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Messaggi - Jacopus

#2011
Cerchiamo di riprendere un filo al discorso. Non so cosa troveranno i fedeli al termine del loro viaggio, se l'immagine creduta corrisponderà a quella effettiva. È una questione poco interessante per la mia mente.
È invece importante sottolineare che è stato proprio credere in quel Dio monocratico, fatto un po' a immagine e somiglianza dell'uomo patriarcale che abitava i deserti del Medio Oriente, a rendere possibile tutta la storia occidentale, unica e irripetibile, nell'ambito della quale un principio fondamentale è la ricerca. Non importa se ciò che si trova non è ciò che si cercava. Anzi è proprio questa non corrispondenza a rendere la freccia della storia una freccia che avanza.
#2012
Presentazione nuovi iscritti / Re:Brugmansia
04 Agosto 2020, 18:11:44 PM
Bene arrivato e buone riflessioni.
#2013
Deve essere l'umanità a scegliere il proprio destino. Delegarlo a qualsiasi istanza, compresa la tecnoscienza, è una falsa oggettività. Nel nome della tecnoscienza si può compiere qualsiasi nefandezza se non c'è un'etica esterna a governarla. Ma l'intelligenza occidentale deve saper governare anche l'etica esterna con una metaetica, a sua volta sottoponibile ad una critica degli umani, affinché possa essere adeguata all'umanità in continuo cambiamento e così via. Paradossalmente è stato il paradigma galileiano ad insegnarci ciò, ad insegnarci la verifica razionale delle cause e delle azioni del mondo. E proprio per restare fedeli a questo paradigma che non possiamo ipostatizzarlo, fino al punto di rimettere sul tavolo da gioco le stesse carte trascendentali che potrebbero essere considerate carte da "baro" dal tecnoscienziato della ragione pura.
#2014
Una volta scelto un dio, quel dio diventa il tuo padrone e a questa regola non sfugge neppure la tecnoscienza, sia pure con i debiti distinguo rispetto ad altri dei molto più crudeli e sordi ad ogni preghiera di pietà.
#2015
Severino in modo sintetico scrisse che la storia dell'Occidente è la storia dei rimedi al dolore, che cambiano incessantemente mentre resta costante la percezione del dolore e la ricerca del suo superamento. Non si può decidere da che parte stare, ovvero si può fare ma si rischia così di abbandonare la "grande sfida" per abbracciare l'autoritarismo antiscientifico oppure quello tecnocratico. Due facce della stessa medaglia, una medaglia orientale che spesso, come l'esercito persiano, tenta di introdursi fra la Grecia e l'Irlanda.
#2016
Per Anthony. Premesso che stiamo facendo un discorso ipotetico, visto che vi è una legge sulla interruzione di gravidanza, l'ipotesi di poter rinunciare alla maternità è ugualmente traumatica per una donna allo stesso modo dell'aborto.
Una ipotesi che riduce la donna a produttrice di parti di ricambio per il mondo produttivo. Inoltre la scelta della donna, se tenere o rinunciare al bambino appena nato è inevitabilmente condizionata dagli aiuti strutturali su cui può far conto. L'ipotesi di poter rinunciare alla maternità ha inoltre effetti molto diversi secondo il luogo di nascita. In Occidente, vista la caduta impressionante delle nascite, il neonato sarà facilmente assegnato ad una famiglia amorevole, ma altrove sarà destinato a far parte di una umanità dolente e rabbiosa, già composta da miliardi di individui.
#2017
A me piacerebbe sapere se questa difesa della vita è operativa solo fino al primo secondo dopo la nascita, oppure se riguarda l'intero arco naturale biologico del nuovo essere vivente.
La logica adottata spesso in questo dibattito si potrebbe definire "doppia morale". Infatti il divieto di aborto nasce da una istanza sociale e giuridica, tranne nei casi di società teocratiche. Subito dopo però interviene l'istanza privatistica: "sei stata obbligata a tenere il bambino ed ora te lo curi tu. I figli sono fatti privati, come insegna  Bibbiano!".
Se  il credente vuole essere coerente al suo credo cattolico, non deve dimenticare che il Vangelo è una via di opere e non di precetti ed allora se si difende la vita, la si deve difendere e tutelare sempre, dalla culla alla tomba. Il divieto di aborto va promosso insieme alle politiche positive di aiuti alla maternità,  asili nido, garanzia sul posto di lavoro, pari opportunità a scuola e nel lavoro, redistribuzione dell ricchezza verso le famiglie numerose. Insomma l'antiabortista, ai miei occhi, per essere coerente deve anche essere quasi comunista.
L'ho già scritto ma lo ripeto. Vado spesso in Francia per turismo. La famiglia standard è formata da coniugi e tre figli. Ma questo perché per ogni figlio lo stato concede una integrazione allo stipendio sostanziosa. Avrebbe avuto molto più senso uno strumento del genere invece del RDC.
#2018
Freud era uno splendido moralista ottocentesco, ma ebreo. Ovvero, pur cercando concretamente di "guarire" e "curare" lo fece in modo eccentrico, come solo un ebreo sa fare. Nel farlo ha compiuto delle scoperte ed ha modellato il nostro modo di pensare come pochi altri grandi uomini degli ultimi due secoli, Freud lo metterei in una classifica da top 6 insieme a Marx, Nietzsche, Einstein, Gandhi e Darwin.
La grandezza di Freud è rintracciabile nel fatto che H. Bloom, un grande critico letterario ha messo L'Interpretazione dei sogni come uno dei grandi libri della civiltà occidentale, insieme, tanto per citarne due, alla Divina Commedia (unico libro italiano, sigh) e all'opera omnia di Shakespeare. Freud oltre ad avere una mente creativa, sapeva scrivere come un romanziere, ed in tedesco.
Il tentativo di spiegare l'uomo da parte di Freud parte da due basi, entrambe importanti, la cultura medica (Freud era laureato in medicina) e la cultura classico-umanistica (sono famosi i viaggi di Freud in Italia per ammirare chiese e musei di ogni genere).
Parlare di Freud solo a proposito delle cosiddette fasi sessuali del bambino è estremamente riduttivo. Consiglio vivamente a tutti di leggere "il disagio della civiltà" per apprezzare gli spunti e gli approfondimenti strettamente filosofici di Freud, come la distinzione fra Kultur e Zivilitation, per separare ciò che è progresso tecnico, che però lascia allo stesso modo la struttura dell'uomo, che saprà solo usare armi più sofisticate per farsi del male, da un progresso interiore, nel senso di equilibrio, maturità, resilienza, accettazione stoica dei propri limiti e della morte.
L'altro fatto straordinario è che, la psicoanalisi è riuscita a sopravvivere un secolo senza dimostrare empiricamente la sua validità, pur inserendosi nell'ambito delle scienze. Come se un alchimista riuscisse ad essere accettato in un congresso di chimici. Motivo in più per apprezzare l'alchimia, di cui infatti si interessò Jung.
Freud, e la chiudo qui, è insomma una miniera di sollecitazioni e di spunti di riflessioni, che ha anche generato, abbastanza comicamente, una classe di esegeti glossatori, che ricordano i giuristi medievali che interpretavano il corpus iuris di Giustiniano.
Sulla validità delle fasi sessuali del bambino, diciamo che gli stessi discendenti della psicoanalisi classica, ovvero la psicologia oggettuale e la psicologià del sè, hanno allargato le maglie interpretative: la sessualità continua ad essere un tema ben presente fin dall'infanzia, ma accanto sono stati studiati altri aspetti della vita infantile che la condizionano in modo stringente, ancor più della sessualità, e questo è avvenuto anche grazie ai recenti studi interdisciplinari che fanno interagire psicoanalisi, filosofia e neuroscienze. La differenza fra es-Io-Super-Io, ad esempio può essere ritrovata nella stessa struttura del nostro cervello. In questo senso Freud ha intuito e nominato delle distinzioni che la scienza empirica ha dimostrato nella sua validità.
Restano inoltre di enorme attualità, gli usi della mitologia per comprendere i meccanismi di alcune psicopatologie, basti pensare al narcisismo o al complesso di Edipo. Rispetto a quest'ultimo si può sinteticamente dire che esso sintetizza in modo sublime la maturazione dell'uomo che passa da un periodo di completa soddisfazione, quando è ancora un neonato e un infante, al momento in cui si rende conto che le sue esigenze si scontrano contro un principio di realtà, dato dalla "legge del padre". Da quel momento deve scendere a compromesso, accettare le ambivalenze della vita, a meno che non voglia uccidere il padre, come purtroppo accade sempre più spesso in questa società che pubblicizza l'assenza di limiti, la moltiplicazione dei piaceri e dei conti in banca.
E a partire da qui si dipana un altra storia, collaterale ma estremamente interessante: l'uso della psicoanalisi per comprendere i meccanismi della società, a partire da un altro piccolo capolavoro che mi permetto di citare, ovvero "psicologia delle masse ed analisi dell'Io". Un libro ancora attuale, nonostante i suoi quasi cento anni di età (fu pubblicato nel 1921).
#2019
Citazionel'embrione appena concepito, dicevo, secondo voi ricade o no nella potestà delle persone che l'hanno concepito.


Da un punto di vista "di fatto" è evidente che ricade nella potestà delle persone che l'hanno concepito. Anche in presenza del divieto di aborto si ricorreva alle mammane, per i poveri, o alle cliniche svizzere, per i ricchi. Dal punto di vista "sociale" invece, il problema ricade sulla società che, giustamente, come in Italia, se ne fa carico, cercando di bilanciare esigenze e richieste contrastanti. Penso che in ogni caso abortire sia una tragedia, nel senso greco del termine, poichè essere costretti a concepire un figlio, renderà quel figlio un infelice, che protrarrà una buona porzione del suo malessere su questa terra. Viceversa abortire, spesso produce una ferita oscura nella donna, anche nei casi più drammatici di concepimento dovuto a violenza sessuale.
Direi che la potestà generale è della società, che deve indirizzare, attraverso le sue leggi, la gestione della questione. La gestione, in questo caso, non si dovrebbe ridurre all'opzione "interruzione di gravidanza" entro i giorni stabiliti dalla legge, ma in una serie di iniziative informative ed educative, affinchè non si arrivi al concepimento, visti i tanti strumenti utilizzabili prima e dopo il coito. Ma un paese serio dovrebbe altresì avere una visione d'insieme, e accanto al diritto all'aborto, dovrebbe seriamente pensare a tutte le misure adatte ad aiutare una madre, spesso una giovane madre, a non interrompere la gravidanza. E ciò si ottiene, come al solito, dedicando risorse specifiche al tema, come ad esempio, l'istituzione di asili nido, che in certe zone d'Italia sono scarsissimi e riescono a coprire una parte miserrima della richiesta, costringendo spesso le neo-mamme a licenziarsi, peggiorando così la loro situazione economica, che, a sua volta graverà sul neonato. L'interruzione volontaria di gravidanza è stata una conquista di equità e credo che sull'argomento debbano esclusivamente decidere le donne, però è anche tempo di guardare oltre e di comprendere perchè, in certi casi, si ricorre all'aborto, ma questo significa mettere mano alle stesse disuguaglianze sociali e pertanto credo che a lungo continueremo a parlare di "aborto" come un mero diritto negativo (nel senso di non voler procreare) della donna, senza comprendere come questo diritto in realtà sia connesso con la stessa struttura diseguale della società.
#2020
Filippo, intanto bentrovato. Tocchi una questione interessante. Perché non immaginare una società dove sia possibile praticare la poligamia e la monogamia, contemporaneamente? In realtà ciò già avviene. Avviene di fatto. Così come in passato avveniva (di fatto e poi regolamentate) l'interruzione volontaria di gravidanza o la professione di ateismo.
In realtà ciò verso cui tu sembri aspirare è già in moto da diversi secoli.
Se il motto latino "ubi societas ibi ius " continua ad essere vero, quello ius è diventato contemporaneamente più liquido e più complesso. Le garanzie in una società aperta, come la nostra, si sono moltiplicate, e con loro i codici e gli studi legali.
Ma la crescita è anche in altre direzioni.
Dove non è prevista la tutela dell'orfano,  non serve neppure il tutore e il giudice tutelare. E dove l'orfano viene tutelato, inevitabilmente ci si domanda il senso dello ius, invasivo, etico? Allo stesso tempo, le regole (ius) moderne ampliano gli spazi di libertà, divorzio, aborto, libertà di opinione, fino a giungere al mitico "diritto alla felicità ". Per maneggiare tutto questo occorre una più acuta concettualizzazione da parte di tutti i cittadini e la consapevolezza che tutto ciò ha un costo, economico e culturale.
Le regole così si trasformano da "recinto chiuso", volto a difendere un mondo ordinato a "recinto aperto", un meccanismo disponibile per forgiare prometeicamente la società. Il diritto penale, il padre di ogni diritto è ormai relegato in un angolino. Altri diritti occupano la scena e si contendono il primato e diventano essi stessi promotori di conflitti invece di risolverli.
La domanda allora è la seguente. Come conciliare il diritto mite e aperto con la necessità di orientare la società e di non aumentare la confusione? Che nesso vi è fra questo diritto "aperto" e la redistribuzione della ricchezza? E fra questo diritto e la diffusione di un alto livello di cultura? E fra questo diritto e la trasmissione di un grado soddisfacente di fiducia reciproca? E ancora che nesso fra queste regole aperte e le singole culture sociali, visto che in una cultura individualista come quella italiana vi saranno (e vi sono) effetti diversi rispetto ad una cultura organicista come quella giapponese.
#2021
Anthony. Homo sapiens è una specie facente parte dell'ordine dei primati e della famiglia degli ominidi, insieme a scimpanzé, gorilla e urango-tang. Si tratta in tutti i casi di specie altamente cooperative, che vivono in gruppi, non necessariamente guidati da un maschio alfa, ma anche dall'insieme dei maschi adulti. All'origine, da un punto di vista biologico, homo sapiens non era affatto violento. Lo era in funzione della sopravvivenza sua e del suo gruppo. Una violenza di diverso tenore , indipendente dalla sopravvivenza è giunta solo con lo sviluppo della tecnologia e della cultura. Questo dice gran parte della letteratura scientifica sull'argomento. Una macchia originaria di homo sapiens, declinata addirittura come antisocialità, oltre ad essere surreale, è  troppo simile al mitologema del peccato originale da risultare piuttosto sospetta.


La letteratura (letterario-filosofica, non scientifica) cui tu ti riferisci,  pur esistente, non ha a che vedere con lo stato originario di homo sapiens, ma con la strutturazione di regole e norme sociali che ingabbiano inevitabilmente l'umanità e che iniziano a distribuire in modo ineguale le risorse, a tesaurizzarle e a sfruttare parte dell'umanità  privandola ancora di più della libertà dello stato di natura, proprio in virtù di quel surplus di risorse che la tecnologia riesce a incamerare e che può essere trasformata in differenziazione sociale, con i pro e i contro di tutto ciò .


Infine, la scelta evoluzionistica che ha prodotto homo sapiens, ha privilegiato la plasticità delle scelte comportamentali, alla rigidità deterministica presente in specie animali meno complesse. La psicologia moderna ha sintetizzato questo tema nel principio dei patterns.  Ovvero iniziando a comportarsi in modo violento, il soggetto o il gruppo apprenderanno un modo di comportarsi violento, con tutte le conseguenze del caso. Al contrario un soggetto cooperativo, imparerà ad esserlo sempre meglio, dopo alcune azioni in questo senso. Questo è reso possibile soprattutto da fattori comunque biologici. Due i più importanti: la lunga dipendenza dei cuccioli dai genitori e la complessità del nostro sistema nervoso centrale.
La dimostrazione di quanto detto è configurata nelle divergenti scelte dello scimpanzé,  specie molto aggressiva e violenta, capace di uccidere i propri avversari, e del bonobo,  la specie più cooperativa ed altruistica fra le scimmie superiori. Ebbene sì tratta di due specie talmente simili a livello morfologico e genetico , che sono state distinte tassonomicamente solo 90 anni fa.
#2022
Viator. Effettivamente se siamo giunti a questo punto effettivamente ci sono alcuni presupposti biologici, primo fra tutti un cervello cosi grande. Avere un cervello del genere non è solo un vantaggio ma anche un costo. Quasi la metà del cibo che mangiamo serve per tenere efficiente esclusivamente quest'organo. La natura ad un certo punto, circa 200.000 anni fa ha provato questa nuova specie, homo sapiens, che circa 40.000 anni fa ha iniziato il suo processo culturale, incominciando a creare collane , lance, graffiti. Come puoi notare il processo culturale non è iniziato l'altro ieri e homo sapiens non risale a 4 miliardi di anni fa.
#2023
Per Anthony. Può incidere la funzione dell'accudimento ma non credo sia la ragione principale, altrimenti non si spiegherebbero le grandi differenze comportamentali fra diverse specie di mammiferi. In termini strettamente biologico/evolutivi l'altruismo può essere considerata una strategia, che prescinde da ogni considerazione etica. Se attecchisce ed ha successo, perché si armonizza con i restanti aspetti ambientali, viene adottata da alcuni membri specifici di una specie che la trasmettono in quanto soggetti di successo.
Se invece la situazione è diversa, si svilupperanno altri comportamenti. Per tornare ad homo sapiens, sono stati fatti degli interessanti studi antropologici, secondo i quali in condizioni di risorse scarse è più facile che si sviluppino culture violente ed egoiste, che riducono il numero dei concorrenti, mentre in condizioni di ricchezza ambientale prevalgono culture altruiste e cooperative.
Siamo però sempre in un contesto biologico-evolutivo e preculturale.
Ora la situazione di homo sapiens è completamente cambiata per un fattore che H. Jonas sinteticamente chiama "principio responsabilità". Dopo essere definibili come mammiferi noi siamo definibili come i successori di Socrate, Cristo, Buddha, Marx, Nietzsche, Dostoevskij, Tolstoj, P. Levi, Rousseau, ecc.
#2024
Esattamente Anthony. I neuroni specchio sono parte della complessità del ns Sistema nervoso centrale, a cui dobbiamo anche la funzione dell'empatia e dell'altruismo e quindi non tanto alla funzione sessuata o a quella dell'allattamento (che potrebbe anche essere definito una specie di egoismo allargato).
Come ho già avuto modo di dire è una nostra responsabilità culturale ed educativa voler incrementare le attività e le prassi altruistiche piuttosto che quelle egoistiche, mentre gli aspetti più strettamente biologici non hanno più quella preminenza che mantengono in quelle specie animali che non conoscono la scrittura e non possono annoverare fra i loro membri un Aristotele o un Nietzsche.
#2025
Se così fosse, Viator, tutti i mammiferi sarebbero altruisti, mentre invece esistono mammiferi più o meno altruisti. Su specie animali altruisti che non sono mammiferi, bisognerebbe definire altruismo. Se con ciò si intende il sacrificarsi disinteressatamente per gli altri, alcuni insetti coloni ci battono alla grande (basti pensare alle api).
Per quanto riguarda homo sapiens invece ritengo che questa specie sia totalmente diversa e non appartenga più totalmente alla natura, essendo stata modellata, negli ultimi 40.000 anni dalla cultura. Oltre a ciò ripeto quanto detto, esistono neuroni particolari solo nei primati superiori (fra cui noi) che si chiamano neuroni specchio, che ci fanno immedesimare negli altri al punto tale, che se un nostro simile mangia e noi lo guardiamo, ci si attivano anche a noi le ghiandole salivari. Nel bene e nel male, perciò questa caratteristica ci rende sensibili agli altri ed è uno dei motivi del successo globale della nostra specie (al di là dei vari genocidi commessi nel corso della storia, le cui ragioni vanno ricercate in altri processi egualmente esistenti,  non ultimo anche quello degli stessi neuroni specchio).