discorso sale ad un secondo livello semantico, e ciò è spontaneamente riconosciuto e implicato anche dall'uso quotidiano del linguaggio. Ad esempio, se io esclamassi "certo, è vero!", probabilmente chiunque mi chiederebbe "è vero cosa?", ovvero cercherebbe di individuare un livello inferiore a cui si riferisce la mia affermazione, che essendo sulla verità di qualcosa, presuppone tale qualcosa come fondamento logico implicito (ovvero livello inferiore, o, per rifare la metafora del palazzo, "a piano terra" ;) ). Nel caso del PM, come accennato sopra, c'è solo il secondo livello (dissimulatamente autoreferenziale), quindi manca il primo, dunque manca un senso di riferimento fondante (sarebbe come affermare "la frase che sto scrivendo è falsa": manca il "livello base" di cui si predica la falsità, quindi la frase, pur sintatticamente corretta, è logicamente insensata...)

Citazione di: epicurus il 21 Giugno 2017, 11:55:56 AM
1. Consideriamo la proposizione "Ogni livello semantico ha almeno una proposizione vera". A che livello esattamente appartiene tale proposizione? A nessuno, perché ogni livello semantico può riferirsi solo al livello sottostante, ma tale proposizione vuole proprio parlare di ogni livello semantico. Se tale affermazione fosse di secondo livello (come mi pare tu suggerisca), allora un linguaggio di secondo livello potrebbe parlare sia di se stesso che di livelli superiori, e questo è vietato, altrimenti si ricade nel PM.
Non ne sono totalmente convinto: parlare di "ogni livello semantico" significa in fondo parlare di un assioma, non di una semplice proposizione apofantica (come "questa frase" o "la frase che sto scrivendo", etc.), e gli assiomi (come le tautologie) direi che sono l'ultimo livello (ovvero il terzo, se "rasoiamo" forme ridondanti e inutilizzate come "è vero che è vero che il mio pc è lento"), ovvero il livello in cui si predica del linguaggio (logico) nella sua totalità.
Quindi riassumerei il tutto in: primo livello (quello che descrive gli stati di cose, gli eventi, etc. ma non il linguaggio), secondo livello (quello che parla di "valori" semantici, logici o grammaticali del linguaggio e quindi ha per oggetto altre proposizioni: essere vero o falso, corretto o sgrammaticato, etc.), terzo livello (quello che prova a parlare del linguaggio nella sua totalità).

Di conseguenza, se
Citazione di: epicurus il 21 Giugno 2017, 11:55:56 AM
2. Alice dice: "Ogni cosa che Bob dice è vera". [...] Però Bob dice: "Ogni cosa che Alice dice è vera"
si tratta semplicemente di due affermazioni di secondo livello (poichè si riferiscono a gruppi di proposizioni), che hanno per primo livello due insiemi differenti: "tutto ciò che Bob dice" e "tutto ciò che Alice dice" (il fatto che un insieme possa contenere o intersecarsi con l'altro non è semanticamente paradossale).

Invece affermare che 
Citazione di: epicurus il 21 Giugno 2017, 11:55:56 AM
3. [...]"Questa proposizione non è vera in nessun livello della gerarchia"
è come affermare "non è vero!", a cui segue la legittima domanda "cosa non è vero?", che ci rivela che non c'è un primo livello e quindi l'affermazione è insensata (non ha senso dire che è vera o falsa una proposizione che afferma o nega la sua verità senza riferirsi ad altro da sè...).

Infine, affermare
Citazione di: epicurus il 21 Giugno 2017, 11:55:56 AM
4. [...]"Ora sta piovendo e questa proposizione è falsa"
non è affatto "paradossale"(cit.), ma soltanto ambiguo: bisogna capire bene cosa si intende con "questa proposizione": se si riferisce a quella precedente (a "ora sta piovendo"), sarà vera se non piove e falsa se sta piovendo... se invece si riferisce a se stessa, manca ancora una volta il "primo livello" di riferimento e quindi è insensata (e l'essere connesa con un "and" ad un'altra proposizione per niente pertinente, la rende ancora più insensata semanticamente...).
#2006
Citazione di: epicurus il 19 Giugno 2017, 14:21:49 PM
tu proponi la soluzione tarskiana del paradosso, ricorrendo alla teoria gerarchica dei metalinguaggi
Mi lusinghi, poiché non conosco la teoria di Tarski (lo conosco praticamente solo di nome).

Citazione di: epicurus il 19 Giugno 2017, 14:21:49 PM
ma questa strada ha un grandissimo problema, la consistenza interna. Infatti, la teoria stessa fa affermazioni che devono essere fuori dall'intera gerarchia. La sola assunzione che tale gerarchia esiste è una di tale proposizioni! Quindi tale strada non è praticabile.
Non capisco bene perché l'affermazione di una gerarchia (meta)linguistica dovrebbe essere fuori dalla gerarchia stessa (salvo sia stato il suddetto Tarski a porre tale dovere, ma direi che possiamo ragionare anche senza di lui ;D ).
Sostenere "ci sono livelli semantici nel linguaggio" (abbandoniamo dunque il vocabolario tarskiano a cui alludevi e che non conosco!), osservando che il paradosso del mentitore è un sofisma giocoso che in fondo non significa nulla, perché manca un referente adeguato (ovvero di livello inferiore: è come voler costruire un palazzo partendo dal "primo piano", senza avere un "piano terra" ;) ), non mi pare presentare problemi di consistenza interna: la frase ha per oggetto il linguaggio e ne predica una caratteristica strutturale dall'interno (come quando entrando in un palazzo troviamo la mappa con le uscite antincendio che raffigura il piano in cui siamo, compresa la parete in cui c'è la mappa e la famigerata scritta "tu sei qui").
La constatazione "ci sono livelli semantici nel linguaggio" è semplicemente una frase di "secondo livello", come quando diciamo "nel linguaggio si usano nomi e verbi" formulando una frase che usa essa stessa nomi e verbi...


#2007
L'intelligenza artificiale scrive poesie:
http://www.ninjamarketing.it/2017/06/19/xiaoice-poeta-made-china-libro-intelligenza-artificiale/

Il titolo, se tradotto in inglese con "Sunshine misses windows" diventa persino autoironico ("Windows;) ), e sarei curioso di leggere qualche passo, ma devo ancora sguinzagliare google per trovare qualcosa...
Che le poesie, almeno formalmente, siano un'ars combinatoria di figure stilistiche e regole formali, agevola sicuramente i processori nella loro capacità di ricombinare parole seguendo schemi emulati dal passato; probabilmente scopriremo presto quanto sia difficile distinguere una poesia umana da una "pensata" ( ;D ) da un programma (già ora alcune poesie contemporanee sono piuttosto "caleidoscopiche", al punto che l'"umanità" è più negli occhi di chi legge che nelle "vibrazioni" del testo...).

Di certo, mi pare piuttosto improbabile che i computer riescano un giorno a godersi ciò che producono: già adesso possono addobbare i film con fantastici effetti speciali, ma nel guardarli solo l'uomo prova stupore e ne trae piacere...
#2008
Citazione di: Angelo Cannata il 18 Giugno 2017, 11:40:22 AM
Si può discutere sulle idee che abbiamo riguardo al libero arbitrio e all'esperienza, ma non sull'azione in sé di compiere delle scelte e vivere delle esperienze.
Il ritrarre la mano dal fuoco non è una scelta della volontà, ma un gesto istintivo, ovvero non ponderato ma fisiologicamente automatico (almeno in gran parte dei casi). Il problema della libertà e dell'arbitrio nasce invece quando si sceglie con la ragione... ad esempio, si sceglie un atteggiamento del tipo
Citazione di: Angelo Cannata il 18 Giugno 2017, 11:40:22 AM
"Voi discutete pure, nel frattempo io procedo nelle mie scelte"
scelta più che lecita e condivisibile, ma sulla cui libertà è ancora aperto il "dibattito problematico" a cui accennavo (non si discute sul fatto che sia stata realmente compiuta una scelta, e di conseguenza un'azione, ma si può discutere molto sul perchè e con quanta libertà si sia scelto proprio in quel modo...).


Citazione di: Angelo Cannata il 18 Giugno 2017, 11:40:22 AM
l'azione di compiere scelte e vivere esperienze è, appunto, azione, non è un'argomentazione. A un'argomentazione si può rispondere con un'altra argomentazione, ma a un'azione o un'esperienza non si può rispondere con un'argomentazione, [...] trattandosi di azioni pure, non attendono argomentazioni per essere portate a termine.
Sulla questione dell'argomentare, osserverei che c'è sempre un'argomentazione implicita alla base di una scelta ragionata (non istintiva); magari non è un'argomentazione esposta in un dibattito, magari è solo una riflessione interiore (inconscia o meno), un attimo di pausa riflessiva (e, in fondo, ragionare non è comunque argomentare nella solitudine della propria testa?).
Per cui, secondo me, rilevare come
Citazione di: Angelo Cannata il 18 Giugno 2017, 11:40:22 AM
agire senza attendere argomentazioni è per molti versi necessario all'esistenza, è la natura ad averci fatti così: [...] molti (non tutti) grandi problemi dell'esistenza sono stati risolti proprio grazie al mettere da parte qualsiasi argomentazione e agire subito
fraintende l'"agire subito" con il "non averci pensato", non aver argomentato/ragionato, ma spesso (lasciando fuori reazioni fisiologiche-istintive) si tratta solo di usare rapidamente argomentazioni, e loro conclusioni, già elaborate in passato e cognitivamente pronte per l'uso immediato.
Esempio banale: quando devo andare al lavoro non esito prima di partire sul ragionare quale sia la strada migliore, ma parto di volata (considerando che spesso sono persino in ritardo  ;D ), ma posso farlo solo perchè le prime volte ho invece ragionato su quale fosse il percorso più funzionale e ho trovato una soluzione apparentemente adeguata (e se qualcuno me la chiede, non a caso, saprei argomentarla...).

La nostra capacità mentale di ricombinare esperienze differenti, coniugando processi e soluzioni di casi separati, talvolta fa sembrare che agiamo senza ragionare di fronte ad un problema, quando invece si è trattato solo di trovare (o abbozzare) nel nostro "archivio mentale" una procedura rapidamente ragionata (e quindi argomentabile, rispondendo alla domanda "perché hai fatto proprio così e non cosà?").
#2009
Citazione di: Sariputra il 18 Giugno 2017, 08:55:34 AM
" Dio è stato ucciso" esprime in maniera più potente l'odio che l'uomo manifesta verso il proprio destino, imputato ad un "creatore" che appare più un demiurgo che un padre amorevole
Già, e l'odio è sempre un boomerang: l'uomo prova rancore verso un dio che egli stesso ha "ucciso" per aver permesso la sofferenza, e il risultato è aggiungere il "lutto divino" ai lutti umani... per cui ci risiamo (Cristo docet): la divinità funge da capro espiatorio per le colpe dell'uomo (contro l'uomo stesso stavolta...).
Sarebbe poi avvincente provare a declinare tutte le "morti di dio", quella di Nietzsche non è quella di Guccini, e magari ce ne sono altre...

Citazione di: Angelo Cannata il 18 Giugno 2017, 09:53:06 AM
L'unica argomentazione a cui non si può contrapporre nulla è la libera scelta basata sull'esperienza
E nemmeno: anche sul libero arbitrio il dibattito è ancora problematico (ma questo ci porterebbe off topic...).
#2010
@Vittorio Sechi

Chiedo chiarimenti, per mettere a fuoco le tue considerazioni:
Citazione di: Vittorio Sechi il 17 Giugno 2017, 22:25:26 PM
La sofferenza denuncia e rende manifesta all'uomo la morte di Dio poiché, per il solo fatto di esserci ed essere anche una gratuità inessenziale, rende Dio inessenziale
Se la sofferenza è inessenziale, perché un dio sarebbe di conseguenza inessenziale? Dio può essere inteso anche diversamente da una mera giustificazione esistenziale della sofferenza (inversamente, i buddhisti affrontano la sofferenza senza implicare dio...).

Citazione di: Vittorio Sechi il 17 Giugno 2017, 22:25:26 PM
Se il dolore ha una sua funzione, che è quella di avvertire circa un disequilibrio fisico o morale, la sofferenza [...] non ha alcuna funzione, né fisiologica, né morale.
Se, parafrasando, il "dolore" è funzionale poiché avverte circa un disequilibrio fisico o morale, cosa si intende invece per "sofferenza" (priva di funzione)?

Citazione di: Vittorio Sechi il 17 Giugno 2017, 22:25:26 PM
La sofferenza si presenta, invece, in tutta la sua torbida inutilità. Non ha e non può avere una funzione pedagogica, men che meno è utile ai fini della preservazione della Vita.
Se la sofferenza è inutile, è inutile anche il suo opposto?
E qual'è il senso di coniugare la sofferenza con il criterio razionalistico di utilità?
D'altronde, non tutto ciò che "esiste" (nel senso più ampio e trasversale della parola) si basa su (o può essere spiegato con) l'utilità...

Citazione di: Vittorio Sechi il 17 Giugno 2017, 22:25:26 PM
Con la sofferenza è stato inoculato nella Creazione un baco putrescente che ne offusca la bellezza e intorbida l'atto stesso compiuto da Dio, collocandolo così in un ambito fosco ed ambiguo.
Con "Creazione" alludi al creazionismo (dio-creatore, uomo-creatura-prediletta, etc.), per poi rovesciare la gerarchia e giudicare tu stesso l'operato divino e persino tutto il senso della creazione, "balocco di un dio ozioso" (cit.)?
Quindi dio sarebbe una creatura molto potente (creatore) ma mortale (almeno metaforicamente e guardando dalla prospettiva umana), che per diletto ha messo in circolo la sofferenza, che si rivela proprio ciò che lo "uccide" (rendendolo "inessenziale")... insomma, un dio che per suicidarsi ha scelto come uscita di scena "la strada lunga"  ;D

Citazione di: Vittorio Sechi il 17 Giugno 2017, 22:25:26 PM
Il diritto alla maledizione nei confronti di chi perpetrò simile ingiuria non può che essere riconosciuto a tutte le vittime che hanno patito ed avvertito nella viva carne la beffa di essere venute al mondo con l'unica funzione di rappresentare il balocco di un Dio ozioso.
La maledizione stessa che senso ha, se la divinità che dovrebbe essere garante della maledizione dei colpevoli è connivente con essi (o almeno lo è rimasta prima di morire) essendo essi una manifestazione della sofferenza che dio ha "inoculato"(cit.) nella sua creazione/creatura?
La succitata "funzione" (cit.) richiama il suddetto criterio di utilità, entrambi squisitamente umani, ma sono davvero funzionali ad un discorso teo-logico?

Infine, mi incuriosisce la denotazione di "innocenti" (talvolta, ma qui non mi riferisco a te, abusata retoricamente in virtù del suo fascino religioso):
Citazione di: Vittorio Sechi il 17 Giugno 2017, 22:25:26 PM
innocenti di Sabra, Chatila, Auschwitz, Vermicino e i mille altri obbrobri che hanno insanguinato la terra rendendola inospitale
chi sono dunque i morti non innocenti? Quelli uccisi dalla pena di morte per le loro colpe? Quelli che muoiono dopo averne combinate di cotte e di crude (e chissà se ce n'era qualcuno anche a Auschwitz...)?
L'innocenza presuppone una potenziale colpa non posseduta, e la colpa chiama in causa un giudice e dei criteri di giudizio, inevitabilmente relativi e arbitrari... salvo credere nella perfezione del giudizio divino, ma se
Citazione di: Vittorio Sechi il 17 Giugno 2017, 22:25:26 PM
Solo la morte preserva Dio dal dover rispondere delle nefandezze perpetrate a danno della sua più bella creatura.
allora sembra che anche dio abbia rischiato di finire sul banco degli imputati, eppure chi lo può giudicare? Se dio era il giudice che ci attendeva nel post mortem, ora che è "morto" (già, da innocente anche lui o no?  ;) ) c'è un meta-dio che lo giudicherà?

P.s.
Mi scuso per la grandinata di domande, ma spero mi aiutino a capire meglio il tuo spunto di riflessione  :)