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Messaggi - iano

#2026
Tematiche Spirituali / Re: Inerranza bibbia
17 Maggio 2024, 00:39:04 AM
Citazione di: Rato Maske il 17 Maggio 2024, 00:01:33 AMParadossalmente la chiesa cattolica che, come hai spiegato tu , ha stabilito l'inerranza e l'infallibilità della scrittura, oggi dice che non trattandosi di libro scientifico o storico contiene visioni allegoriche da non prendere alla lettera, cosa che mi pare una palese arrampicata sugli specchi.                                                                 

Quelli che oggi spingono sull'inerranza sono molto spesso gli evangelici però non riesco a comprendere in che modo possano sostenerla, per questo sarebbe interessante sapere il loro punto di vista. Finora ne ho visti alcuni cercare di confermare anche mettendo di mezzo la scienza ma a mio modesto parere ho sentito argomenti che non stanno in piedi, con tutto il rispetto.
Ciao e benvenuto :)

Da ateo provo a immaginare che la fede possa pur prendere spunto da qualcosa al suo nascere, ma una volta consolidata dovrebbe prescindere da ogni cosa che sia ad essa accessoria, come potrebbe essere una giustificazione della fede che faccia riferimento alla scienza o ad altro di alternativo ad essa.
Per cui se avessi una fede consolidata in uno scritto, ciò per me equivarrebbe a dire che quello scritto è caratterizzato da inerranza e infallibilità.
Cioè il mistero non sta direttamente nell'inerranza e infallibilità di uno scritto, essendo questi la conseguenza del mistero di come a uno scritto possa porvisi fede.
Quello che da ateo mi viene difficile immaginare è come sia possibile appunto porre fede in uno scritto, anche se ho esperienza di come uno scritto possa essere esaltante fino al punto da condizionarci la vita, ma perchè ciò accada occorre andare in fondo alla lettura, e se si va in fondo è perchè capiamo quel che leggiamo. Diversamente mi viene da considerare che le religioni monoteiste siano accomunate dall'aver fatto della scrittura in generale un idolo, essendo accidentale la scelta dello scritto chiamato a rappresentarla, e ciò a scapito della idolatria di  forme d'arte e tecnologia precedenti, come possono essere stati la pittura e la scultura,  che non a caso alcuni monoteismi, pur avendoli ripudiati per iscritto, hanno di fatto inglobato in una continuità idolatra.
 
#2027
In definitiva quindi, che vi crediamo o meno, nel libero arbitrio, vi facciamo in ogni caso riferimento, e possiamo scegliere, sempre che di una scelta si tratti, di farvi riferimento in modo più razionale, cercando di sottrarlo al destino di argomento ''pro domo....'' per giustificare le nostre fedi precostituite, essendo che le fedi si reggono da sole.
Le fedi non vanno giustificate. Le fedi servono a giustificare.
Le fedi della scienza, o almeno quelle note, si chiamano ipotesi di lavoro.
Quindi a questa interminabile discussione, esempio di complicazione a cui è sempre più difficile risalire, come se avesse una vita propria :)) , proverei a dare una svolta, proponendo definizioni operative del libero arbitrio, partendo dalla sensazione che ne abbiamo, per vedere l'effetto che fà.

Si potrebbe andare tutti quanti allo zoo delle idee umane, che è questo forum, e gridare, aiuto, ci è scappato di mano il libero arbitrio. :))
#2028
Citazione di: Alberto Knox il 16 Maggio 2024, 12:51:07 PMNon condivido il disegno che fai degli atei, o perlomeno, non degli atei che conosco io.
Io sono uno di quegli atei che non conosci  che non si riconosce nel ritratto  materialista che ne fai, come credo si evinca in genere dai miei post, non essendo neanche  il  contrario di un materialista, siccome l'una e l'altra mi sembrano posizioni parimenti ingenue da consegnare alla storia.
Più che dire che la materia sia priva di libero arbitrio, acquisendolo poi attraverso un percorso misterioso, facendosi vita, il libero arbitrio è ciò che, percependolo noi, si propone come possibile definizione di essere vivente.
La materia a sua volta potrebbe essere definita come ciò che ne è priva.
Credo che Cartesio approverebbe queste definizioni , potendosi, in base ad esse, dirimere la questione con un ''calcolamus''.
Queste definizioni sarebbero infatti un modo di tradurre in modo logico un libero arbitrio che diversamente resterebbe una sensazione, facendone un operatore matematico.
Non dispone di libero arbitrio dunque ciò la cui dinamica possa farsi risalire completamente a un numero finito di cause, e viceversa.

Rimane apparentemente scoperto il caso in cui per diversi motivi non riusciamo a risalire alle cause, che però sappiamo già in partenza esservi,  ed è il caso dell'intelligenza artificiale, supposta complicazione che da agio indebitamente ai materialisti, che immaginano appunto la vita come una complicazione materiale, di immaginare  una materia complicata come viva.
Come dire che il libero arbitrio è una complicazione cui altre complicazioni tendono ad aggregarsi se non se ne dà una definizione che ciò eviti, cosa che si riesce a fare in effetti , per quanto  ogni definizione sia riduttiva, se va bene.
Se va bene, nel senso che ogni definizione che prende spunto da una sensazione, definisce qualcosa di potenzialmente del tutto alternativo a ciò che sentiamo, ma almeno così ci abbiamo provato a mettere un pò di ordine, ed è comunque la premessa necessara per un agire scientifico, il quale non parte da una sensazione di materia, come fà il materialismo, in alternativa ad altre sensazioni, ma dalla definizione di materia o di altre eventuali cose.
O almeno così immagino, perchè non saprei dire onor del vero quale definizione da la scienza della materia.
In ogni caso però noto che la materia eventualmente definita come cosa che si possa manipolare, oggetto quindi di possibile esperimenti, con o senza una definizione dichiarata, si è ben allontanata nel tempo dalla nostra sensazione, ed è anche perciò che dichiariarsi ancora materialisti può apparire ingenuo, perchè significa restare legati a una sensazione di materia superata in ogni caso  dai fatti, cioè dalle manipolazioni che nel tempo ne abbiamo fatto.
Una materia che allontanandosi nei fatti sempre più da una sensazione di concretezza   può far cadere in tentazione a sua volta gli idealisti nel ridurre la materia ad un idea.
#2029
Citazione di: PhyroSphera il 14 Maggio 2024, 13:01:00 PMRidurre tutto a una questione linguistica è solo un'escamotage.

Mauro Pastore
Escamotage attuato da chi?
Continuerò a correggerti ogni volta che farai riferimento al principio di indeterminazione perchè altri non cadano nel fraintendimento in cui insisti.
#2030
Citazione di: Ipazia il 13 Maggio 2024, 19:52:26 PMA questo punto, per onestà metafisica, bisognerebbe innovare anche il linguaggio e chissà che complicazioni ne deriverebbero. La lingua è realista: distingue il reale da sogno, teatro, narrazione. Se non altro perché da sogno, teatro e narrazione si resuscita, dalla morte reale, no. E se sì, si finisce in un'altra realtà, diversa dall'eventuale immaginario che la abiti.
Il linguaggio ha la sua inerzia e io nel bene e nel male viaggio con poco bagaglio.

Si resuscita anche dalla vita, se è vero come oggi dovrebbe meglio apparire rispetto a ieri, che viviamo più vite in una.
Poi nella misura in cui è importante il condividere, più che concordare su  oggettività sempre più problematiche, non cambia se ci passiamo il testimone da soli o lo passiamo ad altri. L'importante è avere dato nella corsa tutto ciò che potevamo, in modo da lasciare possibilmente il paradiso meglio di come lo abbiamo trovato.

Si, perchè, quando ci arrivi, come fai a sapere di essere paradiso?
#2031
Siccome siamo noi ad agire, i modi/mondi in cui agiamo ci riguardano non meno di quanto riguardano la realtà, e questo non dovrebbe sembrare strano, essendone noi parte.

E' il passo che traccia il sentiero.
Ma se non siamo stati noi a tracciarlo oppure ne abbiamo perso memoria, allora il sentiero ci apparirà in tutta la sua oggettività, assimilandolo alla terra di cui è fatto, così che la terra diventerà una molteplicità di sentieri, cosa su cui concorderanno tutti quelli che ci passano.
#2032
Citazione di: Ipazia il 13 Maggio 2024, 17:00:13 PMSe la totalità di osservatori osserva l'esito della caduta della totalità delle mele quando si staccano dall'albero possiamo ritenere oggettiva - pure quando gli osservatori dormono - una cosa che abbiamo chiamato "forza di gravità", corredandola di formula e calcoli ?


Quando un osservatore dorme sogna le mele che salgono in cielo, e ci crede.
Questo non dimostra che le mele salgono in cielo, ma che l'osservatore ha la capacità di credere.
Se da svegli gli osservatori vedono cadere le mele, questo non dimostra che le mele cadono, ma che gli osservatori hanno la capacità di condividere ciò che credono, comportandosi di conseguenza come un tutt'uno.
Un solo individuo con un solo credo, ma molto più potente, e questo è il potere della scienza, non la sua capacità di oggettivare.

Quello che ho scritto è volutamente provocatorio, per spostare l'attenzione dal concetto metafisico di oggettività, alla pratica del fare, dove conta credere in ciò che si fa e collaborare.
Più credo in ciò che faccio meglio lo faccio fino ad arrivare ad attribuire oggettività a ciò che faccio, cioè  fino al punto di credere, se sono un falegname, che il mondo sia fatto di seghe.
Noi non manipoliamo oggettività, ma deve esserci un oggettività dietro le quinte, se noi così riusciamo ad operare.
Ma non essendoci un solo modo di fare, se a nessuno di questi vogliamo rinunciare, non dobbiamo legare l'oggettività ad uno solo di essi.
Lasciamola allora dietro le quinte di modo che tutti i diversi modi di fare possano trovarvi parimenti giustificazione.
Eviteremo così l'imbarazzo di dover manipolare le onde di probabilità come fossero oggettività, pretendendo di poterle trattare come mele, anche se ciò comporterà dover rinunciare all'oggettività delle mele, senza perciò dover rinunciare a vivere nel mondo in cui le mele sono oggettive.
Non è un problema moltiplicare i mondi in cui viviamo, se tutti sono garantiti dalla stessa realtà, realtà che a nessuno di quei mondi si può assimilare.
Noi agiamo nella realtà, e i diversi mondi in cui viviamo sono diversi modi di agire nella realtà.



#2033
Varie / Re: L'enigma del killer
13 Maggio 2024, 11:22:15 AM
Citazione di: Eutidemo il 13 Maggio 2024, 06:28:50 AM
Ovviamente, nella realtà, non è detto che le cose sarebbero andate proprio così; ed infatti sarebbero potuti intervenire anche altri fattori che io, per attenermi al solo aspetto paradigmatico della questione, ho trascurato del tutto!
***
NOTA 1

Si, non basta avere una buona mira e l'arma giusta, ma bisogna sapere anche dove mirare.
Se si mira infatti ''direttamente'' al bersaglio sottacqua non lo si prenderà mai, perchè non è dove lo vediamo, a causa della rifrazione. :)
#2034
Anche qui sembra quindi che nostro malgrado, due mondi si siano separati, quello del sapere e quello della comprensione, ed alla loro ricomposizione che adesso dovremo dedicarci, inadgandone neglio la natura.
#2035
Ma parlare dei prodotti di cui sopra riferendosi ad oggetti non esaurisce la questione di come questi siano cause reciproche di azioni.
Non può esercitarsi una forza far corpi se prima non ci sino i corpi.
Dunque prima i corpi e poi le forze che rendono conto della loro natura dinamica.
Però in effetti non c'è un prima e un dopo, e le forze sono contemporanee ai corpi.
Le forze quindi nascerebbero insieme ai corpi, e quindi, se pure i corpi venissero estratti dall'apeiron creando disequilibrio, le forze stesse annullerebbero questo disequilibrio già in partenza.
perchè allora facciamo venire prima i corpi e le forze dopo come conseguenza?
Per via dell'immanenza dei corpi dovuta alla inconsapevolezza contenuta nella loro creazione.
Le forze vengono dopo, ma nel senso che le dobbiamo ricavare in modo consapevole,  ed  è perciò che non possoggono le stessa concretezza dei corpi.
Non solo, ma più le indaghiamo, meglio le conosciamo, più si fanno astratte.
All'inizio della storia le forze agivano solo localmente, cioè per contatto dei corpi, e per l'intimità che avevano coi corpi stessi sembravano condividerne, seppur indirettamente, la concretezza.
Poi con l'azione non locale della forza di gravità di Newton ( la forza di gravità agisce a distanza, quindi non più localmente) la foglia di fico di concretezza cade dalla forze, che aumentano il loro grado di astrazione.
Come dire che , più se ne sà, e più le cose diventano sfuggenti, e meno ci sembra di capire.
Quindi di fatto nel tempo si è attuata una separazione fra sapere e comprensione.
Più ne sappiamo e meno ci capiamo. :))
 
#2036
Commettendo lo stesso errore di Platone, e tifando per le astrazioni, da non confondere con le indebite estrazioni di Anassimandro, di cui poi dovremo pagare il fio, il mondo in cui viviamo è una astrazione non del tutto consapevole che fà l'osservatore, ed è concreto nella misura in cui non sa di farla.
Quindi è un mondo relativo quello in cui viviamo, relativo a noi non meno che alla realtà, dove la realtà fa un passo indietro per far posto all'osservatore.
Questa relatività comporta che il mondo in cui viviamo cambia con noi, senza che ciò comporti necessariamente di dover accantonare i vecchi mondi.
Si può vivere contemporaneamente in vecchi e nuovi mondi senza  necessariamente praticare fra essi una scissione chirurgica platonica, ed è in effetti quello che facciamo. Non c'è una stretta necessita di ridurre questi diversi mondi ad uno, per quanto ciò resti sempre desiderabile dal punto di vista operativo, perchè nessuno di questi mondi passati presenti e futuri intaccherà mai l'unità dell'apeiron di Anassimandro.
#2037
L'aperiron di Anassimandro  potrebbe corrispondere a ciò che ho chiamato  realtà, spostando la realtà dal primo piano a dietro le quinte.
E' cio' che resta celato, ma che rende possibile la rappresentazione.
In primo piano c'è un nuovo attore, ed è l'osservatore.
Non è dall'apeiron che nascono le cose, ma dal rapporto fra osservatore ed osservabile.
L'apeiron/realtà è l'indefinito da cui nasce il finito, il senza confini da cui nasce ciò che ha confine, ma essendo relativo il rapporto fra osservatore ed osservabile, relativi sono i suoi prodotti, che non sono propriamente astrazioni, come estratti momentaneamente dalla realtà , creando un disequilibrio in essa secondo Anassimandro, che può essere ristabilito solo riposando al suo posto il mal tolto.
Non c'è nessun disequilibrio, non si è commessa alcuna ingiustizia cui porre rimedio.
Attuo una specie di ribaltamento fra fisica e metafisica, ma più precisamente non mi faccio problemi di trattarli alla pari, senza privilegiare l'uno o l'altro, perchè in ogni cosa che il rapporto di cui sopra produce, mi sembra ci sia parte dell'uno e dell'altro.
Il concreto se lo guardi da sempre più vicino diventa sfuggente, e il suo contrario a furia di considerarlo sembra materializzarsi.
Questi prodotti non sono pezzi estratti dalla realtà, come il quadro pittorico non viene estratto dai pigmenti colorati . L'osservatore non è colui che li estrae, ma ha un ruolo attivo nella loro produzione.
Un ruolo che può essere più o meno consapevole, e in ragione di ciò questi prodotti saranno un mix di concreto e di evanescente, laddove è l'inconsapevolezza ha contribuire alla concretezza, e la consapevolezza a contribuire all'evanescenza.
Il prodotto puramente teorico di cui dice Rovelli viene prodotto in modo del tutto consapevole.
Quando questa consapevolezza manca il prodotto si presenta come immanente, cioè come ciò che tradizionalmente chiamiamo realtà fisica.
Il mondo in cui viviamo ci manca sempre più sotto i piedi non perchè il bau bau nichilistico è alle porte della città, ma perchè ciò rende conto dell'aumento di consapevolezza.
Ma allora come farebbe un astrazione a reggere il nostro peso?
Come facciamo a stare ancora in piedi e non sprofondare?
La risposta l'ha data per primo Anassimandro a quanto pare.
Noi ci reggiamo sulla terra che si regge da sola...allo stesso modo in cui da sole si reggono le idee.

#2038
Citazione di: Ipazia il 13 Maggio 2024, 08:18:05 AMAnassimandro sistematizza il tutto, ma purtroppo con l'idealismo platonico l'episteme prenderà un'altra via e ci cucchiamo l'Essere e l'ontologia metafisica, variamente feticizzata, fino ai nostri giorni.

Dividere la realtà in due mondi, quello delle perfette idee, e quello delle cose fisiche imperfette, in fondo è una trovata geniale, ma si è prestata a trasformare l'umanità in tifosi per l'uno o l'latro mondo, con l'aggravante che Platone è il primo dei tifosi.
La soluzione alternativa è mantenere l'unità del mondo cercando di far convivere tutte le sue apparentemente diverse sostanze.
Se poi si riesce a dar conto di queste apparenze, ancora meglio.
Ma finché  si rimane all'apeiron, senza introdurre l'altro attore principale, che è l'osservatore, come ci suggerisce di fare la fisica dei nostri giorni, non si riesce ad andare oltre Platone.


 
#2039
Citazione di: Ipazia il 12 Maggio 2024, 18:28:05 PMCiò [apeiron] da cui proviene la generazione delle cose che sono, peraltro è ciò verso cui si sviluppa anche la rovina, secondo necessità: le cose che sono, infatti, pagano l'una all'altra la pena e l'espiazione dell'ingiustizia, secondo l'ordine del tempo.
(Anassimandro [in Simplicio], fr. 12 B
)
Questa ti dovrebbe piacere, perchè tradotta in moderno scientificese suonerebbe all'incirca così:
L'universo da cui provengono le cose che sono è pure la destinazione della loro necessaria rovina. Le cose che sono (ta panta, enti) pagano, interagendo tra loro, il furto di entropia, che rimborsano all'universo, estinguendosi secondo il tempo di vita loro concesso.
Per quel che mi riguarda in questo frammento c'è già tutto il senso sapienziale della nostra origine e fine.
Fine, che girata al maschile è pure il nostro destino. La nostra causa finale, niccianamente da amare.
Marc Cohen[30] e Carlo Rovelli[31] interpretano l'ápeiron come la prima "entità teorica" nella storia della scienza: una entità naturale non direttamente osservabile, ma la cui esistenza è postulata per organizzare rendere conto in maniera naturalistica della complessità fenomeni osservabili.
#2040
Credo anche che se un mondo ci appare è perchè noi abbiamo una capacità ineludibile di credere, possiamo cioè scegliere in cosa credere, ma non possiamo scegliere se credere.
Perciò di una fisica che tendenzialmente, quanto inutilmente, cerca di ripudiare ogni fede, mi interessa capire su quale fede inconscia si basi, detta anche a volte metafisica.
Mi interessa ciò pur conscio del fatto che una metafisica svelata smette di svolgere la sua funzione, perchè funziona solo finché resta immune da critiche, e ciò è possibile solo finché rimane nascosta da potersi considerare contigua alla verità, come ciò che non si può negare.
Ma una metafisica svelata lascia solo il posto ad una altra ancora da scoprire, ed è così che procede la nostra storia imperniata sulla nostra capacità di credere, non disattivabile, per quanto ci sforziamo a farlo, finché viviamo, per cui crederemo sempre di vivere in un mondo che della realtà però fa solo le veci.