Nel precedente topic "Oltre Cartesio" facevo una domanda, a cui molti di voi hanno gentilmente risposto. Resto del parere che siamo ancora immersi nel modello cartesiano, ovvero in un modello potentissimo di uso strumentale del mondo materiale ai nostri fini. Cartesio è stato un grande filosofo. Lungi da me volerlo minimamente criticare (cosa di cui non sarei neanche capace, visto che di lui ho letto solo "de relato"). E' stato il pensatore che ha visto con lucidità quali forze immani si stavano scaraventando contro il mondo e come lo avrebbero modificato ed ha cercato di razionalizzare quel flusso di idee, culture, scoperte, liberando l'umanità dai lacci e dalle catene mentali e materiali del mondo medievale.
Ma quel modello è un modello che, a fin di bene, ha sovradimensionato la parte tecnico-ordinativa del nostro agire a scapito di tutto il resto. La conclusione è la seguente: se il mondo può essere "usato" come "oggetto", posso altresì usare anche la natura e i suoi tesori, come oggetto, gli altri esseri viventi, come oggetto e infine anche i miei simili posso ridurli ad oggetto, e in conclusione posso "oggettificare" anche i miei sentimenti, che ridurrò ad una loro pietosa caricatura.
Ma prima che queste considerazioni affiorino, il '600 e il '700 scorrono sulla cresta dell'onda di questo pensiero tecnico-scientifico e più il tempo passa e meno ci si deve preoccupare di processi inquisitoriali, al punto che nel '700 si poteva criticare aspramente la Chiesa, senza essere minimamente perseguiti, ed anzi, riscuotendo applausi durante gli incontri nei salotti di Parigi.
Ma con Rousseau la fede nelle magnifiche sorti del progresso scientifico, iniziano a incrinarsi e tanto più si incrineranno in Germania. Dopo Kant una nuova generazione di pensatori ritiene il pensiero oggettivante che risale a Cartesio, come un peso, un pericolo, una fallacia destinata a generare dolore.
Hegel è colui che proverà a superare il modello cartesiano. E lo farà anticipando in modo sorprendente alcuni attuali teorie neuroscientifiche così come alcune teorie psicologiche.
Il modello, come noto, è quello della dialettica, intesa come confronto fra idee e posizioni diverse che devono giungere ad un'armonia finale. Un'armonia sempre temporanea, perchè collegata allo spirito del tempo, ovvero alla storia. Ma è possibile che in certi periodi questa armonia si verifichi, come accadde, secondo Hegel, al tempo dell'antica Grecia.
Pertanto la razionalità non può essere solo quella che proviene dall'intelletto (qui Hegel riprende una distinzione kantiana), ovvero dalla capacità di distinguere, di separare, di calcolare, di operare su un oggetto distinto dal soggetto. Deve essere qualcosa in più che permetta l'unione fra oggetto e soggetto. E per fare ciò occorre fare affidamento sui sentimenti, perchè solo attraverso di essi è possibile creare un senso di fiducia collettiva, che il solo intelletto non è in grado di fornire.
Le sollecitazioni di un libro come "Fenomenologia dello spirito" sono tantissime e credo che vi annoierei, se continuassi. Credo però che il primo pensatore che ha risposto in modo coerente e straordinario a quelle domande su Cartesio, sia stato proprio Hegel. La sua complessità non è altro che la complessità del mondo moderno, del quale non rinnega nulla. Hegel non cammina in avanti, guardando indietro, per usare una definizione che Le Goff ha usato per definire la cultura medioevale. La fenomenologia dello spirito è un tentativo di farci fare un grande salto in avanti. E' certo che le sue intuizioni e i suoi pensieri siano stati influenzati dalla sua epoca. Non potrebbe essere altrimenti. Ma, nonostante ciò, la sua attualità è sorprendente, poichè nonostante tutto, il pensiero cartesiano, dopo un breve tentennamento, ha ripreso il controllo della storia moderna, lasciandosi Hegel alle spalle. Oggi il suo dominio è evidente. Il monoteismo della logica strumentale non prevede sacrifici umani come altri passati e recenti monoteismi, ma questa sua apparente mitezza è riservata (non sempre ma tutto sommato spesso) solo a noi abitanti dell'Occidente, mentre nel resto del mondo scatena i suoi demoni e le sue persecuzioni.
Pertanto, ad Hegel, più che a tutti i successivi critici della razionalità occidentale, dobbiamo risalire, per comprendere come sarebbe potuta essere la società occidentale e come invece non è stata.
Ma quel modello è un modello che, a fin di bene, ha sovradimensionato la parte tecnico-ordinativa del nostro agire a scapito di tutto il resto. La conclusione è la seguente: se il mondo può essere "usato" come "oggetto", posso altresì usare anche la natura e i suoi tesori, come oggetto, gli altri esseri viventi, come oggetto e infine anche i miei simili posso ridurli ad oggetto, e in conclusione posso "oggettificare" anche i miei sentimenti, che ridurrò ad una loro pietosa caricatura.
Ma prima che queste considerazioni affiorino, il '600 e il '700 scorrono sulla cresta dell'onda di questo pensiero tecnico-scientifico e più il tempo passa e meno ci si deve preoccupare di processi inquisitoriali, al punto che nel '700 si poteva criticare aspramente la Chiesa, senza essere minimamente perseguiti, ed anzi, riscuotendo applausi durante gli incontri nei salotti di Parigi.
Ma con Rousseau la fede nelle magnifiche sorti del progresso scientifico, iniziano a incrinarsi e tanto più si incrineranno in Germania. Dopo Kant una nuova generazione di pensatori ritiene il pensiero oggettivante che risale a Cartesio, come un peso, un pericolo, una fallacia destinata a generare dolore.
Hegel è colui che proverà a superare il modello cartesiano. E lo farà anticipando in modo sorprendente alcuni attuali teorie neuroscientifiche così come alcune teorie psicologiche.
Il modello, come noto, è quello della dialettica, intesa come confronto fra idee e posizioni diverse che devono giungere ad un'armonia finale. Un'armonia sempre temporanea, perchè collegata allo spirito del tempo, ovvero alla storia. Ma è possibile che in certi periodi questa armonia si verifichi, come accadde, secondo Hegel, al tempo dell'antica Grecia.
Pertanto la razionalità non può essere solo quella che proviene dall'intelletto (qui Hegel riprende una distinzione kantiana), ovvero dalla capacità di distinguere, di separare, di calcolare, di operare su un oggetto distinto dal soggetto. Deve essere qualcosa in più che permetta l'unione fra oggetto e soggetto. E per fare ciò occorre fare affidamento sui sentimenti, perchè solo attraverso di essi è possibile creare un senso di fiducia collettiva, che il solo intelletto non è in grado di fornire.
Le sollecitazioni di un libro come "Fenomenologia dello spirito" sono tantissime e credo che vi annoierei, se continuassi. Credo però che il primo pensatore che ha risposto in modo coerente e straordinario a quelle domande su Cartesio, sia stato proprio Hegel. La sua complessità non è altro che la complessità del mondo moderno, del quale non rinnega nulla. Hegel non cammina in avanti, guardando indietro, per usare una definizione che Le Goff ha usato per definire la cultura medioevale. La fenomenologia dello spirito è un tentativo di farci fare un grande salto in avanti. E' certo che le sue intuizioni e i suoi pensieri siano stati influenzati dalla sua epoca. Non potrebbe essere altrimenti. Ma, nonostante ciò, la sua attualità è sorprendente, poichè nonostante tutto, il pensiero cartesiano, dopo un breve tentennamento, ha ripreso il controllo della storia moderna, lasciandosi Hegel alle spalle. Oggi il suo dominio è evidente. Il monoteismo della logica strumentale non prevede sacrifici umani come altri passati e recenti monoteismi, ma questa sua apparente mitezza è riservata (non sempre ma tutto sommato spesso) solo a noi abitanti dell'Occidente, mentre nel resto del mondo scatena i suoi demoni e le sue persecuzioni.
Pertanto, ad Hegel, più che a tutti i successivi critici della razionalità occidentale, dobbiamo risalire, per comprendere come sarebbe potuta essere la società occidentale e come invece non è stata.
